[Area] I: Corte costituzionale su modalità astensione dalle udienze

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Gio 31 Gen 2019 22:06:51 CET







  Con la sentenza 14/2019 depositata oggi la Corte costituzionale ha dichiarato non fondata la questione che era stata sollevata dalla Corte di Venezia sulle astensioni a ripetizione per le medesime ragioni.
 
 
  

 
 
  La motivazione spiega il ruolo che la Commissione di garanzia può avere in circostanze simili nell'apprezzamento di legittimità della singola astensione e di adeguatezza del codice di autoregolamentazione laddove legittima tali prassi, intervenendo anche d'ufficio o su segnalazione del medesimo giudice procedente.
 
 
  

 
 
  E' un passaggio mi pare importante, che spiega la formula della non fondatezza adottata (le alternative avrebbero potuto essere la manifesta inammissibilità o la manifesta infondatezza; per questo anche l'atto/sentenza e non l'atto/ordinanza. In allegato l'intera sentenza)
 
 
  

 
 
  Carlo Citterio
 
 
  

 
 
  

 
 
  6.– Nel merito, non sono fondate le questioni di legittimità costituzionale in riferimento agli altri parametri evocati, ivi compreso quello interposto, le quali convergono verso una censura sostanzialmente unitaria, di inadeguatezza dei limiti all’astensione collettiva degli avvocati, sì da giustificare il loro esame congiunto. 7.– La Corte d’appello rimettente prende in considerazione l’ipotesi di ripetute proclamazioni di astensione collettiva della categoria professionale, riferibili a una matrice unitaria: quella, nella specie, di quattro periodi di astensione collettiva per complessivi diciotto giorni, racchiusi in un arco di tempo di circa due mesi e relativi a «iniziative […] tra loro dichiaratamente collegate e in definitiva originate dalle medesime ragioni». Ma ipotizza – e riconduce a essa – anche una sequenza più radicale ed estrema, in caso di plurimi ripetuti periodi di astensione collettiva, fino a coprire oltre un terzo delle giornate lavorative nell’anno. Con riferimento a questa fattispecie la Corte d’appello rimettente ritiene che le garanzie attualmente previste dalla legge e dal codice di autoregolamentazione per l’ipotesi della proclamazione di ciascuna singola astensione collettiva (preavviso minimo di dieci giorni e durata non superiore a otto giorni) risulterebbero essere non sufficienti, e quindi inadeguate, ad assicurare le prestazioni indispensabili, alle quali fa riferimento l’art. 2 della legge n. 146 del 1990, e la tutela dei diritti costituzionalmente garantiti di cui all’art. 1. 8.– Orbene, va ribadito (sentenze n. 180 del 2018 e n. 171 del 1996) che «l’astensione dalle udienze degli avvocati e procuratori è manifestazione incisiva della dinamica associativa volta alla tutela di questa forma di lavoro autonomo», in relazione alla quale è identificabile, più che una mera facoltà di rilievo costituzionale, un vero e proprio diritto di libertà. È necessario, però, un bilanciamento con altri valori costituzionali meritevoli di tutela, tenendo conto che l’art. 1, secondo comma, lettera a), della legge 146 del 1990 indica fra i servizi pubblici essenziali «l’amministrazione della giustizia, con particolare riferimento ai provvedimenti restrittivi della libertà personale ed a quelli cautelari ed urgenti nonché ai processi penali con imputati in stato di detenzione». Tale bilanciamento è realizzato, da una parte, quanto alla disciplina primaria, dal censurato art. 2, comma 5, che prescrive che il preavviso di astensione collettiva non può essere inferiore a dieci giorni e che nella sua comunicazione deve essere indicata altresì una durata compatibile con la tutela dei diritti fondamentali, sì da garantire le prestazioni indispensabili, nonché ben determinata con la fissazione del termine iniziale e finale. D’altra parte, trovano applicazione le ulteriori più specifiche prescrizioni dettate dal codice di autoregolamentazione, che ha natura di normativa subprimaria (sentenza n. 180 del 2018) e che è stato ritenuto idoneo dalla Commissione di garanzia per lo sciopero nei servizi pubblici essenziali con la citata delibera del 13 dicembre 2007. In particolare, l’art. 2, comma 4, del codice di autoregolamentazione prevede innanzi tutto che «[c]iascuna proclamazione deve riguardare un unico periodo di astensione» e deve essere preceduta da un preavviso minimo di dieci giorni. Inoltre, il comma 1 dell’art. 4 prescrive che tra la proclamazione e l’effettuazione dell’astensione non può intercorrere un periodo superiore a sessanta giorni. Con questa perimetrazione è tipizzata la fattispecie di legittima astensione collettiva: una singola proclamazione seguita a breve – non prima di dieci giorni e non dopo sessanta giorni – da un unico (e quindi continuativo) periodo di astensione. La circostanza, poi, che distinte proclamazioni di astensione collettiva, in sequenza temporale, siano riferibili a uno stesso stato di agitazione della categoria non rileva di per sé, essendo ben possibile il progressivo aggiustamento dell’azione di contrasto posta in essere dalla categoria per conseguire (dal Governo o dal legislatore) il risultato cui essa mira. La possibile ripetizione dell’astensione collettiva trova comunque un limite nella più articolata modulazione temporale prevista dal codice di autoregolamentazione, il cui art. 2, comma 4, prescrive che l’astensione non può superare otto giorni consecutivi, con l’esclusione dal computo della domenica e degli altri giorni festivi. Inoltre, con riferimento a ciascun mese solare, non può comunque essere superata la durata di otto giorni, anche se si tratta di astensioni aventi a oggetto questioni e temi diversi. In ogni caso tra il termine finale di un’astensione e l’inizio di quella successiva deve intercorrere un intervallo di almeno quindici giorni. Il limite mensile massimo di otto giorni e l’intervallo minimo di quindici giorni riguardano appunto la possibile sequenza di altrettante distinte proclamazioni riferite a singoli intervalli di astensione collettiva. La circostanza che una singola proclamazione, come quella che in concreto rileva nel giudizio a quo, risulti preceduta da altre, nel contesto di uno stesso stato di agitazione della categoria, e possa essere seguita da altre analoghe comporta che, oltre al limite del preavviso minimo di dieci giorni (e massimo di sessanta), devono essere rispettati anche gli altri due limiti concorrenti: la durata complessiva (per sommatoria) non superiore a otto giorni nel mese e l’intervallo non inferiore a quindici giorni tra il termine finale di un’astensione e l’inizio di quella successiva. 9.– Deve poi considerarsi che le prescrizioni limitative della richiamata normativa – primaria e del codice di autoregolamentazione – non esauriscono l’apparato di tutele. L’art. 4, comma 4-quater, della legge n. 146 del 1990 – disposizione espressamente applicabile anche nei casi di astensione collettiva di cui all’art. 2-bis e quindi anche a quella degli avvocati – prevede, innanzi alla Commissione di garanzia, l’attivazione del «procedimento di valutazione del comportamento delle organizzazioni sindacali» che proclamano lo sciopero o vi aderiscono; l’intervento della Commissione può inoltre essere sollecitato dalla «richiesta delle parti interessate, delle associazioni degli utenti rappresentative ai sensi della legge 30 luglio 1998, n. 281, delle autorità nazionali o locali che vi abbiano interesse», ma può altresì essere promosso a iniziativa della Commissione stessa, in ipotesi anche a seguito di segnalazione dello stesso giudice che abbia fissato il processo per un giorno poi risultato ricadente nel periodo di astensione collettiva; disposizione questa che può venire in rilievo proprio nell’evenienza estrema di una sequenza molto prolungata di ripetute astensioni collettive, come temuto dalla Corte d’appello rimettente, che prefigura, in astratto, la possibilità che in un anno potrebbero esserci plurimi periodi di astensione collettiva fino a oltre un terzo di tutte le giornate lavorative. La Commissione sarebbe così chiamata a valutare – o rivalutare – l’idoneità delle prescrizioni del codice di autoregolamentazione con riferimento a una fattispecie siffatta, ove mai in ipotesi ricorrente (art. 13 della legge n. 146 del 1990). Rimane, infine, come clausola di chiusura, l’attivazione, anche su segnalazione della Commissione, del potere pubblico di ordinanza, ai sensi dell’art. 8 della legge n. 146 del 1990 – di cui parimenti è prevista espressamente l’applicazione a forme di astensione collettiva di lavoratori autonomi, professionisti o piccoli imprenditori –, «[q]uando sussista il fondato pericolo di un pregiudizio grave e imminente ai diritti della persona costituzionalmente tutelati di cui all’articolo 1». 10.– Questa complessiva rete di protezione – da una parte, i limiti (di legge e autoregolamentari), che valgono in generale, e, dall’altra, anche il possibile intervento della Commissione di garanzia e, nei casi estremi, del potere pubblico – assicura la congruità del bilanciamento, in riferimento agli evocati parametri, tra il diritto degli avvocati di astensione collettiva e la tutela dei diritti costituzionalmente garantiti, di cui all’art. 1 della legge n. 146 del 1990, per la protezione dei quali devono essere erogate in ogni caso le prestazioni indispensabili. 
 
 



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