[Area] R: (senza oggetto)

Anna Mori anna.mori a giustizia.it
Lun 25 Set 2017 16:25:04 CEST


Grazie 

Anna Mori

 

Da: Area [mailto:area-bounces a areaperta.it] Per conto di Sferlazza Ottavio
Inviato: lunedì 25 settembre 2017 01:41
A: movgiust a yahoogroups.com; mailinglist-anm a associazionemagistrati.com;
nuovarea a nuovarea.it; area a areaperta.it; magistratirc a yahoogroups.com
Oggetto: [Area] (senza oggetto)

 

A distanza di appena quattro giorni dal 27° anniversario dell'assassinio di
Rosario Livatino sento oggi il dovere morale di ricordare il sacrifico di un
altro giudice siciliano, Antonino Saetta, presidente della Corte di assise
di appello di Palermo, anch'egli di Canicattì come Rosario, e come lui
ucciso, insieme al figlio Stefano, mentre percorreva la stessa SS 640 a
pochi chilometri da Caltanissetta per fare rientro a Palermo nella tarda
serata del 25 settembre 1988.
Lo voglio ricordare, a distanza di 29 anni,  perchè Saetta, appartenente
alla lista dei primi magistrati giudicanti uccisi da "Cosa Nostra", è un
eroe civile poco noto e quasi dimenticato.
Lo voglio ricordare soprattutto per i colleghi più giovani che nel 1988
erano nati solo da qualche anno.
Ho conosciuto la statura morale del presidente Saetta solo attraverso lo
studio delle carte processuali, avendo avuto l'onore di presiedere la corte
di assise di Caltanissetta che ha condannato, con sentenza ormai passata in
giudicato, i mandanti Salvatore Riina e Francesco Madonia, ed un esecutore
materiale, Pietro Ribisi.
E' giusto ricordare, per rendere onore al suo altissimo senso del dovere e
dello Stato, che in esito alle indagini preliminari ed alla istruttoria
dibattimentale, come risulta dalla motivazione della sentenza che ho
redatto, fu accertato che con l'uccisione del dr. Antonino Saetta, "cosa
nostra" volle perseguire una duplice finalità.
Innanzitutto vendicarsi nei confronti di un giudice che non aveva voluto
piegarsi in più occasioni alle intimidazioni ed alle richieste di quella
organizzazione.
Il presidente Saetta aveva presieduto la Corte di Assise di appello che dopo
un tormentato iter processuale, fortemente condizionato da molteplici
tentativi di "aggiustamento" dei precedenti giudizi, aveva condannato, in
sede di rinvio dalla cassazione, gli esecutori materiali dell'omicidio del
capitano Emanuele Basile, ucciso a Monreale nel maggio del 1980, Giuseppe
Madonia, figlio di Francesco e figlioccio d Riina, Armando Bonanno e Puccio
Vincenzo.
Molteplici fonti probatorie, fra le quali anche collaboratori di giustizia,
rivelarono che alcuni giudici popolari erano stati contattati tramite le
famiglie mafiose dei rispettivi luoghi di residenza e che quegli stessi
giudici popolari avevano successivamente fatto sapere a chi li aveva
avvicinati che il presidente Saetta si era imposto in camera di consiglio
affermando di non essere disposto ad emettere una sentenza di assoluzione in
presenza di un grave quadro probatorio a carico degli imputati.
Appare univocamente significativa la seguente cronologia: la sentenza fu
emessa il 23 giugno 1988, il successivo 16 settembre fu depositata la
motivazione e a distanza di appena 9 giorni fu eseguito l'agguato che costò
la vita al presidente ed al figlio Stefano che gli sedeva accanto.

Il secondo obiettivo, processualmente accertato, era quello di prevenire il
pericolo che un giudice che aveva dato prova di essere integerrimo ed
inavvicinabile presiedesse la Corte di Assise di appello nel processo a
carico di Abbate Giovanni + 459, quello che ormai è storicamente noto come
il primo maxiprocesso a "cosa nostra" istruito da Giovanni Falcone e Paolo
Borsellino.
La convinzione che si era diffusa in "cosa nostra" era fondata, perchè
effettivamente il maxiprocesso era stato assegnato alla prima sezione della
Corte di assise di appello di Palermo che era presieduta proprio dal
presidente Saetta, il quale nei primi giorni di settembre del 1988 era stato
ufficiosamente incaricato della trattazione di quel dibattimento.
La sua intransigenza morale era, peraltro, ben nota a "cosa nostra" fin dal
1985 allorchè  aveva personalmente respinto ogni tentativo di avvicinamento
per condizionare l'esito del primo processo per la strage di via Pipitone
Federico, in cui perse la vita il consigliere istruttore di Palermo Rocco
Chinnici, tentativo segnalato dallo stesso presidente Saetta all'allora
comandante della compagnia dei carabinieri di Canicattì.
Il processo si concluse con la condanna di Michele Greco, detto il papa,
Geco Salvatore ed altri.
E' appena il caso di sottolineare l'importanza che rivestiva per "cosa
nostra" evitare che il giudizio di appello del maxiprocesso fosse presieduto
dal dr. Saetta: prevenire il pericolo che si consolidassero determinati
principi giurisprudenziali  che erano stati affermati per la prima volta
nella sentenza di primo grado, con particolare riguardo al riconoscimento
della unitarietà e della struttura verticistica di "cosa nostra", e ciò
anche in relazione alla responsabilità della "commissione" per i delitti
cosiddetti eccellenti ed in genere per quelli corrispondenti ad un interesse
strategico della organizzazione come quelli riconducibili alla  c.d. guerra
di mafia.
 Per molto aspetti l'assassinio del presidente Saetta e del figlio Stefano
ha rappresentato, oltre che un vendetta, anche un delitto con chiara
finalità intimidatoria di natura "esemplare" nei confronti dei magistrati
con funzioni giudicanti.
Al presidente Antonino Saetta va la nostra immensa gratitudine per l'esempio
di coraggio,  rettitudine ed altissimo senso delle istituzioni che egli
rappresenta per le giovani generazioni ed il nostro commosso ricordo.

     Ottavio Sferlazza
      Procura Palmi                  

             

-------------- parte successiva --------------
Un allegato HTML è stato rimosso...
URL: <http://mail.areaperta.it/mailman/private/area_areaperta.it/attachments/20170925/8d6d8717/attachment.html>


Maggiori informazioni sulla lista Area