[Area] Fwd: Il carcere nel tempo della paura

Francesco Maisto francescomaisto2 a gmail.com
Mer 2 Gen 2019 09:50:54 CET


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Oggetto: Fwd: Il carcere nel tempo della paura
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Da: Francesco Maisto <francescomaisto2 a gmail.com>
Data: mer 2 gen 2019 alle 00:57
Oggetto: Il carcere nel tempo della paura
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*Il carcere nel tempo della paura*
Fuoriluogo. Il nuovo Capo del Dipartimento dell’Amministrazione
Penitenziaria ha inviato al personale del Dap le sue «Linee
programmatiche», con una circolare in cui invita «ad adottare tutte le
iniziative per garantire la tempestiva esecuzione delle disposizioni». Per
fortuna nella Premessa del documento tali indicazioni sono qualificate solo
come «tendenziali», perché, se invece fossero effettive, rappresenterebbero
sicuramente una drammatica battuta di arresto del lungo e faticoso cammino
di attuazione dell’Ordinamento penitenziario in senso costituzionale e una
tragedia per gli scenari di un sistema carcerario futuro
*Francesco Maisto*
EDIZIONE DEL
02.01.2019
PUBBLICATO
1.1.2019, 23:55
Il 5 dicembre 2018 il nuovo Capo del Dipartimento dell’Amministrazione
Penitenziaria, Francesco Basentini, ha inviato al personale del Dap le sue
«Linee programmatiche», con una circolare in cui invita «ad adottare tutte
le iniziative per garantire la tempestiva esecuzione delle disposizioni».
Per fortuna nella Premessa del documento tali indicazioni sono qualificate
solo come «tendenziali», perché, se invece fossero effettive,
rappresenterebbero sicuramente una drammatica battuta di arresto del lungo
e faticoso cammino di attuazione dell’Ordinamento penitenziario in senso
costituzionale e una tragedia per gli scenari di un sistema carcerario
futuro.
La Circolare restituisce un quadro eccessivamente desolante e caotico delle
carceri senza tenere in nessun conto il passato più recente, caratterizzato
dalla riduzione dei suicidi e degli autolesionismi, dall’adeguamento alle
sentenze della Corte Edu e da tante pratiche virtuose promosse da quei
territori oggi deprecati.
Il documento si presenta come il progetto di riorganizzazione, secondo
criteri economici e di controllo verticistico del sistema, di una qualsiasi
altra «macchina» amministrativa postmoderna e tecnologica, trascurando la
specificità umana che connota «questa» amministrazione, deputata alla cura
di persone in carne ed ossa, alla loro crescita responsabile ed attiva, e
perciò orientata ai valori della Costituzione.
Alla programmata rigidità del sistema, monocentrico e standardizzato, non
potrà che corrispondere un’inutile e dannosa inflessibilità verso i
detenuti, con l’istituzione supplementare di «squadrette» di polizia
penitenziaria – nuovi piccoli Gom («gruppi di intervento operativo dotati
di equipaggiamento idoneo ad affrontare ogni possibile evento critico») –
ed una maggiore applicazione di sanzioni disciplinari, sia con i divieti
tipici del regime di sorveglianza particolare, sia con i trasferimenti da
un penitenziario all’altro come strumento anomalo di punizione.
L’assetto prefigurato non è quello del carcere che rieduca, che
responsabilizza per l’inserimento nel contesto sociale, perché mortifica il
necessario pluralismo delle figure professionali penitenziarie. Un carcere
improntato alla rigidità, con la previsione del monopolio dell’informazione
attraverso la figura del Referente della comunicazione, la militarizzazione
dei funzionari direttivi (copiando la legge di riforma della pubblica
sicurezza del 1981), inquadrati nei ruoli della polizia penitenziaria.
Ulteriore elemento di separatezza dell’istituzione sarebbe
l’implementazione della partecipazione a distanza dei detenuti alle udienze
per evitarne la traduzione in nome dell’abolizione del fenomeno
qualificato, erroneamente, «come tornelli o porte girevoli».
In un siffatto contesto la «popolazione detenuta», «i soggetti reclusi»
verrebbero trasformati in «risorsa dell’amministrazione penitenziaria». Il
presunto miglioramento della «qualità di vita» si ridurrebbe, così, alla
restrizione degli spazi intramurari di libertà mediante la revisione della
sorveglianza dinamica, ad una scelta «allargata» dei canali televisivi ed
al massiccio aumento del lavoro di pubblica utilità non retribuito, a tutto
vantaggio delle carceri e degli uffici giudiziari. Ritornerebbe così la
prigione come disciplinamento dei corpi.
In una situazione di ripresa – crescente, rapida e non casuale – di quel
sovraffollamento che mortifica la dignità del mondo umano delle galere, ci
si limita ad evocare indefinite «soluzioni di minor impatto finanziario»,
dimenticando l’efficacia di una pur possibile sinergia con la Magistratura
di sorveglianza per l’implementazione di quelle misure alternative alla
detenzione che, comunque, rappresenterebbero una strategia diversificata
del contrasto alla criminalità.


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