[Area] I: [Nuovarea] Primarie e Cassazione

SANLORENZO rita rita.sanlorenzo a giustizia.it
Mar 23 Gen 2018 19:32:31 CET


 

 

Da: Nuovarea [mailto:nuovarea-bounces a nuovarea.it] Per conto di SANLORENZO
rita
Inviato: martedì 23 gennaio 2018 19:30
A: nuovarea a nuovarea.it
Oggetto: [Nuovarea] Primarie e Cassazione

 

Si è appena concluso un partecipatissimo incontro di presentazione presso la
Corte di cassazione. Tanti i temi che vengono sollevati all’attenzione dei
candidati, ma a me pare che lo specifico dell’Ufficio dove lavoro imponga
una trattazione che si soffermi sui problemi che più da vicino lo
riguardano.

Intanto, credo che si potrebbe iniziare dal titolo dato al bell’obbiettivo
di Questione giustizia pubblicato sul numero 3 del 2017: 

“A che cosa serve la Corte di Cassazione?” 

E l’interrogativo, ne sono convinta, non riguarda solo i magistrati che
lavorano in Piazza Cavour, perché, come vado dicendo, la Cassazione
concentra su di sé, soprattutto negli anni più recenti, molte delle
tendenze, e delle tensioni, che attraversano il corpo della magistratura.

E’ evidente che i problemi sono risalenti e corposi, oggetto già da tempo di
denuncia e di mobilitazione. Basti pensare che alcune recenti assemblee ANM
sono state intitolate a “La Corte assediata”, e che sul funzionamento della
stessa Corte fu indetta l’Assemblea generale del 2015 ex art. 93 ord. giud.
Il problema sta innanzitutto nel sovraccarico dell’arretrato, che mette a
rischio la stessa possibilità di svolgere le funzioni di una Corte suprema,
e in particolare quella di nomofilachia, visto che le sopravvenienze si
contano nell’ordine  di 30 mila per il civile e 50 mila per il penale.

Sono convinta che anche su questo snodo critico si debba ripensare il ruolo
del CSM, e avvertire la necessità di una pronta e decisa ripresa di quella
che deve essere l’iniziativa e la capacità di proposta e di interlocuzione
con la politica. Perché penso che il self restraint che ha caratterizzato
l’attività di questo Consiglio, molto occupato sul piano delle nomine, abbia
in realtà alterato in qualche misura gli equilibri, consentendo la
dilatazione del peso degli apicali, e della loro influenza diretta sul
potere legislativo. 

Tutte le partite si sono giocate su un diverso piano di rapporti, e il CSM
non è stato capace di assumere quel protagonismo che come organo che
rappresenta la magistratura ci si sarebbe dovuti aspettare secondo il
disegno della nostra Costituzione.

Quando parliamo di un ruolo politico del CSM è anche di questo che parliamo.

Le iniziative legislative sull’applicazione forzata del massimario alla
sezione tributaria  calano dall’alto una misura organizzativa che espropria
l’autogoverno di ogni responsabilità progettuale. Incidono pesantemente su
quella che Pizzorusso definiva la riserva all’autogoverno della materia
tabellare organizzativa. 

La vicenda del memorandum apre un altro squarcio inquietante su questa
alterazione degli equilibri ed anche sulla trasparenza e sulla correttezza
del loro rispetto. Chi ha dato legittimazione ad una associazione di diritto
privato di assumere una iniziativa politica sono stati coloro che
dall’interno della magistratura hanno accettato questa interlocuzione.

Sul tema difficile dell’organizzazione stessa del lavoro in Cassazione io
credo che il Consiglio dovrebbe farsi protagonista di una riflessione ed un
confronto più ampi. Lo sforzo produttivistico crea una palpabile sofferenza
in colleghi capaci e motivati, che finiscono per patire scelte complessive
su cui non mi pare vi sia la necessaria interlocuzione. La stessa
cameralizzazione del rito risponde nei fatti alla scelta di aumentare lo
“smaltimento”, quando l’abnormità riguarda l’eccesso dei processi che non
dovrebbero arrivare di fronte ad una Corte di legittimità. Può definirsi
questa una riforma di sistema? In realtà, incide solo su un segmento,
“scarica” tutto sulla Corte, al cui interno peraltro fioriscono soluzioni
diverse e non omogenee su come affrontare la riforma, ma soprattutto
deresponsabilizza il legislatore che non riesce a trovare la forza di
limitare l’accesso a monte e allora lascia che a valle si provveda  (ancora)
con l’aumento dei numeri.

E poi c’è la Procura generale, lasciata in un ibrido che non l’aiuta a
ritrovare un’identità, e nemmeno a sentirsi parte di un qualche programma
comune.

L’impulso dato alla capacità di smaltimento soffre della mancanza di una
progettualità a medio, più che mai a lungo termine. Rafforza il ruolo di chi
al vertice decide quale entità debba avere questo sforzo produttivistico, e
dunque rende inevitabile una  maggior gerarchizzazione interna, ed un più
forte impulso, nel nome del raggiungimento della maggior prevedibilità della
giurisprudenza a scopo deflattivo, al conformismo giurisprudenziale.

E’ dunque un cambiamento sensibile che implica a cascata profonde
alterazioni nello stesso tessuto della magistratura di merito, portata a
guardare alla legittimità come l’ombrello sotto cui ripararsi dalle
contestazioni alla professionalità, protetta dalla acritica conformazione al
precedente,  piuttosto che come l’interlocutore attento e qualificato a cui
chiedere la razionalizzazione del quadro composto dalle varie esperienze di
interpretazione diffusa.

 

Ecco, io penso che al Consiglio che viene bisognerebbe chiedere con forza un
impegno per approfondire la realtà che ci si presenta, e per non giocare
solo un ruolo di sfondo, in una partita che vede protagonisti altri attori.

Rita

 

 

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