[Area] 33° Congresso Anm - intervento del segretario generale di Magistratura democratica, Mariarosaria Guglielmi. Un impegno comune "per rifare noi stessi"

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Dom 22 Ott 2017 14:11:14 CEST


33° CONGRESSO NAZIONALE DELL’ANM 

 INTERVENTO DEL SEGRETARIO GENERALE DI MAGISTRATURA DEMOCRATICA,
MARIAROSARIA GUGLIELMI 

 UN IMPEGNO COMUNE “PER RIFARE NOI STESSI” 

 «_DOBBIAMO RIFARE NOI STESSI_». Furono queste le ultime parole scritte,
prima della fucilazione, dal diciannovenne partigiano Giacomo Ulivi,
citate in un bel saggio di Alessandro Galante Garrone. 

Parole scritte da un giovane e destinate ai giovani. Parole di denuncia
e insieme di speranza. 

Le prendo a prestito per dire che ANCHE LA MAGISTRATURA OGGI DEVE
“RIFARE SE STESSA” e recuperare la sua identità che sembra perduta. 

 Viviamo un tempo di grandi inquietudini con una Magistratura, sempre
più tentata di ROMPERE QUELL'IMPEGNO COMUNE che l'ha unita
NELL’ASSOCIAZIONISMO, NELL’AUTOGOVERNO, NELLA SOCIETÀ e che ha
consentito, come ha scritto Luigi Ferrajoli, la sua crescita culturale,
la sua democratizzazione, la formazione DELLA SUA IDENTITÀ
COSTITUZIONALE. 

Oggi, per questa magistratura, è forte il rischio di perdere la piena
consapevolezza di sé, del proprio ruolo, della sua responsabilità
sociale e culturale, che solo NELLA DIMENSIONE DELL’IMPEGNO COLLETTIVO
può rimanere viva. 

SMARRITA QUESTA IDENTITÀ, EMERGE UN NUOVO CORPORATIVISMO VESTITO DA
TRATTI DI INDIVIDUALISMO E DI PROTAGONISMO. 

IL PROTAGONISMO. Esaurita la spinta alla forte coesione generata dalla
_resistenza_ agli attacchi frontali portati in passato da ampi settori
del potere politico, la DIFESA DELL’INDIPENDENZA E DEI VALORI DELLA
GIURISDIZIONE non opera più da vero _unificatore_ ideale, culturale e
politico all'interno della magistratura e fra questa e la collettività. 

Privata del sostegno pubblico nella difesa delle sue prerogative -
ricevuto durante la lunga stagione della _contrapposizione aperta_-,
investita dalla sfiducia per l'inefficienza del servizio che rende alla
collettività, oggi è una magistratura più _sola_ quella che deve
confrontarsi con una politica che ha mutato il suo linguaggio e della
magistratura non si dichiara più apertamente _nemica. _Una magistratura
che fatica a sfidare la politica sul piano delle proposte e dei
contenuti, richiamandola alle sue responsabilità per garantire una
efficace amministrazione della giustizia. 

Una magistratura che cede alla tentazione di PRENDERSI UN’ALTRA SCENA e
di ritrovare una sua _identità_ affidando al protagonismo dei singoli, e
al consenso che questi come singoli riscuotono, il compito di riscattare
la sua immagine di "subalternità" agli occhi del Paese.   

Nella dimensione di questa nuova e diversa identità, la magistratura
incrocia i sentimenti dell'antipolitica, gli atteggiamenti populisti, le
rivendicazioni "antisistema" e rischia di farsene interprete, ricercando
una nuova legittimazione nell'investitura proveniente _dal basso_, nel
proporsi e nel sentirsi per definizione dalla parte del _giusto_ e del
_buono_. IL PASSO DAL POPULISMO DELLA POLITICA A QUELLO GIUDIZIARIO È
BREVE E IL COSTO PER LA MAGISTRATURA MOLTO ALTO: la perdita dei valori
che sono l'essenza della sua legittimazione, la cultura delle garanzie,
la consapevolezza dei limiti della nostra funzione e del carattere
relativo della verità processuale, la capacità di autocritica e di
vigilanza rispetto alle prassi sulle quali si misura la tenuta delle
garanzie e rispetto ai rischi della visione e delle istanze
giustizialiste che il populismo porta con sé. 

 Salvatore Satta si interrogava sul  "Mistero del processo" richiamando
il racconto di un _fatto mirabile_ accaduto dinanzi al Tribunale
rivoluzionario nel 1792: la folla preme nell'aula per farsi giustizia da
sè; il presidente ferma con un gesto gli "invasori" intimando di
rispettare la legge e l'accusato sotto la sua spada. E la folla in
silenzio ripiega verso la porta. Gli invasori hanno compreso che
«_l'opera che essi compiono là in basso, le maniche rivoltate e la picca
tra le mani, questi borghesi in mantello nero e cappello a piuma la
perfezionano sui loro seggi»._ 

 Nella visione del giustizialismo ai giudici si chiede di _perfezionare
l'opera,_ non facendosi interpreti delle istanze di giustizia ma
vendicando i _torti che abbiamo subito. _E ai Tribunali - ricordava
Satta - si cambia nome: non più _Palais de Justice ma Palais où l'on
condamne._ 

L’INDIVIDUALISMO. Il cambiamento culturale in atto nella magistratura
“NON PIÙ SOGGETTO COLLETTIVO" ci riporta alla dimensione e alle logiche
della "corporazione". E di una corporazione divisa al suo interno. Oggi
ne cogliamo tutti i suoi contraddittori riflessi: il ritorno di una
concezione formalistica dell'imparzialità che si traduce in _neutralità_
e indifferenza alle scelte di valore; l'abbandono della prospettiva
_egualitaria_, che vuole tutti i magistrati distinti solo per funzioni
con il ritorno alla contrapposizione in nome di interessi di categorie
diverse e di _mestieri_ diversi di cui -nella corporazione- ci si sente
portatori (magistrati dirigenti e non; magistrati giovani ed anziani;
magistrati di _uffici superiori_ e quelli di _più basso grado_);
l'attenzione alle aspettative individuali e alle prospettive di
_carriera_ di ciascuno; l'autoreferenzialità e l'indifferenza al dovere
di rendere conto alla collettività del nostro agire; la rinuncia ad un
impegno condiviso nell'autogoverno e nell'associazionismo per promuovere
un progetto di cambiamento e un modello di magistrato alternativo a
quello funzionariale e burocratico che si va riproponendo sotto il peso
delle difficili condizioni di lavoro, per effetto del conformismo
indotto dalle valutazioni ravvicinate di professionalità e del rischio
di automatismi nella responsabilità civile e disciplinare. 

NELLA DIMENSIONE DELL’INDIVIDUALISMO LA MAGISTRATURA SI RITROVA, ANCORA
UNA VOLTA, CHIUSA IN SE STESSA. DIVISA AL SUO INTERNO. IN RIVOLTA CONTRO
SE STESSA. E CONTRO IL SUO SISTEMA DI AUTOGOVERNO E DI RAPPRESENTANZA. 

Le criticità emerse nella gestione dell'accresciuta discrezionalità che
la riforma ordinamentale ha attribuito al governo autonomo
contribuiscono ad alimentare il senso di sfiducia e ad accrescere la
distanza dall'istituzione consiliare. OGGI LA MAGISTRATURA RISCHIA DI
PERDERE LA CONSAPEVOLEZZA DI UNA PARTE IMPORTANTE DI SÉ RAPPRESENTATA
DAI VALORI DELL’AUTOGOVERNO: la consapevolezza della funzione
insostituibile di una istituzione che Salvatore Senese ha definito di
_«orientamento in senso democratico dei contraddittori processi in corso
nella magistratura, nei rapporti fra magistratura e Paese, istituzione
giudiziaria e sfera politica»_ ; la consapevolezza del ruolo svolto
dall'autogoverno nel garantire l'indipendenza e l'autonomia della
magistratura, mettendo queste prerogative della magistratura al servizio
della giurisdizione, promuovendo responsabilità e professionalità e
facendosi carico della qualità ed efficienza del servizio giustizia. 

LE PROSPETTIVE E LE SFIDE CHE CI ATTENDONO. 

Una magistratura che si PONE FUORI DALLA DIMENSIONE DELL’IMPEGNO
COLLETTIVO E RINUNCIA ALLA SUA IDENTITÀ DI SOGGETTO COLLETTIVO NON È PIÙ
IN GRADO DI RICOSTRUIRE UN RAPPORTO INTENSO CON LA SOCIETÀ E DI
CONFRONTARSI CON LE GRANDI SFIDE CHE OGGI ATTENDONO LA GIURISDIZIONE E
CHE ALLA GIURISDIZIONE PONGONO NUOVE RESPONSABILITÀ: le sfide legate
alla marginalità sociale e alle crescenti e nuove diseguaglianze che
richiedono anzitutto un impegno culturale in senso pieno e l'attuazione
di quel progetto di emancipazione che la Costituzione ha costruito sul
primato dell'eguaglianza; le sfide che porta con sé il fenomeno
dell'immigrazione, con la domanda di tutela di diritti e di risposta ai
bisogni fondamentali delle persone, in un contesto in cui la condizione
di _non cittadino_ priva gli individui di quella "_pari dignità
sociale_" che la nostra Costituzione riconosce a tutti; le sfide anche
culturali del terrorismo globale e quelle che comporta la forte
deviazione del diritto penale verso le finalità della prevenzione,
mettendo in discussione il ruolo di garanzia della giurisdizione. 

DA QUI, DA QUESTA SEDE DI CONFRONTO CHE È LA NOSTRA ASSOCIAZIONE,
DOBBIAMO ALLORA RIPARTIRE PER “RIFARE NOI STESSI”, RICOSTRUIRE LA NOSTRA
IDENTITÀ DI SOGGETTO COLLETTIVO, RITROVARE IL SENSO DEL NOSTRO IMPEGNO
COMUNE. 

Per poter essere NOI magistrati mai neutrali e rinunciatari rispetto ai
valori in gioco, ma consapevoli dei limiti della nostra funzione; 

 impegnati noi stessi a rivendicare come base della nostra
legittimazione il rispetto delle garanzie e la nostra responsabilità
sociale e culturale per i provvedimenti adottati; 

 capaci di interpretare il _ruolo forte_ che oggi si richiede alla
giurisdizione nella tutela dei diritti e dei valori della legalità ma
immuni dalla tentazione di assumere ruoli  e poteri impropri_;  _ 

_ _non rassegnati all'impotenza difronte all'assenza o alla debolezza
delle regole di presidio per la legalità e ai vuoti di tutela per i
diritti ma attenti ai rischi di una visione e di una concezione
"salvifica" dell'intervento giudiziario, alle tentazioni di scorciatoie
e di fughe in avanti; 

 non indifferenti alle istanze di sicurezza e di pacifica convivenza
della collettività ma estranei alla logica del _nemico_ da combattere e
da neutralizzare,  e alle sue aspettative di _non terzietà_ della
giurisdizione penale  che ispirano scelte di politiche criminale ed
alimentano l'_illusione repressiva_. 

Capaci di RISCOPRIRE IL SENSO E L’IMPORTANZA DEL NOSTRO IMPEGNO
COLLETTIVO che può avere una DIMENSIONE “PIENA" SOLO NELLA SOCIETÀ E NEL
DIALOGO CON L’AVVOCATURA, lungo quel "_sentiero comune dei diritti e
delle garanzie_" che ci ha invitato più volte a percorrere il Presidente
Mascherin, ritrovando un rapporto  di fiducia con l'intera collettività
e la capacità di confronto aperto con l'opinione pubblica. 

Impegnati in questa "dimensione piena" come PARTE ATTIVA DI UNA PIÙ
AMPIA CONTROFFENSIVA CULTURALE RISPETTO AI RISCHI DEL GIUSTIZIALISMO E
DEL POPULISMO, all'aggressione ai valori della convivenza civile, ai
progetti eversivi che mirano a sovvertire i valori di eguaglianza,
solidarietà ed equità alla base della coesione sociale, della nostra
democrazia e del nostro progetto di Europa. 

Determinati nel rivendicare condizioni dignitose di lavoro per i giovani
colleghi, per tutti noi, per tutti gli operatori di giustizia. 

Tutto ciò affinché la "_Giustizia"_ sia sempre più un _bene comune_;
affinché, lo diceva Eschilo, faccia da «_scudo a chi si batte per lei»
_e, oggi, possa fare da scudo ai "luoghi della Giustizia", contro l'odio
sociale, contro tutte le paure dei nostri tempi. 

Siena, 21 ottobre 2017 

http://www.magistraturademocratica.it/mdem/articolo.php?id=2847&a=on 

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