[Area] Il delitto Matteotti" e quel giudice che voleva essere indipendente (nel 1924)

Andrea Reale andreale a yahoo.com
Ven 15 Feb 2019 11:16:06 CET


 Bello l'articolo di Andrea Apollonio su Mauro Del Giudice.Purtroppo esempi di Magistrati come quest'ultimo sono sempre più rari.A fronte della dirittura morale  necessaria per evitare di "scendere a compromessi con aberrazioni politiche e legislative",  in questi anni (che non sono neanche quelli del ventennio fascista!) la magistratura  si è troppe volte  lasciata "influenzare dagli "avvertimenti" istituzionali",  facendo prevalere l'opportunità politica sul'obbligatorietà    dell'iniziativa giudiziaria o le ragioni dell'economia su quelle del diritto.Con il triste compiacimento, ovvero con  il silenzio, se non con la connivenza, dell'organo di autogoverno: i casi sono troppo numerosi.Dalla vicenda Salerno-Catanzaro, al processo sulla trattativa Stato-mafia, al caso ILVA,  fino al più recente caso Consip, solo per fare alcuni nomi,   si è troppo spesso preferito la convenienza e l'acquiescenza alle ragioni di altri poteri, invece che la strada maestra della prevalenza della Legge e della sua obbligatoria ed uguale  applicazione nei confronti di tutti indistintamente.Oggi i magistrati quivis de populo ne pagano  le conseguenze e la nostra associazione ed il nostro autogoverno hanno perso la credibilità necessaria per tutelare la nostra immagine di indipendenza e di imparzialità, confusa con quella della indistinta casta contro la quale si scaglia il  bieco populismo .Basta leggere l'editoriale apparso oggi sul Corriere della Sera a firma di Paolo Mieli  (che vi allego) per comprendere le  conseguenze di quell'atteggiamento debole e di soggezione che la categoria ha manifestato nei confronti del potere politico.Andrea Reale


Quanti insulti ai giudici nella stagione del rancore di Paolo Mieli 

 

Quando tra qualchetempo ci dedicheremo a mettere a fuoco l’attuale stagione di rabbia e risentimento, gioverà soffermarci, quantomenoper quel che riguarda l’Italia, su questo inizio 2019 nel quale in poco più diun mese per ben tre volte in aule di tribunale un’udienza è stata turbata daurla e insulti alla corte. La prima fu per la condanna (in appello) di AntonioCiontoli, padre della fidanzata di un giovane, Marco Vannini, ucciso nella lorocasa a Ladispoli nel maggio del 2015. Motivo della protesta, la riduzione dellapena nell’ipotesi accolta dal giudice che si fosse trattato di un’omicidiocolposo. La seconda in occasione della sentenza di condanna per la morte, nelluglio 2013, dei quaranta passeggeri di un vecchio pullman uscito dall’A16 che,sulla Napoli-Canosa, all’altezza di Avellino ruppe i freni e precipitò nellascarpata di Acqualonga provocando quello che è considerato come il più graveincidente della storia italiana. Motivo delle lamentazioni, stavolta, lamancata condanna dell’amministratore delegato di autostrade GiovanniCastellucci. La terza in una delle udienze finali del processo di secondo gradoper la strage di Viareggio (giugno 2009) allorché il gpl uscito da una cisternacolpita da un treno deragliato mentre entrava nella stazione, aveva causato lamorte di trentadue persone. Qui all’origine dello sdegno collettivo il fattoche l’ex amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato, Mauro Moretti (giàcondannato in primo grado a sette anni), abbia ora rinunciato alla prescrizione,pur proclamandosi innocente, con una dichiarazione di «rispetto al dolore deifamiliari». «Devi sciacquarti la bocca prima di parlare delle vittime diViareggio», gli hanno urlato dall’aula giudiziaria. 

Cosa hanno incomune queste tre circostanze? L’ira dei parenti delle vittime sulla quale non potremmo permetterci altro che parole dicomprensione. In situazioni del genere il dolore è tale che non può esserviposto limite. Ma, dal momento che le aggressioni ai giudici e agli imputati nonsono venute solo dai familiari dei morti bensì anche da altri coinvolgendoperfino i due vicepresidenti del Consiglio, Luigi Di Maio e Matteo Salvini,forse è il caso di fermarsi a ragionare pubblicamente su cosa siano diventati iprocessi italiani. La prima osservazione da fare è che quando in questidibattimenti è coinvolto un esponente di alto livello, come nei casiCastellucci e Moretti, viene immediatamente considerata un’ingiustizia dallacollettività la mancata condanna al massimo della pena. E viene ritenuto un segnodi sottomissione ai poteri costituiti persino un caso come quellodell’amministratore di Autostrade laddove appare evidente che se lui stesso etutti i suoi uomini avessero trascorso le settimane che precedettero la cadutadel bus nel dirupo a riavvitare i bulloni del guardrail, si sarebbe riusciti ascongiurare l’incidente. Viene poi tenuto nel conto di un sotterfugio peringraziarsi i giudici e perciò meritevole di sdegno persino l’atto di rinunciaalla prescrizione che è ciò che normalmente viene chiesto a tutti coloro che sisono trovati in situazioni simili a quelle di Moretti. In altre parole, se unamministratore delegato viene coinvolto in un caso del genere, la stragrandemaggioranza degli osservatori e delle persone comuni non prendono neanche in considerazioneche possa essere innocente o che i giudici non riescano a raccogliere provesufficienti a condannarlo. Persino una sconto di pena verrà consideratoun’«infamia».

Ha fatto notare ilpresidente dell’Unione delle camere penali Gian Domenico Caiazza che i tribunali che non condannanoipso facto gli imputati eccellenti vengono accusati di viltà e di aver volutosancire con le loro sentenze che il delitto da loro preso in esame «non hacolpevoli». È un falso sillogismo sperimentato le prime volte nei processi perle stragi degli anni Settanta quando gli inquirenti che (assai spesso,purtroppo) non erano riusciti ad individuare con prove certe in mandanti diquegli orribili delitti venivano regolarmente additati come rei di averstabilito che quelle erano stragi «senza colpevoli». Come se decine, centinaiadi magistrati impegnati su quei casi fossero stati a un certo punto raggirati ocorrotti per tener nascosta la verità. Una «verità» che, senza curarsi dellamancanza di evidenze e riscontri, molti hanno poi lasciato depositarsi in librie manuali di storia ammantandola solo di qualche cautela quando era il momentodi indicare i responsabili con nome e cognome.

È l’infernalemeccanismo che prende le mosse dal celebre articolo pubblicato su questo giornale il 14 novembre del 1974 daPier Paolo Pasolini il quale si diceva certo dell’identità dei «colpevoli»delle stragi degli anni Settanta, salvo non poter mettere quei nomi nero subianco per assenza di riscontri. Per lui era forse legittimo in quel particolarefrangente storico denunciare in tal modo lo stato delle cose. Forse. Poi peròper decine di anni la scuola pasoliniana ha fatto proseliti al di làprobabilmente delle intenzioni dell’autore. Tant’è che oggi sono pochissimiquelli che nel considerare un processo si fanno scrupolo di tenere nel debitoconto le prove o l’assenza delle stesse. Tutti sanno ma pochi hanno le prove.

Ma c’è dell’altro.Dell’altro che non riguarda più gli «eccellenti». Sotto questo profilo il caso più interessante tra quelli dicui abbiamo parlato all’inizio è il primo, quello del padre della fidanzata cheassieme ad alcuni familiari ha ucciso — probabilmente senza intenzione — ilgiovane a Ladispoli. Qui non ci sono amministratori delegati, agli effetti delrisarcimento del danno conta poco definire per quale motivo e in che condizioniCiontoli abbia ucciso Vannini, resta l’interesse pubblico (della giustizia) astabilire come sono andate davvero le cose. Nient’altro. I giudici ciproveranno ancora (manca il terzo grado, la Cassazione) e non c’è davveronessun motivo per considerare coloro che se ne sono occupati o che se neoccuperanno complici della mala giustizia. Se alla fine tutto si concluderà conun’attenuazione della pena, possiamo pensare solo che questa sia la spassionatavalutazione dei magistrati. Eventuali nuove manifestazioni di ira come quelleche si sono avute alla sentenza di appello sono da mettere nel conto solo deitempi di risentimento in cui stiamo vivendo. Ed è per tale motivo che questocaso — senza imputati eccellenti — è forse più importante degli altri due. 


    On Friday, February 15, 2019, 9:12:57 AM GMT+1, Giustizia Insieme <redazione a giustiziainsieme.it> wrote:  
 
  Il delitto Matteotti" e quel giudice che voleva essere indipendente (nel 1924) di Andrea Apollonio
 
 https://www.giustiziainsieme.it/it/il-magistrato/579-il-delitto-matteotti-e-quel-giudice-che-voleva-essere-indipendente-nel-1924  
"Il delitto Matteotti" e quel giudice che voleva essere indipendente (nel 1924)
Andrea Apollonio   14 Febbraio 2019  
Se lo dice il Papa!
Roberto Conti   11 Febbraio 2019  
Il discostamento da consolidata giurisprudenza può essere fonte di...
Redazione   16 Gennaio 2019  
IL CONCORSO IN MAGISTRATURA: ISTRUZIONI PER L’USO DA UNA (EX) INSIDER
Intervista di Enrico De Santis a Elisabetta Pierazzi   16 Gennaio 2019   _______________________________________________
Area mailing list
Area a areaperta.it
http://mail.areaperta.it/mailman/listinfo/area_areaperta.it  
-------------- parte successiva --------------
Un allegato HTML è stato rimosso...
URL: <http://mail.areaperta.it/mailman/private/area_areaperta.it/attachments/20190215/af1fe4a4/attachment.html>


Maggiori informazioni sulla lista Area