[Area] L'OCI sui fatti di Perugia e il giudice nell'economia

massimo ferro massimoferro3 a gmail.com
Lun 25 Set 2017 23:17:50 CEST


Oggi, in un Tribunale della Repubblica italiana, due nostri colleghi –
Umberto Rana e  Francesca Altrui - sono rimasti vittime di una violenta
aggressione con una “arma da taglio” mentre erano in servizio.

 

I magistrati dell’Osservatorio sulle Crisi d’Impresa si stringono
affettuosamente a Francesca e ad Umberto,  che condividono con noi impegno e
passione nell’occuparsi del diritto dell’insolvenza. Lo fanno con il loro
lavoro, partecipando al dibattito scientifico, promuovendo iniziative  di
formazione e pubblica discussione su questi temi.

Come  magistrati e cittadini e come associazione condividiamo la
preoccupazione manifestata dalla Giunta dell’ANM  dell’Umbria che denuncia
ancora una volta l’assoluta mancanza di sistemi di sicurezza a tutela della
incolumità personale dei magistrati,  del personale amministrativo, degli
avvocati e degli utenti degli uffici giudiziari di Perugia e del distretto. 

 

Anche l’OCI ricorda però che altri interventi urgenti, e per tutti gli
uffici giudiziari, erano stati chiesti dalla magistratura e dall’intera
comunità professionale all’indomani dei fatti tragici di Milano, quando un
altro ‘giudice fallimentarista’, Ferdinando Ciampi, era stato ucciso, il 9
aprile 2015, unitamente all’avvocato Lorenzo Claris Appiani e a Giorgio
Erba, coimputato dell’omicida.  Evidentemente nemmeno di fronte alla messa
in causa del bene della vita, a riprova del pessimo stato delle condizioni
di sicurezza in cui magistrati e operatori della giustizia lavorano, sono
state trovate risorse, pratiche amministrative, leggi e volontà di ridurre
il rischio. 

 

L’art.110 della nostra Costituzione attribuisce al Ministro della Giustizia
“l’organizzazione e il funzionamento dei servizi”, in un assetto
ordinamentale che vuole i magistrati messi nelle condizioni migliori per
esercitare la loro funzione giurisdizionale, assoggettati solo alla legge.
Anche da questo doloroso  episodio, appare evidente l’insostenibilità di
un’amministrazione della giustizia, cui siamo tenuti e che svolgiamo nel
nome del popolo italiano, senza che adeguate condizioni logistiche,
informatiche, di assistenza professionale, di selezione normativa per
quantità e rilevanza  del lavoro assicurino effettività e serenità alla
nostra funzione. Lo chiediamo, tutti, da anni. E però, per senso del dovere,
continuiamo a farci carico di disfunzioni crescenti, per le quali nessuna
autonomia finanziaria e decisionale ci è possibile per gli uffici, e così
subendo il riorientamento della pubblica opinione proprio verso i giudici,
ai quali è chiesta una incessante risposta alla diffusa domanda di
giustizia. Sempre più articolata, com’è proprio delle società complesse. 

 

Tanto più, lo ricordiamo come OCI,  in una stagione in cui un superficiale
dibattito avviato attorno alla grande questione moderna del ruolo del
giudice nel diritto dell’economia ha ridotto talora a rozzi slogan le chiavi
di lettura offerte per interpretare la gravosità dei ruoli giudiziari e i
tempi dei provvedimenti. Altre volte si è indicato l’impatto delle decisioni
giudiziarie misurandolo come mero blocco, senza alimentare alcuna domanda
pubblica sulle condizioni, nel frattempo e spesso criminali, della
produzione stessa. Sconoscendo principi costituzionali e valori che
temperano l’iniziativa economica, innervano statuti di reale concorrenza,
affiancano punti di forza irrinunciabili come la salute, il lavoro, la
dignità personale. E soprattutto la solidarietà e l’eguaglianza.   Di fatto
abbiamo assistito, anche in diffusi ambienti di esperti, all’introduzione di
elementi di tossicità ideologica ripetuti  e per i  quali la magistratura
nel suo complesso  viene  additata come il bastone dell’ingranaggio
altrimenti in grado di funzionare.

 

Si tratta di rappresentazioni banali, anche per ignoranza conclamata di
tutta la letteratura empirica che ha studiato con pazienza, come praticato
dall’OCI in molte ricerche, proprio la soggettività economica delle imprese,
e specie di quelle insolventi.  Documentando  che proprio un’interpretazione
giuridica  prudente ed uno sforzo di comprensione dei tentativi seri di
superamento della crisi in ambito giudiziario hanno fatto assumere ai
processi concorsuali elevati livelli di trasparenza. Riconquistando al
processo il contesto informativo più appropriato.

 

Veniamo come OCI da una entusiasmante sesta edizione di InsolvenzFest ,
nella quale ancora una volta - a Bologna da venerdì scorso e fino a ieri
pomeriggio - abbiamo messo a confronto, in dialoghi pubblici
interdisciplinari, tutti i saperi della crisi. Con economisti, psicologi,
giornalisti, filosofi. Insieme ai giuristi. Offrendo con generosità  ad una
vasta popolazione culturale, e tra essa molti colleghi e tecnici,
approfondimenti sulle nuove matrici dell’indebitamento, come le ludopatie.
Sull’incidenza della crisi con le ineguaglianze di genere. Sulla mafia e
l’alterazione della concorrenza di mercato. Sul debito ambientale e le gare
d’appalto. Sulla agropirateria e le contraffazioni delle merci. E, ancora
una volta, la corruzione.

 

E ci mette allora preoccupazione leggere proprio oggi che alcuni pubblici
funzionari, professori delle Università italiane, avrebbero svenduto il loro
statuto di imparzialità nell’accesso ai concorsi. Si tratta di rilevanza di
cronaca che registriamo come tale, ovviamente senza alcuna altra valutazione
e che però dà conto dell’abdicazione al ruolo di educazione alla legalità
costituzionale  raggiunta con il fenomeno corruttivo dal nostro Paese. In
cui l’evasione fiscale viene definita allegramente un “fenomeno deplorevole”
e sulla “corruzione” se ne marginalizza la potenza distruttrice del tessuto
sociale. Fa male ai ragazzi, ai tanti che abbiamo incontrato in questi
giorni, dover raccontare di classi dirigenti, pubbliche e private,
tristemente dedite a rivendicare, con insistenza tanto monotona quanto
interessata,  quasi solo minori controlli e mano libera negli affari.

 

Per questo vorremmo che questa giornata, pur così triste, induca tutti a
riflettere sulla giustizia quale prezioso  bene comune. E alle relative,
imprescindibili, condizioni di funzionamento civile. 

 

 

Il gruppo di coordinamento dell’OCI

 

Massimo Ferro, Giacomo Maria Nonno, Edi Ragaglia, Michele Monteleone,
Raffaella Brogi

 

 

 

 

 

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