[Area] Documento A.D.M.I.- DONNE MAGISTRATO, Assemblea generale A.N.M. 14 settembre 2019

carla lendaro carla.lendaro a virgilio.it
Sab 14 Set 2019 17:44:20 CEST


Da: Admi DonneMagistrato <donnemagistrato a gmail.com>Data: 14 settembre 2019 16:06:31 CESTA: MailingDonneMagistrato 
Oggetto: [mailinglist-admi] Documento A.D.M.I.- Assemblea generale A.N.M.- 14 settembre 2019
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           Documento A.D.M.I.- Assemblea generale A.N.M.- 14 settembre 2019 
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>> A distanza di cinque anni dall’ultima assemblea generale dell’ANM, tenutasi il 9.11.2014, convocata allora su “status dei magistrati” “difesa del ruolo della giurisdizione” e “miglioramento dell’efficienza del servizio-giustizia” constatiamo che, non solo non si è fatto alcun passo in avanti su questi temi, ma che oggi dobbiamo confrontarci con una questione morale che, scaturita dalle indagini condotte dalla Procura della Repubblica di Perugia, ha investito la magistratura nel suo complesso ed evidenziato una situazione grave. Si impone una riflessione generale ed un cambio di rotta, innanzitutto etico, al nostro interno, prima ancora di invocare iniziative di riforme provenienti dall’esterno.
>> A.D.M.I. non può non rilevare, ieri come oggi, che l’attenzione a temi afferenti la parità ‘di genere’ è correlata alla “questione morale” della Magistratura, volutamente trascurata dai più.
>> A.D.M.I. in passato ha chiesto l’utilizzo per le nomine CSM di direttivi e semidirettivi di criteri di meritocrazia, fondati su risultati ottenuti nel lavoro giudiziario e non su incarichi extragiudiziari, che le donne hanno difficoltà a conseguire per le ragioni di cura parentale; inoltre l’adozione di una procedura improntata a ‘trasparenza’ che consenta il controllo sull’applicazione dei criteri adottati per le nomine, che eviti quelle per cooptazione o peggio la ratifica di decisioni assunte altrove; ed ancora la valorizzazione dell’esperienza professionale conseguita ‘in concreto’ nell’ufficio giudiziario a concorso per l’evidente maggiore difficoltà delle colleghe a spostarsi. Non vi è bisogno di spendere ulteriori parole per spiegare come ciò investa il corretto esercizio del potere del CSM nel suo complesso.
>> Ancora, nel 2015 solamente A.D.M.I. manifestò il suo dissenso al T.U. Dirigenza scrivendo al Presidente della Repubblica ed al Ministro della Giustizia una lettera ove sottolineava come l’esclusione di detti criteri e la mantenuta indifferenza verso tematiche ‘di genere’ avrebbe portato a ‘curricula’ virtuali fondati su incarichi, insegnamenti, prebende acquisiti “aliunde” ed anche che era prevedibile che l’abolizione del criterio dell’anzianità, finalmente allora conseguita dalle giudici (dopo l’ingresso in Magistratura solo a fine ’60) ed intesa nella sua accezione di necessaria adeguata esperienza per ricoprire determinati ruoli, avrebbe condotto ad una elevata competizione ed a scelte non solo discrezionali ma talora arbitrarie, non rispondenti comunque alle reali esigenze degli uffici giudiziari. La necessità evidenziata dell’adozione dei detti criteri anticipava che, diversamente, si sarebbe assistito negli uffici alla graziosa distribuzione o caccia di ‘medaglie e medagliette’ da valorizzare nei curricula personali e che la mancata adozione per l’indifferenza su tematiche ‘di genere’ avrebbe portato ai risultati cui purtroppo in questi anni abbiamo assistito e ciò a discapito purtroppo, non solo e non tanto delle magistrate ma della stessa credibilità del nostro sistema di Autogoverno, e, con esso, della Magistratura nel suo complesso.
>> Il programma del Governo di recente insediatosi per il prosieguo della XVIII legislatura, tra  i 29 obiettivi da perseguire prevede di: “rendere più efficiente il sistema della giustizia civile, penale e tributaria anche attraverso una drastica riduzione dei tempi; riformare il metodo di elezione dei membri del Consiglio Superiore della Magistratura; garantire l'indipendenza della magistratura dalla politica” (punto n.15). Nelle sue linee programmatiche menziona l’impegno “..a promuovere una più efficace protezione dei diritti della persona, anche di nuova generazione, rimuovendo tutte le forme di diseguaglianza (sociali, territoriali, di genere)” (punto n. 6).
>> Ci auguriamo che le petizioni di principio si trasformino in fatti concreti e che l’impegno a rimuovere “tutte” le forme di disuguaglianza, comprese quelle “di genere”, trovi una concreta attuazione e che la trovi già nella annunciata nuova legge elettorale CSM. Il problema della sotto-rappresentazione infatti sussiste, lo dicono oggettivamente i numeri, ad oggi al CSM sono state elette meno di trenta magistrate a fronte di quasi 500 colleghi. Un numero risibile, appena il 5% .
>> In passato, la Commissione Ministeriale ‘Scotti’ concluse nel 2016 i lavori prospettando un sistema elettorale ‘bifasico’, con possibilità di esprimere un secondo voto per candidature di genere diverso, ipotesi che allora il CSM ritenne riduttiva in quanto non assicurava la “…necessaria rappresentanza effettivamente paritaria” per il carattere solamente facoltativo della seconda preferenza. A fine della XVII legislatura, in sinergia con A.D.M.I., l’on. Donatella Ferranti (presidente della Commissione Giustizia della Camera) e trasversalmente altri 57 onorevoli-firmatari presentarono una proposta di modifica della vecchia legge elettorale contenente ‘prime misure positive di riequilibrio di genere’ in assenza di sufficiente tempo per globale sua riforma prima delle ultime elezioni del Consiglio Superiore della Magistratura (legge A.C. 4512/2017). Tale proposta di legge prevedeva candidature con l’alternanza di genere e doppio voto di genere obbligatorio riaprendo, così, il dibattito sull’inspiegabile assenza di meccanismi di ri-equilibrio nella legge elettorale per il CSM, unica eccezione tra i sistemi elettorali di tutti gli Organi istituzionali del nostro Ordinamento, in violazione di tutte le raccomandazioni dell’Unione Europea che nel tempo si sono succedute dal 1989 ad oggi. La sola e semplice possibilità che tale proposta divenisse legge indusse taluni gruppi associativi, che sino ad allora non avevano previsto la presenza di colleghe tra i candidati, a presentare candidature femminili che poi, quasi tutte, vennero elette. Laddove la proposta di legge fosse stata approvata non avremmo assistito, inoltre, alla presentazione di una lista CSM Requirenti con candidature di “quattro su quattro” ma vi sarebbero stati otto candidati ed oggi non vi sarebbe necessità alcuna di reiterare le votazioni e neppure forse il rischio di una pesante riforma elettorale che potrebbe gravemente penalizzare l’intera Magistratura.  Da oltre un anno, va detto ancora, è in atto il Tavolo di lavoro ANM-ADMI, nato in sede di audizioni parlamentari per formulare un condiviso articolato di riforma elettorale contenente rimedi per superare la sotto-rappresentanza femminile nell’Organo di Autogoverno, lavori bloccatosi in esito alla proposta Bonafede, e che è ora di riprendere.
>> A.D.M.I., va soggiunto, da tempo ha espresso la sua contrarietà al ‘sorteggio’, comunque regolamentato, così come lo ha fatto la GEC dell’ANM, sia per i gravi sospetti di incostituzionalità, sia perché si tratta, ancora una volta, di un meccanismo blind gender ma, soprattutto, perché sarebbe l’ennesima legge punitiva nei confronti della Magistratura, che verrà privata della possibilità di eleggere i “propri” rappresentanti con scelte di ogni giudice su “idee e progetti” che si condividono, come in ogni corpo elettorale. E’ una questione di democrazia alla quale non possiamo derogare per inseguire una immagine di neutralità priva di pensiero e di concreta valutazione delle conseguenze. Nessuna legge elettorale può garantire la qualità degli eletti perché ciò è il risultato delle scelte di voto individuali, dettate dall’etica personale, ma una cattiva legge elettorale può, ancora una volta, snaturare il fisiologico rapporto tra le idee di esercizio della giurisdizione e le candidature; tra numero di voti e seggi ottenuti, inducendo a ricercare correttivi ed escamotage che nuocciono e nuoceranno fortemente ad una corretta rappresentanza. Rimettere “alla sorte” ed al suo “capriccio” le scelte che sono dell’elettorato mortifica la Magistratura,  tutti  Noi,  di ogni genere o appartenenza.
>>             A.D.M.I. rivolge un appello ad ogni magistrata e magistrato, ma anche a tutti i gruppi associativi ed alla stessa A.N.M., affinchè si dia luogo ad una seria ‘autoriforma’, riappropriandosi dei valori e comportamenti virtuosi che hanno contraddistinto la storia della Magistratura italiana, nella consapevolezza che non è più procastinabile l’adozione di criteri fondati sul merito e non su appartenze ed altresì la previsione di azioni positive volte al riequilibrio di genere per la concreta valorizzazione di tutti i saperi, quelli delle donne e degli uomini che la compongono.
>> A tutti i presenti l’augurio di proficuo lavoro assembleare.
>>  
>> Associazione Donne Magistrato Italiane
>> Carla Marina Lendaro – Presidente
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