[Area] a proposito di prescrizone

Antonio Ardituro antonio.ardituro a giustizia.it
Lun 5 Nov 2018 20:08:26 CET


Purtroppo i nostri ragionamenti sono influenzati dallo Stato fatiscente della giustizia, dai carichi di lavoro ingestibili, dalla consapevolezza di Corti d’Appello che costituiscono l’imbuto del processo.

Ma dovremmo fare lo sforzo di restare ancorati ai principi di carattere generale e valutare la riforma per la sua essenza, pur evidenziando che il metodo (emendamento presentato all’improvviso) è assai criticabile e che occorrono altre importanti riforme per accelerare il processo, riforme che individuerei senz’altro nella estensione del 190 bis, nella riforma delle impugnazioni , nella semplificazione delle notifiche e nel massimo impegno per il completamento della informatizzazione del processo penale, quantomeno per ridurre drasticamente i tempi di transizione da una fase all’altra che, statisticamente, consumano molto più tempo del processo d’appello stesso, nel miglioramento dei riti alternativi, nella modifica del divieto di reformatio in peius.

Ciò non toglie che la proposta di riforma con la sospensione dopo la sentenza di primo grado (almeno quella di condanna) sia ineccepibile e, personalmente, l’ho sempre sostenuta e continuo a giudicarla positivamente.

Per farlo però dobbiamo condividere che la prescrizione non c’entra nulla con il principio di ragionevole durata del processo, che ha la evidente finalità di orientare il legislatore verso un processo che si concluda in tempi ragionevoli nel merito, non certo per estinzione per decorso del tempo. E’ un principio che dovrebbe essere la bussola anche per la verifica di costituzionalità di norme del processo penale che vanno in chiara controtendenza.

Allo stesso modo la prescrizione non c’entra nulla con le garanzie, e rievocarle genericamente non fa che indebolirne l’effettiva portata laddove esse debbano essere realmente reclamate e garantite. In questo contesto starei attento a sposare acriticamente le posizioni dell’avvocatura e delle camere penali che fondano la loro contrarietà proprio sull’aggancio al principio di ragionevole durata ed alle garanzie. Se l’avvocatura vuole un confronto ed una posizione comune sulle garanzie, quelle vere, nell’ambito di un processo che però è liberato da fronzoli e alchimie che nulla hanno a che fare con esse, e se vuole discutere di come garantire una ragionevole durata per ottenere una decisione nel merito, dovrà trovare tutta la nostra disponibilità e il nostro sostegno. Ma la prescrizione non è una “garanzia”.

Infine terrei la prescrizione ed il lungo decorso del tempo del processo di cognizione separata dai ragionamenti relativi all'esecuzione della pena, sottosistema che come sappiamo ha la sua autonomia ed i suoi strumenti per affrontare il caso concreto, ed anzi ci battiamo perché essi restino a disposizione e nella discrezionalità del giudice.

Tornando alla prescrizione, essa si fonda su due presupposti: il diritto all’oblio, rispetto all’indagato che è sottoposto ad accertamenti dopo un considerevole lasso di tempo dal fatto; l’interesse dello Stato all’esercizio della sua pretesa punitiva. Ebbene, senza evocare la più rigorosa soluzione che fa riferimento all’esercizio dell’azione penale,  dopo una sentenza di condanna, viepiù resa con le garanzie del contradditorio pieno e la raccolta della prova orale in dibattimento,  a me pare che non si possa davvero più parlare di diritto all’oblio del responsabile, quantomeno fortemente affievolito se non azzerato  né, tantomeno, di carenza di interesse dello Stato alla pretesa punitiva.

Il sistema non può più sopportare la prescrizione nei gradi successivi, senza devastati effetti sulla sua credibilità complessiva, senza porsi esso stesso come un mezzo per legalizzare l’impunità. Gli effetti di quelle prescrizioni, specie in secondo grado, sono irrecuperabili.

Pensare alla prescrizione come un ammortizzatore dei carichi di lavoro, poi, è davvero la fine di ogni possibilità di continuare a credere nel nostro lavoro. L’effetto deresponsabilizzante e quello demotivante che deriva dalla consapevolezza che la gran parte del nostro lavoro si prescrive, è una delle cause principali della crisi della magistratura penale. Crisi di voglia, di stimoli, di valori. Sapere che solo il lavoro garantito dal doppio binario e quello profuso in processi  con detenuti ha possibilità di arrivare alla fine, è davvero devastante, per giovani e meno giovani. Sapere che interi settori della giurisdizione, penso ad ambiente, urbanistica, infortunistica, non hanno alcuna capacità di incidere in quanto la gran parte delle fattispecie di riferimento sono contravvenzioni, rappresenta una resa inspiegabile ai cittadini.

Sono favorevole, dunque, e contestualmente metterei in campo nuovamente serie proposte per rendere efficiente ed efficace il sistema, e ragionevole la durata di  processo capace di arrivare alla decisione nel merito.

Ed a proposito di tabù da infrangere, ce n’è un altro,  più piccolo, da cui partirei: l’ aumento della pianta organica dei magistrati. Continuare a discutere di revisione e redistribuzione delle risorse non fa compiere grandi passi avanti, perché risorse maggiori orami servono dappertutto.  La domanda di giustizia è costante ed una seria depenalizzazione è davvero difficile da attuare, e del resto per niente tranquillizzante in un Paese con la pubblica amministrazione nelle condizioni che conosciamo.

C’è molto da fare e la politica appare incapace di mettere in campo disegni riformatori complessivi e coerenti. Dobbiamo ragionare con gli interlocutori che di volta in volta si propongono.

Non inizierei col respingere questa proposta.

Meglio iniziare dalla prescrizione  e poi continuare a chiedere le altre riforme, che verosimilmente vedranno anche altre forze politiche motivate e disponibili, proprio dopo la riforma della prescrizione, oppure attendere un riforma complessiva che già sappiamo non potrà mai arrivare e restare a piangere i nostri processi prescritti?

Saluti,


Antonello Ardituro
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