[Area] SUGLI ATTACCHI STRUMENTALI ALLA COLLEGA CARPANINI

Marcello Basilico marcello.basilico a giustizia.it
Ven 15 Mar 2019 08:05:05 CET


 

In una democrazia le sentenze sono soggette a critica così come le leggi e gli atti di governo: fa parte del controllo della pubblica opinione a cui ogni istituzione è soggetta. E noi magistrati sappiamo benissimo che pronunciando sentenze in nome del popolo italiano abbiamo il dovere di spiegare le ragioni per cui si prendono le decisioni.

E noi spieghiamo le ragioni delle nostre decisioni attraverso le motivazioni, che però vanno lette tutte e per intero anche quando sono complesse e articolate senza estrapolare dal contesto singole frasi o parole, con il solo fine strumentale di aizzare l’opinione pubblica contro l’esercizio della giurisdizione attraverso letture scandalistiche e parziali.

Soprattutto chi ha responsabilità istituzionali e di governo sa, o dovrebbe sapere, che prima di esprimere giudizi semplificati le questioni vanno approfondite leggendo la sentenza del Tribunale di Genova (depositata tre mesi fa…), e poi si possono muovere con cognizione di causa le critiche, anche le più dure. 

Come magistrati siamo ormai abituati da molti anni ad essere attaccati per le decisioni che prendiamo: e ciò nonostante continueremo a fare il nostro lavoro con la dignità e l’indipendenza che ha dimostrato proprio la nostra collega Silvia Carpanini, a cui va la nostra incondizionata solidarietà per essere diventata un altro bersaglio, utile per una campagna di manipolazione dell’opinione pubblica.

 

Al giudice spetta giudicare il fatto e la persona che gli sta davanti senza pressioni esterne: è per questo che i processi non si fanno al bar o nei salotti televisivi ma in un luogo neutro dove, nel contraddittorio, si presta attenzione a ciascuna delle parti in causa. 

 

Al legislatore spetta valutare se i meccanismi previsti dalla legge sono adeguati: ma non si può chiedere ad un giudice di non applicare le attenuanti se sono previste dalla legge. 

Per correggere le sentenze esiste l’appello: peccato, però, che da anni il legislatore ha abolito la possibilità del Pubblico Ministero di impugnare le sentenze in questi casi proprio per limitarne il ruolo.

 

Ma parlare di “delitto d’onore” o usare altre forme semplificate di comunicazione serve solo ad alimentare la sfiducia nei confronti dell'autorità giudiziaria: e ciò non fa bene al Paese e alla società democratica.

 

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