[Area] Ddl “Pillon”: una riforma iniqua e dannosa per il minore e la famiglia

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Mar 9 Ott 2018 21:12:19 CEST


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*Ddl “Pillon”: una riforma iniqua e dannosa per il minore e la famiglia*

Il 1°agosto 2018 è stato comunicato alla Presidenza del Senato il disegno
di legge, intitolato “Norme in materia di affido condiviso, mantenimento
diretto e garanzia di  bigenitorialità" che vede quale primo firmatario
l’onorevole Simone Pillon.
La lettura complessiva del testo di legge rivela immediatamente come esso
sia ispirato e pervaso da una *logica adulto-centrica *che danneggia il
minore e il coniuge economicamente più debole, e sia pesantemente
condizionato dalle istanze di alcuni movimenti e associazioni private che
promuovono le rivendicazioni  di padri separati.
Ogni intervento appare, infatti, diretto a privilegiare le istanze e le
esigenze degli adulti, in nome del  diritto al principio di bigenitorialità
effettiva, anche quando tale scelta vada a discapito del minore*,* il
cui interesse sembra, invece, essere considerato solo marginalmente ed in
modo residuale.
Tutto ciò si pone in controtendenza rispetto alla linea evolutiva della
legislazione e della elaborazione dottrinale e giurisprudenziale in materia
che pone, piuttosto, gli interessi del minore al centro di ogni
azione, provvedimento o accordo  che sia diretto a regolamentare la
situazione di crisi familiare.
Anzitutto, vengono previsti, in via ordinaria, tempi rigidi paritari di
permanenza del minore presso ciascuno dei genitori o, solo eccezionalmente
in deroga a tale principio, un numero di giorni non inferiore a 12 al mese
comprensivi di pernottamento.
In tal modo si viene ad introdurre una rigida standardizzazione
dell’affidamento*, *in ciò contraddicendo l’elaborazione giurisprudenziale
e psicologica di diritto minorile e la stessa esperienza giudiziaria che
indicano la necessità che ogni provvedimento giudiziario di affidamento sia
il più  personalizzato ed adattabile possibile.
Va, in proposito, rimarcata l’incongrua inversione dell’ordine di priorità
delle esigenze, considerato che il minore, specie in tenera età ed in
alcune fasi delicate della sua evoluzione, ha necessità di uno stabile
punto di riferimento anche logistico, oltre che affettivo.
Non sembra, dunque, che risponda, alle esigenze del minore stesso
l’esposizione allo stress di continui spostamenti.
Un’altra  scelta fortemente caratterizzata del disegno di legge è il
*mantenimento
diretto,* in funzione del quale è, all’evidenza, previsto un tempo
rigidamente paritario di permanenza del minore presso ciascun genitore,
ognuno dei quali per il tempo in cui terrà con sé il figlio dovrà
provvedere al suo diretto mantenimento, con conseguente abolizione
dell’assegno di mantenimento.
Si tratta di una previsione che penalizza fortemente l’interesse  del minore
*,* il quale ha diritto a conservare un tenore di vita equilibrato e
tendenzialmente omogeneo con entrambi i genitori*.* Essa, poi, pare voler
ignorare del tutto la realtà economica delle famiglie le quali divengono,
per effetto della separazione, monoreddituali, proprio in conseguenza della
crisi familiare, di talché un provvedimento così congegnato penalizza
gravemente, oltre che il minore, anche il coniuge economicamente più
debole, avvantaggiando ingiustificatamente quello dei due che abbia
maggiore disponibilità economica*.*
Tutto ciò si traduce in una *pesante contrazione delle tutele, sia in sede
civile, che in sede penale e, in prospettiva, in un aumento del contenzioso
civile nella materia della famiglia*.
 L’esperienza giudiziaria, infatti, insegna che nella stragrande
maggioranza dei casi di separazione v’è, frequentemente, una minore
disponibilità dei padri a farsi carico dell’affidamento dei figli; e, in
ogni caso, venendo meno l’assegno di mantenimento, il coniuge che si farà
carico in via prevalente dei figli, sarà costretto  a sostenere,
anticipandole, la totalità delle spese per il mantenimento, ordinarie e
straordinarie, e a dover reclamare la quota di spettanza dell’altro
coniuge, tutto questo, oltretutto, in assenza di una predeterminazione
giudiziale del suo ammontare. E non meno complicata, sarà, poi, l’
escussione in sede esecutiva.
Conseguenza ulteriore del mantenimento diretto è l'*abrogazione dell’art.
570 bis c.p.,* perché, venendo meno l’assegno di mantenimento, viene meno
il presupposto del reato di omessa corresponsione di esso.
Non meno superficiale e improvvida appare la prefigurata disciplina
sull’utilizzo della casa coniugale, riguardo alla quale viene meno in via
di principio l’assegnazione della casa coniugale e si stabilisce invece che
“*non può continuare a risiedere nella casa familiare il genitore che non
ne sia proprietario o titolare di specifico diritto di usufrutto, uso,
abitazione, comodato o locazione*”. Tale previsione non solo danneggia,
ancora una volta, il coniuge economicamente più debole, ma non tiene in
alcun conto dell’importanza per il minore della casa familiare anche sul
piano affettivo. In definitiva, il genitore che non ha la possibilità di
ospitare il figlio in spazi adeguati non potrà tenerlo con sé nei c.d.
tempi paritetici, ossia il genitore economicamente più debole pone a
rischio la stessa sua  possibilità di vedere il figlio.
Alla stessa logica risponde anche la disposizione contenuta nel disegno di
legge che impone *l’adozione per il minore di un doppio domicilio*, fonte
anche questo di complicazioni e confusione.
Preoccupante anche la previsione di una sanzione nel caso in cui il figlio
manifesti il rifiuto di vedere un genitore con sanzioni a carico dell’altro.
A supporto della stessa visione adulto-centrica paiono ispirate anche le
previsioni relative al mantenimento del figlio maggiorenne. Ed invero,
inopportuno e parimenti dannoso per l’interesse del figlio, appare il
versamento dell’assegno direttamente nelle mani del medesimo, mentre la
cessazione del mantenimento del figlio maggiorenne al compimento del 25°
anno di età sembra inadeguata rispetto alla reale ed attuale situazione
economica del nostro Paese e dei tempi per il raggiungimento dell’autonomia
economica da parte dei figli.
Nel contempo, il disegno di legge  esprime una forte *diffidenza verso il
giudice della famiglia*, di cui limita al massimo la discrezionalità,
attraverso l’introduzione di rigide previsioni, specie in punto di
affidamento del minore e di mantenimento, attivando forme pervasive di
 burocratizzazione dell’attività processuale.
Le disposizioni di carattere processuale si traducono, infatti, in un
appesantimento burocratico che non giova alla soluzione dei problemi delle
famiglie in crisi e crea una disparità  di trattamento per quelle
economicamente più svantaggiate.
Si complica, infatti, con l’introduzione obbligatoria di altre figure quali
il mediatore ed il coordinatore genitoriale oltre ai tradizionali attori,
il processo e la risoluzione della crisi.
Si introduce la *mediazione obbligatoria, a pena di improcedibilità*, la
quale, oltre a  rallentare i tempi di proposizione del ricorso, duplica
quella endoprocessuale, che continua ad essere prevista, mentre la fase
esterna e preventiva rischia di tradursi in un appesantimento inutile e, in
certi casi, dannoso, come nel caso di  situazioni di violenza nascosta.
Appare, inoltre, controproducente per gli interessi del minore il suo
coinvolgimento nella mediazione, pure previsto dal disegno di legge a certe
condizioni.
È, infine, prevista la figura del *coordinatore genitoriale*, un
professionista "*esperto qualificato  con funzione mediativa iscritto
all’albo di una delle professioni regolamentate di ambito sanitario o
socio-giuridico”,* il quale, su incarico dei genitori,  dovrebbe gestire il
conflitto ricercando l’accordo tra i genitori  o fornendo suggerimenti o
raccomandazioni; financo assumendo, previo consenso dei genitori, le “*funzioni
decisionali*”. Si tratta di un processo di risoluzione alternativa delle
controversie asseritamente centrato sulle esigenze del minore e rimesso
alla disponibilità delle parti in conflitto, che si svolge al di fuori del
processo e del controllo giudiziale sia riguardo all’an, sia riguardo agli
esiti della mediazione, atteso che il giudice deve limitarsi a prendere
atto della volontà dei genitori di attivare siffatto presidio.
A  ciò deve aggiungersi che i *costi* per affrontare entrambi i percorsi
sono a carico delle parti, così non tenendosi in conto la circostanza che
uno dei problemi fondamentali della famiglia in crisi è proprio quello
economico, sicché non si comprende come una gran parte dei separandi possa
far fronte a tali oneri economici.
Vi sono, inoltre, alcuni snodi processuali poco chiari ed altri che, se
confermati, appesantiranno non poco l’andamento di questi giudizi. Viene,
infatti, introdotto il *reclamo avverso i provvedimenti del GI*,  che il
collegio dovrà definire in tempi brevissimi ed, inoltre, si dà una veste
processuale anche *all’intervento degli ascendenti*, senza, peraltro,
chiarire in che modo tutto questo si concili con la norma vigente, e non
coordinata, che vede la competenza del TM su tali domande.
Viene poi rivisitato il c.d. *piano genitoriale*, ossia si prevede che i
genitori di figli minorenni che intendano separarsi debbano, a pena di
nullità, redigere nel ricorso introduttivo e nella memoria difensiva una
dettagliata proposta di piano genitoriale.
Si tratta di una ipotesi già prevista dall’attuale normativa in caso di
separazione  consensuale, oppure di accordo in ordine alle modalità di
gestione della vita dei figli, ma che in casi diversi, potrebbe rivelarsi
controproducente perché, imponendo l’anticipazione di contrapposte
dettagliate proposte di  piani genitoriali, potrebbe radicalizzare il
conflitto in atto, anziché favorirne la soluzione.
Altre norme appaiono, infine, se non dannose, inutili, come, ad esempio, la
riformulazione dell’art. 709-ter cpc, che è già efficacemente applicato.
In conclusione, si ha l’impressione che l’obiettivo perseguito non sia
quello di garantire i diritti dei minori, ma il diritto del genitore che -
secondo il disegno di legge - sarebbe il costante pretermesso nella vita
dei figli.
 La rivendicazione del diritto pieno ed effettivo alla genitorialità e le
aspettative dei genitori pretermessi meritano, certo, grande attenzione, ma
non possono essere risolte attraverso norme quali quelle in discussione che
finiscono per sacrificare, irragionevolmente, i diritti dei figli minori, e
rischiano di rivelarsi, comunque, inidonee allo scopo che si vuole
perseguire, quando non contrarie ad esso.
Pertanto, in considerazione dei delicatissimi interessi in gioco, chiediamo
all’ANM di assumere ogni idonea iniziativa utile a fornire il proprio
qualificato contributo alla discussione parlamentare evidenziando le gravi
criticità del disegno di legge.
Il Coordinamento nazionale di Area Democratica per la Giustizia
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