[Area] R: R: Proposte per l'appello
thorgiov
thorgiov a libero.it
Sab 3 Feb 2018 23:06:12 CET
E allora, anzichè togliere alla Corte tout court il potere di
rideterminare la pena, paradossalmente potrebbe essere utile introdurre
il divieto di reformatio in melius e abolire il divieto di reformatio in
peius. Così la Corte almeno lascerebbe la pena così come è stata
stabilita in primo grado, visto che nessuno se la sentirebbe di
aumentarla. Non sarebbe sensato ? E allora la valanga di appelli e di
impugnazioni a cascata che c'è attualmente è sensata ? Se un sistema non
funziona lo si cambia radicalmente. Nessun principio è immutabile.
FELICE PIZZI ( Giudice del contenzioso del Tribunale di Napoli Nord )
Il 03/02/2018 20:31, De Ninis Luca ha scritto:
>
> Se l’appello rimane, come certamente rimarrà, non mi pare sensato
> sottrarre alla Corte il potere di rideterminare la pena.
>
> Diverso, sul piano strettamente logico, sarebbe eliminare il divieto
> della /reformatio in peius/, che non mi pare un principio
> irrinunciabile, o individuare altri seri contrappesi alla pratica,
> sulla cui incongruità/insostenibilità non mi pare possano esservi
> dissensi, degli appelli volti principalmente o solo a ritardare o
> paralizzare l’efficacia della condanna in primo grado. Ma non è questo
> evidentemente, un tema rimesso alle scelte o iniziative dei magistrati.
>
> Viceversa, il problema della prevalenza statistica dei proscioglimenti
> o assoluzioni sulle condanne e delle riforme /in melius/ delle
> sentenza di condanna di primo grado da parte dell’appello riguarda in
> via primaria le nostre responsabilità ed il modo di esercitare le
> nostre funzioni.
>
> È chiaro che il problema riguarda tutti gli attori del processo,
> innanzitutto P.M., dal modo in cui svolge le indagini a quello in cui
> definisce l’oggetto del processo e predispone l’istruzione
> dibattimentale.
>
> A partire dall’imputazione, i cui requisiti di “chiarezza e
> precisione” dovrebbero essere il cardine della legalità del processo,
> tuttavia spesso carente nella pratica della giurisdizione, la cui
> emenda incontra limiti, strutturali spesso invalicabili, nella
> conformazione e nei ruoli del processo penale (se, nonostante i
> principi della Battistella e della giurisprudenza successiva, il P.M.
> non riconosce le esigenze segnalate dal GUP o dal giudice del
> dibattimento e si attiva una dinamica oppositiva, eventualità
> comprensibile e tutt’altro che infrequente ove il giudice si prenda la
> briga di segnalare i problemi di un atto riservato alla parte
> pubblica, non si cava un ragno dal buco).
>
> Ma riguarda anche i giudici di primo e di secondo grado.
>
> In primo grado, diversamente da quanto ha osservato Cavallone in
> relazione all’appello, sul piano della logica astratta è più semplice
> motivare un’assoluzione rispetto ad una condanna: per la semplice
> ragione che il sillogismo di condanna richiede la prova certa di tutti
> i passaggi necessari a sostenerla, mentre l’assoluzione può limitarsi
> ad evidenziare il solo passaggio mancante o solo incerto. Con il
> corollario, nella pratica concreta, dell’inclinazione a rimanere in
> superficie, per individuare il punto debole (o presunto tale) ed
> evitare una ricostruzione attenta del materiale istruttorio, anche
> quando l’Accusa non sia stata efficace nel presentarlo in giudizio o
> quando emergano carenze non irrimediabili.
>
> Per i giudici di appello – premesso che le impugnazioni delle sentenze
> assolutorie sono statisticamente assai rare, e che tuttavia ciò non è
> affatto un indice della loro migliore qualità rispetto alle condanne
> ma solo del minore interesse della parte pubblica, rispetto a quello
> del difensore, a sostenere e dimostrare la validità delle proprie
> scelte di esercizio dell’azione penale – le ragioni della frequente ed
> in alcuni casi sistematica riduzione delle pene inflitte in primo
> grado meritano una maggiore riflessione, ché tocca anch’essa le
> concezioni di ciascuno sulla funzione della giurisdizione.
>
> Si affermano tesi secondo cui la Corte dovrebbe assicurare una sorta
> di omogeneità del trattamento sanzionatorio in tutti gli uffici del
> distretto.
>
> Il principio, che nel suo astratto proponimento potrebbe anche essere
> condiviso (benché mi appaia alquanto limitativo, atteso che un potere
> analogo non è previsto a livello nazionale: limite che ne dimostra la
> non particolare utilità), nel concreto è però insuscettibile di
> operare correttamente.
>
> Infatti, per effetto combinato della scarsità delle impugnazioni del
> P.M. e del divieto di /reformatio in peius/, esso è destinato quasi
> sempre a produrre risultati unilaterali (/in melius/) e giunge al
> paradosso di premiare le commisurazioni incongrue per difetto, unico
> parametro di uniformità distrettuale insuscettibile di essere
> riformato. In alcuni casi premia le scelte di qualificazione giuridica
> limitative (es. 73 c.5°), anche quando appaiono contrastare con i
> principi di legittimità.
>
> Così operando tutto converge nel far girare sempre più veloce il
> motore del processo, ma limitando sempre di più la spinta sulle ruote.
>
> Luca De Ninis
>
> *Da:*CENTINI MATTEO
> *Inviato:* sabato 3 febbraio 2018 19:49
> *A:* Luciano Cavallone
> *Cc:* De Ninis Luca; area a areaperta.it
> *Oggetto:* Re: [Area] R: Proposte per l'appello
>
> Al collega Cavallone dico...
>
> La questione è iniziata su questa lista quando il Presidente Castelli
> ha detto che la Procura ha una percentuale di accoglimento intorno ad
> un modesto 30% (conteggiando nei non accoglimenti anche la
> prescrizione of course). Egli si riferiva a Brescia, dove mi risulta
> che i colleghi di primo grado vivano una situazione di estremo
> disagio, con numeri impressionanti (ma ovviamente è colpa loro).
>
> Ora, non voglio scendere sul terreno della contrapposizione tra
> uffici, laddove riserve a palate ho spesso avuto - nella mia breve
> carriere - sulle decisioni dei colleghi giudicanti, Gip, monocratico,
> collegio e soprattutto appello e cassazione.
>
> E ogni volta che ne ho avuto la possibilità ho fatto appello o ricorso
> in cassazione per ogni singolo passaggio, cautelare o di merito.
> Rammaricandomi davvero, al limite dell’insonnia, quando il codice non
> me lo consentiva, come in caso di rigetto di intercettazioni.
>
> Ma non è questo il punto. Tutto ciò è fisiologico, anzi è una
> caratteristica fondamentale del nostro sistema, la dimostrazione
> plastica che la separazione delle carriere è una sciocchezza.
>
> Il punto, secondo me, è che noto spesso come molti di noi (compreso
> tu) ritengano potersi prendere la loro giurisprudenza a metro del
> giusto e corretto. Al punto da dire che è colpa della Procura che non
> si adegua.
>
> Ma non è mai colpa del giudice che concede le generiche che non ci
> stanno, magari equivalenti a mostruose recidive “perché altrimenti
> viene una pena troppo alta”, del giudice che in caso di continuazione
> applica aumenti omeopatici, dell’appello che cascasse il mondo abbassa
> la pena (e aspettiamo ansiosi il concordato).
>
> Collega Cavallone mi fermo qui, ma posso dirti che sono così attento,
> io come moltissimi colleghi di Procura con cui ho lavorato e lavoro, a
> cosa accade “a valle” che se potessi seguirei i miei fascicoli anche
> in appello e soprattutto in cassazione, dove secondo me si sente la
> mancanza di un pubblico ministero.
>
> Matteo
>
> P.S. D’ora in poi quando avrò un dubbio ti interpellerò così da
> evitare di incomodare i gradi successivi
>
>
>
> Inviato da iPhone
>
>
> Il giorno 03 feb 2018, alle ore 19:14, Luciano Cavallone
> <lucianocavallone a gmail.com <mailto:lucianocavallone a gmail.com>> ha
> scritto:
>
> Al collega Centini che dice " È vero collega Cavallone è tutto
> colpa nostra... dicci cosa possiamo fare per rimediare", rispondo:
>
> Fare le indagini. Punto.
> Non è raro (qui da noi, non so altrove) assistere a processi dove
> testi decisivi non sono sentiti o consulenze indispensabili non
> sono espletate. E in appello non è che si possa giuridicamente far
> tutto (al di là dei mezzi).
>
> La mia del resto era - forse è sfuggito - una risposta a chi
> diceva di abolire l'appello, perché QUELLO era il problema.
> E poi, a qualcuno sembrerà normale che qui da noi e (mi pare)
> anche a Brescia 2/3 o addirittura 3/4 delle accuse portate innanzi
> al primo grado "muoiano" già lì: be', a me no.
> E non sto nemmeno a pensare ai costi "privati" di chi incappa nel
> meccanismo.
>
> Salvo non vogliamo dire che anche al primo grado siano "di manica
> larga" ...
>
> Il giorno 3 febbraio 2018 16:44, CENTINI MATTEO
> <matteo.centini a giustizia.it <mailto:matteo.centini a giustizia.it>>
> ha scritto:
>
> È vero collega Cavallone è tutto colpa nostra... dicci cosa
> possiamo fare per rimediare.
>
> Matteo Centini
>
> Procura PC
>
> Inviato da iPhone
>
>
> Il giorno 03 feb 2018, alle ore 16:27, Luciano Cavallone
> <lucianocavallone a gmail.com <mailto:lucianocavallone a gmail.com>>
> ha scritto:
>
> PS: e ciò senza considerare che, egoisticamente, in appello è
> molto più facile motivare la conferma, che la riforma (che,
> come noto, secondo la Cassazione richiede - a differenza della
> prima - una motivazione "rinforzata") ...
>
> Il giorno 3 febbraio 2018 16:10, Luciano Cavallone
> <lucianocavallone a gmail.com
> <mailto:lucianocavallone a gmail.com>> ha scritto:
>
> Scrive Felice Pizzi: " Da chi dipende tutto ciò ? Dai
> magistrati di appello, ..." e si propone di abolire il 2° grado.
>
> Ciò, però, sull'assioma, evidentemente, dell'INFALLIBILITA'
> del primo grado.
> Ma se valesse tale ragionamento, allora potrebbe dirsi
> (semplificando ancor più) di lasciare direttamente alle
> Procure di determinare condanne e pene (così non avremmo
> neppure quel 70% di mancate condanne in primo grado che io,
> grossolanamente, ho riscontrato anche su Taranto): anche
> questo, invero, potrebbe dipendere dai (troppo BUONI) giudici
> di prime cure (che non assecondano le richieste delle
> INFALLIBILI procure).
> Se, invece, si iniziasse (esattamente al contrario) a non
> ingolfare i primi gradi con processi inutili e per nulla o
> (peggio) mal istruiti?
> Forse sbaglierebbe meno il primo grado (che avrebbe
> un'enormità di carte in meno da gestire) e vi sarebbero meno
> riforme anche in appello.
> Io non mi sentirei granché garantito da un sistema che, solo
> per fare un esempio, dopo il vaglio di Procura e Tribunale,
> giunge ad infliggere quasi 30 anni, in prime cure, in processi
> (ad es. per droga) in cui le prove (ad es. intercettazioni
> tutte da interpretare) sono a dir poco sbiadite; né mi
> sentirei garantito in un sistema nel quale larvate (davvero
> larvate, specie nel caos normativo che contraddistingue il
> nostro Paese, con antinomie ogni pie' sospinto) violazioni di
> legge AMMINISTRATIVE, nonostante la ormai ventennale riforma
> del 323 cp, continuano a generare, per AUTOMATICA conseguenza,
> l'intervento punitivo del giudice penale.
>
> Insomma, in poche parole:
> siamo sicuri che tutto ciò dipenda dal BUONISMO del secondo
> grado e non da INCAPACITA' del primo (o prima ancora, da chi
> mal istruisce i processi)?
>
> Luciano Cavallone - Corte Appello Taranto
>
> Il giorno 3 febbraio 2018 13:13, De Ninis Luca
> <luca.deninis a giustizia.it <mailto:luca.deninis a giustizia.it>>
> ha scritto:
>
> Su questo tema concordo integralmente con la lettura del
> collega Pizzi.
>
> Mi pare che le tesi che conducono al conformismo delle
> decisioni ed alla ineffettività della giurisdizione penale, da
> sempre prevalenti a livello della politica giudiziaria, siano
> sempre più dominanti anche a livello della “cultura della
> giurisdizione”.
>
> Non credo che sia un bene, né per il singolo magistrato né per
> la magistratura nel suo complesso.
>
> Banalizzando, a me pare incredibile che non sia degno di nota
> e neppure interessi il seguente problema:
>
> « ma se circa il 70% delle decisioni di primo grado sono di
> proscioglimento/assoluzione ed il 65% del restante 30% (quindi
> l’ulteriore 20% sul totale, per un complessivo 90%) sono
> riformate quanto meno in relazione alla pena ci sarà qualcosa
> che non funziona in termini di efficacia dell’accertamento
> giudiziario e della risposta punitiva? O siamo un Paese in cui
> si delinque solo in via residuale ed occasionale? »
>
> Luca De Ninis
>
> *Da:*Area [mailto:area-bounces a areaperta.it
> <mailto:area-bounces a areaperta.it>] *Per conto di *thorgiov
> *Inviato:* giovedì 1 febbraio 2018 16:54
> *A:* area a areaperta.it <mailto:area a areaperta.it>
> *Oggetto:* Re: [Area] Proposte per l'appello
>
> Hai scritto di aver riscontrato : /Un tasso di riforme nel
> penale preoccupante: un tasso di sentenze riformate del 64,75
> %, anche se solo circa il 10 % con riforma della decisione in
> punto di responsabilità. /
>
> Questo significa che l'appello ha assunto una precisa funzione
> : garantire comunque all'imputato, male che vada, una
> diminuzione della pena applicata in primo grado. Da chi
> dipende tutto ciò ? Dai magistrati di appello, i quali si
> lamentano pure del numero spropositato di impugnazioni. Ma se
> l'imputato ha una aspettativa più che favorevole dell'esito
> della impugnazione, per quale motivo non dovrebbe appellare ?
> Ribadisco pertanto che l'unica soluzione efficace sarebbe
> quella di abolire il secondo grado di giudizio. Almeno così
> non ci sarebbero più sentenze riformate, soprattutto nella
> determinazione della sanzione.
>
> FELICE PIZZI ( Giudice del contenzioso del Tribunale di
> Napoli Nord )
>
> Il 01/02/2018 11:51, Claudio Castelli ha scritto:
>
> Le Corti di appello sono diventate un punto di fortissima
> crisi del sistema ed è necessario un forte intervento sia come
> organici del personale ( il rapporto tra magistrati ed addetti
> amministrativi non arriva mai a 2, mentre ad esempio nei
> Tribunali normalmente è 3,5), sia come rito, sia culturale.
>
> Culturale perché le Corti scontano di essere l’ultimo
> passaggio nel merito di una filiera che nel penale parte dalle
> Procure, in cui troppo spesso l’Ufficio a monte si
> disinteressa semplicemente di quanto avviene a valle negli
> altri uffici.
>
> Tra l’altro avremmo bisogno di dati certi ed affidabili sul
> piano nazionale.
>
> Nel mio osservatorio del distretto di Brescia ho riscontrato
> una serie di dati interessanti che sfatano molti luoghi comuni:
>
>
>
> - Un tasso di impugnazioni in fin dei conti limitate:
> 25,96 % nel civile, 24,49 % nel lavoro e 23,08 % nel penale.
>
> - Un tasso di riforme nel penale preoccupante: un
> tasso di sentenze riformate del 64,75 %, anche se solo circa
> il 10 % con riforma della decisione in punto di responsabilità.
>
> - Un tasso di condanne in primo grado nei
> procedimenti monocratici molto basso (circa il 30 %).
>
> Se cominciassimo a valorizzare gli uffici anche per la
> capacità di resistenza delle decisioni ( come in realtà già
> esiste sulla carta nelle valutazioni di professionalità dei
> singoli magistrati) probabilmente faremmo dei passi avanti.
>
> Per finire mi limito a rappresentare che sono del tutto
> contrario al passaggio al monocratico in appello.
>
> Il collegio, se vero, ha un grande valore non solo di
> confronto, ma anche di mantenere una certa omogeneità
> giurisprudenziale.
>
> Abbandonare il collegio vuol dire semplicemente cedere a
> sirene produttivistiche che alla fine fanno guadagnare ben poco.
>
> Non solo, ma nel penale il problema per cui non si fanno più
> udienze non deriva dalla presenza del collegio, ma dalla
> mancanza di assistenti per le udienze e di cancellieri e
> funzionari per la fase dell’esecuzione.
>
> Fare più udienze in situazioni come la Corte di Brescia dove
> c’è una scopertura del 35 % del personale è semplicemente
> impossibile.
>
> Non solo, ma un problema comune a quasi tutte le Corti è
> l’imponente arretrato (migliaia nel migliore dei casi) di
> sentenze in attesa di esecuzione. Aumentare il numero dei
> provvedimenti vuol dire incrementare la crisi, non dare delle
> soluzioni.
>
> Si tratta di elaborare un pacchetto di proposte, senza pensare
> che una possa essere risolutiva (a meno di abolire l’appello,
> che però appare scelta difficile a fronte del numero di
> sentenze riformate), ma che nel loro complesso possano
> invertire una tendenza oggi negativa.
>
>
>
> Claudio Castelli
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