[Area] R: da Mario Ardigò - appunti da intervento della prof. Urbinati il 4-11-16, durante il Congresso di Md a Bologna

thorgiov thorgiov a libero.it
Mar 8 Nov 2016 17:18:31 CET


Mario, ma perchè ce l'hai con i tassisti ? Allora ha ragione chi dice 
che i magistrati pensano di essere una categoria al di sopra delle umane 
miserie, tanto che rifiutano di avanzare rivendicazioni economiche per 
non scendere al rango dei metalmeccanici.

Personalmente sono contrario anche ad aumentare il numero dei 
magistrati. In realtà, tra togati ed onorari, in Italia siamo fin 
troppi, e credo che aumentare l'offerta porterebbe ad un solo risultato 
: far aumentare la domanda di giustizia, che è già a livelli altissimi. 
Sei proprio sicuro che magistrati, medici ed avvocati non creino le 
malattie ma si limitino a curarle ? Tanto per stare ai medici, quanti 
esami e medicine inutili si prescrivono per esigenze meramente difensive 
o a volte per favorire le case farmaceutiche ? Io non credo affatto che 
le scienze, ivi comprese quelle giuridiche, siano del tutto neutrali. In 
realtà l'abnorme crescita del contenzioso è dovuta in primo luogo 
proprio ai magistrati. Le sentenze "coraggiose", la interpretazione 
evolutiva del diritto, la creazione di nuovi spazi di tutela e di nuovi 
diritti in sostituzione del legislatore ordinario sul presupposto che lo 
esige la Costituzione , hanno costituito la prima causa  dell'aumento 
del numero delle controversie. Vai un poco a leggerti la giurisprudenza 
sull'art. 2050 c.c. anteriore agli anni '60 del secolo scorso e quella 
attuale, e poi dimmi se non noti la differenza.

Tu auspichi l'autonomia di spesa degli uffici giudiziari. Io sono 
contrario, perchè so benissimo che i Presidenti non hanno le capacità di 
un manager. Non ce l'hanno perchè la loro formazione, la loro cultura è 
diversa da quella di un amministratore.

Quanto alla mancanza di risorse della giustizia, sarebbe bene prendere 
atto, una volta per tutte, che il tempo della spesa pubblica senza 
limiti è ormai passato. Si tratta allora di spendere meglio quel poco 
che c'è. Tanto per fare un esempio, noto che ormai gli avvocati, 
soprattutto i penalisti, soprattutto in determinati territori, si sono 
abituati all'idea che il loro compenso venga pagato dallo Stato, quindi 
dall'intera collettività, con il gratuito patrocinio. Eppure si tratta 
di liberi professionisti. Se vogliono essere tali, dovrebbero anche 
accettare il rischio di non essere pagati dal loro cliente.

Tu dici che corriamo il rischio che gli avvocati ci ripaghino con la 
stessa moneta chiedendo un disciplinare sfiancante. Forse non ti sei 
accorto che è proprio quello che sta avvenendo da oltre trent'anni, non 
solo con il disciplinare. Tutte le riforme punitive nei confronti dei 
magistrati sono state approvate con il plauso dell'avvocatura, che le ha 
invocate a gran voce, ricevendo ascolto non solo dal Parlamento ma anche 
dalla gente comune, prontissima a lamentarsi, a seconda della 
convenienza, della eccessiva rapidità o della eccessiva lentezza della 
giustizia. E allora noi che dovremmo fare : appropriarci delle loro 
buone cause ? Ma quali sono queste buone cause ? Noi le cause semmai le 
dobbiamo decidere con distacco, senza prendere partito per l'una o 
l'altra corporazione.

FELICE   PIZZI  ( Giudice del contenzioso del Tribunale di Napoli Nord )



Il 08/11/2016 12:30, PM Ardigò ha scritto:
>
> Il numero chiuso come strategia per limitare la concorrenza nel 
> settore dell’avvocatura privata contrasterebbe con gli impegni che 
> l’Italia ha preso aderendo all’Unione Europea. Potrebbe essere 
> giustificato solo, come ad esempio nelle facoltà di Medicina, per 
> esigenze di completa formazione professionale, quindi per programmare 
> il numero degli studenti in relazione a tali esigenze, in rapporto 
> alla limitata capacità strutturale degli atenei.
>
>  L’ho scritto sulla lista dell’ANM: l’idea di ridurre il contenzioso 
> giudiziario riducendo il numero degli avvocati fa il paio con quella 
> di ridurre le malattie riducendo il numero dei medici.
>
>  E poi: aumentando il numero dei magistrati, come chiediamo da anni, 
> si aumenta anche la capacità del sistema giudiziario di trattare 
> processi,  e di trattarli in tempi più brevi, oggettivamente 
> incoraggiando la litigiosità giudiziaria. Allora come la mettiamo?
>
> La logica di questi discorsi non mi convince.
>
>  I medici trovano malattie del corpo e della psiche e le curano.
>
> Avvocati e magistrati trovano malattie sociali e se ne occupano.
>
> Ma le malattie preesistono. Con meno medici, meno avvocati e meno 
> magistrati è più difficile occuparsene efficacemente.
>
> Alla fine rimane questo fatto: noi e gli avvocati siamo dalla stessa 
> parte della barricata, nella rivendicazione ad un miglior servizio 
> giustizia. Disuniti contiamo di meno. Gli avvocati sono molti? Meglio. 
> Più si è, più si conta. Le risorse per il servizio giustizia sono 
> troppo poche e gli uffici non hanno autonomia di spesa per varare vere 
> modifiche  strutturali e questo fa male sia  a noi magistrati che agli 
> avvocati. Inutile poi pretendere che i dirigenti degli uffici facciano 
> una specie di questua tra i politici degli enti locali, con tutti i 
> rischi che comporta quando ci si presenta presso un politico chiedendo 
> qualcosa.  E anche nell’arruolamento precario di stagisti, che 
> lavorano a bassissimo costo ma che fanno un lavoro di qualità, non mi 
> sento con la coscienza del tutto a posto.
>
>  Se noi pretendiamo, sprezzantemente, di decimare gli avvocati con i 
> numero chiusi, quelli poi faranno lo stesso con noi invocando un 
> disciplinare sfiancante. Ci ripagherebbero con la stessa moneta. Alla 
> guerra come alla guerra. Ma che senso ha la guerra fra noi? C’è 
> bisogno di buoni avvocati e di buoni magistrati. La litigiosità 
> sociale non la creano né gli avvocati né i magistrati, categorie 
> professinoali si limitano a gestirla a norma di legge, evitando che, 
> come si disse fin dall’antichità, “i cittadini corrano alle armi”, 
> vale a dire si facciano ragione da sé medesimi, con tutto ciò che 
> comporta. Perché tanta litigiosità sociale? E’ questo che dobbiamo 
> capire, una volta piantate le reciproche recriminazione corporative, 
> che mi pare abbiano la stessa affidabilità che si attribuisce oggi al 
> detto “donna al volante, pericolo incessante” o simili.
>
>  Ci si rinchiude, rancorosi, nella propria corporazione, e muoia il 
> mondo “chissenefrega”!, secondo il detto fascistissimo che sembra aver 
> fatto scuola tra i compassati signori del nord Europa. Ma si resiste 
> solo coalizzandosi tra persone che hanno problemi analoghi. E il primo 
> passo è il rispetto, ma direi di più, la stima reciproca, perché di 
> stima deve parlarsi tra professionisti che svolgono mestieri simili. 
> Chi siamo noi per pretendere la decimazione degli avvocati? Da che 
> pulpito pontifichiamo? Sono discorsi che comprendo se fatti dalla 
> corporazione dei tassisti (e anche lì l’Unione Europea ci tira le 
> orecchie da tempo), ma non da gente come noi persone di legge.
>
>  Per quanto mi riguarda prendo questo impegno: mai più, per nessun 
> motivo, un pettegolezzo cattivo sugli avvocati! Mai più! Difenderò le 
> loro buone cause come se fossero le mie.
>
> Mario Ardigò – Roma
>
> *Da:*Area [mailto:area-bounces a areaperta.it] *Per conto di *thorgiov
> *Inviato:* martedì 8 novembre 2016 09:31
> *A:* Mario Ardigò; casa riccelli
> *Cc:* area a areaperta.it
> *Oggetto:* Re: [Area] da Mario Ardigò - appunti da intervento della 
> prof. Urbinati il 4-11-16, durante il Congresso di Md a Bologna
>
> Allora al congresso qualcuno ha detto qualcosa di sensato ! Non so chi 
> sia il dirigente dell'ANM cui tu fai riferimento, ma concordo con lui 
> : il numero degli avvocati è eccessivo, e cresce sempre di più. 
> Sarebbe ora di introdurre il numero chiuso, sia all'Università che 
> all'interno degli ordini professionali. Purtroppo la giustizia in 
> Italia serve essenzialmente, se non esclusivamente, da ammortizzatore 
> sociale, e crea una economia di sussistenza che danneggia quella sana. 
> Ora, non so se nella dottrina sociale della Chiesa cattolica questo 
> problema viene affrontato. Ma qui ci vorrebbe un'enciclica a parte, 
> che sarebbe molto più interessante di quella sull'America latina.
>
> FELICE  PIZZI  ( Giudice del contenzioso del Tribunale di Napoli Nord )
>
> Il 08/11/2016 02:03, Mario Ardigò ha scritto:
>
>     A Bologna non ho sentito nessuno favorevole alla proposta di far
>     votare gli avvocati sulle nostre valutazioni di professionalità.
>     Del resto la posizione di Area è nota.
>       Mi può essere sfuggito? Un pomeriggio sono mancato, ma ha
>     parlato la Camusso e non su questioni del nostro mondo.
>     I nostri problemi non sono solo nostri. È tutto il mondo del
>     lavoro sotto scacco. Non ci si salva da soli, nè individualmente 
>     nè come categoria. Il quadro generale è quello esposto dalla Urbinati.
>     Quanto alla dottrina sociale cattolica, andatevi a leggere, se
>     siete interessati a queste cose, il discorso di Bergoglio del 5
>     novembre ai movimenti popolari che chiede di lottare per
>     terra,casa e lavoro per tutti (si apre così) e di impegnarsi per
>     trasformare le democrazie dominate dal grande capitale e, infine,
>     una vita austera contro la corruzione. Non sono cose che ha
>     inventato lui, è l'esperienza di liberazione sociale dell'America
>     Latina che cu arriva per suo tramite. Sono cose che non ci
>     riguardano? Decidete voi.
>     A Bologna ho udito parole sprezzanti di un dirigente Anm contro
>     gli avvocati, senza distinguere buoni avvocati e cattivi avvocati:
>     Sono troppi ha detto. Bisogna non decimarli, di più, ridurli molto
>     di più perché sarebbero loro a far litigare la gente e a
>     convincerla a fare causa. Io se vedi molti avvocati vedi invece
>     molti possibili alleati nella riforma della giustizia. Più si è
>     più si conta politicamente. Il nostro guaio di oggi è di essere
>     isolati in società, e alcuni ci spingono ad isolarci sempre di
>     più. A Bologna si è andati in direzione contraria.
>       "Me ne frego!": in Europa il parlare fascista spopola. Se ne è
>     uscito anche Juncker. I lavoratori si salvano, peró, gridando il
>     contrario "I care!" (nella linea Kennedy>Milani).
>     Mario Ardigò - Roma
>
>     ------------------------------------------------------------------------
>
>     *Da: *casa riccelli <mailto:riccelli91 a alice.it>
>     *Inviato: *‎07/‎11/‎2016 23:07
>     *A: *thorgiov <mailto:thorgiov a libero.it>
>     *Cc: *area a areaperta.it <mailto:area a areaperta.it>
>     *Oggetto: *Re: [Area] da Mario Ardigò - appunti da intervento
>     della prof. Urbinati il 4-11-16, durante il Congresso di Md a Bologna
>
>     Se fossi venuto, avresti giudicato e udito ... "nelle tue orecchie" 😊
>
>     stefano celli
>
>
>     Il giorno 07 nov 2016, alle ore 19:00, thorgiov
>     <thorgiov a libero.it <mailto:thorgiov a libero.it>> ha scritto:
>
>         Mario, ma qualche appunto sulla ottima accoglienza fatta nel
>         congresso alla proposta di dar modo agli avvocati  di votare
>         in sede di consiglio giudiziario sulla valutazione di
>         professionalità dei magistrati non lo hai preso ?
>         Personalmente è un argomento che mi interessa molto di più
>         della dottrina sociale della Chiesa cattolica.
>
>         FELICE   PIZZI  ( Giudice del contenzioso del Tribunale di
>         Napoli Nord )
>
>         Il 07/11/2016 08:33, mario ardigo ha scritto:
>
>             Miei appunti dall’intervento svolto dalla prof. Nadia
>             Urbinati il 4-11-16 al Congresso di MD
>
>              Vi propongo i miei appunti sull’intervento svolto dalla
>             prof. Nadia Urbinati il 4-11-16 al Congresso di MD.
>             Avverto che l'intervento ha riguardato anche altri argomenti.
>
>              Oggi si trovano più giustificazioni alle diseguaglianze.
>             Il fatto nuovo è che sono condivise anche da coloro che ne
>             sono vittime.
>
>              Al tempo dell'ultima crisi di Wall Street, in una
>             relazione di una banca si scrisse che l'ineguaglianza dei
>             redditi "non era poi così male", intendendo che essa era
>             stimolo alla competizione.
>
>              Questo è un filone di pensiero antico.
>
>              A un Solone che voleva porre una diga alle diseguaglianze
>             tra i cittadini si contrappose un Platone che costruì un
>             sistema politico di ineguali.
>
>              Sono stati proposti storicamente molti argomenti per
>             giustificare la diseguaglianza. La relatrice ha ricordato
>             Hume, Adam Smith, Mandeville, Burke, De Maistre, Nietsche,
>             Carlyle, Friedman, Von Hayek.
>
>               Sentimenti considerati negativi per l'etica, come
>             avarizia e invidia, stimolerebbero a migliorare e
>             costituirebbero un cemento sociale. Queste passioni
>             sarebbero come un radar per intercettare i bisogni e
>             stimolare all'azione. E molti bisogni sono artificiali,
>             oggetto di interpretazione. Le differenze e le
>             diseguaglianze sarebbero fattore di progresso sociale.
>
>               Il pensiero democratico, invece, combatte le diversità
>             tiranniche. Ma gli sono coeve, fin dall'antichità correnti
>             opposte, che contrastano i programmi sociali.
>
>               Oggi, nella volontà di affermazione della
>             "meritocrazia", si sostiene che le diseguaglianze nella
>             società sono "meritate", frutti di insufficiente impegni
>             po' o di doti scarse. È l'ideologia del darwinismo
>             sociale, dell'affermazione dei più adatti. Le
>             ineguaglianze hanno e cercano un riconoscimento sociale
>             come "meritate". Ma si presta attenzione solo al momento
>             iniziale della “gara” della competizione, non agli esiti.
>             Se tutti sono messi in grado di competere, come si
>             sostiene in questa prospettiva, non si tiene poi conto
>             delle diseguaglianze che ne derivano, non ce se ne
>             scandalizza più. Ma il punto iniziale della competizione,
>             che si valuta come uguale per tutti, viene considerato da
>             un punto di vista ideale, non della situazione com'è
>             veramente, dei privilegi sociali.
>
>              Così si sostiene che nessuno deve chiedere alla società
>             più di quello che riesce a ottenere. Anzi, è ritenuto
>             sbagliato correggere la competizione e i suoi esiti, visti
>             come stato di natura e non come costruzione sociale. C'è
>             la retorica dell'emulazione, del rimboccarsi le maniche,
>             che scoraggia alla rivolta contro discriminazioni di
>             classe. Si tratta  una vera e propria rieducazione sociale
>             di massa. Non si dovrebbe, secondo questa ideologia,
>             correggere in corso d'opera là competizioni per ridurre il
>             numero dei perdenti, nei  confronti dei quali è ammessa
>             solo la filantropia dei vincitori. Se non ci fossero
>             questi ultimi, si sostiene, vale a dire i più ricchi, i
>             vincitori nella competizione sociale, chi si occuperebbe
>             dei poveri? Chi perde merita, in quest’ottica  solo
>             benevolenza volontaria.
>
>               Tutto ciò distrugge la solidarietà sociale e la
>             possibilità di redenzione delle masse dei perdenti, perché
>             i più poveri vengono spinti a farsi guerra fra loro invece
>             di coalizzarsi contro l’avversario di classe.
>
>              In democrazia invece alcuni beni non possono essere
>             oggetto di competizione e seguono il bisogno non la
>             possibilità economica e la vittoria nella competizione
>             sociale. Nessuno ne può essere privato. Ad esempio
>             l’acqua, l’aria, ma anche altri beni indispensabili per
>             una vita dignitosa.
>
>              Come esempio di quest’ultima concezione propongo le
>             parole di Jorge Mario Bergoglio, pronunciate il 5 novembre
>             scorso ad un incontro con i movimenti popolari del mondo:
>              “In questo nostro terzo incontro esprimiamo la stessa
>             sete, la sete di giustizia, lo stesso grido: terra, casa e
>             lavoro per tutti [in
>             spagnolo: tierra, techo, trabajo. Le 3-T]”. Si tratta
>             delle rivendicazioni proposte fin dagli esordi dal
>             socialismo storico e solo recentemente recepite anche
>             dalla dottrina sociale cattolica.
>
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