[Area] R: Costituzione: testi a confronto

PM Ardigò mario.ardigo a giustizia.it
Dom 30 Ott 2016 08:18:55 CET


 Il testo della riforma, anche nella sinossi dell'Ufficio studi della Camera, rimane impegnativo per i non addetti ai lavori.
 Sintetizzando.
 Per effetto della nuova legge elettorale della Camera dei deputati e della riforma costituzionale il partito di maggioranza parlamentare e il suo governo, con elezioni condotte con i nuovi criteri, saranno posti al centro del sistema politico italiano, quindi di una specie di sistema solare nel quale essi saranno al posto del sole, con intorno, ad orbitare come pianeti satelliti, gli altri centri di decisione politica, Camere del Parlamento, Regioni, Città Metropolitane, Comuni, altri enti e agenzie pubbliche, in definitiva l'unità giuridica ed economica della Repubblica (nuovo art.117, 4° comma, Cost.). Per l’effetto della legge elettorale per la Camera dei deputati, che darà a quel partito una solida maggioranza parlamentare, non sarà più necessario per governare contrattare ulteriormente con le parti sociali il consenso politico. Ma nella nostra epoca i partiti non sono più quelli,  solidi,  che ci sono stati fino alla fine degli anni ’80: sono invece definiti liquidi, basati più su un consenso instabile ottenuto mediante strategie analoghe a quelle utilizzate per la vendita dei prodotti commerciali che su un forte radicamento sociale sul territorio nazionale. E, infatti, come i prodotti commerciali, i partiti nazionali contemporanei cambiano spesso, con molta disinvoltura, le denominazioni e i profili proposti al corpo elettorale. In una situazione così, sarà il governo espresso dalla maggioranza parlamentare al centro di tutto il sistema economico-politico, perché, in definitiva, il partito sarà tenuto coeso dapprima dal gruppo politico candidato al governo e poi, vinte le elezioni, dal governo in carica. Quindi invece che ruotare intorno ai 730 (più gli ex Presidenti della Repubblica) parlamentari del Parlamento riformato, il sistema politico nazionale ruoterà intorno alle circa venti persone, o meno, che, presidente del Consiglio dei ministri compreso, comporranno, il governo, ma, in definitiva, intorno al presidente del Consiglio, che verosimilmente continuerà ad essere anche il leader del partito di maggioranza, l’unico in grado di dare coesione sia al sistema di governo che a quello di partito. E i tre partiti candidati al premio di maggioranza sono tutti fortemente "personali", in sostanza delle monarchie costituzionali. 
  Per  quanto riguarda la parte della riforma costituzionale che riguarda le Regioni, la norma che dà il senso fondamentale dell'impianto della revisione costituzionale è quella prevista dal nuovo articolo 117, 4° comma, della Costituzione:
“Su proposta del Governo, la legge dello Stato può intervenire in materie non riservate alla legislazione esclusiva quando lo richieda la tutela dell'unità giuridica o economica della Repubblica, ovvero la tutela dell'interesse nazionale.”
  Questa norma consente al Parlamento di fare leggi nelle materie che sarebbero di competenza legislativa delle Regioni se si ritenga che sia necessario in base all’interesse nazionale, nel  quale  può ritenersi compresa l’unità giuridica ed economica della Repubblica, un criterio piuttosto elastico. Ma il Parlamento potrà farlo solo ad iniziativa del Governo, che pertanto rimane in definitiva l’arbitro dell’interesse nazionale negli affari regionali.  Una legge dello Stato che invada le competenze legislative regionali non potrà invece essere promossa, sia pure in considerazione dell'interesse nazionale, da deputati e senatori, anche se in numero rilevante.
Questo realizza un notevole rafforzamento della posizione del Governo nei confronti sia del Parlamento, sia delle Regioni. Questa nuova disciplina, in particolare, può essere considerata espressione di  una specie  di eclisse del Parlamento a favore del Governo.
 Non ricordo se la lista accetta gli allegati immagine. Provo a mandare una vignetta in tema, che utilizzo quando spiego la riforma.
 La ragione di questa impostazione sta nella genesi storica della riforma, che non sta né 70, né 35, ne 20 anni fa, ma molto più vicino nel tempo. La genesi della riforma risale all'autunno del 2011.
  Il sistema bipolare, indotto dalla legge elettorale parzialmente maggioritaria del 1993, dall'iniziativa politica di Berlusconi e da quella, speculare del centro-sinistra, o divenne instabile dopo l’entrata in vigore, nel 2005 di una nuova legge elettorale che abolì il sistema maggioritario, introdusse le liste di candidati bloccate, formate dai partiti e proposte agli elettori senza possibilità di esprimere voti di preferenza,  e introdusse il premio di maggioranza, una quota aggiuntiva di parlamentari che sarebbe andato alla coalizione che, su scala nazionale per la Camera dei deputati e su scala regionale per il Senato, avesse ottenuto il maggior numero di voti, fino ad assegnarle una solida maggioranza assoluta di parlamentari. Questo modo di scegliere i membri del Parlamento staccava i candidati dagli elettori e li collegava molto più strettamente ai capi delle maggiori coalizioni. Questi ultimi, però, trovarono sempre più difficoltà a mantenere la disciplina politica tra i parlamentari da loro sostanzialmente nominati e sostanzialmente svincolati dalla base elettorale. Si manifestò in maniera crescente un problema che era stato caratteristico del sistema politico liberale della prima fase del Regno d’Italia, dal 1861 all’emergere dei grandi partiti politici di massa, dopo la Prima Guerra Mondiale, quello del trasformismo,  quindi di parlamentari che cambiavano con una certa libertà gli schieramenti politici. E, soprattutto, il differente sistema di attribuzione del premio di maggioranza tra Camera dei Deputati e Senato creò un’asimmetria tra le due Camere, per cui le maggioranze di governo furono molto meno solide al Senato rispetto alla Camera dei Deputati. L’esperienza di questo problema spiega anche il perché nell’ultima riforma ci si sia tanto occupati di riformare il Senato. Con la legge elettorale del 2005 fu sempre più difficile produrre e, soprattutto, mantenere stabile il bipolarismo. Ideata dal centro-destra, nelle elezioni politiche del 2006 la riforma favorì, contro le aspettative, il centro-sinistra.  Ma quest’ultimo entrò rapidamente in crisi e alle elezioni politiche anticipate del 2008 vinse la coalizione di centro-destra, che però a sua volta entrò in crisi terminale dopo soli tre anni, nel 2011, passando la mano, a seguito dei problemi creati dalla durissima fase di depressione economica globale manifestatasi proprio a partire dal 2008,  con inizio negli Stati Uniti d’America per il crollo del valore di prodotti finanziari collegati al mercato immobiliare, e nonostante che la coalizione di governo potesse ancora contare su una maggioranza parlamentare di governo piuttosto solida. Questo dimostra che non basta rafforzare, per così dire artificialmente, agendo sui sistemi elettorali, le maggioranze di governo, per avere governi stabili e  politiche di governo di lungo periodo.  E’ appunto nel 2011 che inizia l’attuale fase politica, caratterizzata da una eclisse del Parlamento e dall’intento di fare del Governo il cardine dell’intero sistema costituzionale. 
  Nel 2011 l’impotenza di fatto dimostrata dalla maggioranza parlamentare di governo produsse anche la crisi del governo da essa espresso.  Al vertice della Repubblica rimaneva integra, in definitiva, un’unica istituzione fondamentale ancora capace di indirizzo politico ed era la Presidenza della Repubblica. Quest’ultima scelse ed accreditò, con la nomina a senatore a vita, quindi al di fuori di elezioni politiche, un nuovo Presidente del Consiglio dei ministri, a capo di un governo tecnico, con il limitato compito di fronteggiare l’emergenza economica, sostenuto da entrambi i maggiori schieramenti politici nell'ottica della solidarietà nazionale emergenziale, ma non sulla base di un accordo organico di lungo periodo tra di essi. È proprio in questo periodo che iniziarono i processi di riforma costituzionale che hanno portato nell’aprile di quest’anno all’approvazione della più estesa revisione costituzionale dal 1948, con la modifica di 50 articoli su 138.  Prima fu nominata, dal Presidente della Repubblica, una commissione di esperti composta da Valerio Onida, Mario Mauro, Gaetano Quagliarello e Luciano Violante, con il compito di dare indicazioni su una riforma costituzionale. Sotto il successivo Presidente del Consiglio, nel giugno 2013, il Governo, che ancora fondava la sua autorità essenzialmente sull’autorità del Presidente della Repubblica in quanto dalle elezioni politiche del 2013 era scaturita una maggioranza politica parlamentare instabile, nominò poi una Commissione per le riforme costituzionali di 35 esperti non parlamentari, con un comitato di redazione di sette professori di diritto. Da questo momento la riforma costituzionale entrò nel programma di governo e ebbe nel Governo il suo primo motore. L’attuale Presidente del Consiglio, in carica dal febbraio 2014 sulla base di un accordo politico con il leader  del centro-destra denominato Patto del Nazareno che sembra prevedesse nel programma di governo la riforma costituzionale, ha mantenuto questa impostazione, vale a dire di considerare la revisione costituzionale come un affare essenzialmente del Governo, dando un forte impulso ai processi parlamentari di deliberazione, conclusisi nell’aprile di quest’anno, con l’approvazione della legge di riforma da parte del Parlamento in seconda votazione, secondo la procedura prevista dall’art.138 della Costituzione. La legge di riforma costituzionale approvata quest’anno risente del clima emergenziale, di patto per la salvezza nazionale, in cui è maturata, con le due maggiori coalizioni politiche che, sotto il magistero del Presidente della Repubblica, si accordavano per riforme  indifferibili richieste per superare la grave crisi che da economica si era fatta sociale, a causa della crescente perdita di posti di lavoro, in particolare nelle fasce dei più giovani, e per la necessità di ridurre, per esigenze di finanza pubblica, le prestazioni di stato sociale. Essa presenta infatti significative assonanze, per quanto riguarda la struttura del Parlamento, con quella varata dalla coalizione di centro-destra nel 2005 e respinta nel referendum costituzionale tenutosi l’anno successivo, proprio dieci anni fa. Va invece in direzione contraria alla riforma del 2005 quanto all’autonomia regionale.
 La riforma costituzionale, nelle intenzioni originarie, doveva produrre un Governo libero, e capace, di assumere misure emergenziali, con forte incidenza sociale e quindi invise alle masse e alle formazioni parlamentari da essa espresse, senza dover contrattare ogni volta il consenso politico con gli altri centri decisionali e con le parti sociali. I Governi emergenziali avrebbero avuto una sovrappiù di legittimazione, informalmente, dall'autorità della Presidenza della Repubblica e dell'Unione Europea, la quale indicava nel dettaglio la via da percorrere.
 Ma una Costituzione non serve solo per un'emergenza. Di fatto le prime elezioni politiche condotte con la nuova legge elettorale per la Camera dei deputati segneranno un passaggio di fase nella storia italiana, soprattutto se il nuovo Governo intenderà emanciparsi dall'autorità morale Presidenza della Repubblica e dell'Unione Europea, come sembra nelle intenzioni degli esponenti dei tre maggiori schieramenti politici italiani.
Mario Ardigò - Roma 
-----Messaggio originale-----
Da: Area [mailto:area-bounces a areaperta.it] Per conto di carlocitt a alice.it
Inviato: sabato 29 ottobre 2016 08:06
A: 'Area'
Oggetto: [Area] Costituzione: testi a confronto

Per comodit , anche per la chiara veste grafica carlo citterio
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