[Area] Cominciano a parlare

mario ardigo marioardigo a yahoo.com
Mar 17 Lug 2018 17:53:30 CEST


Scusate, ma la email mi è partita senza firma.L'ho mandata io, Mario Ardigò, da Roma. Aggiungo alle parole dell'Arcivescovo: amen.  

    Il Martedì 17 Luglio 2018 17:48, mario ardigo <marioardigo a yahoo.com> ha scritto:
 

  Faccio ammenda. Ho scritto di una gerarchia cattolica atterrita e spinta ad atteggiamenti di prudenza.  Leggo ora l'intervento dell'Arcivescovo di Palermo Corrado Lorefice di ieri sera, del quale incollo, dal sito di Avvenire.it (dove potete leggere l'intero testo del discorso), una parte significativa:«Lalogica del ‘prima noi’ mostra in questa Europa tutta la sua fallacia. Rischiamofratture insanabili proprio perché ogni paese europeo comincia a ritenere cheil suo benessere venga prima, senza capire che se la casa comune si distruggetutti resteremo all’addiaccio, privi di un tetto. È la miopia dell’egoismopolitico, propugnato da governanti e da politici europei che spesso si vantano– soprattutto nell’Est – di costruire regimi privi delle garanzie e fuori daiconfini minimi della democrazia. Di fronte a tutto questo, care sorelle e carifratelli, la Chiesa non può restare in silenzio, io non posso restarein silenzio. Perché la Chiesa non ha alternative. Essa è stata collocata dalsuo Signore accanto ai poveri e ai derelitti della storia, e tutte le volteche è uscita – e quante volte è successo – [è uscita] da quel posto permettersi accanto ai forti, ai ricchi, ai potenti, ha perso il senso stesso delsuo essere.  Da giovane padre costituente, uno deisognatori dell’Europa e del mondo uniti, Giorgio La Pira, nostro conterraneo,nato a Pozzallo – a cui vi invito a guardare stasera dal vascello dell’Europa –faceva delle “attese della povera gente” il suo faro e la sua guida, controogni esaltazione del mercato senza regole, dell’individualismo economico. Equesta convinzione, animata in lui da una fede profonda nell’Evangelo, se laportò appresso a Firenze, dove fu il sindaco dei poveri, dei disoccupati, degliultimi. Oggi La Pira ci inviterebbe a guardare alle tante navi che dirigono laloro prua verso l’Europa come alle navi della speranza. La speranza dellapovera gente che cerca protezione e vita buona, ma soprattutto la nostrasperanza. Perché se fermiamo le navi dei poveri, se chiudiamo i porti, siamodei disperati. Disperiamo della nostra umanità, disperiamo della nostra vogliadi vivere, del nostro desiderio di comunione. Purtroppo l’informazione che cigiunge attraverso i mass media è spesso monca e distorta. Voglio essere chiarocon voi, stasera. Tutti dobbiamo sapere che lungo i decenni e soprattutto inquesti ultimi trent’anni l’Africa – che è il continente più ricco del mondo – èstata sfruttata dall’Occidente, depredata delle sue materie prime. Ce le siamoportate via, anzi le multinazionali l’hanno fatto per noi, senza pagare unsoldo. E abbiamo tenuto in vita governi fantoccio, che non fossero in grado didifendere i diritti della gente. Le potenze occidentali mantengono inoltre inAfrica una condizione di guerra perenne che rende più facile lo sfruttamento econsente un fiorente commercio di armi.   Care Amiche, Cari Amici, siamo noi i predonidell’Africa! Siamo noi i ladri che, affamando e distruggendo la vita di milionidi poveri, li costringiamo a partire per non morire: bambini senza genitori,padri e madri senza figli. Un esodo epocale siabbatte sull’Europa, che ha deciso di non rilasciare più permessi per entrareregolarmente nel nostro continente. E allora questo esercito di poveri, che nonpuò arrivare da noi in aereo, in nave, in treno, prova ad arrivarci sui barconidei trafficanti di uomini, dopo due anni di viaggio allucinante nel deserto edi detenzione in Libia.   Cari Cittadini, devo gridare stasera questaverità: quelli che vengono chiamati centri di smistamento, di detenzione, queicentri che i nostri governi sollecitano e finanziano per ‘bloccare’ il flussomigratorio, spesso richiamano i campi di concentramento. E se settant’anni fasi poté invocare una mancanza di informazione, oggi no. Non lo possiamo fare,perché ci sono le prove, nella carne martoriata di questa gente, nei filmati,nei reportage di giornalisti coraggiosi (mentre giornali e telegiornali dialtra fatta parlano dei migranti sulle navi come di un ‘carico’ alla manieradelle merci e delle banane!). Noi sappiamo, e siamo responsabili. E dobbiamolevarci! Giorgio La Pira era un uomo del Sud e non si scordò mai di esserlo. Noi, qui da Palermo, stasera, alziamo la nostravoce. Noi che sappiamo che cosa vuol dire essere migranti. Noi che abbiamovisto i nostri padri e i nostri nonni costretti a lasciare la loro casa,rifiutati, umiliati, buttati fuori da case e locali perché siciliani, perchéitaliani. Noi sappiamo e non taciamo. Cosa abbiamo fatto e cosa faremmo alposto di queste donne, di questi uomini, di questi bambini, in fuga dal nulla edalla morte? Se fossero i nostrifigli, i nostri parenti ad essere in pericolo di vita, senza cibo e assistenza,se fossero torturati e stuprati, che cosa faremmo? Una nuova epocaletrasmigrazione dei popoli sta accadendo davanti ai nostri occhi, e abbiamobisogno di chiarezza e di umiltà per capire quale società vogliamo costruire,quale risposta intendiamo dare ai segni dei tempi.   L’Europa è laciviltà della contaminazione. Geograficamente non esiste. Il Mediterraneo è lasua culla. La Pira lo sapeva e a rendere il Mediterraneo un lago di pace dedicògran parte della sua opera lucidissima e visionaria. Perché credeva che ilVangelo non è un’utopia, ma una regola, una forma di vita. Paolo VI, ormaisanto, diceva che l’Eucaristia contiene la forma vitae dei popoli. La stessacosa di cui era convinto Benedetto da Norcia, patrono d’Europa: “Benedetto daNorcia – dichiara Benedetto XVI – con la sua vita e le sue opere ha esercitatoun impulso fondamentale sullo sviluppo della civiltà e della cultura europea”.Il Vangelo rivela il suo DNA se diventa forma vitae, se diventa una carta deidiritti che garantisce la difesa degli ultimi. Ed è questo messaggio chestasera vogliamo lanciare dal vascello di Palermo verso le navi d’Italia e diEuropa. Non è questione di accoglienza, non si tratta di essere buoni, ma diessere giusti. Non di fare opere buone, ma di rispettare e, se necessario,ripensare il diritto dei popoli. È in nome del Vangelo che ogni uomo e ognidonna hanno diritto alla vita e alla felicità, perché “non c’è più giudeo négreco, non c’è più schiavo né libero in Cristo Gesù” (Gal 3,28), perché ilnostro Signore, morendo sulla croce, ha abbattuto – dice ancora Paolo – ognimuro di separazione tra gli uomini. È questa la forma di vita in cui il Vangelodeve incarnarsi per non perdere la sua concretezza storica, quella che gliviene da Gesù di Nazareth, figlio di Maria, custodito da Giuseppe. Gesù diNazareth nostro fratello che è venuto ad annunciarci che Dio è Padre suo ePadre nostro e che ci ha donato il Suo Spirito, il vero amore che unisce ognidiversità’. Lo Spirito, infatti, tutti unisce perché comprende ogni linguaggio.   È questa la‘forma’ del Vangelo che deve diventare sostanza viva, e che proprio in Italialo è diventata, settant’anni fa, nei principi fondamentali della nostraCostituzione. Forse vi ricorderete che due anni e mezzo fa, rivolgendomi a voiper la prima volta, ritenni di dover citare il terzo articolo della nostraCostituzione: “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordineeconomico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza deicittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettivapartecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica esociale del Paese”. Cari Amici, care Amiche, quel che i padri avevano intuito,oggi deve diventare il nostro manifesto, la nostra carta fondativa di cittadinie di cristiani. Giuseppe Dossetti, il 21 novembre 1946, propose all’AssembleaCostituente di scrivere così nella Costituzione della Repubblica: «Laresistenza individuale e collettiva agli atti dei poteri pubblici che violinole libertà fondamentali e i diritti garantiti dalla presente Costituzione èdiritto e dovere di ogni cittadino».   Riprendendo la sua ispirazione, leviamostasera la nostra voce perché si scriva finalmente l’articolo 3 dellaCostituzione Europea, l’articolo del diritto di ogni uomo ad essere uguale, adessere membro della città degli uomini, ad essere libero di vivere e di starenel mondo, con dignità e fierezza. Scriviamolo questo articolo noi, sin d’ora,nelle nostre vite e nei nostri atti quotidiani, e chiediamo che al posto della miopiadei piccoli diritti esclusivi, riservati a pochi, che preparano un futuro didolore e di guerra, si scriva il grande diritto della pace e del bene pertutti, l’unico diritto che ha la forma del Vangelo.»

   
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