[Area] [Iscritti] elezioni suppletive saluto

Silvia Albano silvia.albano a giustizia.it
Gio 3 Ott 2019 00:49:39 CEST


Grazie carissimo Gabriele. Non so dove tu sia stato nascosto finora. In questa campagna elettorale ho potuto conoscere il tuo valore, la tua profondità di pensiero e la tua lucidità. Non ci abbandonare perché abbiamo bisogno anche del tuo contributo per ridare un senso al nostro impegno.
Un abbraccio.
Silvia

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Il giorno 2 ott 2019, alle ore 22:54, Gabriele Mazzotta <gabriele.mazzotta a fastwebnet.it<mailto:gabriele.mazzotta a fastwebnet.it>> ha scritto:

A Lecce, città dove sono nato, ho deciso di porre fine alla mia partecipazione al confronto elettorale, in un clima di grande attenzione e ospitalità equanime verso tutti i candidati.
Nel ringraziare le Giunte distrettuali dell’ANM promotrici degli incontri, i colleghi disponibili all’ascolto e interlocutori vivaci, posso affermare che la fatica dell’impegno è stata ampiamente ripagata dal valore aggiunto che ho personalmente tratto dall’esperienza vissuta.
Oggi, all’esito di un “viaggio allucinante” in un corpo giudiziario malato, ho acquisito maggiore consapevolezza di una grande rabbia e delusione largamente diffuse nella magistratura, che, nel suo insieme, appare confusa e disunita.
Non senza ragione il rancore è rivolto contro i gruppi associati, individuati con una sola parola densa di disprezzo: il “correntismo”.
Il rancore è diretto pure contro l’istituzione del Consiglio Superiore della Magistratura, di cui, come talvolta accade in chi nutre il sentimento dell’odio, si desidera un deciso ridimensionamento.
Tale atteggiamento, pur comprensibile (ma razionalmente non giustificabile), rischia l’indebolimento degli argini, elimina ogni difesa all’ineluttabile avanzata di una politica, che, poco lungimirante e disinteressata a un effettivo funzionamento della giustizia, ha tutto l’interesse a infiacchire ulteriormente il ruolo di principale autorità indipendente della magistratura.
Il recondito desiderio, mai sopito, è di alterare il sofisticato e liberale meccanismo dei “pesi e contrappesi”, cardine dell’equilibrio istituzionale.
La cattiva politica, sempre in agguato, attendeva un pretesto, che, oggi e paradossalmente, è la stessa magistratura, delusa e arrabbiata, a offrire sul piatto d’argento.
Non si parla del valore dell’indipendenza e della sua proiezione funzionale al governo della giustizia; non si parla dei grandi problemi che affliggono la società e che direttamente reclamano a gran e disperata voce l’intervento di una magistratura che si pretenderebbe attenta alla tutela dei diritti.
Si focalizza l’attenzione, invece, su tediose liti interne, conflitti tra gruppi, opposizioni culturali tra le stesse diverse funzioni giudiziarie, l’una contro l’altra in una sorta d’inimicizia endemica, generatrice di un caos primordiale nel quale non si rintracciano né vincitori né vinti, ma soltanto grida scomposte, che continuano a riempire gli spazi vuoti tra le macerie.
Vagare tra queste, raccattando e contendendosi ossi di nessun valore, pretendere di essere costantemente migliori degli altri, arroccarsi in posizioni di irremovibilità nella pretesa che le uniche ragioni siano le proprie, significa rafforzare il senso della disunità, significa mortificare il senso della giurisdizione, significa contribuire al dissolvimento di una magistratura, destinata ad avanzare scomposta sulle gambe di migliaia d’individualità, con un autismo  incapace di ascoltare le ragioni dell’altro.
E, per un magistrato, l’incapacità all’ascolto è inettitudine alla funzione.
Contro questo naufragare, nel tentativo di salvare la nave con il suo equipaggio, ho solo un secchio con il quale riversare nell’oceano quell’acqua che violentemente tutto invade e, affogando, ricopre.
E’ un gran peccato che questa meravigliosa nave, che gli operosi, ingegnosi e lungimiranti artefici  costruirono nell’ormai abbandonato cantiere costituente e vollero ben salda, forte, unita, interlocutrice sulla giustizia, sia entrata in questo pericoloso fortunale.
Se saprà uscirne fuori, molto dipenderà dai suoi marinai. I gruppi di loro fino ad ora contrapposti dovranno comprendere che non è il momento della resa dei conti; ciascuno, invece, dovrà costituire, con le proprie idee e i propri valori, il tassello di un più ampio ragionamento verso soluzioni condivise.
L’interesse comune e prioritario è la salvezza degli altri, è il soccorso dei diritti; è, in una parola, la tutela giurisdizionale. Rispetto alla quale il proprio comodo, l’anelito alle carriere vuote, miraggio di ambizioni fine a se stesse, espressioni di un puro narcisismo professionale, sono obbiettivi di estrema minore, se non di nessuna, importanza.
Lo affermo in quanto mi sento portatore dei valori di una cultura progressista che un tempo promosse magistratura democratica e di cui, nel presente, AREA continua a farsi interprete, assieme ai lasciti ideali dei Movimenti per la giustizia.
Ma anche gli altri gruppi si mossero con una buona dose di positivi propositi e di buone idee, e degli uni e delle altre tutti abbiamo tremendamente bisogno in un autentico spirito di cooperazione.
Ho spesso ripetuto, come un leitmotiv, che sentire il male prendere il sopravvento ancora non giustifica la cupa rassegnazione, “la quiete della non speranza: credere il genere umano perduto e non avere febbre di fare qualcosa in contrario”.
Ma la forza del cambiamento non può trasformarsi in orda distruttrice.
Al netto delle differenze ideali, che, anche attraverso i gruppi associati, sono rintracciabili nella magistratura (il rapporto tra giudice e legge, il rapporto tra il pubblico ministero e la polizia giudiziaria, la funzione della pena, il coinvolgimento dell’avvocatura in molti momenti dell’amministrazione giudiziaria...), si possono indicare almeno due fondamentali temi d’interesse generale sui quali è necessaria un’approfondita riflessione:

-          la legge elettorale del 2002, che, nata con il proposito di eliminare i gruppi associati dalla competizione per coprire i seggi nell’organo di autogoverno, ne ha, con effetti disnomici,  determinato un’avvilente spartizione e calcolata occupazione degli spazi, accentuandone il difetto corporativo; sarebbe necessario un impegno unitario per suggerire al legislatore un metodo elettorale di tipo proporzionale, che non soltanto consenta la più ampia partecipazione a tutti i gruppi associati con la presentazione di liste contenenti plurime candidature, lealmente   sottoposte  a un’autentica scelta degli elettori, ma anche, e soprattutto, favorisca la presentazione, in liste neutre, di candidati, i quali siano portatori di valori alternativi a quelli proposti dai gruppi associati;

-          le riforme del 2006, produttive di una torsione culturale sul mestiere del giudice, generatrici di aspirazioni, che (lontane dall’interesse caratteristico della giurisdizione, di soffrire sui casi e sulle vicende umane, sul rapporto dei fatti veri con le norme, sulla ricerca delle soluzioni di giustizia e di applicazione della legge, sul valore della sua interpretazione) si sono progressivamente orientate verso carriere più burocratiche di direzione degli uffici, con una bramosa ricerca di posti apicali in uffici sempre più importanti, con drammatico allontanamento dai veri contenuti sapienziali caratteristici del buon giudice e, invece, mortificati, da una presuntuosa vanità organizzativa, spesso priva di cultura giuridica. Sarebbe, perciò, auspicabile ritornare a valorizzare una più matura esperienza giurisdizionale, per la quale sarà probabilmente inevitabile rivedere in alto le fasce d’anzianità per l’accesso agli incarichi direttivi e sarà altrettanto importante introdurre un percorso gradualistico che premi le conoscenze effettive acquisite nel corso della professione con le dimostrate capacità d’interloquire con i colleghi, assicurando a costoro modelli organizzativi adeguati a facilitarne i compiti, nel prioritario obbiettivo di una serena somministrazione di giustizia per i cittadini.
Non vi è il tempo di attendere, in superficiale speranza, il ritorno del sereno, quando ormai sarà troppo tardi e della splendida nave rimarrà solo il relitto.
Il mio ultimo auspicio è che i magistrati che oggi compongono il consiglio superiore della magistratura e i magistrati che andranno a integrarlo, in esito alle elezioni suppletive, sappiano farsi interpreti di questa straordinaria esigenza.
Per quanto mi riguarda, avendo acquisito tale consapevolezza ed essendomi proposto come uno dei possibili timonieri, avendo incrociato i volti di magistrati delusi e disillusi, sopraffatti e sospettosi, pericolosamente concentrati su loro stessi, forse talmente stanchi da rischiare di tornare a essere toghe di piombo, avverto come più impellente il bisogno di stare tra loro, tra i marinai, per regolare insieme le vele in un tentativo estremo di riprendere una più sicura rotta.
E se non sarà possibile, se non si riuscirà, preferirò comunque condividere con loro le difficoltà, come stare, nella morte, con i poveri che non ebbero il tempo di comprenderla mentre venivano colpiti da coloro che mantengono il cielo diviso e colmo di rabbia.
Grazie a tutti per avere sopportato i miei discorsi e un autentico sincero in bocca al lupo ai coraggiosi candidati con i quali ho condiviso le emozioni della carovana itinerante.

Gabriele Mazzotta


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