[Area] AreaDg: report del Convegno di Catania Le nuove frontiere dell’immigrazione

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Mer 20 Giu 2018 00:43:21 CEST




Trasmettiamo il report, predisposto da Claudio Castelli, a conclusione del Convegno che si è svolto a Catania su “Le nuove frontiere dell’immigrazione”.
Ringraziamo AreaDG Catania e AreaDG Caltanissetta per il grande lavoro di organizzazione.
Il report verrà pubblicato anche sul sito www.areadg.it, sul quale potrete leggere anche alcuni interventi e dove sono già presenti materiali e documenti di approfondimento.

Il Coordinamento nazionale di AreaDG


"Le nuove frontiere dell'immigrazione”

Il convegno organizzato da Area Democratica per la Giustizia il 15 e 16 giugno 2018 a Catania è stato un pieno successo sia come partecipazione, sia come arricchimento di informazioni e come ricchezza di approcci e scambio culturale sulle migrazioni e sulla attivazione di iniziative e interventi che queste impongono.

Le sessioni che si sono succedute, che hanno visto l’intervento di esponenti di istituzioni sovranazionali, ambasciatori, magistrati, avvocati, professori universitari e giuristi, hanno affrontato il quadro odierno delle migrazioni nel Mediterraneo, l’impatto dei flussi migratori nei territori di accoglienza, il contrasto penale al traffico dei migranti e alla tratta di esseri umani e l’ipotesi di ricreare canali regolari di ingresso con corridoi umanitari e accessi legali.

Si è svolta anche una tavola rotonda con esponenti politici che hanno evidenziato le diverse posizioni sul tema.
Un Convegno preziosissimo che ha fornito a tutti noi un enorme bagaglio di informazioni e che ci fa fare passi avanti come giuristi e come cittadini.

Di seguito l’intervento conclusivo con cui si è cominciato a trarre delle indicazioni dal Convegno. 
 
1. Occorre conoscere, andando al di là dei luoghi comuni. Bisogna approfondire la specificità delle situazioni spesso diverse, il rapporto tra povertà e migrazioni che non è automatico, l’apporto che danno ai Paesi di origine le commesse dei migranti, oggi superiore agli aiuti internazionali.
 Non ci sono una migrazione economica ed una migrazione "politica" separate, ma vi è un'inevitabile commistione ed intreccio tra le motivazioni, con ampie sovrapposizioni.
Aiutiamoli a casa loro è uno slogan che può far presa, ma non è la soluzione.

2. Le migrazioni odierne sono una questione epocale che non si risolverà in breve tempo, ma probabilmente la realtà è che la stessa storia dell'umanità è storia di migrazioni.

 3. È necessario esaminare il problema da punti di vista differenti, esplorando diverse possibili soluzioni. La via giudiziaria (la repressione dei reati e la tutela dei diritti fondamentali) è solo una delle possibilità e non può rappresentare la soluzione unica o principale del problema.

4. La risposta deve essere inevitabilmente internazionale e transnazionale. Solo un approccio comune dell'Europa e un coinvolgimento dei paesi di provenienza e di transito può essere efficace. Il Regolamento di Dublino va assolutamente cambiato e la risoluzione del Parlamento europeo in merito è una buona base di partenza.

5. La Libia, Paese di transito, ma anche di destinazione è punto cruciale e chi voglia contenere le migrazioni e debellare il nuovo traffico di schiavi deve porre questo come punto fondamentale dell'agenda politica. La presenza dell'Oim e dell'Unhcr nei punti nevralgici del traffico è un primo passo che va consolidato.

6. Il rispetto dei diritti umani è principio  non contrattabile. Questo sia in relazione ai centri di raccolta di migranti in Libia ed in altri paesi di transito, che non possono essere o divenire lager, sia riguardo all'accesso alla protezione internazionale. Anche l'ipotesi di tornare a centri di detenzione sul territorio nazionale è perdente e si è dimostrata fallimentare sotto più aspetti in passato.

 7. Il proibizionismo crea clandestinità. L'assenza di corridoi umanitari strutturati e di accessi legali provoca illegalità e la tensione verso periodiche sanatorie. Ci sono esperienze ed esempi di successo che dimostrano come corridoi umanitari e percorsi di integrazione siano praticabili e come potrebbero essere estesi. Avere abbandonato i decreti flussi, già di per sé insufficienti, e non avere introdotto accessi legali al di fuori dei canali di protezione internazionale vuol dire semplicemente non consentire un'immigrazione legale.

8. Il contrasto penale al traffico di migranti e alla tratta di esseri umani rappresenta un passaggio indispensabile per impedire lo sfruttamento dei migranti e le terribili condizioni della loro traversata in mare e del viaggio nei Paesi di transito. Gli strumenti giuridici e operativi elaborati dall’Italia e rivelatisi efficaci nel recente passato (l’affermazione della giurisdizione dello Stato per reati scoperti in acque internazionali), sono oggi inadeguati ad affrontare la sfida del controllo, da parte dei trafficanti, delle grandi aree libiche e delle relative acque territoriali. La strada più efficace appare quella della cooperazione giudiziaria con i Paesi europei  e dell’area subsahariana, mediante l’utilizzo di tutte le agenzie di collegamento a ciò dedicate, a partire da Eurojust e UNODC, e dei correlati strumenti, non ultime le squadre investigative comuni. Inoltre è fondamentale rafforzare le istituzioni libiche, al fine di garantire il pieno rispetto dei diritti umani e l’effettivo esercizio della giurisdizione.
L'Italia è stata per anni referente e propulsore della cooperazione, sia in Europa, sia con i Paesi africani, senza rivendicare primazie. Deve continuare a svolgere questo ruolo e arricchirlo di nuovi traguardi.

9. Il diritto di asilo disegnato dall'art.10 della Costituzione deve rimanere un faro invalicabile che non può essere sottoposto o subordinato a quote. La protezione umanitaria, forma originale tipica del nostro Paese, può essere precisata e articolata, come del resto la giurisprudenza, anche della Corte di cassazione, ha fatto e sta facendo, ma non superata, né abbandonata.

10. L'attuale sistema della protezione internazionale a livello amministrativo e giudiziario è in crisi, sotto molteplici profili: tempi delle procedure, rischio di eccessiva standardizzazione delle decisioni, stanchezza degli operatori, eccessivi carichi di lavoro che mettono a dura prova le strutture amministrative e giudiziarie, difficoltà di inclusione. Il rischio è di avere un percorso, che dura anni, che si risolve in un preludio della clandestinità, operando una fortissima pressione sugli uffici amministrativi e giudiziari, con una progressiva perdita di entusiasmo e motivazione degli operatori.

11. Nel settore giudiziario servono investimenti in risorse e scelte di priorità. Se quelli in discussione sono diritti soggettivi primari, ne devono derivare scelte organizzative e culturali coerenti, che privilegino l’organizzazione degli Uffici e i tempi delle procedure, come del resto il CSM ha più volte raccomandato. Non è un settore di serie B, ma una delle nostre priorità. Il governo dei flussi migratori e dei grandi conflitti che ne derivano non può certamente essere affidato alla giurisdizione civile e penale, ma i magistrati cercheranno di fare sempre sino in fondo la loro parte per affermare i diritti e per contrastare le illegalità.

Claudio Castelli
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