[Area] Romania: la dichiarazione di Medel

Mariarosaria Guglielmi mariarosaria.guglielmi a giustizia.it
Sab 9 Mar 2019 11:55:31 CET


Trasmetto la dichiarazione di Medel ( Magistrats Européens pour la
Démocratie et Les Libertés ) sulla crisi dello stato di diritto in Romania e
sulle riforme avviate nel 2017 che mettono a rischio l’indipendenza del
sistema giudiziario e l’azione di contrasto al fenomeno della corruzione. 

Per i profili di criticità evidenziati nei pareri della Commissione di
Venezia e dalla Commissione Europea rinvio al report inoltrato in lista a
gennaio. 

Mariarosaria Guglielmi- vice Presidente di Medel 

 

 

Da: Mariarosaria Guglielmi [mailto:mariarosaria.guglielmi a giustizia.it] 
Inviato: giovedì 3 gennaio 2019 11:13
A: mailinglist-anm a associazionemagistrati.com
Oggetto: [Mailinglist-anm] Romania: un nuovo laboratorio per l'attacco allo
stato di diritto?

 

 

Romania: un nuovo laboratorio per l’attacco allo stato di diritto?

 

Da tempo si  moltiplicano i segnali di allarme da parte delle istituzioni
europee  per lo stato di diritto e gli effetti delle riforme della giustizia
e del sistema giudiziario in Romania e di pochi giorni fa sono le
dichiarazioni di Junker che, in vista  dell’inizio del semestre guidato da
Bucharest, ha manifestato preoccupazione e dubbi per le tensioni e le
divisioni interne al paese.

 

A partire dal 2017 è stato avviato un processo di revisione delle tre  leggi
del 2004 sull’ordinamento giudiziario ( relative allo statuto dei giudici e
dei pubblici ministeri, all’organizzazione dei Tribunali e delle Procure, e
del Consiglio Superiore della Magistratura), caratterizzato anche dal
ricorso a procedure d’urgenza. Come sottolineato da Frans Timmermans nel
discorso pronunciato  il  3 ottobre nel corso del  dibattito del Parlamento
Europeo  sullo stato di diritto in Romania,  gli effetti delle riforme
dell’ordinamento giudiziario, entrate in vigore fra luglio e ottobre 2018 e
delle proposte di modifica delle leggi penali e processuali, intervenute in
un clima di forte tensione nel paese e di pressione per i magistrati che
sono oggetto di continui attacchi sui  media, hanno determinato una
situazione di serio rischio per l’indipendenza del sistema giudiziario e per
la sua efficacia, soprattutto nell’azione di contrasto alla corruzione.

 

Nell’ultima relazione del 13  novembre 2018, adottata nel contesto del
meccanismo di cooperazione e verifica ( MCV) istituito nel gennaio 2007 per
valutare i progressi compiuti rispetto agli impegni assunti dalla Romania in
materia di riforma della giustizia e di lotta contro la corruzione,  la
Commissione Europea ha concluso che, in base ai recenti sviluppi della
situazione nel paese, deve essere rimessa in discussione la valutazione
positiva espressa nel gennaio 2017- in particolare per quanto riguarda
l’indipendenza della magistratura, la riforma giudiziaria e la lotta contro
la corruzione ad alto livello-, ha escluso le condizioni per chiudere l’MCV
e ha formulato ulteriori raccomandazioni.

 

Un’analisi dettagliata dei profili di criticità delle riforme, richiamati
dalla relazione MCV, si può leggere nei pareri della  Commissione di
Venezia, pubblicati il 20 ottobre 2018 ( op. 924/2018 e op. 930/2018), e nel
rapporto GRECO del marzo 2018. 

-Rilievi specifici riguardano l’assetto della Procura. Le nuove procedure
previste per la  nomina e la revoca dei magistrati  requirenti nelle
posizioni di “vertice”, in particolare Procuratore Generale presso la Corte
di Cassazione, Procuratore capo della DNA (direzione nazionale
anticorruzione ), e Procuratore capo  della DICCOT (dipartimento per le
indagini sul crimine organizzato e terrorismo) accrescono di fatto i poteri
del Ministro della Giustizia, riducendo quelli del Presidente della
Repubblica che continua a decidere su proposta del Ministro, dopo aver
ricevuto il parere del Consiglio superiore della magistratura, ma può
rifiutare solo una prima proposta di  nomina, e non quella successiva, anche
in caso di parere negativo del CSM. La Commissione di Venezia ha evidenziato
che il nuovo sistema  di nomina riduce l’indipendenza della magistratura
requirente e tale circostanza è particolarmente preoccupante nel contesto
attuale di tensione con la politica creato dall’azione di contrasto alla
corruzione svolta dalla magistratura.

Rilievi critici sono stati formulati anche per la procedura di  rimozione
dagli incarichi: secondo l’interpretazione avallata dalla Corte
Costituzionale, al Presidente spetta solo la verifica  della correttezza
formale della procedura di revoca, senza possibilità di sindacare  il merito
della proposta di destituzione, e unicamente su questo parametro di legalità
formale deve esprimersi il Consiglio superiore nel suo parere al Presidente.

Come osservato dalla Commissione Europea nel rapporto MCV, che formula sul
punto una specifica raccomandazione perché siano sospese tutte le procedure
di nomina e revoca in corso per i procuratori in posizione apicale, alcune
decisioni hanno già messo in evidenza gli effetti della concentrazione di
potere a favore del Ministro. E’ il caso della revoca del procuratore della
DNA, proposta dal Ministro che, in un primo momento,  conformemente al
parere reso dal CSM, il  Presidente della Repubblica non ha accettato. A
seguito della decisione della Corte Costituzionale resa nel maggio 2018 (
fra l’altro non in linea con una precedente  decisione che aveva
sottolineato il ruolo non formale del Presidente nella procedura di nomina
dei procuratori), il Presidente è stato poi obbligato a firmare il decreto
per dare esecuzione al provvedimento di destituzione.

Quanto agli aspetti di indipendenza interna, va  segnalata la norma che
attribuisce al procuratore la possibilità di invalidare le determinazioni
assunte da altri sostituti non solo per mancanza di base legale ma anche per
infondatezza nel merito, e la costituzione di una sezione speciale
dell’ufficio di Procura presso la Cassazione  competente a svolgere indagini
su reati commessi da magistrati.

 

-La Commissione di Venezia ha evidenziato le criticità del nuovo regime di
pensionamento anticipato ( la cui attuazione è stata poi con ordinanza
d’urgenza soltanto rinviata) e della riforma che attribuisce al Ministro
delle Finanze l’iniziativa di avviare obbligatoriamente l’azione di rivalsa
verso i magistrati precisando che, senza norme di garanzia, anche questa
nuova disciplina rischia di essere percepita come un ulteriore meccanismo di
pressione sui magistrati. Rilievi specifici riguardano anche le norme che
limitano la  libertà di espressione dei magistrati e stabiliscono il dovere
di astenersi nell’esercizio delle funzioni da manifestazioni o espressioni
in qualunque modo diffamatorie nei confronti “degli altri poteri dello
stato, legislativo e esecutivo”: sono norme non necessarie, problematiche
con riferimento all’art. 10 ECHR , e pericolose, scrive la Commissione di
Venezia, perché introducono nozioni indeterminate di diffamazione e di
potere ( persone fisiche,  istituzioni?) nonché elementi di incertezza
rispetto alle funzioni del  CSM di intervenire  con dichiarazioni pubbliche
“ a tutela” in caso di indebite pressioni sui magistrati da parte di altri
soggetti pubblici.

 

-La riforma ( ulteriormente modificata con un’ordinanza d’urgenza) tocca
significativamente anche il CSM introducendo, fra i casi di  revoca dei suoi
membri eletti, l’approvazione di una mozione di sfiducia da parte di una
assemblea generale  nei tribunali o nelle procure  o a seguito di petizione:
un meccanismo non trasparente, ha sottolineato la Commissione di Venezia,
che mette a rischio l’indipendenza e l’imparzialità dei membri eletti
nell’esercizio delle loro funzioni.

 

-Il parere della Commissione di Venezia affronta anche la vicenda, che ha
suscitato grande allarme e preoccupazione fra i magistrati e nell’opinione
pubblica, rappresentata dall’esistenza di protocolli siglati con il
servizio di intelligence ( SRI) dal CSM,  dalla Corte di Cassazione e dalla
Procura Generale, nonché dalla DNA e dall’ispettorato e ha sollecitato una
revisione approfondita delle norme giuridiche in materia di controllo
sull’attività dei  servizi segreti.

Sul punto segnalo anche gli interventi di MEDEL e il recente documento che
ha valutato criticamente il rapporto MCV del 13 novembre della Commissione
Europea per la mancanza di un’ obiettiva analisi delle ricadute di questa
“cooperazione” sull’indipendenza del sistema giudiziario e sul diritto ad un
giusto processo, e per l’assenza di specifiche raccomandazioni sul punto (
<https://www.medelnet.eu/index.php/news/europe/449-resolution-on-safeguardin
g-the-independence-of-the-romanian-judicial-system-from-secret-and-unlawful-
interference-of-the-intelligence-agencies>
https://www.medelnet.eu/index.php/news/europe/449-resolution-on-safeguarding
-the-independence-of-the-romanian-judicial-system-from-secret-and-unlawful-i
nterference-of-the-intelligence-agencies;

https://medelnet.eu/index.php/news/europe/483-medel-letter-to-the-president-
of-the-eu-commission-and-to-the-eu-commissioner-of-justice-about-the-cvm-rep
ort-on-bulgaria-and-romania).

 

 

Come già accaduto  di recente per la Polonia, i primi risultati del dialogo
aperto dalla Commissione europea non sono stati incoraggianti e le reazioni
del governo rumeno rappresentano un déja vu: l’accusa di applicare doppi
standard nella valutazione della attività dei singoli stati e l’affermazione
che si tratta di un attacco alla “nazione” e al “popolo” . 

 

Nella risoluzione sullo stato di diritto in Romania, approvata il 13
novembre,  il Parlamento Europeo ha espresso profonda preoccupazione per
tutto l’allarmante contesto nel quale si inseriscono le riforme che
rischiano di compromettere in modo strutturale l’indipendenza del sistema
giudiziario e la capacità di contrastare in modo efficace la corruzione,
richiamando le restrizioni politiche alla libertà dei media e i tentativi di
trasformare i mezzi di informazione in strumenti di propaganda politica,  la
legislazione relativa all’organizzazione, al funzionamento  e  finanziamento
delle ONG in ragione del “potenziale effetto intimidatorio sulla società
civile” e della limitazione alla libertà di associazione, le iniziative
gravemente regressive sul piano della tutela dei diritti umani. Fra queste
si segnala la petizione promossa nel maggio 2016 per rivedere la
costituzione rumena al fine di limitare la definizione di famiglia al
matrimonio fra uomo e donna. La proposta è stata approvata dal parlamento
con una maggioranza dei due terzi (e sottoposta ad un referendum che non ha
però raggiunto il quorum richiesto).

 

Il quadro delle riforme adottate in Romania ha aperto dunque un nuovo fronte
per la tutela dei valori e dei principi dello stato di diritto, posti a
fondamento dell’Unione europea, e contribuisce ad aggravare il contagioso
processo di regressione democratica in corso in Europa.

Come nel caso dell’Ungheria e della Polonia, l’evoluzione della situazione
in Romania conferma che l’attacco al ruolo di garanzia della giurisdizione e
all’indipendenza dei sistemi giudiziari  fa parte di tale processo insieme
alla manipolazione delle  regole della democrazia finalizzata ad accrescere
il potere dell’esecutivo senza ricorrere a frodi elettorali, e a tutti gli
interventi che  limitano la libertà  e il pluralismo della stampa e che
rimettono in discussione diritti e libertà fondamentali.

 

La democrazia - ha scritto Stefano Rodotà - ha sempre più bisogno per la sua
stessa sopravvivenza dei diritti fondamentali ma questa dimensione
“fondativa” ci appare fragilissima e perennemente insidiata da restaurazioni
e repressioni.

Ovunque, nei nuovi laboratori per l’attacco allo stato di diritto, si può
cogliere la trama che tiene insieme l’alterazione delle regole della
democrazia, la regressione sul piano del riconoscimento e della tutela dei
diritti fondamentali e il rifiuto dei  valori che sono a fondamento
dell’Unione Europa. Il progresso della democrazia e dei diritti non è
irreversibile e le parole di Rodotà ci ricordano oggi che la difesa dei
diritti e delle libertà non può concedersi pause né appagamenti né
distrazioni.

 

Mariarosaria Guglielmi

 

 

 

 

 

 

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