[Area] Gli italiani e lo stato - Rapporto Demos

Pierpaolo Romani pierpaoloromani a gmail.com
Lun 22 Gen 2018 19:27:24 CET


Gentilissimi/e

segnalo il rapporto "Gli italiani e lo Stato", curato dal Prof. Ilvo
Diamanti.

Ecco il link ai dati del Rapporto: http://www.demos.it/a01472.php

Sul quotidiano La Repubblica di oggi è stato pubblicato il commento del
Prof. Diamanti, che riporto.

Cordiali saluti

Pierpaolo Romani
Coordinatore nazionale di Avviso Pubblico
www.avvisopubblico.it

*****************

Italia, un paese senza più fiducia. Ma che scommette sull’impegno
23 Gennaio 2018, Repubblica

Ricerca Demos. Metà dei cittadini pensa che i partiti non servano e due su
tre si schierano per una guida autoritaria. Cresce la sfiducia nelle
istituzioni ma anche la partecipazione sociale in particolare tra i più
giovani

di ILVO DIAMANTI
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Il Paese che si avvia alle prossime elezioni si presenta, come in passato,
scettico. Nei confronti delle istituzioni e della politica. Ma non
rassegnato. Gli italiani: appaiono diffidenti. Verso gli altri e, in fondo,
anche verso se stessi. Ma non rinunciano a credere nella possibilità di
cambiare. Nel futuro. Anche se mostrano delusione nei confronti del
passato. O, forse, proprio per questo. Perché sperano che il domani sarà
migliore. E cercano di muoversi in questa direzione. Mi pare il segno
tracciato dal Rapporto: Gli Italiani e lo Stato. Curato da Demos (per
*Repubblica*) ormai da vent'anni.

*LE TABELLE <http://www.demos.it/a01472.php>*

Se non si trattasse di una formula politica utilizzata tradizionalmente con
significato diverso, parlerei di una "sfiducia costruttiva". Che spinge gli
italiani a osservare gli interlocutori pubblici intorno a loro con prudenza
e, come ho già detto, con diverso grado di diffidenza. Molto alto per quel
che riguarda i partiti, ma anche il Parlamento. Il luogo dove i partiti,
meglio: i loro eletti, esercitano compiti e poteri di rappresentanza.
Tuttavia, è basso anche il grado di fiducia di cui dispone lo Stato: meno
del 20%. Pressoché come l'anno scorso. Ma 11 punti in meno di dieci anni
fa. Solo l'Unione Europea mostra una perdita di credito più elevata: 18
punti in meno. E riscuote fiducia presso non più di 3 italiani su 10.
Appare, dunque, sempre più distante. Sempre più indifferente ai problemi e
alle domande dei cittadini. Ma in Italia non sembrano esistere istituzioni
"vicine" ai cittadini. Gli stessi Comuni sono, infatti, osservati con
crescente distacco. Resistono solo il Papa, meglio: Papa Francesco. E le
Forze dell'ordine. Entrambi segnali della ricerca di sicurezza. E di
"fede", principio (e radice semantica) della "fiducia".

Il XX Rapporto "Gli Italiani e lo Stato", curato da Demos, delinea così il
profilo di "un Paese senza". Fiducia. Nelle istituzioni ma anche negli
altri. Un Paese di persone "sole". Un Paese senza politica. E lo sapevamo.
E senza Stato. Come si continua a dire. Sperando che non sia vero. Non per
caso Sabino Cassese, in un saggio di alcuni anni fa, ha definito "L'Italia:
una società senza Stato".

D'altronde, anche l'orientamento verso i servizi alimenta il disincanto
pubblico. Tanto che quasi metà dei cittadini (48%) considera, se non
lecito, certamente giustificabile "evadere le tasse". Dal disamore pubblico
e dal distacco verso le istituzioni emergono segnali inquietanti per la
democrazia. Almeno: per la democrazia "rappresentativa". Oggi, quasi metà
dei cittadini pensa che i partiti non servano. Che la democrazia possa
farne a meno. Perché i partiti e i politici sono corrotti. Quanto e anche
più che ai tempi di "Tangentopoli". E se una larga maggioranza di italiani
(62%) crede ancora che la democrazia sia preferibile a ogni altra forma di
governo, si tratta comunque di una componente in calo costante. Rispetto a
dieci anni fa: 10 punti in meno. Così non sorprende, ma preoccupa anche di
più, che quasi 2 italiani su 3 ritengano che oggi il Paese dovrebbe essere
guidato da un "uomo forte". Un sentimento comprensibile, vista la sfiducia
verso le istituzioni pubbliche e verso i soggetti politici. Eppure, a
maggior ragione, inquietante. Tanto più se ci voltiamo indietro. A
ripercorrere la nostra storia. A riflettere sul nostro passato.

Tuttavia, questo "Paese senza" non ha perduto la speranza. Non solo perché
torna a guardare con un certo ottimismo al futuro prossimo, visto che quasi
4 italiani su 10 pensano che l'anno appena cominciato sarà migliore di
quello appena finito. E solo il 16% lo immagina peggiore. Ma soprattutto
perché questo "Paese senza" istituzioni, questa "società senza Stato":
sembra in grado di reagire alla delusione. Alla sfiducia. Non ha rinunciato
all'idea che sia possibile cambiare. Non ha rinunciato all'impegno. E
manifesta, dunque, una partecipazione elevata, rispetto agli ultimi anni.
Condotta non solo per via digitale, ma anche, ancor più, sociale e
politica. Non per caso anche gli indici di fiducia nelle associazioni
sindacali e di categoria riprendono a crescere, dopo alcuni anni. Perché la
partecipazione genera fiducia. Nei confronti delle istituzioni, ma anche
"verso gli altri". In entrambi i casi, i livelli di "confidenza", cioè: di
"fiducia", crescono sensibilmente fra coloro che mostrano indici di
partecipazione più elevati. Perché l'impegno, la stessa protesta, sono
esperienze che facciamo "insieme agli altri". Con gli altri. Soprattutto
quando si svolgono nella società, nelle città, nei luoghi pubblici. Senza
limitarsi a frequentare la rete. Dove siamo sempre in contatto con gli
altri. Ma da soli. Noi davanti al nostro tablet, al nostro pc, al nostro
smartphone.

Così mi rassicura il fatto che, in questo XX Rapporto "Gli Italiani e lo
Stato", gli indici di partecipazione sociale tendano ad aumentare
sensibilmente fra i più giovani. Nonostante esprimano scarsa soddisfazione
verso il sistema pubblico e verso lo Stato. Non per caso Umberto Galimberti
(in un libro appena pubblicato da Feltrinelli) ha parlato di "generazione
del nichilismo attivo". Perché è delusa, ma non rassegnata. Significa che
c'è motivo di credere. Che questa "società senza Stato" non abbia perduto
la speranza. Nel futuro. E in se stessa.



*Leader e popolo*Una democrazia senza partiti, illusione che può pesare sul
voto La democrazia può vivere senza partiti, secondo un italiano su due. Ma
la democrazia può vivere senza se stessa? Ad essere messo in discussione è,
infatti, lo stesso principio sul quale si regge la democrazia dei moderni:
la rappresentanza politica. Il Rapporto Demos conferma il diffuso rigetto
dei corpi intermedi, e il fascino esercitato dalle diverse forme di
direttismo.La democrazia continua ad essere valutata, da oltre sei persone
su dieci, come preferibile a qualsiasi altra forma di regime politico
(62%). Ma, mai come quest'anno, si registra l'estensione delle aperture a
soluzioni autoritarie (17%) e degli atteggiamenti di indifferenza (21%).
Tuttavia, anche tra chi non vede alternative alla democrazia, sono diffusi
sentimenti di insoddisfazione per il suo funzionamento e suoi attori. Quasi
un intervistato su due, così, pensa che la democrazia possa fare a meno dei
partiti.

In modo coerente, i "correttivi" al funzionamento della democrazia, nelle
valutazioni dei cittadini, passano soprattutto attraverso la "rimozione dei
mediatori" (tradizionali). O, quantomeno, attraverso la ricerca di un
rapporto "immediato" con la dimensione politica. Circa due persone su tre
ritengono che la distanza tra politica e cittadini possa essere ridotta
grazie al rapporto diretto tra il leader e il popolo: pensano che il Paese
in questo momento abbia bisogno di essere guidato da un "uomo forte" (65%).
Una analoga componente (68%) ritiene "sempre" preferibile che ad esprimersi
sulle questioni politiche siano direttamente i cittadini, attraverso i
referendum. Nonostante gli elementi di reciproca tensione tra i due
modelli, una componente elevata di intervistati non vede la democrazia del
leader e la democrazia referendaria come percorsi alternativi, ma
complementari.

*Fabio Bordignon e Alice Securo*


*Istituzioni e fiducia*Papa Francesco e le forze dell'ordine, le certezze
che convincono tutti
Fiducia istituzionale e partecipazione rappresentano aspetti importanti del
rapporto tra i cittadini e lo stato. L'indagine Demos per Repubblica
riporta un quadro senza particolari cambiamenti rispetto allo scorso anno.
La graduatoria del consenso sociale vede all'apice, come in passato, Papa
Francesco (77%) e poi le Forze dell'Ordine (70%). Segue la scuola (53%). In
fondo si collocano le istituzioni della rappresentanza politica: partiti
(5%) e Parlamento (11%). Poi le banche (15%) e lo Stato (19%). Le
istituzioni perdono leggermente il supporto dei cittadini. In crescita solo
i sindacati tra +6 e +8 punti. Segno che la problematica del lavoro resta
al centro delle preoccupazioni degli italiani. A metà classifica si
collocano i Comuni: solo un rispondente su tre (33%) vi ripone fiducia. In
calo di 6 punti rispetto allo scorso anno. L'Ue, sotto tiro nella retorica
populista, resta di fatto stabile (30%, +1) e comunque ben lontana dal 48%
di dieci anni fa. Ma al di là della fiducia istituzionale quello che
colpisce è la perdita di fiducia interpersonale tra gli italiani. Nel 2014
il 39% affermava che "Gran parte della gente è degna di fiducia". Nel 2017
è il 28%. Anche nella partecipazione si osservano oscillazioni limitate.
Stabile quella politica tradizionale (52%). In leggera ripresa quella
sociale (62%). Lieve flessione delle "nuove" forme di impegno (55%). La
Rete, ormai, si conferma un luogo rilevante di discussione politica (24%).
E la protesta sembra trovare uno sbocco anche in formule di mobilitazione
via web. Il 21% ha firmato petizioni online (+3%). I cittadini mostrano un
profilo critico nei confronti della politica. Tuttavia, riescono a guardare
il futuro con maggiore fiducia (36%: +11) rispetto allo scorso anno.

*Luigi Ceccarini e Martina Di Pierdomenico*

*Pubblico e privato*Sanità, scuola, treni e autobus. Servizi migliori, ma
la svolta non c'é Tra pubblico e privato resiste l'insoddisfazione degli
italiani per i servizi. Nonostante gli indicatori mostrino una certa
ripresa, per (quasi tutti) i servizi testati il gradimento non supera la
maggioranza assoluta. La scuola pubblica raccoglie il 45% dei giudizi
positivi (+5 punti percentuali rispetto alla rilevazione precedente),
mentre quella privata appare più in difficoltà (36%). In tema di sanità,
però, è quella privata (56%) a superare il servizio pubblico (41%) nel
favore degli italiani. Trasporti urbani e ferrovie, invece, raccolgono il
30 e 33% dei consensi e sono entrambi in crescita (+4 e +5 punti
percentuali rispetto al 2016). L'indice sintetico di soddisfazione dei
servizi si ferma a 43 per il pubblico e a 46 il privato: rispetto allo
scorso anno, cresce il primo (+4), mentre resta stabile il secondo.

Ma sono ancora validi i binomi pubblico-sinistra, privato-destra? Sembra di
sì: sono più soddisfatti dei servizi pubblici quanti si collocano
politicamente a sinistra (47%) o nel centrosinistra (52%), mentre predilige
il privato chi è di centro (52%), centrodestra (48%) o destra (56%). Le
difficoltà del pubblico, però, non sembrano tradursi in una netta domanda
di "più privato": una riduzione del peso dello Stato nella sanità è
sostenuta dal 21% degli intervistati, mentre un'analoga richiesta in tema
di istruzione si ferma al 16%. Nel precario rapporto tra pubblico e
privato, inoltre, si colloca la tentazione dell'evasione fiscale: gli
intervistati di dividono perfettamente tra chi ritiene questo comportamento
giustificabile (48%) e chi invece non lo considera ammissibile (48%).

Tra pubblico e privato, infine, c'è anche la corruzione, che mina la
fiducia collettiva: il 41% ritiene che questa condotta, oggi, sia più
diffusa rispetto all'epoca di Tangentopoli.

*Ludovico Gardani e Natascia Porcellato*


-- 
Pierpaolo Romani
Mail: pierpaoloromani a gmail.com
Skype: romanipp



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