[Area] Mario Almerighi per Liana Milella

vito dambrosio v.dambrosio a yahoo.it
Lun 27 Mar 2017 22:46:58 CEST


Inoltro, su sua richiesta, col copia e incolla, il ricordo di Mario dal blog Toghe di Liana Milella su Repubblica.


Dal mio blog Toghe su Repubblica.it
Pubblico qui, nella versione integrale rispetto alla versione uscita su Repubblica domenica 26 marzo, il ricordo di Mario Almerighi, un magistrato da non dimenticare.

Di Liana Milella ROMA. Aveva scoperto, da giovane pretore, la corruzione e il sistematico finanziamento dei partiti vent'anni prima di Mani pulite. Lo scandalo dei petroli. Flaminio Piccoli, il noto dc,  alla Camera - era il 23 marzo del 1974 - reagì mettendo in guardia, già allora, dal rischio del "governo dei pretori". In 56 deputati, richiesta antesignana, scrissero che bisognava cambiare la composizione del Csm e aumentare il numero della componente laica. Indagava su un traffico di eroina a Fiumicino e riaprì l'inchiesta sulla morte di Roberto Calvi intuendo che si trattava di un omicidio e non di un suicidio.  Seguiva il sequestro Soffiantini e capì che l'agente dei Nocs Donatoni era stato ucciso dal fuoco amico, mentre la vicenda era stata già archiviata in senso opposto. I suoi libri, numerosi, ripercorrono la sua storia giudiziaria, "La borsa di Calvi", "Mistero di Stato, la strana morte dell'ispettore Donatoni", "Suicidi? Castellari, Cagliari, Giardini", "La storia si è fermata. Giustizia e politica. La testimonianza di un magistrato". E ancora il racconto della sua prima inchiesta più famosa, "Petrolio e politica. Oro nero, scandali e mazzette, la prima Tangentopoli". Ma c'è anche la prefazione alla raccolta degli scritti di Pertini, nonché le sue sceneggiature. Il giudice Mario Almerighi se n'è andato due giorni fa. Non è riuscito a vincere, a 79 anni, la battaglia, pur guerreggiata, contro un grave malanno. Giusto martedì erano andati a trovarlo in ospedale, lui ormai lontano, i suoi amici di sempre, Vito D'Ambrosio, Gioacchino Natoli, Mario Fresa, Ippolisto Parziale, magistrati che avevano condiviso con lui l'avventura della nuova corrente del Movimento per la giustizia, oggi confluito in Area, battaglia che nell'88, con Giovanni Falcone tra i protagonisti, fu di grande rottura nella magistratura. Me li ricordo ancora all'hotel Salus di piazza Indipendenza...Nelle liste dei magistrati i ricordi di Almerighi sono tanti. Ecco Edmondo Bruti Liberati, l'ex procuratore di Milano, citare proprio l'inchiesta sui petroli di Genova in cui Almerighi, con Carlo Brusco e Adriano Sansa, "fa scoppiare la prima Tangentopoli". Ecco Vito D'Ambrosio, ex pg in Cassazione e suo amico "per 41 anni", raccontare il "suo" Mario, "con i grandi occhi chiari pieni di innocenza, la voce fonda, l'accento sardo, l'entusiasmo contagioso e l'incredibile capacità di scovare e raggruppare persone con visioni e schiena dritta analoghe alle sue". Ecco Mario Fresa, oggi sostituto pg in Cassazione e suo uditore nell'88: "Mario è stato il primo a denunciare la corruzione nella politica e a porre la questione morale nella magistratura. Oggi lo dicono tutti, ma dirlo nell'Italia di 30 anni fa era rivoluzionario". Almerighi diceva di se stesso: "Ho dedicato la mia vita alla magistratura e alla legalità. Forse è stata questa la mia grave colpa". Era il 2012 e il Csm non l'aveva confermato alla presidenza del tribunale di Civitavecchia. Fu una grande amarezza. Se ne andò in pensione anticipata, convinto anche quella volta di essere andato a curiosare troppo dove non avrebbe dovuto. Almerighi era fatto così, intuitivo, e certo non diplomatico. Come quando nell'ottobre del '98 fu eletto presidente dell'Anm in rappresentanza del Movimento per la giustizia. Durò 24 ore per via di un'intervista, che lui giurò sempre di non aver dato - oggi si sarebbe chiamato un fuori onda, una conversazione ormai a microfoni spenti che invece l'intervistatrice aveva mantenuto aperti - in cui ipotizzava le dimissioni in massa dei giudici se fosse diventato Guardasigilli del governo D'Alema un infiltrato del Polo. Lui perse la presidenza, i colleghi furono impietosi, dissero e scrissero che i magistrati non possono interferire sulle scelte del potere politico. Certo non lo difesero. Ma Mario si era fidato di un'amica. Sono testimone di quel momento. Quel pomeriggio, appena eletto, aveva dato un'intervista anche a me. 20 ottobre del 1998. Chi lo chiamò dopo, per un'altra testata, volle probabilmente andare oltre rispetto alle considerazioni più ufficiali. Lui ha sempre raccontato che "a intervista chiusa ho fatto alcune considerazioni strettamente personali che non avrei mai pensato potessero essere pubblicate".  Fu un momento di grandissima amarezza, di cui continuò a parlare per anni, anche durante i passaggi di una causa finita in tribunale. Di certo a Mario il coraggio non mancava, lo dimostrò testimoniando al processo Andreotti sui rapporti del divo Giulio con il giudice Carnevale. Querelato, ha vinto in Cassazione. Ciao Mario, non ti scordare mai la tua immancabile sciarpa al collo. 

Liana Milella
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