[Area] Intervista di Cassese

Imperato MArco marco.imperato a giustizia.it
Mar 31 Ott 2017 13:03:03 CET


Intervista critica di Cassese che credo meriti di essere letta e su cui
riflettere (di seguito trascrivo il contenuto preso dal sito di ristretti
orizzonti):

 



Il j'accuse di Cassese contro procure e giornalisti

 
<http://www.ristretti.org/pdf/Le-Notizie-di-Ristretti/il-jaccuse-di-cassese-
contro-procure-e-giornalisti.pdf?format=phocapdf> 

 
<http://www.ristretti.org/Le-Notizie-di-Ristretti/il-jaccuse-di-cassese-cont
ro-procure-e-giornalisti/Stampa> 

 


di Giulia Merlo

 

Il Dubbio, 31 ottobre 2017

 

"I pm cercano visibilità e agiscono come giustizieri", è l'accusa del
professore e giudice emerito della Corte Costituzionale, Sabino Cassese.
"Anche se corpo giudiziario è nel suo insieme di prim'ordine, al suo interno
tutti si sentono prime donne, nessuno tollera rapporti cooperativi e
l'individualismo predomina" chiarisce Cassese, che però ripartisce le colpe:
non solo alla magistratura ma anche "all'opinione pubblica e a chi la forma,
cioè i giornali".

"L'ordine giudiziario dovrebbe interrogarsi di più sulla propria funzione e
sui modi in cui viene svolta". Sabino Cassese, giudice emerito della Corte
Costituzionale, ex ministro del governo Ciampi e già professore di diritto
amministrativo in numerosi atenei italiani, analizza la situazione della
giustizia in Italia, a partire dal rapporto tra politica e magistratura.

 

Professore, viviamo in un tempo di conflitto tra politica e giustizia?

Più che un conflitto continuo, mi pare che vi sia un ripetersi di tensioni.
Ma occorre distinguere. Le tensioni sono provocate nella maggior parte dei
casi dalle procure, quindi non dalla giustizia, ma dall'accusa. E sono
aumentate dalla lentezza con la quale la giustizia segue. È purtroppo
normale che le procure registrino tra gli indagati persone che, dopo 710
anni, riescono a veder riconosciuto che non hanno commesso il fatto. Il
secondo motivo di tensione è costituito da decisioni giudiziarie che si
espandono in opposizione ad amministrazioni pubbliche, negandone
l'expertise. Il terzo è più generale e riguarda la tensione tra giustizia e
società, a causa della lentezza della giusti- zia. Dunque, distinguiamo bene
i diversi motivi, fattori ed elementi di tensione.

 

Come spiega questo cortocircuito tra poteri dello Stato?

In molti Paesi moderni c'è una espansione del sistema giudiziario. In Italia
la peculiarità è data dalla circostanza che magistrati e accusa e giustizia
fanno parte dello stesso ordine. Su questa base si è inserita una corsa dei
magistrati - specialmente dei procuratori - verso la politica. Quindi, un
loro desiderio di "farsi vedere", agire come "giustizieri". Tutto questo,
avvalorato da una narrazione del Paese come una nazione corrotta, mafiosa,
dominata dall'illegalità. Quindi, le responsabilità non sono solo del corpo
giudiziario, ma anche di tutti noi. Bisogna distinguere bene. Innanzitutto
il corpo giudiziario è nel suo insieme di prim'ordine, anche se al suo
interno tutti si sentono prime donne, nessuno tollera rapporti cooperativi e
l'individualismo predomina. Poi, vi sono gravi responsabilità dell'opinione
pubblica e di chi la forma, principalmente dei giornali. Le faccio qualche
esempio: perché non si cerca di sfatare questa idea che l'Italia è un Paese
fondamentalmente corrotto? Perché non si cerca di analizzare bene quali sono
i limiti geografici e di influenza della mafia? É ancora vera la storia del
familismo amorale?

 

Esiste, in questo conflitto, un rischio di crisi per il nostro sistema
democratico?

Non penso che ci siano motivi di preoccuparsi per una crisi sistemica. Penso
che dobbiamo preoccuparci dei tempi, piuttosto che dei conflitti. I
conflitti possono anche essere benefici, ma non possono protrarsi a lungo.
Insomma, le tensioni troverebbero un alveo fisiologico se le indagini delle
procure si chiudessero sollecitamente e la gente potesse contare, come in
molti Paesi, sul fatto che un processo, in tutti i suoi gradi, si chiude in
un anno.

 

Come si può abbassare la tensione?

Innanzitutto con tempi brevi. Poi, mettendo una separazione netta tra ordine
giudiziario e corpo politico. L'ordine giudiziario ha finito per confondersi
con la politica, e questo non è un bene.

 

L'ordinamento giudiziario, al pari del sistema politico, sta vivendo un
periodo di crisi. Da anni ormai si parla di necessità di riforma: lei
condivide e, soprattutto, ritiene che la politica abbia la forza per
metterla in atto?

Penso che l'ordine giudiziario dovrebbe interrogarsi di più sulla propria
funzione e sui modi in cui viene svolta. Poi, dovrebbe aprirsi all'esterno,
ascoltare ed essere meno endogamico. L'esempio della Scuola della
magistratura è interessante: persino lì ci sono le cordate dei magistrati,
le scelte accurate dei docenti "vicini", mentre quella potrebbe diventare la
palestra per avviare un dialogo tra interno ed esterno dell'ordine
giudiziario.

 

Quali individua come priorità di riforma per il nostro ordinamento?

Farei tacere le leggi, per qualche tempo e spingerei il Csm e il Ministero
della giustizia a garantire tempi brevi per la giustizia. Un grande sforzo
in tal senso ridarebbe all'ordine giudiziario quel prestigio che ha perduto,
considerato anche che la magistratura è andata progressivamen-te scendendo
nei sondaggi di opinione pubblica.

 

Lei ritiene che sia necessario un cambiamento all'interno della
magistratura? Si dibatte ancora oggi dell'annoso tema della separazione
delle carriere.

La separazione ha assunto un valore simbolico. Invece, come tale,
rappresenterebbe nella sostanza solo un limite di carriera per gli
appartenenti al corpo, perché non consente di passare dall'una all'altra
funzione, guadagnando sedi più comode o vicine a casa. L'argomento contrario
principale è quello della sottoposizione dell'accusa a direttive esterne,
quindi non riguarda la separazione in sé, quanto quel che potrebbe seguire.

 

Da giudice costituzionale, tra il 2005 e il 2014, è stato chiamato a
pronunciarsi su temi che hanno infuocato l'opinione pubblica, a partire
dalla costituzionalità del Porcellum. La appassiona il dibattito odierno in
materia di legge elettorale?

Non mi appassiona e mi preoccupa la durata delle soluzioni. Se non ci
mettiamo d'accordo su una formula elettorale, finiremo per fare una legge
prima di ogni elezione, cambiando le regole del gioco ogni volta che inizia
il gioco. Per esempio, nessuno di quelli che ho interrogato è disposto ad
affermare che la legge Rosato è stata fatta per durare.

 

Lei è stato ministro per la Funzione Pubblica del governo Ciampi, come
ricorda quel periodo storico così drammatico?

La meraviglierò: ero così concentrato sul mio compito - assicurare qualche
piccolo passo sulla strada di una amministrazione più funzionante - che le
circostanze di quei giorni le ho vissute quasi da lontano, consigliando
Ciampi quando necessario e facendo il mio dovere.

 

 

Marco Imperato 

Procura Modena 

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