[Area] R: [Nuovarea] GIUSTIZIA INSIEME

Ottavio Sferlazza ottavio.sferlazza a giustizia.it
Mer 21 Set 2016 13:46:12 CEST


Grazie a Bruno Giordano  per avere ricordato la nobile figura di Rosario
Livatino di cui oggi ricorre il 26° anniversario della barbara uccisione.

Chi come me ha avuto il privilegio di conoscerlo, essendo io agrigentino, ne
ricorderà sempre la raffinata preparazione giuridica, il rigore morale e la
grande umanità, qualità, queste, che unitamente ad una profonda fede gli
hanno consentito di svolgere il suo lavoro con il prestigio, l’autorevolezza
e l’indipendenza che tutti oggi gli riconoscono.

La lucidità della sua analisi sul nostro ruolo deve ancora oggi farci
riflettere e opportunamente è stato riportato un brano della sua celebre
conferenza sul “ Ruolo del giudice nella società che cambia” tenuta nella
sua città di Canicattì il 7 aprile 1984.

Grazie anche per avere ricordato il grande e, purtroppo, raro coraggio
civile del teste Pietro Nava che descrisse e riconobbe la terribile scena
vista attraverso lo specchietto retrovisore della sua auto mentre superava
la ford Fiesta di Rosario, nel momento in cui quest’ultimo tentava una
disperata fuga a piedi nella scarpata in fondo alla quale fu inseguito,
raggiunto e colpito a morte dal killer  Pace Domenico, mentre il correo
Paolo Amico lo aspettava accanto alla moto.

Raccolsi personalmente, quale sostituto in servizio presso la procura di
Caltanissetta,  le dichiarazioni di Pietro Nava il quale in sede di
ricognizione fotografica riconobbe senza esitazione il Pace nei locali della
Squadra Mobile di Agrigento dove Il teste si recò  immediatamente e
spontaneamente appena entrato in città.

Grazie al suo altissimo senso civico ed al successivo riconoscimento,
ribadito dapprima in Germania, dove i due indagati si erano frattanto
rifugiati, e poi  formalmente in sede di incidente probatorio eseguito nella
casa di reclusione di Sollicciano, Pace e Amico furono condannati
all’ergastolo, cosi come altri correi e mandanti grazie al successivo
contributo di alcuni collaboratori di giustizia.

Un caro saluto a tutti

Ottavio Sferlazza

                             

 

Da: Nuovarea [mailto:nuovarea-bounces a nuovarea.it] Per conto di Giordano
Bruno
Inviato: mercoledì 21 settembre 2016 09:18
A: area a areaperta.it; mailinglist-anm a associazionemagistrati.com;
europa a magistraturademocratica.it; nuovarea a nuovarea.it;
movgiust a yahoogroups.com
Oggetto: Re: [Nuovarea] GIUSTIZIA INSIEME

 

Riporto di seguito un ricordo di Rosario Livatino pubblicato oggi sulla
rivista on line  <http://www.giustiziainsieme.it> www.giustiziainsieme.it 

 

"Che vi ho fatto ?"

Queste le ultime parole pronunciate da Rosario Livatino il 21 settembre 1990
sulla strada da Canicattì ad Agrigento, guardando in faccia quattro giovani
armati dalla Stidda per eliminare un giudice che faceva semplicemente il suo
dovere, senza protagonismo alcuno. Del delitto fu casualmente testimone
oculare Pietro Nava, un commerciante del nord Italia le cui dichiarazioni
furono fondamentali per individuare gli assassini.

Rosario Livatino si era occupato della Tangentopoli siciliana e aveva emesso
numerosi provvedimenti per la confisca dei beni. Alla Procura di Agrigento
aveva condotto le indagini sugli interessi economici della mafia, sulla
guerra di mafia a Palma di Montechiaro, sull'intreccio tra mafia e affari,
delineando il "sistema della corruzione", che con la mafia condivide
arroganza e vessazione.

Otto mesi dopo il Presidente Cossiga definì «giudici ragazzini» una serie di
magistrati di prima nomina impegnati nella lotta alla mafia:


« Possiamo continuare con questo tabù, che poi significa che ogni ragazzino
che ha vinto il concorso ritiene di dover esercitare l'azione penale a
diritto e a rovescio, come gli pare e gli piace, senza rispondere a
nessuno...? Non è possibile che si creda che un ragazzino, solo perché ha
fatto il concorso di diritto romano, sia in grado di condurre indagini
complesse contro la mafia e il traffico di droga. Questa è un'autentica
sciocchezza! A questo ragazzino io non gli affiderei nemmeno
l'amministrazione di una casa terrena, come si dice in Sardegna, una casa a
un piano con una sola finestra, che è anche la porta. »

Nacque così la definizione di giudici ragazzini.

Una parte dello Stato che doveva essere solidale con i magistrati
indipendenti e coraggiosi come Livatino invece denigrava, umiliava,
mortificava.

Ecco allora un passo di un discorso pronunciato da Rosario Livatino il 7
aprile 1984: "La magistratura, per restare ancora fedele al dovere
costituzionale di fedeltà alla legge, altro non cerca, anche per evitare
ondeggiamenti, incertezze ed ulteriori ingiusti rimproveri, che di poter
disporre di dettati normativi coerenti, chiari, sicuramente intelligibili,
nonché di testi negoziali nei quali la posizione di diritto e di obbligo
delle parti non sia offuscata da una trama tormentata di sottili e
complicate espressioni verbali, che nascondono premesse politiche tutt'altro
che chiare anziché una precisa volontà che sostenga il precetto. Fin quando
tutto questo non sarà assicurato dal nostro legislatore e dalle parti
sociali in sede di contrattazione, sarà ineliminabile che il giudice di
Pordenone ed il giudice di Ragusa, con gli abissi di cultura e dei substrati
territoriali, sociali ed economici nei quali si trovano ad operare, cerchino
di districarsi nella perigliosa giungla di queste regolamentazioni
adoperando dei machete interpretativi tra loro dissimili o addirittura
contraddittori."

Forse qualcuno ha dimenticato troppo presto queste parole.

 

Bruno Giordano

 

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