[Area] I: (senza oggetto)

Gioacchino Romeo gioarom a alice.it
Gio 26 Apr 2018 16:58:03 CEST


Ripropongo, inviandolo in lista, un messaggio erroneamente inviato al solo precedente intervenuto.Gioacchino Romeo




  ----Messaggio originale----
 
 Da: gioarom a alice.it
 
 Data: 26-apr-2018 13.49
 
 A: <gianfrancogilardi a gmail.com>
 
 Ogg: R: [Area] (senza oggetto)
 

 

 Allora non si vuole capire: se tutto quel che è scritto qui sotto su Mirenda risponde - come senza dubbio risponde - a verità, o dobbiamo pensare che il collega sia uscito di senno all'improvviso (il che nessuno afferma), oppure, più semplicemente, che è vero quel che bene qui ha scritto ieri l'altro Maria Grazia Omboni e che mi piace riprodurre: "i toni forti che ha usato [sono stati] necessari perché la sua voce avesse risonanza e ... porti a qualche positivo cambiamento", considerato che da vari decenni assistiamo a promesse mai mantenute e al ripetersi e aggravarsi, in termini che alla stragrande maggioranza dei magistrati sembrano oramai irreversibili, di prassi che spesso sono al limite, o entro i limiti, del codice penale.
 
  Gioacchino Romeo

  
    ----Messaggio originale---- 
   
 Da: gianfrancogilardi a gmail.com 
   
 Data: 25-apr-2018 21.56 
   
 A: "ANM-ml"<mailinglist-anm a ml.associazionemagistrati.it>, "AreAperta"<area a areaperta.it> 
   
 Ogg: [Area] (senza oggetto) 
   

   

   
    

    (Scusate, invio l'identico messaggio perché quello precedente conteneva alcuni refusi) 
    

    

    Andrea Mirenda è – per preparazione, impegno, sensibilità culturale ed istituzionale, disponibilità ad ogni esigenza del servizio, di cui si è sempre fatto carico con straordinaria abnegazione  anche nei momenti più impervi, capacità organizzativa del lavoro proprio ed altrui, rigore morale e senso di indipendenza -  uno dei migliori magistrati che io abbia conosciuto nei miei anni di presidenza al Tribunale di Verona, dove egli ha svolto le proprie funzioni meritando una stima diffusa e incondizionata. Egli ha saputo interpretare di persona – nei fatti, e non soltanto a parole – lo  spirito di “autoriforma” che il CSM ha proclamato e sollecitato in tante occasioni, facendosi promotore, ed animando con il suo stesso esempio, ogni iniziativa volta a migliorare concretamente la capacità di funzionamento del sistema giudiziario ed a rendere effettiva la concezione del governo autonomo come pratica responsabile e rigorosa della professionalità, pur nella consapevolezza dei molti limiti e delle tante difficoltà che caratterizzano l’amministrazione della giustizia.
         Sento il dovere di rendere spontaneamente ad Andrea Mirenda questa testimonianza per la riconoscenza che non soltanto io (anche per l’ausilio costante e prezioso che ne ho ricevuto nella soluzione e nello svolgimento dei compiti organizzativi) ma l’intero ufficio, gli utenti e la collettività veronese gli dobbiamo per quanto ha saputo dare nell’esercizio quotidiano delle sue funzioni di giudice indipendente, sereno, colto, tenace nel perseguimento in ogni occasione dell’insieme dei valori connessi ai principi costituzionali del “giusto processo”. 
         Ciò non significa che io condivida tutti i suoi giudizi, tutte le espressioni usate per manifestarli e, soprattutto, le generalizzazioni che lo hanno portato – insieme ad altri - ad accumunare tante vicende in un unico fascio. 
         Non può negarsi che l’immagine della magistratura, quale si è venuta inverando nel corso del tempo dopo l’avvento della Costituzione, sia incomparabilmente diversa rospetto a quella ereditata dalla Stato pre-repubblicano, e che tra i molti fattori che hanno contribuito a questo cambiamento vi siano anche i compiti di governo autonomo consapevolmente esercitati ed il ruolo dell’associazionismo giudiziario, cui si deve tra l’altro – a partire dal lontano congresso di Gardone del 1965 - l’affermazione netta e chiara  che anche il giudice, nel disegno del Costituente, è tramite per l'attuazione dei valori costituzionali e dei principi di emancipazione e di eguaglianza. Così come non può negarsi – per restare alle funzioni svolte dal CSM – che agli incarichi direttivi e semidirettivi siano stati chiamati anche magistrati meritevoli e capaci. E se è vero che con il giudizio negativo espresso sul conto degli uomini non si è inteso investire le istituzioni da loro rappresentate, non può dimenticarsi (sempre al fine di evitare ingiustificate generalizzazioni) come ciò che di positivo vi è stato nella storia del CSM e dell’associazionismo giudiziario è frutto – com’è ovvio – non delle istituzioni in sé ma dell’opera e dell’impegno degli uomini che le rappresentavano e di quanti altri, anche in sede associativa, hanno successivamente saputo difendere l’indipendenza e l’assetto costituzionale della magistratura contro i numerosi tentativi ed attacchi con i quali si è cercato di modificarlo..
        E’ altrettanto vero, tuttavia, che Andrea Mirenda ha inteso sollevare problemi e manifestare opinioni; e rispetto alle opinioni, anche quando espresse con termini accesi o forse anche eccessivi, si può essere d’accordo o dissentire, ma non ha senso reagire con la minaccia autoritaria di improponibili sanzioni né con logiche di schieramento che finiscono per riproporre in forma rovesciata  un metodo di generalizzazione in base al quale la ragione starebbe tutta da una parte  ed il torto tutto dall’altra.
          Alle denunce ed ai problemi sollevati si deve replicare – questo è ciò che penso ed ho sempre pensato – non fermandosi alle forme del linguaggio (che a volte può essere anche aspro ed esasperato) ma affrontando il merito delle questioni, e rispondendo in modo argomentato alle imprecisioni, alle inesattezze ed alle falsità, quando ve ne sono, ma anche prendendo atto delle verità e delle pratiche di malgoverno denunciate e che pure esistono. 
         Anche io sono preoccupato degli effetti di delegittimazione che le accuse di “correntismo” e di “malgoverno” possono provocare, tanto più nella temperie politica che – come insegna la storia di ormai diversi decenni – è pronta a cogliere ogni occasione ed ogni pretesto per cambiare le regole e i rapporti istituzionali. 
         Ma credo che la migliore difesa delle istituzioni consista non nel prendere le distanze da chi denuncia quelle pratiche, quanto invece nel fare autocritica e nello sforzarsi di correggerle. 
        E’ questa, io credo, la risposta migliore e più convincente contro i rischi del governo “dall’esterno”.
         Mantenere integre le condizioni idonee a consentire la libera esplicazione del dibattito, unitamente all’abbandono di posizioni preconcette e qualunquistiche ed al recupero del metodo del confronto improntato al rispetto reciproco, non potrà che migliorare la qualità della vita istituzionale.
        E da vecchio ex magistrato, che conserva nel cuore e nella mente tutta l’esperienza vissuta all’interno della magistratura, auspico che con questo spirito e con questo metodo si torni a parlare dei problemi, andando oltre una vicenda ormai ridotta soltanto ai termini di posizioni pro o contro Andrea Mirenda,
    Gianfranco Gilardi
    

   
   

  
  

 
 



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