[Area] AREADG sul cd "Decreto sicurezza bis"

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Mar 6 Ago 2019 18:48:21 CEST


AreaDG sul cd “Decreto sicurezza bis"

Con il voto di fiducia in Senato, è stato convertito in legge il cosiddetto
“Decreto sicurezza bis” recante “Disposizioni urgenti in materia di ordine
e sicurezza pubblica “.
Il ricorso allo strumento della decretazione d’urgenza presenta profili di
seria criticità, atteso che in esso, al pari del precedente,  sono
confluiti interventi di segno diverso e in ambiti del tutto disomogenei, il
cui unico comune denominatore è  il riferimento all’ ordine e sicurezza
pubblica, tanto generico e vago da dilatarne  indistintamente l’ambito di
operatività e da non soddisfare i requisiti di immediatezza, specificità,
omogeneità e coerenza richiesti dall’art. 15 comma 3 L.400/1998. Sfuggono,
pertanto, le ragioni dell’urgenza che giustificherebbero  un  intervento,
per di più sottratto al dibattito parlamentare attraverso il voto di
fiducia, che criminalizza il salvataggio delle persone in difficoltà in
mare incidendo pesantemente su diritti fondamentali di queste ultime, quali
la vita, la salute e la sicurezza.
Il decreto, infatti, mira anzitutto a  realizzare con legge quella
“politica dei porti chiusi” già oggetto di inedite direttive del Ministro
dell’Interno, introducendo un comma 1 ter all’art. 11 D.lgs 286/1998 con
cui si  attribuisce a quest’ultimo il potere, di concerto con il Ministro
della Difesa e  il Ministro delle Infrastrutture ed informandone la
Presidenza del Consiglio, di limitare o vietare il transito e la sosta di
navi nel mare territoriale per motivi di ordine e sicurezza pubblica e in
caso di violazioni dell’ art. 19 comma 2 lett. G) della Convenzione di
Montego Bay, limitatamente alla violazione delle norme in materia di
immigrazione vigenti. Oltre all’ingiustificato ampliamento delle competenze
proprie del ministro dell’Interno, una tale previsione  postula una
pericolosa espansione del concetto di ordine e sicurezza pubblica in
funzione della limitazione delle attività di salvataggio in mare e della
messa in sicurezza  delle persone in difficoltà.
A tale previsione, non a caso, si affianca quella prevede l’irrogazione di
una gravissima sanzione amministrativa (da 150.000,00 ad un milione di euro
e la confisca obbligatoria del natante, fatte  salve le sanzioni penali
quando il fatto costituisce reato) a carico del comandante della nave e con
responsabilità solidale dell’armatore,  il quale non osservi la normativa
internazionale e i divieti e le limitazioni eventualmente disposti ai sensi
del su citato comma 1-ter  .
Oltre ai dubbi profili di costituzionalità e legalità sotto il profilo
della determinatezza  dell’illecito amministrativo e dell’omogeneo
trattamento riservato all’inosservanza di norme di rango diverso, siffatte
disposizioni  si traducono nella violazione  del diritto - dovere primario
di tutelare la vita umana in mare  prestando soccorso a chi si trovi in
imminente  pericolo di vita,  che si fonda su una consuetudine
antichissima, la quale ha carattere generale e non consente limitazioni e
discriminazioni.
Gli atti ispirati ad una tale politica, già gravemente censurata dall’Alto
Commissario ONU per di diritti umani, costituiscono una grave violazione
degli obblighi imposti agli stati dalle  Convenzioni internazionali
(Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, Convenzione SOLAS
del 1974 e la Convenzione SAR del 1979 per citare le principali ) e delle
disposizioni di cui agli artt. 489 e 490 del  Codice della navigazione
che   impongono ai comandanti ed all’equipaggio l’obbligo di assistenza
dei natanti e di salvataggio  in mare delle persone in difficoltà, senza
prevedere limitazioni che non siano legate all’oggettiva difficoltà del
soccorso  ed al pericolo per i soccorritori.
Di dubbia utilità per le indagini appare l’ampliamento delle ipotesi di
attribuzione alle competenze delle procure distrettuali dei reati in
materia di associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento
dell’immigrazione clandestina, perché tale previsione, mentre appesantisce
i carichi di procure e tribunali distrettuali già particolarmente gravati,
rischia di depotenziare l’attività di indagine, la quale più efficacemente
può essere realizzata presso le procure ordinariamente competenti. Se
dubbia è l’utilità per le indagini, evidente ne è invece la valenza
simbolica nella quale si esaurisce il senso dell’intervento.
Analoga finalità appare avere il secondo ambito di intervento del decreto,
nel quale sono contemplate una serie di modifiche al codice penale,
accomunate dalla finalità di inasprire il trattamento sanzionatorio di
fatti già previsti come reato, allorché siano commessi nel contesto di
manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico. In realtà, proprio
con riferimento alle condotte illecite realizzate nell’ambito di
manifestazioni pubbliche, il codice penale e le leggi speciali contemplano
un apparato repressivo e sanzionatorio assai severo, che, specie grazie
agli interventi correttivi della giurisprudenza, appare coerente con i
principi costituzionali di offensività e proporzionalità, e adeguato al
contrasto dei fenomeni criminali.
Si tratta dell’ennesima legge manifesto per la quale la  politica criminale
si realizza esclusivamente attraverso la previsione di nuovi reati, più
carcere e inasprimenti del trattamento sanzionatorio, i quali, come la
cronaca quotidiana dimostra, non hanno in realtà alcuna efficacia sul piano
della prevenzione speciale e generale. Un intervento di segno autoritario
che si esaurisce nel portato simbolico di una sovrapposizione tra il reato
e la manifestazione pubblica.
Preoccupa, poi, la dilatazione dell’ambito di operatività e della portata
delle misure di prevenzione
previsto dal capo III del decreto. Se, effettivamente, quello della
violenza nelle manifestazioni sportive rappresenta un fatto di grave
allarme sociale la cui pericolosità è stata finora sottovalutata, con il
decreto  non si pone mano ad una soluzione strutturale quale il fenomeno in
questione richiederebbe, anche con riferimento ai costi sociali di esso,
per prediligere ancora una volta l’impiego dello strumento repressivo con
inasprimenti di pena e automatismi e, soprattutto, con il ricorso sempre
più ampio alle misure di  prevenzione di cui si dilata l’ambito di
operatività e si
prevede  la possibilità per il Questore di applicazione anche congiunta di
esse.
Si è dinanzi a misure che, traducendosi in una seria limitazione della
libertà personale, applicabili a prescindere dalla commissione di fatti
penalmente rilevanti in ambiti spesso degiurisdizionalizzati, richiedono
che il legislatore ne faccia un uso limitato e rigoroso, sia a tutela dei
diritti delle persone che ne possono essere destinatarie, sia per il
rischio  che misure eccezionali possano poi trasformarsi in misure
ordinarie.
Suscita,  infine, fortissime perplessità la previsione dell’assunzione a
tempo determinato di 800 persone da destinare alle attività di notifica
delle migliaia di sentenze, oggi ferme per la grave carenza di personale
amministrativo. Tale iniziativa, pur apprezzabile negli obiettivi, ossia
eliminare l’arretrato nel settore delle esecuzioni penali, rischia di
essere insufficiente allo scopo o addirittura  dannosa, perché provvedere
alle notifiche delle sentenze dopo il primo grado finisce con lo spostare
il problema agli uffici impugnazioni o, in caso di sentenza definitiva,
agli uffici che curano l’esecuzione penale,  uffici i quali sono
notoriamente quelli in più grave difficoltà a causa della gravissima
carenza di personale amministrativo. Sicchè, piuttosto che interventi
straordinari e settoriali,  sono necessarie ed urgenti misure strutturali,
attraverso l’assunzione del personale  di cancelleria, riqualificazione del
personale, incentivazione al personale in servizio,  migliorando e
incentivando quel percorso virtuoso intrapreso da qualche anno dal
Ministero della Giustizia.
Il “Decreto sicurezza bis”,  al pari del primo omologo decreto, appare
pertanto come una  tipica “ legge manifesto”,  finalizzata a   tenere al
centro dell’agenda e dell’offerta politica del Governo il tema della
sicurezza,  alimentando   nelle persone sentimenti  di insicurezza,
postulando emergenze e pericolo per l’ordine pubblico inesistenti,
criminalizzando comportamenti giuridicamente ed eticamente doverosi quali
il soccorso in mare dei migranti in difficoltà e l’accoglienza, senza
fornire reali e concrete risposte alle vere emergenze dell’ordine e della
sicurezza pubblica, le quali sono i delitti di criminalità organizzata, i
gravi fenomeni sempre più diffusi di corruzione e i reati  di violenza
contro le donne e i minori.
Il Coordinamento nazionale di AreaDg
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