[Area] R: R: Intervista di Cassese

Fabio REGOLO fabio.regolo a giustizia.it
Mar 31 Ott 2017 19:16:26 CET


Capisco l’amarezza di Matteo, perché quando non si lavora per “farsi
vedere”, né si agisce “come giustizieri”, né, soprattutto, si ha voglia di
“correre verso la politica”, ma si vuole fare solo il proprio dovere, essere
descritti in questo modo (vogliamo dire un po’ semplicistico?) da proprio
fastidio.

 

Nel suo condividere l’intervista, ritenendola meritevole della nostra
attenzione, immagino che Marco da esperto collega avrà percepito qualche
spunto di riflessione. Io nel mio piccolo, volendo carpire spunti, perché in
fondo dalle critiche anche quelle più aspre e anche quelle meno fondate c’è
sempre da imparare, vedo i cenni fatti dal prof. Cassese alla presunta
spartizione dei posti nella SSM o al fatto che nei sondaggi sembra che la
gente abbia sempre meno fiducia in noi (questo sì un punto che davvero mi
ferisce). 

Aldilà di questo ci vedo però solo un dito puntato da chi ritiene, a quanto
pare, che sia colpa delle Procure se la gente viene assolta dopo decenni, se
qualcuno si azzarda a dire che la mafia non ha limiti geografici predefiniti
o se si prova persino a dire che i fenomeni corruttivi sono una zavorra
sulla crescita del nostro Paese. Io non lo so se la nostra è una Nazione
corrotta o meno, non faccio il sociologo, né il criminologo, ma l’operatore
di diritto. In tale veste dico che nei fascicoli se ne vedono di tutti i
colori. Magari si posse fare un discorso di “expertise” e di rispetto della
discrezionalità amministrativa! A me pare di vedere troppo spesso clamorosi
abusi e grossolani falsi ripagati da ogni tipo di utilità.

Ritengo utile ricordare che siamo in un contesto in cui tutti gli indicatori
internazionali (vedi da ultimo rilevazioni “Eurobarometer”) dicono che
l’Italia si colloca al 72° posto su 174 Paesi valutati in termini di
radicamento della corruzione ed il conto che paghiamo alla criminalità
economica sembra attestarsi sui 120 miliardi di euro all’anno e quello della
corruzione sui 60 miliardi di euro. Non se basta questo per dire che di
mitologico c’è ben poco, però credo sia sufficiente almeno per dare l’idea
della diffusività dei fenomeni corruttivi.

 

Partendo dal presupposto che ognuno, viva Dio, può pensare ciò che vuole,
magari ritenendo anche di avere sempre la verità in tasca, va detto però che
quando si sta negli Uffici di primo grado così lontani dai salotti ovattati
di certe Amministrazioni, Uffici dove si affoga tra le carte, dove si
assiste ogni giorno a tagli di risorse e personale nel mentre aumentano le
incombenze alle quali dover fare fronte e con sempre meno tempo concesso dal
codice di rito, dove si deve correre per stare dietro a tutto cercando di
dare quante più possibili risposte dignitose a chi ha bisogno di noi, perché
il peso della giustizia lo si sente forte, sullo stomaco ogni santo giorno,
dove si lavora cercando in tutti i modi di garantire tanta quantità (perché
noi non essendo accademici eruditi dobbiamo rendere un servizio) senza
sacrificare la qualità, magari sacrificando gli affetti o le vite personali
perché si crede in quello che si fa e ci si illude di servire a qualcosa,
vedersi liquidati in questo modo, non penso possa essere visto come uno
stimolo di riflessione, ma solo un ulteriore fonte di amarezza della quale
francamente non c’era davvero bisogno.

Nonostante ciò vorrei però rassicurare i nostri osservatori esterni sul
fatto che nonostante le amarezze,  tra tante prime donne o individualisti
esasperati, innamorati dello loro tesi o carrieristi - giocatori di scacchi
interessati solo a crearsi carriere accelerate, anche stasera, ci saranno
tanti “semplici” servitori dello Stato che chiuderanno l’ufficio a tarda
sera e lo riapriranno all’alba, magari svegliandosi la notte pensando di non
essere stati in grado di fare tutto quello che dovevano o che avrebbero
voluto.  Persino orgogliosi di farlo.

Ecco, a me stanno a cuore solo questi, altro che j’accuse o non j’accuse.

Saluti

 

Fabio Regolo - Procura Catania.

 

 

Da: Area [mailto:area-bounces a areaperta.it] Per conto di MATTEO CENTINI
Inviato: martedì 31 ottobre 2017 14:11
A: 'Imperato MArco'; area a areaperta.it
Oggetto: [Area] R: Intervista di Cassese

 

Caro Marco

 

Non voglio sembrare autoreferenziale, ne autoassolutorio, ma frasi del tipo
“Le tensioni sono provocate nella maggior parte dei casi dalle procure,
quindi non dalla giustizia, ma dall'accusa” si commentano da sole. Le
procure non fanno parte della Giustizia? Sa il professor Cassese che nel
concetto di AG i costituenti hanno incluso senza differenze pm e giudici? E
perché di grazia la lentezza della Giustizia è colpa delle sole procure?
Perché il professore, che pure è stato tra le migliaia di cose (tra le quali
presidente del banco di Sicilia ed altre amenità) ministro della funzione
pubblica, non accenna minimamente alle inefficienze di organico e strumenti
di cui disponiamo? Io personalmente ho dovuto fare il pieno più volte
all’auto di servizio per fare giungere in tempo al TDL di Bologna atti, lui
si è mosso sempre nell’agiatezza di alte amministrazione che questi problemi
non sanno cosa sono. Perché si dice che questo Paese è corrotto? Perché è
vero, perché così risulta in classifiche di osservatori internazionali e
perché ogni pm con un minimo (minimo) di iniziativa ben ha sperimentato
ficcando il naso in qualsiasi appalto pubblico. Taccio poi su di una serie
di affermazioni fatte senza addurre le ragioni su cui si fondano né un
minimo di motivazione, come il metodo scientifico dovrebbe imporre ad uno
che fa pur sempre il professore. Ormai Cassese svolge queste considerazioni
da anni, ma mai che l’abbia letto scrivere sulla situazione della giustizia
amministrativa, che egli dovrebbe conoscere meglio.

Anche io ho molte riserve sul nostro mondo, anche se per ragioni decisamente
diverse da quelle di Cassese, ma mi pare decisamente in mala fede.

 

Matteo Centini, procura PC

 

Da: Area [mailto:area-bounces a areaperta.it] Per conto di Imperato MArco
Inviato: martedì 31 ottobre 2017 13:03
A: area a areaperta.it
Oggetto: [Area] Intervista di Cassese

 

Intervista critica di Cassese che credo meriti di essere letta e su cui
riflettere (di seguito trascrivo il contenuto preso dal sito di ristretti
orizzonti):

 



Il j'accuse di Cassese contro procure e giornalisti

 
<http://www.ristretti.org/pdf/Le-Notizie-di-Ristretti/il-jaccuse-di-cassese-
contro-procure-e-giornalisti.pdf?format=phocapdf> PDF

 
<http://www.ristretti.org/Le-Notizie-di-Ristretti/il-jaccuse-di-cassese-cont
ro-procure-e-giornalisti/Stampa> Stampa

 


di Giulia Merlo

 

Il Dubbio, 31 ottobre 2017

 

"I pm cercano visibilità e agiscono come giustizieri", è l'accusa del
professore e giudice emerito della Corte Costituzionale, Sabino Cassese.
"Anche se corpo giudiziario è nel suo insieme di prim'ordine, al suo interno
tutti si sentono prime donne, nessuno tollera rapporti cooperativi e
l'individualismo predomina" chiarisce Cassese, che però ripartisce le colpe:
non solo alla magistratura ma anche "all'opinione pubblica e a chi la forma,
cioè i giornali".

"L'ordine giudiziario dovrebbe interrogarsi di più sulla propria funzione e
sui modi in cui viene svolta". Sabino Cassese, giudice emerito della Corte
Costituzionale, ex ministro del governo Ciampi e già professore di diritto
amministrativo in numerosi atenei italiani, analizza la situazione della
giustizia in Italia, a partire dal rapporto tra politica e magistratura.

 

Professore, viviamo in un tempo di conflitto tra politica e giustizia?

Più che un conflitto continuo, mi pare che vi sia un ripetersi di tensioni.
Ma occorre distinguere. Le tensioni sono provocate nella maggior parte dei
casi dalle procure, quindi non dalla giustizia, ma dall'accusa. E sono
aumentate dalla lentezza con la quale la giustizia segue. È purtroppo
normale che le procure registrino tra gli indagati persone che, dopo 710
anni, riescono a veder riconosciuto che non hanno commesso il fatto. Il
secondo motivo di tensione è costituito da decisioni giudiziarie che si
espandono in opposizione ad amministrazioni pubbliche, negandone
l'expertise. Il terzo è più generale e riguarda la tensione tra giustizia e
società, a causa della lentezza della giusti- zia. Dunque, distinguiamo bene
i diversi motivi, fattori ed elementi di tensione.

 

Come spiega questo cortocircuito tra poteri dello Stato?

In molti Paesi moderni c'è una espansione del sistema giudiziario. In Italia
la peculiarità è data dalla circostanza che magistrati e accusa e giustizia
fanno parte dello stesso ordine. Su questa base si è inserita una corsa dei
magistrati - specialmente dei procuratori - verso la politica. Quindi, un
loro desiderio di "farsi vedere", agire come "giustizieri". Tutto questo,
avvalorato da una narrazione del Paese come una nazione corrotta, mafiosa,
dominata dall'illegalità. Quindi, le responsabilità non sono solo del corpo
giudiziario, ma anche di tutti noi. Bisogna distinguere bene. Innanzitutto
il corpo giudiziario è nel suo insieme di prim'ordine, anche se al suo
interno tutti si sentono prime donne, nessuno tollera rapporti cooperativi e
l'individualismo predomina. Poi, vi sono gravi responsabilità dell'opinione
pubblica e di chi la forma, principalmente dei giornali. Le faccio qualche
esempio: perché non si cerca di sfatare questa idea che l'Italia è un Paese
fondamentalmente corrotto? Perché non si cerca di analizzare bene quali sono
i limiti geografici e di influenza della mafia? É ancora vera la storia del
familismo amorale?

 

Esiste, in questo conflitto, un rischio di crisi per il nostro sistema
democratico?

Non penso che ci siano motivi di preoccuparsi per una crisi sistemica. Penso
che dobbiamo preoccuparci dei tempi, piuttosto che dei conflitti. I
conflitti possono anche essere benefici, ma non possono protrarsi a lungo.
Insomma, le tensioni troverebbero un alveo fisiologico se le indagini delle
procure si chiudessero sollecitamente e la gente potesse contare, come in
molti Paesi, sul fatto che un processo, in tutti i suoi gradi, si chiude in
un anno.

 

Come si può abbassare la tensione?

Innanzitutto con tempi brevi. Poi, mettendo una separazione netta tra ordine
giudiziario e corpo politico. L'ordine giudiziario ha finito per confondersi
con la politica, e questo non è un bene.

 

L'ordinamento giudiziario, al pari del sistema politico, sta vivendo un
periodo di crisi. Da anni ormai si parla di necessità di riforma: lei
condivide e, soprattutto, ritiene che la politica abbia la forza per
metterla in atto?

Penso che l'ordine giudiziario dovrebbe interrogarsi di più sulla propria
funzione e sui modi in cui viene svolta. Poi, dovrebbe aprirsi all'esterno,
ascoltare ed essere meno endogamico. L'esempio della Scuola della
magistratura è interessante: persino lì ci sono le cordate dei magistrati,
le scelte accurate dei docenti "vicini", mentre quella potrebbe diventare la
palestra per avviare un dialogo tra interno ed esterno dell'ordine
giudiziario.

 

Quali individua come priorità di riforma per il nostro ordinamento?

Farei tacere le leggi, per qualche tempo e spingerei il Csm e il Ministero
della giustizia a garantire tempi brevi per la giustizia. Un grande sforzo
in tal senso ridarebbe all'ordine giudiziario quel prestigio che ha perduto,
considerato anche che la magistratura è andata progressivamen-te scendendo
nei sondaggi di opinione pubblica.

 

Lei ritiene che sia necessario un cambiamento all'interno della
magistratura? Si dibatte ancora oggi dell'annoso tema della separazione
delle carriere.

La separazione ha assunto un valore simbolico. Invece, come tale,
rappresenterebbe nella sostanza solo un limite di carriera per gli
appartenenti al corpo, perché non consente di passare dall'una all'altra
funzione, guadagnando sedi più comode o vicine a casa. L'argomento contrario
principale è quello della sottoposizione dell'accusa a direttive esterne,
quindi non riguarda la separazione in sé, quanto quel che potrebbe seguire.

 

Da giudice costituzionale, tra il 2005 e il 2014, è stato chiamato a
pronunciarsi su temi che hanno infuocato l'opinione pubblica, a partire
dalla costituzionalità del Porcellum. La appassiona il dibattito odierno in
materia di legge elettorale?

Non mi appassiona e mi preoccupa la durata delle soluzioni. Se non ci
mettiamo d'accordo su una formula elettorale, finiremo per fare una legge
prima di ogni elezione, cambiando le regole del gioco ogni volta che inizia
il gioco. Per esempio, nessuno di quelli che ho interrogato è disposto ad
affermare che la legge Rosato è stata fatta per durare.

 

Lei è stato ministro per la Funzione Pubblica del governo Ciampi, come
ricorda quel periodo storico così drammatico?

La meraviglierò: ero così concentrato sul mio compito - assicurare qualche
piccolo passo sulla strada di una amministrazione più funzionante - che le
circostanze di quei giorni le ho vissute quasi da lontano, consigliando
Ciampi quando necessario e facendo il mio dovere.

 

 

Marco Imperato 

Procura Modena 

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