[Area] Fwd: [Nuovarea] QUESTIONE GIUSTIZIA- Tribunale di Bologna, brevi riflessioni sulla sentenza n. 29/2018 tra amici e nemici delle donne e della giurisdizione

Fabrizio Filice fabriziofilice a gmail.com
Mer 20 Mar 2019 15:48:10 CET



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> Da: Fabrizio Filice <fabriziofilice a gmail.com>
> Data: 20 marzo 2019 15:39:57 CET
> A: Rita Sanlorenzo <rita.sanlorenzo a giustizia.it>
> Cc: Luca Semeraro <luca.Semeraro a giustizia.it>, Questione Giustizia <redazione a questionegiustizia.it>, "nuovarea a nuovarea.it" <nuovarea a nuovarea.it>
> Oggetto: Re: [Nuovarea] QUESTIONE GIUSTIZIA- Tribunale di Bologna, brevi riflessioni sulla sentenza n. 29/2018 tra amici e nemici delle donne e della giurisdizione
> 
> Carissim*, 
> 
> ho letto con interesse l’articolo proposto su Questione giustizia, scritto dall’avvocata Donatella Ianelli, in commento alla sentenza della Corte d’assise d’appello di Bologna e mi permetto, in punta di piedi, qualche osservazione. 
> 
> Non tanto in merito alla tesi sostenuta, ampiamente circolata tra le/i colleghe/i e certamente legittima, quanto all’affermazione, più volte ripresa nell’articolo, che ogni opinione contraria – e  cioè di critica al provvedimento, visto che l’articolo ne sostiene la piena correttezza  e condivisibilità – sia da attribuire a fake news o a letture superficiali e strumentali del provvedimento, volte soltanto a rinfocolare la strumentalità politica di chi cavalca, indifferenziatamente e a prescindere, la logica dell’inasprimento sanzionatorio.
> 
> Ora se è vero, lo ripeto, che la tesi sostenuta – la quale ci richiama all’inquadramento della sentenza entro un filone giurisprudenziale che ammette la rilevanza degli stati emotivi e passionali ai fini della concessione delle generiche – è legittima, non è meno vero che vi sono, a mio avviso e non solo, molte ragioni di critica a questa impostazione: ragioni che nulla hanno a  che vedere con le fake news o con l’indistinta rabbia pseudo-giustizialista dei social; ma che attingono, al contrario, alla profonda dimensione scientifica degli studi di genere e che ne segnalano – in questa come in altre sentenze recenti – la pretermissione. 
> 
> Mi limito a uno spunto ( non volendo tediarvi con una mail fiume e sperando che Questione giustizia intenda dare voce, in questo delicato dibattito, anche alle opinioni contrarie,  senza far passare l’univoco messaggio che siano automaticamente frutto di superficialità  o di malafede, come l’articolo in questione  invece afferma espressamente): lo stato emotivo e passionale che ha trovato spazio nella motivazione altro non è che il frutto di quella che gli studi di genere hanno evidenziato come l’errata, esiziale impostazione emotivo-culturale dell’educazione sentimentale di tipo  virile, o ‘virilista’; sorretta, cioè,  da una spinta identitaria del   maschio che percepisce come parte strutturale della propria identità un rapporto con la propria partner all’interno del quale lei risponda positivamente alle sue aspettative ( in termini di corresponsione del sentimento e/o dell’attrazione, di fedeltà,  di rispetto dei ruoli );  sì che quando questa risposta positiva non perviene o si interrompe ( perché lei non ricambia i suoi sentimenti, non è fedele, non rispetta i ruoli di genere) il maschio sente vacillare la propria identità ed è spinto, quasi come si trattasse della sopravvivenza del proprio sé, a ripristinare -  nei casi più gravi anche con gesti femminicidi e/o suicidi – l’equilibrio violato.
> 
> Esattamente questa spinta incontrollabile è lo stato emotivo eccezionale di cui si parla, che può derivare dalla gelosia, come nel caso della sentenza di Bologna, o dalla delusione per i continui tradimenti, come nel caso di Genova.
> 
> Attribuendo a queste situazioni valore attenuante, quindi, si finisce con l’attribuirlo proprio all’origine del problema: cioè l’errata impostazione dei rapporti di genere ( o meglio tra le due identità di genere), che costituisce non certo un elemento circostanziale ma anzi il tratto caratteristico  della violenza di genere:  che si definisce tale ( sempre in base agli studi in materia, in parte già recepiti dalla Convenzione di Istanbul e dalla direttiva sulla vittima del reato) proprio perché colpisce al cuore dell’identità di genere della vittima e delle relazioni nelle quali essa si esprime. 
> 
> Inoltre ( anzi,  proprio per questo) si tratta, come i provvedimenti in oggetto espressamente riconoscono, di stati emotivi di tipo reattivo: che vengono cioè determinati da comportamenti della vittima ( la quale,  ad esempio,  non risponde al sentimento, vuole lasciare, tradisce) ai quali si finisce così per attribuire rilievo penale con il meccanismo tipico del concorso di colpa: perché  in tanto  si diminuisce la pena all’autore del femminicidio in quanto lo si riconosce affetto da uno stato emotivo determinato da ciò ‘ che gli ha fatto’ la vittima: solo che la vittima non ‘gli ha fatto’  niente, è solo ‘stata’ se stessa, nella propria identità, anche di genere e sessuale. 
> 
> Non è forse vero che la difesa di  parte civile che volesse, in un processo di questo tipo, contrastare questa impostazione  della difesa dell’imputato sarebbe inevitabilmente  chiamata a negare o a giustificare la vittima   per quello che ‘è stata’ ? a negare che abbia tradito o, se ha tradito, a tentare di giustificarla? 
> 
> Questo è il punto, tutto giuridico, della questione;  e non potrebbe, a mio avviso, essere meglio espresso che da un passaggio della storica arringa di Tina Lagostena Bassi nel ‘processo per stupro’: 
> 
> “Io non voglio parlare di Fiorella, secondo me è umiliare una donna venire qui a dire "non è una puttana". Una donna ha il diritto di essere quello che vuole, e senza bisogno di difensori”
> 
> Lasciatemi pensare che questo ‘diritto di essere quello che si vuole’ richiede, fra le tante altre cose ancora oggi negate ( non solo) alle donne,  anche la certezza  che non si riconosca alcun rilievo esimente, in sede penale,  a stati emotivi che gli altri si costruiscano semplicemente perché non si è state/i quello che loro si aspettavano.
> 
> Fabrizio Filice 
> 
> GIP Vercelli
> 
> 
> 
> Inviato da iPhone
> 
>> Il giorno 19 mar 2019, alle ore 07:43, Rita Sanlorenzo <rita.sanlorenzo a giustizia.it> ha scritto:
>> 
>> Hai ragione Luca 
>> 
>> Correggiamo subito 
>> 
>> R 
>> Da: Nuovarea <nuovarea-bounces a nuovarea.it> per conto di Luca Semeraro <luca.Semeraro a giustizia.it>
>> Inviato: martedì 19 marzo 2019 07:38:14
>> A: Questione Giustizia; nuovarea a nuovarea.it
>> Oggetto: Re: [Nuovarea] QUESTIONE GIUSTIZIA- Tribunale di Bologna, brevi riflessioni sulla sentenza n. 29/2018 tra amici e nemici delle donne e della giurisdizione
>>  
>> Forse va corretto il titolo. Tribunale è sbagliato. Scusate la pignoleria ma a qg ci tengo ... Luca sem 
>> 
>> 
>> 
>> Inviato da smartphone Samsung Galaxy.
>> 
>> 
>> -------- Messaggio originale --------
>> Da: Questione Giustizia <redazione a questionegiustizia.it>
>> Data: 19/03/19 07:31 (GMT+01:00)
>> A: nuovarea a nuovarea.it
>> Oggetto: [Nuovarea] QUESTIONE GIUSTIZIA- Tribunale di Bologna, brevi riflessioni sulla sentenza n. 29/2018 tra amici e nemici delle donne e della giurisdizione
>> 
>> Tribunale di Bologna, brevi riflessioni sulla sentenza n. 29/2018 tra amici e nemici delle donne e della giurisdizione
>> 
>> Gran clamore ha caratterizzato la rappresentazione mediatica di una sentenza che ha operato una sensibile riduzione di pena, calcolata nel pieno rispetto di quanto il nostro codice stabilisce in caso di rito abbreviato ed in occasione di concessione di attenuanti generiche equivalenti alla contestata e riconosciuta aggravante
>> 
>> http://www.questionegiustizia.it/articolo/tribunale-di-bologna-brevi-riflessioni-sulla-sente_19-03-2019.php
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