[Area] L'ultimo giorno di Natale

mario ardigo marioardigo a yahoo.com
Dom 31 Dic 2017 06:37:27 CET


 Domani per la liturgia cattolica è l'ultimo giorno di Natale, che dura otto giorni, un' "Ottava" dal 25 dicembre a Capodanno: un tempo che è come se fosse un solo giorno. Un giorno solo sembrava troppo corto per una festa così grande. Quando erano bambine, facevo durare anche il compleanno delle mie figlie otto giorni, un regalo al giorno, una torta al giorno: volevo far capire quanto fosse bello che ci fossero. Quando si diventa vecchi? Quando si smette di festeggiare il proprio compleanno: accade, mi pare da ciò che ho potuto constatare, verso i settant'anni. A quell'età c'è meno gente che si rallegra per la nostra, ormai lunga, vita. Spesso siamo diventati un peso per chi deve aver cura di noi. E anche noi non capiamo più bene perché la vita. Tuttavia il Natale non è proprio una festa di compleanno: abbiamo notizie troppo vaghe sul giorno preciso della Nascita, che va da ... a ..., e si tratta di anni. Si festeggia la scoperta che tra noi c'è qualcosa che dura, che rimane:  da una prospettiva umana, di gente che vive in media ottant'anni, lo si potrebbe definire l'Eterno. E' tra noi, ma come un neonato, una persona di cui si deve aver cura perché cresce. Ha grandi potenzialità e noi ne attendiamo la manifestazione. Quando sarà? Non oggi, probabilmente, né domani, ma in un'epoca che situiamo lontano, alla fine dei tempi, perché sembra cosa tanto difficile. La fine dei tempi: il Natale ci spinge a pensare anche  a questo:  non si sa quando sarà, ma sarà sicuramente, perché il nostro tempo non è eterno, ormai l'abbiamo capito, la scienza ce lo conferma e dobbiamo crederle. Tutto finirà, per noi, molto prima dell'esplosione finale. Riusciremo a colonizzare altri pianeti? Chissà... Dunque l'eterno, in una prospettiva umana, non c'è. Però, c'è qualcosa, o meglio qualcuno, che rimane, pensiamo, almeno finché saremo, per un tempo che, in prospettiva umana, equivale all'eterno. E' questo il messaggio della teologia del Natale. Difficile definire che cosa e chi. Ci sono diversi modi per farlo. Ha a che fare con l'amicizia e la pietà, ma su scala universale. C'entrano il prendersi cura il  dare la vita per gli altri (da un punto di vista cristiano, la propria vita non è la cosa più importante). Tutto il resto, da un punto di vista religioso, è contorno: la complicata teologia, la burocrazia ecclesiastica, chiese, basiliche, santuari, la cittadella fortificata del Vaticano e tutto il suo pittoresco contenuto, la Gerusalemme di oggi ed ogni altra città chiamata "santa", ma anche il presepio, le carole natalizie, le stesse liturgie della festa, di tutto questo si potrebbe tranquillamente fare a meno. Eppure è proprio su questo contorno che ogni anno, e anche quest'anno, ma stancamente mi è parso, si combatte la battaglia del Natale, di chi vuole imporre agli altri il presepio, le carole natalizie ecc.ecc. Scrivo "stancamente", perché ormai la parola sta passando, come sempre nella tragica storia dell'umanità, alle armi: si va alla guerra. Ci si potrà combattere e ammazzare senza tanti prudenti eufemismi, il conflitto rivelerà la sua vera natura e il suo carattere profondamente antireligioso, da un punto di vista cristiano. Perché la guerra disumanizza il nemico: solo a questa condizione lo si può fare a pezzi senza scrupoli di coscienza. Ma ciò è la smentita del Natale cristiano. La guerra è  sacrilega da  quel punto di vista religioso. Che fare del Natale? Prima di tutto occorre impedire che diventi un'arma. Vedremo quindi, in genere,  le persone religiose prendere le distanze dalla battaglia del Natale, combattuta a colpi di presepi e di carole natalizie. Tutto il contorno natalizio che diventa blasfemo se utilizzato a fini di egemonia sociale.  Poi occorrerebbe un po' innovare nel proporre in società la teologia del Natale. Fuori degli spazi religiosi non siamo veramente obbligati ad attenerci alla terminologia dei bellicosi teologi del Quarto e Quinto secolo. Il messaggio religioso del Natale è che l'ultima parola sull'umano è l'amicizia universale, la sollecitudine misericordiosa verso ogni essere umano, senza distinzione, di etnia e cultura. Essa sola rimane e per essa sola vale la pena spendersi. In questa prospettiva, ad esempio, di tutto il presuntuoso chiesone vaticano andrebbe salvata solo la statua della Pietà: essa sola rivela. Dentro c'è tutta la teologia cristiana. E' la luce che illumina le tenebre. Proporre in società il Natale come festa dell'Amicizia universale non sarebbe sbagliato, penso. I due termini sono importanti, "Amicizia" e "Universale". Le amicizie confinate non sono del tipo di quella che c'è dentro il Natale. Universale deve essere, se vuole richiamare la fede religiosa. Su questa base si possono poi inventare nuovi presepi e nuove carole. Ripudiando tutto ciò che nel nostro tremendo passato  è stato utilizzato come arma religiosa. Riprendendo per innovare. Un esempio di come può avvenire è stato dato dai laburisti britannici che cantano il loro inno, Red Flag, le cui parole sono permeate da una profonda religiosità, sulle note della carola natalizia O Tannenbaum. Nell'ottica natalizia, quindi, sradicare alla radice l'inimicizia e, come è anche scritto, stroncare le guerre: è ciò che si attende in religione. Ma non è anche vero per l'umanità in genere? Mario Ardigò - roma
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