[Area] R: Fwd: R: R: Proposte per l'appello

thorgiov thorgiov a libero.it
Ven 9 Feb 2018 09:29:00 CET


Però di fatto non servirebbe, perchè, anche neutralizzando il divieto di 
reformatio in peius, in ogni caso le Corti di Appello non aumenterebbero 
la pena. Non è solo questione di norme.....
FELICE   PIZZI  ( Giudice del contenzioso del Tribunale di Napoli Nord )
Il 08/02/2018 09:21, Claudio Patruno ha scritto:
>
> *Da:*Area [mailto:area-bounces a areaperta.it] *Per conto di *Ramondino 
> Paolo
> *Inviato:* domenica 4 febbraio 2018 09:52
> *A:* area a areaperta.it
> *Oggetto:* [Area] Fwd: R: R: Proposte per l'appello
>
>     *Condivido pienamente. Lo sostengo da tempo, e sarebbe semplice
>     organizzarlo. *
>
>     *Ciao Paolo.  Claudio Patruno.*
>
>     **
>
>     **
>
>     **
>
>     *Da:* Ramondino Paolo <paolo.ramondino a giustizia.it
>     <mailto:paolo.ramondino a giustizia.it>>
>     *Data:* 4 febbraio 2018 08:13:26 CET
>     *A:* thorgiov <thorgiov a libero.it <mailto:thorgiov a libero.it>>
>     *Oggetto:* *Re: [Area] R: R: Proposte per l'appello*
>
>     Sono convinto che il divieto di reformatio in peius vada superato
>     e che, in attesa di un intervento legislativo sul punto, sia
>     lodevole la prassi di alcune Procure di impugnare tutte le
>     sentenze appellate dall'imputato sì da porre il giudice di secondo
>     grado nelle condizioni di inasprire la pena, peraltro normalmente
>     determinata in primo grado in prossimità dei minimi edittali.
>
>     In altri ordinamenti, penso ad es. a quello francese (per quanto
>     mi è stato riferito da un penalista d'oltralpe), le Corti non
>     esitano a far capire ai difensori che il rischio di un aumento
>     della pena (in caso di riconoscimento della colpevolezza,
>     s'intende) è elevato. So che fioccano le rinunce all'impugnazione.
>
>     Comprendo le obiezioni che ad un simile ragionamento potrebbero
>     muoversi, dico tuttavia che i messaggi che possiamo dare
>     all'utenza siano importanti e non privi di conseguenze pratiche.
>
>     Inviato da iPhone
>
>
>     Il giorno 03 feb 2018, alle ore 23:07, thorgiov
>     <thorgiov a libero.it <mailto:thorgiov a libero.it>> ha scritto:
>
>         E allora, anzichè togliere alla Corte tout court il potere di
>         rideterminare la pena, paradossalmente potrebbe essere utile
>         introdurre il divieto di reformatio in melius e abolire il
>         divieto di reformatio in peius. Così la Corte almeno
>         lascerebbe la pena così come è stata stabilita in primo grado,
>         visto che nessuno se la sentirebbe di aumentarla. Non sarebbe
>         sensato ? E allora la valanga di appelli e di impugnazioni a
>         cascata che c'è attualmente è sensata ? Se un sistema non
>         funziona lo si cambia radicalmente. Nessun principio è immutabile.
>
>         FELICE  PIZZI  ( Giudice del contenzioso del Tribunale di
>         Napoli Nord )
>
>         Il 03/02/2018 20:31, De Ninis Luca ha scritto:
>
>             Se l’appello rimane, come certamente rimarrà, non mi pare
>             sensato sottrarre alla Corte il potere di rideterminare la
>             pena.
>
>             Diverso, sul piano strettamente logico, sarebbe eliminare
>             il divieto della /reformatio in peius/, che non mi pare un
>             principio irrinunciabile, o individuare altri seri
>             contrappesi alla pratica, sulla cui
>             incongruità/insostenibilità non mi pare possano esservi
>             dissensi, degli appelli volti principalmente o solo a
>             ritardare o paralizzare l’efficacia della condanna in
>             primo grado. Ma non è questo evidentemente, un tema
>             rimesso alle scelte o iniziative dei magistrati.
>
>             Viceversa, il problema della prevalenza statistica dei
>             proscioglimenti o assoluzioni sulle condanne e delle
>             riforme /in melius/ delle sentenza di condanna di primo
>             grado da parte dell’appello riguarda in via primaria le
>             nostre responsabilità ed il modo di esercitare le nostre
>             funzioni.
>
>             È chiaro che il problema riguarda tutti gli attori del
>             processo, innanzitutto P.M., dal modo in cui svolge le
>             indagini a quello in cui definisce l’oggetto del processo
>             e predispone l’istruzione dibattimentale.
>
>             A partire dall’imputazione, i cui requisiti di “chiarezza
>             e precisione” dovrebbero essere il cardine della legalità
>             del processo, tuttavia spesso carente nella pratica della
>             giurisdizione, la cui emenda incontra limiti, strutturali
>             spesso invalicabili, nella conformazione e nei ruoli del
>             processo penale (se, nonostante i principi della
>             Battistella e della giurisprudenza successiva,  il P.M.
>             non riconosce le esigenze segnalate dal GUP o dal giudice
>             del dibattimento e si attiva una dinamica oppositiva,
>             eventualità comprensibile e tutt’altro che infrequente ove
>             il giudice si prenda la briga di segnalare i problemi di
>             un atto riservato alla parte pubblica, non si cava un
>             ragno dal buco).
>
>             Ma riguarda anche i giudici di primo e di secondo grado.
>
>             In primo grado, diversamente da quanto ha osservato
>             Cavallone in relazione all’appello, sul piano della logica
>             astratta è più semplice motivare un’assoluzione rispetto
>             ad una condanna: per la semplice ragione che il sillogismo
>             di condanna richiede la prova certa di tutti i passaggi
>             necessari a sostenerla, mentre l’assoluzione può limitarsi
>             ad evidenziare il solo passaggio mancante o solo incerto.
>             Con il corollario, nella pratica concreta,
>             dell’inclinazione a rimanere in superficie, per
>             individuare il punto debole (o presunto tale) ed evitare
>             una ricostruzione attenta del materiale istruttorio, anche
>             quando l’Accusa non sia stata efficace nel presentarlo in
>             giudizio o quando emergano carenze non irrimediabili.
>
>             Per i giudici di appello – premesso che le impugnazioni
>             delle sentenze  assolutorie sono statisticamente assai
>             rare, e che tuttavia ciò non è affatto un indice della
>             loro migliore qualità rispetto alle condanne ma solo del
>             minore interesse della parte pubblica, rispetto a quello
>             del difensore, a sostenere e dimostrare la validità delle
>             proprie scelte di esercizio dell’azione penale – le
>             ragioni della frequente ed in alcuni casi sistematica
>             riduzione delle pene inflitte in primo grado meritano una
>             maggiore riflessione, ché tocca anch’essa le concezioni di
>             ciascuno sulla funzione della giurisdizione.
>
>             Si affermano tesi secondo cui la Corte dovrebbe assicurare
>             una sorta di omogeneità del trattamento sanzionatorio in
>             tutti gli uffici del distretto.
>
>             Il principio, che nel suo astratto proponimento potrebbe
>             anche essere condiviso (benché mi appaia alquanto
>             limitativo, atteso che un potere analogo non è previsto a
>             livello nazionale: limite che ne dimostra la non
>             particolare utilità), nel concreto è però insuscettibile
>             di operare correttamente.
>
>             Infatti, per effetto combinato della scarsità delle
>             impugnazioni del P.M. e del divieto di /reformatio in
>             peius/, esso è destinato quasi sempre a produrre risultati
>             unilaterali (/in melius/) e giunge al paradosso di
>             premiare le commisurazioni incongrue per difetto, unico
>             parametro di uniformità distrettuale insuscettibile di
>             essere riformato. In alcuni casi premia le scelte di
>             qualificazione giuridica limitative (es. 73 c.5°), anche
>             quando appaiono contrastare con i principi di legittimità.
>
>             Così operando tutto converge nel far girare sempre più
>             veloce il motore del processo, ma limitando sempre di più
>             la spinta sulle ruote.
>
>             Luca De Ninis
>
>             *Da:*CENTINI MATTEO
>             *Inviato:* sabato 3 febbraio 2018 19:49
>             *A:* Luciano Cavallone
>             *Cc:* De Ninis Luca; area a areaperta.it
>             <mailto:area a areaperta.it>
>             *Oggetto:* Re: [Area] R: Proposte per l'appello
>
>             Al collega Cavallone dico...
>
>             La questione è iniziata su questa lista quando il
>             Presidente Castelli ha detto che la Procura ha una
>             percentuale di accoglimento intorno ad un modesto 30%
>             (conteggiando nei non accoglimenti anche la prescrizione
>             of course). Egli si riferiva a Brescia, dove mi risulta
>             che i colleghi di primo grado vivano una situazione di
>             estremo disagio, con numeri impressionanti (ma ovviamente
>             è colpa loro).
>
>             Ora, non voglio scendere sul terreno della
>             contrapposizione tra uffici, laddove riserve a palate ho
>             spesso avuto - nella mia breve carriere - sulle decisioni
>             dei colleghi giudicanti, Gip, monocratico, collegio e
>             soprattutto appello e cassazione.
>
>             E ogni volta che ne ho avuto la possibilità ho fatto
>             appello o ricorso in cassazione per ogni singolo
>             passaggio, cautelare o di merito. Rammaricandomi davvero,
>             al limite dell’insonnia, quando il codice non me lo
>             consentiva, come in caso di rigetto di intercettazioni.
>
>             Ma non è questo il punto. Tutto ciò è fisiologico, anzi è
>             una caratteristica fondamentale del nostro sistema, la
>             dimostrazione plastica che la separazione delle carriere è
>             una sciocchezza.
>
>             Il punto, secondo me, è che noto spesso come molti di noi
>             (compreso tu) ritengano potersi prendere la loro
>             giurisprudenza a metro del giusto e corretto. Al punto da
>             dire che è colpa della Procura che non si adegua.
>
>             Ma non è mai colpa del giudice che concede le generiche
>             che non ci stanno, magari equivalenti a mostruose recidive
>             “perché altrimenti viene una pena troppo alta”, del
>             giudice che in caso di continuazione applica aumenti
>             omeopatici, dell’appello che cascasse il mondo abbassa la
>             pena (e aspettiamo ansiosi il concordato).
>
>             Collega Cavallone mi fermo qui, ma posso dirti che sono
>             così attento, io come moltissimi colleghi di Procura con
>             cui ho lavorato e lavoro, a cosa accade “a valle” che se
>             potessi seguirei i miei fascicoli anche in appello e
>             soprattutto in cassazione, dove secondo me si sente la
>             mancanza di un pubblico ministero.
>
>             Matteo
>
>             P.S. D’ora in poi quando avrò un dubbio ti interpellerò
>             così da evitare di incomodare i gradi successivi
>
>
>
>
>             Inviato da iPhone
>
>
>             Il giorno 03 feb 2018, alle ore 19:14, Luciano Cavallone
>             <lucianocavallone a gmail.com
>             <mailto:lucianocavallone a gmail.com>> ha scritto:
>
>                 Al collega Centini che dice " È vero collega Cavallone
>                 è tutto colpa nostra... dicci cosa possiamo fare per
>                 rimediare", rispondo:
>
>                 Fare le indagini. Punto.
>                 Non è raro (qui da noi, non so altrove) assistere a
>                 processi dove testi decisivi non sono sentiti o
>                 consulenze indispensabili non sono espletate. E in
>                 appello non è che si possa giuridicamente far tutto
>                 (al di là dei mezzi).
>
>                 La mia del resto era - forse è sfuggito - una risposta
>                 a chi diceva di abolire l'appello, perché QUELLO era
>                 il problema.
>                 E poi, a qualcuno sembrerà normale che qui da noi e
>                 (mi pare) anche a Brescia 2/3 o addirittura 3/4 delle
>                 accuse portate innanzi al primo grado "muoiano" già
>                 lì: be', a me no.
>                 E non sto nemmeno a pensare ai costi "privati" di chi
>                 incappa nel meccanismo.
>
>                 Salvo non vogliamo dire che anche al primo grado siano
>                 "di manica larga" ...
>
>                 Il giorno 3 febbraio 2018 16:44, CENTINI MATTEO
>                 <matteo.centini a giustizia.it
>                 <mailto:matteo.centini a giustizia.it>> ha scritto:
>
>                 È vero collega Cavallone è tutto colpa nostra... dicci
>                 cosa possiamo fare per rimediare.
>
>                 Matteo Centini
>
>                 Procura PC
>
>                 Inviato da iPhone
>
>
>                 Il giorno 03 feb 2018, alle ore 16:27, Luciano
>                 Cavallone <lucianocavallone a gmail.com
>                 <mailto:lucianocavallone a gmail.com>> ha scritto:
>
>                     PS: e ciò senza considerare che, egoisticamente,
>                     in appello è molto più facile motivare la
>                     conferma, che la riforma (che, come noto, secondo
>                     la Cassazione richiede - a differenza della prima
>                     - una motivazione "rinforzata") ...
>
>                     Il giorno 3 febbraio 2018 16:10, Luciano Cavallone
>                     <lucianocavallone a gmail.com
>                     <mailto:lucianocavallone a gmail.com>> ha scritto:
>
>                     Scrive Felice Pizzi: " Da chi dipende tutto ciò ?
>                     Dai magistrati di appello, ..." e si propone di
>                     abolire il 2° grado.
>
>                     Ciò, però, sull'assioma, evidentemente,
>                     dell'INFALLIBILITA' del primo grado.
>                     Ma se valesse tale ragionamento, allora potrebbe
>                     dirsi (semplificando ancor più) di lasciare
>                     direttamente alle Procure di determinare condanne
>                     e pene (così non avremmo neppure quel 70% di
>                     mancate condanne in primo grado che io,
>                     grossolanamente, ho riscontrato anche su Taranto):
>                     anche questo, invero, potrebbe dipendere dai
>                     (troppo BUONI) giudici di prime cure (che non
>                     assecondano le richieste delle INFALLIBILI procure).
>                     Se, invece, si iniziasse (esattamente al
>                     contrario) a non ingolfare i primi gradi con
>                     processi inutili e per nulla o (peggio) mal istruiti?
>                     Forse sbaglierebbe meno il primo grado (che
>                     avrebbe un'enormità di carte in meno da gestire) e
>                     vi sarebbero meno riforme anche in appello.
>                     Io non mi sentirei granché garantito da un sistema
>                     che, solo per fare un esempio, dopo il vaglio di
>                     Procura e Tribunale, giunge ad infliggere quasi 30
>                     anni, in prime cure, in processi (ad es. per
>                     droga) in cui le prove (ad es. intercettazioni
>                     tutte da interpretare) sono a dir poco sbiadite;
>                     né mi sentirei garantito in un sistema nel quale
>                     larvate (davvero larvate, specie nel caos
>                     normativo che contraddistingue il nostro Paese,
>                     con antinomie ogni pie' sospinto) violazioni di
>                     legge AMMINISTRATIVE, nonostante la ormai
>                     ventennale riforma del 323 cp, continuano a
>                     generare, per AUTOMATICA conseguenza, l'intervento
>                     punitivo del giudice penale.
>
>                     Insomma, in poche parole:
>                     siamo sicuri che tutto ciò dipenda dal BUONISMO
>                     del secondo grado e non da INCAPACITA' del primo
>                     (o prima ancora, da chi mal istruisce i processi)?
>
>                     Luciano Cavallone - Corte Appello Taranto
>
>                     Il giorno 3 febbraio 2018 13:13, De Ninis Luca
>                     <luca.deninis a giustizia.it
>                     <mailto:luca.deninis a giustizia.it>> ha scritto:
>
>                     Su questo tema concordo integralmente con la
>                     lettura del collega Pizzi.
>
>                     Mi pare che le tesi che conducono al conformismo
>                     delle decisioni ed alla ineffettività della
>                     giurisdizione penale, da sempre prevalenti a
>                     livello della politica giudiziaria, siano sempre
>                     più dominanti anche a livello della “cultura della
>                     giurisdizione”.
>
>                     Non credo che sia un bene, né per il singolo
>                     magistrato né per la magistratura nel suo complesso.
>
>                     Banalizzando, a me pare incredibile che non sia
>                     degno di nota e neppure interessi il seguente
>                     problema:
>
>                     « ma se circa il 70% delle decisioni di primo
>                     grado sono di proscioglimento/assoluzione ed il
>                     65% del restante 30% (quindi l’ulteriore 20% sul
>                     totale, per un complessivo 90%) sono riformate
>                     quanto meno in relazione alla pena ci sarà
>                     qualcosa che non funziona in termini di efficacia
>                     dell’accertamento giudiziario e della risposta
>                     punitiva? O siamo un Paese in cui si delinque solo
>                     in via residuale ed occasionale? »
>
>                     Luca De Ninis
>
>                     *Da:*Area [mailto:area-bounces a areaperta.it
>                     <mailto:area-bounces a areaperta.it>] *Per conto di
>                     *thorgiov
>                     *Inviato:* giovedì 1 febbraio 2018 16:54
>                     *A:* area a areaperta.it <mailto:area a areaperta.it>
>                     *Oggetto:* Re: [Area] Proposte per l'appello
>
>                     Hai scritto di aver riscontrato : /Un tasso di
>                     riforme nel penale preoccupante: un tasso di
>                     sentenze riformate del 64,75 %, anche se solo
>                     circa il 10 % con riforma della decisione in punto
>                     di responsabilità. /
>
>                     Questo significa che l'appello ha assunto una
>                     precisa funzione : garantire comunque
>                     all'imputato, male che vada, una diminuzione della
>                     pena applicata in primo grado. Da chi dipende
>                     tutto ciò ? Dai magistrati di appello, i quali si
>                     lamentano pure  del numero spropositato di
>                     impugnazioni. Ma se l'imputato ha una aspettativa
>                     più che favorevole dell'esito della impugnazione,
>                     per quale motivo non dovrebbe appellare ?
>                     Ribadisco pertanto che l'unica soluzione efficace
>                     sarebbe quella di abolire il secondo grado di
>                     giudizio. Almeno così non ci sarebbero più
>                     sentenze riformate, soprattutto nella
>                     determinazione della sanzione.
>
>                     FELICE PIZZI  ( Giudice del contenzioso del
>                     Tribunale di Napoli Nord )
>
>                     Il 01/02/2018 11:51, Claudio Castelli ha scritto:
>
>                     Le Corti di appello sono diventate un punto di
>                     fortissima crisi del sistema ed è necessario un
>                     forte intervento sia come organici del personale (
>                     il rapporto tra magistrati ed addetti
>                     amministrativi non arriva mai a 2, mentre ad
>                     esempio nei Tribunali normalmente è 3,5), sia come
>                     rito, sia culturale.
>
>                     Culturale perché le Corti scontano di essere
>                     l’ultimo passaggio nel merito di una filiera che
>                     nel penale parte dalle Procure, in cui troppo
>                     spesso l’Ufficio a monte si disinteressa
>                     semplicemente di quanto avviene a valle negli
>                     altri uffici.
>
>                     Tra l’altro avremmo bisogno di dati certi ed
>                     affidabili sul piano nazionale.
>
>                     Nel mio osservatorio del distretto di Brescia ho
>                     riscontrato una serie di dati interessanti che
>                     sfatano molti luoghi comuni:
>
>
>
>                     -          Un tasso di impugnazioni in fin dei
>                     conti limitate: 25,96 % nel civile, 24,49 % nel
>                     lavoro e 23,08 % nel penale.
>
>                     -          Un tasso di riforme nel penale
>                     preoccupante: un tasso di sentenze riformate del
>                     64,75 %, anche se solo circa il 10 % con riforma
>                     della decisione in punto di responsabilità.
>
>                     -          Un tasso di condanne in primo grado nei
>                     procedimenti monocratici molto basso (circa il 30 %).
>
>                     Se cominciassimo a valorizzare gli uffici anche
>                     per la capacità di resistenza delle decisioni (
>                     come in realtà già esiste sulla carta nelle
>                     valutazioni di professionalità dei singoli
>                     magistrati) probabilmente faremmo dei passi avanti.
>
>                     Per finire mi limito a rappresentare che sono del
>                     tutto contrario al passaggio al monocratico in
>                     appello.
>
>                     Il collegio, se vero, ha un grande valore non solo
>                     di confronto, ma anche di mantenere una certa
>                     omogeneità giurisprudenziale.
>
>                     Abbandonare il collegio vuol dire semplicemente
>                     cedere a sirene produttivistiche che alla fine
>                     fanno guadagnare ben poco.
>
>                     Non solo, ma nel penale il problema per cui non si
>                     fanno più udienze non deriva dalla presenza del
>                     collegio, ma dalla mancanza di assistenti per le
>                     udienze e di cancellieri e funzionari per la fase
>                     dell’esecuzione.
>
>                     Fare più udienze in situazioni come la Corte di
>                     Brescia dove c’è una scopertura del 35 % del
>                     personale è semplicemente impossibile.
>
>                     Non solo, ma un problema comune a quasi tutte le
>                     Corti è l’imponente arretrato (migliaia nel
>                     migliore dei casi) di sentenze in attesa di
>                     esecuzione. Aumentare il numero dei provvedimenti
>                     vuol dire incrementare la crisi, non dare delle
>                     soluzioni.
>
>                     Si tratta di elaborare un pacchetto di proposte,
>                     senza pensare che una possa essere risolutiva (a
>                     meno di abolire l’appello, che però appare scelta
>                     difficile a fronte del numero di sentenze
>                     riformate), ma che nel loro complesso possano
>                     invertire una tendenza oggi negativa.
>
>
>
>                     Claudio Castelli
>
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