[Area] Una riforma epocale - errata corrige

mario ardigo marioardigo a yahoo.com
Ven 18 Nov 2016 05:12:57 CET


Una riforma epocale    Parlando con le persone che incontro mi sono reso conto che molte di loro ancora non hanno compreso su che cosa si deciderà nel referendum costituzionale del prossimo 4 dicembre e i più decideranno sulla base dell’opinione che hanno sull’attuale Presidente del Consiglio dei ministri e sulle istituzioni dell’Unione Europea. In genere si rifiuta il dialogo sui contenuti della riforma costituzionale e ci si limita a ripetere meccanicamente gli slogan della propaganda elettorale in corso. In particolare vanno molto quelli centrati sul cambiamento: “Perché non vuoi cambiare?”, “Comunque qualche cosa cambierà!”, “Sei anziano, conosci il passato, perché allora non vuoi cambiare?”, “Sei giovane, perché non vuoi cambiare?”.  Effettivamente, se la riforma costituzionale verrà confermata, molte cose cambieranno. Si tratta infatti di una revisione costituzionale epocale. Nulla di simile c’era stato prima. Trascrivo su tema alcuni brani del libro di Stefano Ceccanti, La revisione è (quasi finita), di quest’anno (Ceccanti è considerato uno dei padri  della revisione costituzionale):“[pag.30-35] Le leggi di revisione dal 1 gennaio 1948 sono state 15.  Sono stati modificati 34 dei 139 articoli (ma dopo il 2001 ne restano 134), alcuni dei quali più di una volta. Dei primi 54 articoli (Principio fondamentali, Diritti e doveri dei cittadini) ne sono stati modificati solo tre: il 27, per proibire la pena di morte; il 48, per consentire il diritto di voto all’estero; il 51, per promuovere l’eguaglianza di genere e permettere le quote rosa nelle leggi elettorali.[…]Tre modifiche minori sono state varate negli anni ’60:a)due nel 1963 che hanno previsto un numero fisso di deputati e senatori anziché un numero variabile rispetto agli abitanti, la parificazione della durata di cinque anni tra Camera e Senato  […] infine l’istituzione della Regione Molise;b) una nel 1967, con la modifica dell’art.135 per parificare a 9 anni la durata in carica di tutti i giudici costituzionali. Tutte le altre sono state introdotte dal 1989 in avanti, e sono state di carattere puntuale, su una singola questione, con le sole eccezioni dei due interventi sul Titolo V della parte seconda nel 1999 (elezione diretta dei Presidenti delle Giunte regionali e autonomia statutaria delle Regioni) e nel 2001 (riscrittura pressoché integrale del rapporto tra centro e periferia).[…]Non può sfuggire che il 1989 [l’anno in cui iniziarono le riforme costituzionali dei regimi dell’Europa orientale di impronta sovietica - nota mia] sia stato il vero anno di svolta verso un uso più intensivo della revisione.[…]Con la legislatura 1994-1996 nasce così non una “seconda repubblica” […] ma un secondo sistema dei partiti, che pure non è poca cosa, giacché supporta le norme costituzionali, ne condiziona l’applicazione e ne orienta anche le ulteriori riforme.Tutte [le riforme costituzionali approvate dal 1999 al 2012] sono state sostanzialmente consensuali, con l’eccezione della legge n.3 del 2001 sul titolo V [sulle autonomie locali] approvata in Parlamento dal solo centrosinistra a fine legislatura, anche se i contenuti rispecchiavano in sostanza i lavori condivisi dalla Commissione D’Alema [Commissione bicamerale sulle riforme costituzionali istituita nel 1997 e presieduta da Massimo D’Alema]. Una doppia rottura vera e propria venne invece da parte del centrodestra:A)la nuova riforma elettorale (legge n.270 del 2005, tuttora in parte vigente [dopo dichiarazione parziale di incostituzionalità del 2014 - nota mia] che aveva soppresso i collegi uninominali nel quadro di una legge proporzionale, caratterizzata da lunghe liste bloccate, combinate con un premio di maggioranza nazionale ala Camera e una sommatoria di premi regionali al Senato;B)la connessa riforma costituzionale [del 2005, con impostazione federalista - nota mia] che sarebbe stata poi bocciata dal referendum 2006."
  L’attuale riforma costituzionale, approvata quest’anno, modifica ben 50 articoli della Costituzione e tre leggi costituzionali, compreso l’art.48, nella prima parte della Costituzione, quella dedicata ai Diritti e doveri dei cittadini, disponendo che i cittadini all’estero non voteranno per il nuovo Senato e incidendo in tal modo sul principio di eguaglianza dei cittadini. E’ quindi una riforma senza precedenti, veramente epocale.  Essa segue il metodo delle riforme istituzionali approvate a colpi di maggioranza nel 2005 dai partiti di centrodestra: legge elettorale e riforma costituzionale. Le riforma del 2005 ne costituiscono antecedenti di ispirazione, anche se nella riforma di quest’anno è sparita l’impostazione federalista e, anzi, si  è andati verso un nuovo accentramento di poteri non tanto genericamente verso lo Stato, quanto specificamente verso il Governo nazionale. Questo spiega perché fino al 2015 esse siano state condivise con parte delle formazioni di centrodestra. L’elemento comune è un sistema di ingegneria costituzionale che rafforza significativamente la posizione del Governo nazionale nei confronti degli altri centri di decisione e garanzia dello Stato, in particolare del Parlamento. La riforma di quest’anno la rafforza anche nei confronti delle autonomie locali. Le cose, nel caso di conferma della revisione costituzionale, cambieranno sicuramente, soprattutto se al Governo andranno persone intenzionate a sfruttare le opportunità offerte dal nuovo sistema costituzionale. Ma cambieranno in meglio? Un indicatore in merito è quello costituito dalla qualità della classe politica nazionale. Essa infatti esprimerà i nuovi Governi potenziati.  Consideriamo, in particolare, come si sta svolgendo la propaganda per il referendum costituzionale. Diversi politici sembrano cercare di accattivarsi il consenso dei cittadini votanti con argomenti non basati sui contenuti della riforma costituzionale, ad esempio come quelli personalistici basati sull’antipatia o simpatia verso quello o quell’altro, come quello basato sulla necessità di cambiare comunque, come quelli basati su prospettive di interventi economici verso questa o quell’altra categoria o regione. La propaganda referendaria è fatta sostanzialmente di questo ed è quindi una cattiva propaganda. Le emittenti radiotelevisive pubbliche, per quanto ho potuto constatare,  non hanno programmato trasmissioni in cui la riforma fosse spiegata in dettaglio da persone competenti ma neutrali, ed anche con riferimenti storici: sono venute quindi meno ad un loro compito specifico, in ciò non corrette dall’organo parlamentare di vigilanza. Ci si è limitati a mandare in onda scontri personalistici tra persone favorevoli o contrarie alla riforma, in cui, salvo poche eccezioni, i contenuti della riforma non sono emersi. A questa classe politica, con la riforma costituzionale di quest’anno,  si stanno per affidare poteri di governo incomparabili con quelli attribuiti a quelle che storicamente l’hanno preceduta.Mario Ardigò - Roma
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