[Area] Giornata della Memoria

EDMONDO BRUTI LIBERATI mc9425 a mclink.it
Ven 26 Gen 2018 11:20:08 CET


 

 

Trascrivo di seguito il testo dell’intervento pronunciato ieri dal
Presidente Mattarella per la Giornata della memoria. Merita di essere letto
per intero e ai magistrati segnalo in particolare questo passaggio in
conclusione:

“La Repubblica italiana, proprio perché forte e radicata nella democrazia,
non ha timore di fare i conti con la storia d'Italia, non dimenticando né
nascondendo quanto di terribile e di inumano è stato commesso nel nostro
Paese, con la complicità di organismi dello Stato, di intellettuali,
giuristi, magistrati, cittadini, asserviti a una ideologia nemica
dell'uomo.” 

Sul sito del Quirinale il video

http://www.quirinale.it/elementi/Continua.aspx?tipo=Video
<http://www.quirinale.it/elementi/Continua.aspx?tipo=Video&key=2527&vKey=226
2&fVideo=7> &key=2527&vKey=2262&fVideo=7

 

Edmondo Bruti Liberati

 

Intervento del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella alla
celebrazione del “Giorno della Memoria” Palazzo del Quirinale 25/01/2018

Rivolgo un saluto ai presidenti del Senato, della Camera dei Deputati e
della Corte costituzionale, ai membri del governo, a tutti i presenti, a
coloro che ci ascoltano attraverso la tv. 

Un saluto particolare ai superstiti dei campi di sterminio, alla senatrice
Segre, ai ragazzi.

Il 27 gennaio del 1945 le truppe russe varcavano i cancelli di Auschwitz,
spalancando, davanti al mondo attonito, le porte dell'abisso. 

Quei corpi ammassati, i volti dei pochi sopravvissuti dallo sguardo spento e
atterrito, i resti delle baracche, delle camere a gas, dei forni crematori
erano il simbolo estremo della scellerata ideologia nazista. 

Un virus letale - quello del razzismo omicida - era esploso al centro
dell'Europa, contagiando nazioni e popoli fino a pochi anni prima emblema
della civiltà, del progresso, dell'arte. Auschwitz era il frutto più
emblematico di questa perversione. 

Ancora oggi ciò che ci interroga e sgomenta maggiormente, di un mare di
violenza e di abominio, sono la metodicità ossessiva, l'odio razziale
divenuto sistema, la macchina lugubre e solerte degli apparati di sterminio
di massa, sostenuta da una complessa organizzazione che estendeva i suoi
gangli nella società tedesca. 

Il cammino dell'umanità è purtroppo costellato di stragi, uccisioni,
genocidi. 

Tutte le vittime dell'odio sono uguali e meritano uguale rispetto. Ma la
Shoah - per la sua micidiale combinazione di delirio razzista, volontà di
sterminio, pianificazione burocratica, efficienza criminale - resta unica
nella storia d'Europa. 

Come fu possibile che anziani, donne, bambini anche di pochi mesi, stremati
dalle lunghe persecuzioni, potessero essere sistematicamente eliminati,
perché considerati pericolosi nemici? Che fine aveva fatto tra gli ufficiali
di un esercito prestigioso, dalle grandi tradizioni, il senso dell'onore,
quello per cui, quanto meno, non si uccidono gli inermi? Dove era finito il
sentimento più elementare di umanità e di pietà di una nazione, evoluta e
sviluppata, di fronte alle moltitudini di innocenti avviati, con zelo e
nella generale indifferenza, verso le camere a gas? Migliaia di cittadini, i
"volenterosi carnefici di Hitler", come li ha definiti lo storico Goldhagen,
cooperavano alla distruzione degli ebrei. 

Con questo consenso il nazismo riuscì a sterminare milioni di ebrei, di
oppositori politici e di altri gruppi sociali - gitani, omosessuali,
testimoni di Geova, disabili - considerati inferiori e ritenuti un ostacolo
per il progresso della nazione.

Saluto e ringrazio per la loro presenza il presidente della Federazione dei
Rom e Sinti, il presidente dell'Associazione deportati politici. Saluto
anche il presidente degli internati militari: 800 mila soldati che, per il
rifiuto di collaborare con i nazisti e di arruolarsi sotto le insegne di
Salò, patirono privazioni, persecuzioni e violenze.

Da Liliana Segre e Pietro Terracina abbiamo sentito poc'anzi il racconto
diretto, sconvolgente e inestimabile, dell'inferno dei campi, avvertendo la
stessa emozione provata, nei giorni scorsi, ascoltando le parole, anch'esse
essenziali e penetranti, di Sami Modiano. Agli internati venivano negati il
nome, gli affetti, la memoria e il futuro, il diritto a essere persone. 

Tutti i sentimenti erano brutalmente proibiti, tranne quello della paura. 

Si possono uccidere, a freddo, senza remore, sei milioni di individui inermi
se si nega non soltanto la loro appartenenza al genere umano ma la loro
stessa esistenza. Soltanto per effetto di questa insana distorsione essi
possono essere trasformati - con un progressivo e violento processo di
spoliazione - da persone, titolari di diritti, in oggetti di freddi elenchi,
in numeri, come quelli che i sopravvissuti ai campi di sterminio - che
saluto tutti ancora - portano indelebilmente segnati sul proprio corpo.

Anche in Italia questo folle e scellerato processo di riduzione delle
persone in oggetti fu attuato con consapevolezza e determinazione. Sul
territorio nazionale, è vero, il regime fascista non fece costruire camere a
gas e forni crematori. Ma, dopo l'8 settembre, il governo di Salò collaborò
attivamente alla cattura degli ebrei che si trovavano in Italia e alla loro
deportazione verso l'annientamento fisico.

Le misure persecutorie messe in atto con le leggi razziali del 1938, la
schedatura e la concentrazione nei campi di lavoro favorirono enormemente
l'ignobile lavoro dei carnefici delle SS. 

Le leggi razziali - che, oggi, molti studiosi preferiscono chiamare "leggi
razziste"- rappresentano un capitolo buio, una macchia indelebile, una
pagina infamante della nostra storia. 

Ideate e scritte di pugno da Mussolini, trovarono a tutti i livelli delle
istituzioni, della politica, della cultura e della società italiana
connivenze, complicità, turpi convenienze, indifferenza. Quella stessa
indifferenza, come ha sovente sottolineato la senatrice Segre, che
rappresenta l'atteggiamento più insidioso e gravido di pericoli. 

Con la normativa sulla razza si rivela al massimo grado il carattere
disumano del regime fascista e si manifesta il distacco definitivo della
monarchia dai valori del Risorgimento e dello Statuto liberale.

Una donna forte e coraggiosa, Ernesta Bittanti, vedova dell'eroe trentino
Cesare Battisti, commentava così nel suo diario quei giorni cupi e di
dolore: «Io porto tutto il peso di queste sventure nel mio cuore (...) peso
che mi viene dal ruinare di questa nostra povera Italia nell'abisso della
barbarie spirituale. Da cui certo si riavrà un giorno!». 

Lo Stato italiano del ventennio espelleva dal consesso civile una parte dei
suoi cittadini, venendo meno al suo compito fondamentale, quello di
rappresentare e difendere tutti gli italiani. 

Dopo aver soppresso i partiti, ridotto al silenzio gli oppositori e
sottomesso la stampa, svuotato ogni ordinamento dagli elementi di
democrazia, il Fascismo mostrava ulteriormente il suo volto: alla conquista
del cosiddetto impero accompagna l'introduzione di norme di discriminazione
e persecuzione razziale, che si manifesta già nell'aprile del 1937, con il
regio decreto legge volto a punire i rapporti tra cittadini italiani e
quelli definiti sudditi dell'Africa orientale italiana, per evitare che
venisse inquinata la razza.

Alla metà del 1938, con le leggi antiebraiche, rivolgeva il suo odio cieco
contro una minoranza di italiani, attivi nella cultura, nell'arte, nelle
professioni, nell'economia, nella vita sociale. Molti, venti anni prima,
avevano servito con onore la Patria - come ufficiali, come soldati - nella
grande guerra.

Ma la persecuzione, da sola, non fu ritenuta sufficiente. Occorreva tentare
di darle una base giuridica, una giustificazione ideologica, delle
argomentazioni pseudo-scientifiche. Vennero cercati - e, purtroppo, si
trovarono - intellettuali, antropologi, medici, giuristi e storici
compiacenti. Nacque Il Manifesto della Razza. Letto oggi potrebbe far
persino sorridere, per la mole di stoltezze, banalità e falsità contenute,
se sorridere si potesse su una tragedia così immane. 

Eppure questo Manifesto, dalle basi così vacue e fallaci, costituì una
pietra miliare della giurisprudenza del regime; e un nuovo "dogma" per
moltissimi italiani, già assoggettati alla granitica logica del credere,
obbedire, combattere. 

La penna propagandistica, efficace nel suo cinismo, coniò lo slogan con il
quale intendeva rassicurare gli italiani e il mondo, nel tentativo di
prendere, apparentemente, le distanze dall'antisemitismo nazista:
"Discriminare - disse Mussolini - non significa perseguitare". 

Ma cacciare i bambini dalle scuole, espellere gli ebrei dall'amministrazione
statale, proibire loro il lavoro intellettuale, confiscare i beni e le
attività commerciali, cancellare i nomi ebraici dai libri, dalle targhe e
persino dagli elenchi del telefono e dai necrologi sui giornali costituiva
una persecuzione della peggiore specie. Gli ebrei in Italia erano, di fatto,
condannati alla segregazione, all'isolamento, all'oblio civile. In molti
casi, tutto questo rappresentò la premessa dell'eliminazione fisica. 

Sorprende sentir dire, ancora oggi, da qualche parte, che il Fascismo ebbe
alcuni meriti, ma fece due gravi errori: le leggi razziali e l'entrata in
guerra. Si tratta di un'affermazione gravemente sbagliata e inaccettabile,
da respingere con determinazione. Perché razzismo e guerra non furono
deviazioni o episodi rispetto al suo modo di pensare, ma diretta e
inevitabile conseguenza. Volontà di dominio e di conquista, esaltazione
della violenza, retorica bellicistica, sopraffazione e autoritarismo,
supremazia razziale, intervento in guerra contro uno schieramento che
sembrava prossimo alla sconfitta, furono diverse facce dello stesso prisma. 

Abbiamo, in questo giorno della Memoria, ascoltato testimonianze
coinvolgenti dei sopravvissuti. Nelle loro parole si avverte la forza e il
fascino della loro vita ritrovata, della loro volontà di vivere con pienezza
ma, al contempo, ci si rende conto dell'immenso patrimonio di presenze e di
protagonismi che ci avrebbe assicurato la vita di coloro che sono stati
trucidati nei lager e che quella programmata violenza omicida ci ha
sottratto. 

Dalla professoressa Foa, dalla presidente Di Segni, dalla ministra Fedeli
abbiamo sentito discorsi netti e lungimiranti: le ringrazio molto. Abbiamo
rivissuto, attraverso le voci incisive di Remo Girone e Victoria Zinny,
momenti drammatici della nostra storia di allora. 

Siamo stati affascinati dalle canzoni, commoventi e piene di speranza di
Noa, messaggera di pace e di bellezza. Grande amica dell'Italia, venuta
appositamente da Israele per condividere con noi il Giorno della Memoria e
renderlo ancora più ricco di intensità. La ringrazio di cuore, con stima e
amicizia. 

Abbiamo incontrato anche i giovani appena tornati dall'esperienza,
sconvolgente ma formativa, del viaggio ad Auschwitz. A loro viene affidato
il compito di custodire e tramandare la Memoria, perché non si attenui e non
si smarrisca mai, per non rischiare di provocare nuovi lutti e nuove
tragedie. 

Focolai di odio, di intolleranza, di razzismo, di antisemitismo sono infatti
presenti nelle nostre società e in tante parti del mondo. Non vanno
accreditati di un peso maggiore di quel che hanno: il nostro Paese, e
l'Unione Europea, hanno gli anticorpi necessari per combatterli; ma sarebbe
un errore capitale minimizzarne la pericolosità. 

I cambiamenti rapidi e sconvolgenti che la globalizzazione comporta - le
grandi migrazioni, i timori per lo smarrimento della propria identità, la
paura di un futuro dai contorni incerti - possono far riemergere dalle
tenebre del passato fantasmi, sentimenti, parole d'ordine, tentazioni
semplificatrici, scorciatoie pericolose e nocive. 

La predicazione dell'odio viene amplificata e propagata dai nuovi mezzi di
comunicazione. La tecnologia e la scienza offrono grandi opportunità ma,
come sempre, se non correttamente utilizzate, possono rendere disponibili
strumenti sofisticati nelle mani di vecchi e nuovi profeti di morte.

Contro queste minacce, contro il terrorismo, contro il razzismo e la
violenza dell'intolleranza serve cooperazione internazionale, servono
coraggio e determinazione. E' necessario, soprattutto, consolidare quegli
ideali di democrazia, libertà, tolleranza, pace, eguaglianza, serena
convivenza, sui quali abbiamo riedificato l'Europa dalle macerie della
seconda guerra mondiale.

Le leggi razziali in Italia erano entrate in vigore nell'autunno del 1938. 

Il 1 gennaio del 1948, dopo neppure dieci anni, la Costituzione Italiana
sanciva solennemente che "tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e
sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di
lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e
sociali". 

Di mezzo, vi era stata la cesura della guerra. Una guerra terribile, che
aveva sparso morte e devastazione su larga parte del mondo. E che aveva
aperto gli occhi del mondo sulla follia portatrice di morte del nazismo e
del fascismo. 

La Memoria, custodita e tramandata, è un antidoto indispensabile contro i
fantasmi del passato. 

La Repubblica Italiana, nata dalla Resistenza, si è definita e sviluppata in
totale contrapposizione al fascismo. 

La nostra Costituzione ne rappresenta, per i valori che proclama e per gli
ordinamenti che disegna, l'antitesi più netta. 

L'indicazione delle discriminazioni da rifiutare e respingere, al suo
articolo 3, rappresenta un monito. Il presente ci indica che di questo
monito vi era e vi è tuttora bisogno.

Egualmente credo che tutti gli italiani abbiano il dovere, oggi, di
riconoscere che un crimine turpe e inaccettabile è stato commesso, con
l'approvazione delle leggi razziali, nei confronti dei nostri concittadini
ebrei. 

La Repubblica italiana, proprio perché forte e radicata nella democrazia,
non ha timore di fare i conti con la storia d'Italia, non dimenticando né
nascondendo quanto di terribile e di inumano è stato commesso nel nostro
Paese, con la complicità di organismi dello Stato, di intellettuali,
giuristi, magistrati, cittadini, asserviti a una ideologia nemica dell'uomo.


La Repubblica e la sua Costituzione sono il baluardo perché tutto questo non
possa mai più avvenire. 

Vi ringrazio.

 



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