[Area] da Mario Ardigò - appunto sul populismo - lungo

mario ardigo marioardigo a yahoo.com
Dom 10 Set 2017 09:12:09 CEST


 In un gruppo che frequento si è discusso di populismo e di politiche populiste. Ho preparato un appunto in merito, che trascrivo di seguito, pensando possa essere utile anche ad altri. Sento anche da persone colte discorsi con accenti populistici. Dove ci portano? Naturalmente quello che scrivo va affrontato criticamente: è solo un contributo al dibattito. Non possiedo la verità. Ma propongo una serie di argomenti, quindi le mie non sono solo "opinioni". Sarò grato a chi volesse propormi argomenti in contrario, così che possa correggere quello che non va.Mario Ardigò - Roma***********************Populismo


 
  Glistudiosi di politica segnalano in Italia il pericolo del populismo.Quest’ultimo, per come lo si intende nel dibattito pubblico di oggi, è unastrategia politica per conquistare e conservare il potere. Viene attuata dagruppi in crisi di legittimazione, vale a dire quando non riescono a convincerela gente con altri argomenti. Consiste nel confermare le persone nelle loropaure irrazionali, giustificando le loro tentazioni cattive. Si sostiene che lasituazione è tanto grave che non c’è altro modo per uscirne che essere cattivi,come si fa in guerra. I populisti si offrono di fare il male per conto altrui:propongono un patto che consiste nel dar loro il potere senza stare tanto asottilizzare e promettono di fare loro il lavoro sporco che occorre persalvarsi, liberando le coscienze dei loro mandanti politici. Però richiedonomani libere. Non vogliono sentire obiezioni in corso d’opera. E quandocominciano a far danno e qualcuno protesta, dicono che è troppo presto perfarlo, che bisogna lasciarli lavorare. E’ sempre troppo presto.  E sesi osserva che, continuando in un certo modo, le cose non potranno chepeggiorare, allora accusano chi fa queste previsioni di essere un menagramo eun disfattista. Proposta questa impostazione politica, si è di fronte alpopulismo, nel senso che ho sopra precisato. E’ chiaro che si tratta di unatteggiamento che ricorre in misura maggiore o minore in quasi tutte lepolitiche italiane di oggi. E’ una manifestazione del degrado della politica.Si tratta di un fenomeno che è in corso dagli scorsi anni ’80, quando appuntogli studiosi cominciarono a parlare di crisi dei legittimazione dellapolitica. E’ degrado per tre aspetti: per il fatto che non si dice alla gentela verità sui mali sociali; perché si propone come soluzione un lavoro sporco,che consiste nell’essere cattivi; perché, infine, si propone di dare fiduciaincondizionata a certi politici, disertando un lavoro essenziale in democraziache è quello della costante critica politica razionale.

  Il populismopuò essere considerato come una grave malattia della democrazia. Infatti è unastrategia che è stata attuata storicamente da correnti politiche nondemocratiche e dai loro principali esponenti. Fu sostanzialmente populista lapolitica del fascismo mussoliniano, fino alla sua prima caduta nel luglio del1943. Successivamente esso fu caratterizzato essenzialmente dalla violenzapolitica, fino al disastro finale nell’Italia del Nord, nel 1945. Ma populismoe violenza politica spesso si accompagnano. Questo perché il populismo disolito prende di mira certi settori sociali, dai quali può venire una reazionealla quale si oppone una repressione violenta. Il populismo è insofferente deilimiti che caratterizzano le politiche democratiche e li considera parte delproblema da risolvere senza tanti scrupoli morali. Il pericolo della violenzapolitica incombe quindi in tutte le politiche populiste.

  Parliamodi popolo  e di paure. Ma quali sono le paure esagerateartificiosamente dal populismo? Possono essere le più varie, a seconda deglistrati sociali coinvolti. In questa prospettiva il popolo perde il suo aspettounitario, di massa in cui non si riesce bene a distinguere granché, come in unafotografia dell’alto del grande pubblico di un concerto rock. Appaiono varigruppi, ciascuno dei quali ha le sue specifiche paure. Il populista confermeràtutti nelle loro paure, senza curarsi di avere un atteggiamento coerente. Atutti dirà che penserà lui a mettere le cose a posto, andando al potere. Se sicerca di approfondire, andrà su generico, ad esempio dicendo di ispirarsi aqualche modello straniero  vincente. Ma le ragioni per cui ci sononazioni  vincenti  e nazioni  perdenti sonoappunto quelle che occorre studiare per capire che fare. Com’è successo checerti siano tra i perdenti? E come farà il nostro populista a ribaltare lasituazione? Che competenza ha? Un discorso come questo dà fastidio alpopulista: a questo punto i fascisti storici iniziavano a menare le mani.Quando ci affidiamo ad una qualche azienda per le nostre esigenze, ad esempioper acquistare l’automobile alla quale affidiamo le nostre vite, ci informiamodelle referenze di chi produce e vende. Il populista in genere non è in gradodi esibire curriculi impressionanti. A volte è veramente alle prime armi. O lesue esperienze di amministrazione riguardano situazioni piuttosto limitate. Maè ambizioso, se gli si affidasse il mondo intero avrebbe la soluzione a tutti isuoi problemi. E fa una colpa a chi ha da obiettare in merito.

  Immaginatedi dover subire un delicato intervento chirurgico. Preferireste affidarvi a chicapita o ad un medico con un buon curriculum?

  Tuttidovrebbero intendersi un po’ di politica. Non è come per la medicina, dove percapirci occorre aver seguito un impegnativo corso di studi. Ma governare unagrande città, una regione o una nazione intera richiede molto più chel’intendersi un po’  di politica: occorre aver dimostrato di saperfare e, innanzi tutto, di conoscere veramente e realisticamente le istituzionicon le quali si deve avere a che fare, le funzioni da svolgere e i problemi checi sono.

  Poi, adisastro avvenuto, ci sarà sempre qualcuno che dirà che ilpopulista  qualcosa di buono l’avrà pure fatto. Questo argomento mi èstato proposto questa estate a proposito del Mussolini.

  Allora hofatto l’esempio che segue. Qualche anno fa il secondo pilota di un aereo dilinea, rimasto solo alla guida, ha mandato l’apparecchio a schiantarsi controuna montagna. Aveva deciso di farla finita. In quel momento gli è parsa unabuona soluzione e si è trascinato dietro gli altri membri dell’equipaggio e ipasseggeri. Si è scoperto che aveva avuto problemi psichiatrici, che però nonerano stati segnalati alla compagnia aerea. Ma qualcosa di buono l’avràpure fatto! Avrà voluto bene a qualcuno. Avrà avuto una famiglia che ha seguitoamorevolmente. Prima di quell’ultimo volo, non avevafatto  sempre quello che doveva? Eh, sì, qualcosa di buonocertamente l’avrà fatto. Ma voi, se aveste saputo dei problemi psichiatrici cheaveva maturato quel pilota, ci sareste saliti con lui su quell’ultimo volo? E’così che vanno giudicati i politici di governo, prima e dopo il loro servizio.Sì, ad esempio, avranno pure fatto qualcosa di buono, ma ora sono ingrado di pilotare  la nazione? Non è che ci manderanno asbattere contro una montagna? Nel caso del Mussolini, non è che egli abbianascosto le sue intenzioni: voleva fare guerra, diceva,per conquistare  uno spazio vitale, in cui erano compreseLibia ed Etiopia. Lo ha detto chiaro e forte e agli italiani, fin da piccoli,ha messo in mano libro e moschetto (un tipo di fucile utilizzato inguerra). Seguiva i futuristi, per i quali la guerra era l’unicaigiene del mondo. Bene, l’Italia ebbe la guerra, diverse guerre, prima quelle coloniali epoi quella  mondiale. Gli italiani, che erano meno ricchi della gentedi altre nazioni, speravano diguadagnarci.  Conquistare  non significa anche unpo’  rapinare, che è quando con la violenza ci si impossessa dellericchezze altrui? Gli italiani ritennero di averne il diritto, perché anche glialtri europei facevano lo stesso. Quindi poi alla fine sono andati a sbatterein una disastrosa guerra mondiale, dalla quale la nazione è uscita pressochéannientata. Alcuni sono ancora tentati da quella via, ma capiscono che qualcosanon è andato per il verso giusto e allora, quando non passano a menare le mani,propongono l’argomento principe dei populisti  di sempre a disastroavvenuto, appunto quello del ma qualcosa di buono l’avrà fatto. Altrisostengono che  però sarebbe  meglio vederci chiaro,realisticamente,  prima  ed  ora su comeandrà a finire nel complesso con una politica; a loro non basta chechi comanda qualcosa di buono l'abbia comunque fatto.  E se poi lastoria si ripetesse? E se ci si schiantasse? I saggi invitano ad imparare dallastoria, che è, dicono, maestra di vita.

   Ognunoha delle paure per come vanno le cose in società. Il sociologo Zygmunt Bauman(1925-2017) ha scritto che la nostra epoca è caratterizzatadall’insicurezza  sociale, ed anche nelle società più ricche. Non siè più sicuri del lavoro, di avere una casa, di essere aiutati nelle difficoltà.Si cerca di trovare soluzioni private a questi mali sociali, ma di solito si èsempre indietro, in fondo impotenti, rimane sempre questa paura. Ma com'è cheaccade anche nelle nazioni più ricche? Non ci si potrebbe fare qualcosa con glistrumenti della politica? Probabilmente sì, perché si tratta di mali socialiche sono le conseguenze di  sistemi  di relazioni socialiche non funzionano bene. Si tratta di costruzioni umane che, come sono statefatte, possono anche essere cambiate. Però si tratta di sistemi moltocomplessi, di reti di relazioni che ormai coinvolgono tutto il mondo. Per cui,ad esempio, il pericolo di una guerra nucleare dall’altra parte del globo cipreoccupa, e veramente ci deve preoccupare ha sostenuto il capo del governotedesco Angela Merkel,  non tanto perché potrebbe arrivarci addosso unqualche missile sparato da laggiù, ma perché gran parte delle nostre cose diuso quotidiano, che compriamo a basso prezzo, ci vengono da quelle parti. Primadi operare bisogna, quindi, innanzi tuttocapire e capire  in modo veritiero,realistico,  che significa  in modo aderente ai fatti  e   razionalmente.E, capendo, si  potrebbe avere la spiacevole sorpresa di concludere che lecose non possono cambiare veramente se non si decide innanzi tutto di cambiareil modo come è impostata la propria vita. Non serve esserecattivi  con qualcun altro. 

  Ilprincipale intento del populista è quello di conquistare o di mantenere ilpotere politico, non di risolvere i problemi della gente. E’ per questo che nonha necessità di una visione realistica e razionale dei problemi della società.Gli basta avere una visione realistica e razionaledei  suoi  problemi, che pensa di risolvere andando al poteree mantenendolo. Ma a mente fredda gli altri non gli darebbero credito perchénon ha mai dimostrato di essere granché come politico:  bisogna allora chela gente abbia paura e abbandoni la razionalità, il  costume della criticasociale, e, insomma, si fidi senza stare troppo a sottilizzare, si fidi sullaparola di chi le garantisce che la salverà, anche se a costo di sofferenzealtrui, il lavoro sporco del quale il populista promette di occuparsi, senzafarlo gravare sulle coscienze dei suoi mandanti. Così il populista incoraggiala gente ad avere paura perché in questo modo pensa che gli cadrà nelle mani,senza tante remore, scrupoli di coscienza, resistenze intellettuali o morali. Il suo principale argomento è “non è il momento di faretanto gli schizzinosi”. L’etica passa in secondo piano, come la razionalità. Macome essere veramente sicuri di non rimanere vittime di questo abbandonodell’etica, di quello che gli economisti chiamano  azzardo morale,che significa appunto fare i propri interessi, egoisticamente, senza fare tantogli schizzinosi?

 Attualmente la principale paura che le politiche populiste incoraggiano nellanostra gente è quella degli immigrati, in particolare dall’Africa. Sembra chetutti i nostri problemi dipendano da questo. E’ una paura irrazionale, naturalmente.Non è per questo che rischiamo, ad esempio, il posto di lavoro e che il lavoroviene pagato, in genere, sempre meno. E non è per questo che le risorse per iservizi sociali, ad esempio per l’istruzione o la sanità, appaiono sempreeccessive, troppo onerose, mentre quei servizi hanno crescenti difficoltàappunto per mancanza di risorse sufficienti. L’economia ha prodotto crescentidiseguaglianze sociali. E si vogliono spendere meno soldi per i servizisociali, pubblici, che contribuiscono ad aumentare il benessere di tutti,correggendo quelle diseguaglianze in fondo ingiuste, le “inequità, come si èanche detto coniando un neologismo italiano.  Il tenore di vita di chi stapeggio  è attualmente sostenuto dal vantaggio di poter ancora acquistare abasso la gran parte dei prodotti di uso comune, perché vengono prodotti inOriente, dove i lavoratori vengono pagati meno che da noi. L’aver spostato inOriente la produzione di questi beni è una delle ragioni per cui ci sono menoposti di lavoro in Europa. Noi acquistiamo senza tanti problemi quei prodotti,anche se sappiamo che incorporano uno sfruttamento dei lavoratori delleindustrie che li hanno realizzati. Come lavoratori siamo danneggiati, ma comeconsumatori avvantaggiati. In generale è il lavoro che, qui da noi e inOriente, non è pagato il giusto. Bisognerebbe mettere in questione il sistemaeconomico che attribuisce questo valore ingiusto al lavoro. E’il  mercato. Non è una potenza della natura. Le forze del mercatohanno regole e non solo quelle economiche. Una serie di trattati internazionaliconsente alle cose di andare come vanno, creando una cornice giuridica incui  poi si realizza questa ingiustizia per cui il lavoro non è pagato ilgiusto. Vi è chi si avvantaggia. Per questo,  appunto, in Occidente comein Oriente sono aumentate fortemente le diseguaglianze sociali. Sono unaminoranza quelli che si trovano in una posizione privilegiata. E quest’ultimadipende dalle politiche correnti, che creano la struttura giuridica permantenere un sistema economico che produce diseguaglianze e, quindi, sofferenzesociali. Ma, alla fine e in particolare nei sistemi democratici, non dovrebberoessere le maggioranze a prevalere? In astratto, sì. Di fatto, paradossalmente,la maggioranza della gente rimane soggetta alle minoranze dei privilegiatisociali e la situazione tende ad inasprirsi sempre più se i correttivi socialisi fanno più deboli, ad esempio se si fa più debole la resistenza dei sindacatinei rapporti di lavoro. Per mantenere il controllo dei più, le minoranze deiprivilegiati sviluppano politiche populistiche. Significa che ancora lagiustizia sociale non è di questo mondo? Ma potrebbe esserlo, si potrebbetentare di fare in modo che lo sia,  sarebbe interesse dei più cercare dipromuoverla. 

   Ilpopulista cerca di accattivarsi la fiducia dei più promettendo di farliprivilegiati o, comunque, di trattarli come tali. Non ha di mira la giustiziasociale. Qualcuno ci rimetterà, ma, assicura, non saranno quelli a cui prometteun patto richiedendo fiducia incondizionata.

  Siamoterrorizzati da chi ha la pelle di un colore diverso dalla nostra, non siesprime (ancora) bene in Italiano ed è povero. Sembra che finirà per sottrarciqualche cosa. Ma, se consideriamo bene, non è vero che le principali sofferenzeci sono inflitte, invece, da connazionali? Ad esempio da chi ci licenziadall’oggi al domani e magari era tanto tempo che lavoravamo per lui. Oggi leleggi danno più libertà di licenziare. Nella maggior parte dei casi oggi èprevisto solo un indennizzo pecuniario. Fino a qualche anno fa era diverso: lecose, dunque, sono cambiate in peggio. Uno oggi può essere licenziato piùfacilmente, pagandogli qualcosa. Ma, perso il lavoro, e quindi poi anche ladignità, che se ne fa uno di un gruzzoletto che presto finisce? Siamodisgustati se si spacciano stupefacenti o ci si offre in prostituzione sottocasa nostra, ma chi sono i clienti? Chi sta peggio cerca di imitare i costumidi vita di chi sta meglio, ma essi sono costosi. Allora può accadere che sirubi o si rapini. Magari per scoprire che quello che si è ottenuto non serveper una vita buona, non dà la felicità e che si è sempre gli stessi, poveri inumanità e dunque infelici,  pur in mezzo a case a volte trasformate indelle  specie di magazzini in cui sono affastellate alla rinfusa cosecostose ma di cattivo gusto. E’ questa l’impressione che si ricava, ad esempio,dalle foto, diffuse dai giornali e dalle televisioni, delle perquisizioni nelleabitazioni di certi criminali che si sono arricchiti. Bisognerebbe inveceimparare la vita buona e la virtù, da qui viene la felicità: questo èl’insegnamento della dottrina sociale.

  Di fattoagli immigrati africani si sono chiuse certe vie per raggiungere le nostrecoste. Questo è costato violenza. Avviene tutto lontano dai nostri occhi, cosìcerchiamo di dimenticarcene. Il populista ci rassicura: abbiamo ragione a nonavere scrupoli di coscienza. Non si poteva fare diversamente. Da altri invece,ci viene ricordato il tremendo rimprovero biblico a Caino e  ai suoiseguaci, "Dov'è il tuo fratello?". Gente viene ora respinta in massa.Questi respingimenti collettivi non sarebbero consentiti dalle normeinternazionali in vigore, ad esempio dalla Carta dei diritti fondamentalidell’Unione Europea.

Articolo 19

Protezione incaso di allontanamento, di espulsione e di estradizione

1.   Leespulsioni collettive sono vietate.

2.   Nessunopuò essere allontanato, espulso o estradato verso uno Stato in cui esiste unrischio serio di essere sottoposto alla pena di morte, alla tortura o ad altrepene o trattamenti inumani o degradanti.

 Un divietoanalogo è contenuto nella Convenzione per la salvaguardia dei dirittidell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata proprio a Roma nel 1950. Nel2014 la Repubblica italiana è stata condannata con sentenza della Corte Europeadei Diritti Umani per averli attuati. Ma ora tutto si svolge in un’altranazione, considerata insicura dalle autorità internazionali ma anche dallenostre autorità: e tutto si fa in base ad accordi che abbiamo concluso laggiù,anche con autorità locali. Le nostre paure hanno trovato una specie diconforto, effettivamente l’immigrazione africana si è ridotta, senza che citocchi la violenza che è stata necessaria per riuscirci, ma rimane la gente cheè già riuscita a giungere tra noi, anche quella ci fa paura. E quando riuscissimo a sistemare  anche quella, ma sarà piùdifficile farlo perché certe soluzioni sbrigative  non le possiamo proprioattuare sul nostro territorio nonostante tutte lenostre   cattive intenzioni, poi le cose andrebbero veramentemeglio? Alcuni sono convinti di sì e le politiche populiste li incoraggiano,come appunto i populisti sono soliti fare. Ma poi, in genere, non si soffreveramente a causa degli immigrati, che al più, se poveri, possono essere unbrutto spettacolo, come la povertà in genere è, ma null’altro. Si soffre, adesempio, per il taglio della spesa pubblica, che determina una riduzione dellespese sociali, di benessere di tutti, e consegue anche, ma non solo, alproposito di tagliare le tasse. Meno tasse, meno entrate fiscali, menospesa pubblica:  i conti così tornano. Il populista, però,a chi è preoccupato per le tasse, promette di ridurle, e a chi è preoccupatoper la riduzione della spesa pubblica, promette di aumentarla. Come farà? Disolito si tiene sul vago. Promette di colpire l’evasione fiscale, ma allora poiprotesteranno i suoi sostenitori che sono preoccupati per le tasse e forsehanno già scelto quella via per proteggersene. O propone di liberarsi daivincoli europei e di uscire dall’area dell’Euro, la moneta comune della nostraUnione Europea, la nostra nuova Europa, riacquistandola sovranità  monetaria, per tornare così, rapidamente,all’inflazione a due cifre che chi ha la mia età ha sperimentato. Negli anni’70 arrivò, in concomitanza con la crisi energetica,  quasi fino al 25%annuo e così stipendi e risparmi della gente evaporavano. Una soluzione che, secondo molti studiosi, ci manderebbe a sbattere. Nonè stampando  più carta moneta che si risolvono i problemidell’economia, tanto più che è molto aumentata la nostra dipendenzadall’estero, dove acquistiamo praticamente tutti i prodotti di uso comune.Che  mercato  potrebbe avere una moneta svalutata?

  Perché ilpopulismo ha preso tanto piede, venendo utilizzato, in misura più o meno ampia,anche da forze che non se ne servirono in passato? E’ appunto, come ho scritto,per la crisi di legittimazione della politica, per cui la gente non ritiene piùutile  fare  politica e non se ne vuole più occupare. Si èstufata di discorsi politici ragionevoli, li ritiene più o meno degli imbrogli.Tutti i politici sono uguali, pensa, e fanno solo i propri interessi.Servirebbe piuttosto farsene dei complici. E' appunto questa la proposta delpopulista. Allora si finisce per dare  ascolto ai tipi sbrigativi, anchese poco referenziati, che promettono di esonerare la gente da tutte quellepreoccupazioni: faranno tutto loro, promettono, anche il lavoro sporco, che poipotrebbe dare  problemi di coscienza, e lo faranno anche nel nostrointeresse, ma sempre in danno di certi altri, quelli che di volta in volta sonoadditati come responsabili del male che c’è, assicurandoci che noi non saremotra quelli. Sono promesse che assomigliano certe volte, appunto,  ad unarruolamento come complici. E può prevedersi che, quando le cose finirannomale, i populisti con cui ci saremo federati ci chiameranno a correi: dirannoche noi siamo stati loro complici. Certe cose le avevamo chieste noi.  Maanche di più, storicamente  è accaduto proprio questo: diranno che le cosesono andate male non per colpa loro, che hanno tenuto fede ai patti, ma percolpa nostra, perché non siamo stati abbastanza determinati nell'esserecattivi. Ci accuseranno di aver avuto troppi scrupoli, di aver guastato tuttoper aver frenato mettendo di mezzo, ad un certo punto, la ragione e l'etica.Non si era concordato di non fare tanto gli schizzinosi? Citroveremmo, allora, in questo caso, davanti al tribunale della storia, insiemea loro. 

  Nonsarebbe meglio, invece,  seguire la via della virtù indicata da tantinostri saggi in passato e anche attualmente?


 

 


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