[Area] in my name!

Imperato MArco marco.imperato a giustizia.it
Gio 8 Giu 2017 10:01:13 CEST


Molto orgoglioso delle dichiarazioni di Albamonte sulla vicenda Riina
(naturalmente riflessioni di carattere generale, la decisione ora torna
all’autorità giudiziaria bolognese per tutte le valutazioni in concreto che
non possiamo fare). Ho letto anche l’intervista del Procuratore Roberti a
cui va sicuramente la nostra stima, ma credo che non vada confuso il
discorso sul principio indiscutibile della dignità di qualsiasi vita umana
da quello della valutazione in concreto dei rischi sulla base delle
patologie, della possibilità di cura all’interno del carcere e degli alti
rischi connessi rispetto ad un affievolimento delle misure di detenzione. 

 

Altrettanto grato all’attuale presidente dell’ANM per le riflessioni fatte
sui rapporti tra attività giurisdizionale e attività politica.

Da anni vado dicendo che l’attività politica non solo non deve essere la
prosecuzione dell’attività giurisdizionale con altri mezzi, ma nemmeno deve
sembrarlo… in questo senso invece è evidente il rischio che soprattutto i
pubblici ministeri scendano in politica quanto meno anche sull’onda delle
proprie inchieste, creando una confusione di campi pericolosissima.

La parabola di Ingroia, tanto per fare un esempio noto e recente, credo che
non abbia solo danneggiato il collega e le indagini che da ultimo aveva
condotto, ma l’immagine di tutta la magistratura, esposta a facili polemiche
strumentali.

Se vogliamo difendere il nostro elettorato passivo, e credo sia giusto
farlo, non bisogna assolutamente però consentire che la sfera della nostra
attività giurisdizionale sia mischiata a quella dell’attività politica.
Ribadisco: nemmeno in apparenza…

Questo rischio evidentemente è molto alto soprattutto per chi fa il pubblico
ministero.

La prudenza in questi argomenti è una virtù che tutela anzitutto proprio la
funzione giurisdizionale che svolgiamo.

 

Il consenso per il lavoro di un pubblico ministero può essere anche un
fattore positivo e meritorio in certi contesti (sappiamo bene come il
consenso di per sé non sia un attributo del nostro lavoro, basato sul
rispetto della legge e l’accertamento delle prove), ma di certo non deve
trasformarsi in tifo di natura politica. 

Per il bene della nostra funzione e di un corretto equilibrio tra i poteri.

 

Buon lavoro

Marco Imperato 

 

Da: mailinglist-anm-request a associazionemagistrati.com
[mailto:mailinglist-anm-request a associazionemagistrati.com] Per conto di
Reale Andrea
Inviato: giovedì 8 giugno 2017 07:36
A: mailinglist-anm a associazionemagistrati.com
Cc: area a areaperta.it
Oggetto: [mailinglist-anm] Presidente Albamonte , not in my name!

 

Nelle rassegne stampa di questi giorni  si legge che il presidente dell'ANM,
in una sua intervista, ha difeso un orientamento della Cassazione che
consentirebbe ad un boss come Totò Riina di differire l'esecuzione della
pena e di poter rientrare a casa per una morte dignitosa. 

Sostiene Albamonte che questo dovrebbe inorgoglire i magistrati e dimostrare
che lo Stato è più forte della mafia.  

Nel corso della stessa intervista il presidente Albamonte avrebbe
evidenziato i rischi di strumentalizzazione della precedente attività
giurisdizionale  ai quali si andrebbe incontro se  magistrati come Di Matteo
fossero chiamati a svolgere un ruolo in  politica.

Non vorrei sembrare il solito Pierino, ma a me sembra un grande paradosso  e
vorrei che qualcuno mi convincesse che sbaglio (ancora una volta).

L'associazione magistrati ,  da settimane impegnata a  ricordare con una
serie di manifestazioni  il 25° anniversario delle stragi di Capaci e di via
D'Amelio,  è rappresentata oggi da un presidente che difende un orientamento
(della Corte di Cassazione, per carità....) che consentirebbe al 'capo dei
capi' di Cosa nostra -riconosciuto ancora tale dal Procuratore nazionale
antimafia- di morire dignitosamente a casa propria, 'sottovalutando' (uno
dei miei soliti eufemismi) lo strazio ed il dolore delle centinaia di
familiari di vittime della mafia , molte delle quali hanno avuto come
mandante Totò Riina (che sconta 17 ergastoli) e che non hanno sicuramente
avuto una morte altrettanto dignitosa. 

In barba al principio di uguaglianza di centinaia di ergastolani che sono
morti in modo non dignitoso in carcere in questi anni, inoltre, il
presidente Albamonte  ritiene che questa sia una prova di maturità e di
forza dello Stato di diritto.

Lo stesso presidente dell'ANM, però, pone paletti e ventila  dubbi  sulla
opportunità che un magistrato del calibro di Di Matteo, che da anni si
spende nella lotta alla criminalità organizzata (magari avendo ottenuto
qualche sentenza di condanna all'ergastolo per il 'capo dei capi'),  possa
esercitare una suo diritto, costituzionalmente garantito, a  dedicarsi alla
politica attiva per tentare di stanare proprio il malaffare (corruzione e
criminalità organizzata in primis) che ha pervaso tutte le Istituzioni. 

Basti pensare alle coraggiose parole spese da Di Matteo nella stessa
occasione per invitare la politica a "lottare per cambiare quegli odiosi
sistemi di spartizione del potere e di regolamentazione dell'autogoverno
della magistratura, che abbiamo mutuato dalla peggiore politica". 

Stranamente il presidente Albamonte dimentica di dire che che Nino Di
Matteo, nel corso della manifestazione pubblica nella quale ha espresso
genericamente la possibilità che un magistrato possa  perseguire la sua
vocazione ideale anche facendo una sana  attività politica, ha sottolineato
la necessità che la scelta sia irrevocabile, proprio per evitare che venga
successivamente offuscata l'immagine di imparzialità e di terzietà di chi
svolge  funzioni giurisdizionali . 

Così chiarita l'idea del Nostro Collega,   a me sembra che la presa di
distanza del presidente Albamonte dalle parole e dall'eventuale attività
politica di un magistrato come Di Matteo sia un fuor di luogo e che il
precedente impegno di un magistrato come Lui nell'attività requirente   non
possa e non debba  giammai essere considerato in chiave politica o messo in
discussione da chicchessia, meno che meno dal presidente ANM (anche per i
rischi all'incolumità personale ai quali da anni è esposto Nino Di Matteo).

Se si dovessero  interpretare il pensiero e le azioni di un magistrato  in
chiave politica,  potrebbero essere considerate tali (oltre che ritenute
ideologizzate) proprio le idee ed i pensieri espressi dal presidente
dell'ANM nella intervista rilasciata a Repubblica, in particolar modo
considerata la sua appartenenza, da anni,  ad un gruppo correntizio che
professa la 'soggettività politica' come una normalità da parte di un
magistrato.

Con l'aggravante che E. Albamonte parla da presidente dell'associazione dei
magistrati , cioè  in nome e per conto di tutti noi.

Allora mi sento di dire al Presidente Albamonte: NOT IN MY NAME,PLEASE!

Andrea Reale

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