[Area] QG - In ricordo di Vittorio Bachelet

thorgiov thorgiov a libero.it
Dom 16 Feb 2020 13:05:06 CET


Devi però considerare che Bachelet e gli altri protagonisti del 
cattolicesimo sociale agirono in un contesto particolarmente favorevole. 
Dopo la Seconda Guerra Mondiale l'Italia era un paese distrutto, ma dove 
c'è distruzione c'è anche l'esigenza di ricostruire. Per l'appunto la 
classe politica tutta all'epoca, nonostante le fortissime divisioni 
ideologiche tra i diversi partiti, seppe trovare dei punti di unione 
importanti. La Costituzione del 1948 ne è un esempio, visto che nacque 
dalla sintesi tra il pensiero cattolico e quello socialista, nonchè, sia 
pure in piccola parte, di quello liberale. Il boom economico degli anni 
'60 del secolo scorso diede però il vero segnale di riuscita di quel 
progetto politico. L'Italia si trasformò in pochi anni da paese agricolo 
in paese industriale e il benessere incominciò a diffondersi in vasti 
strati della popolazione, che fino ad allora avevano vissuto ai margini. 
All'epoca i conti pubblici erano a posto, visto che il rapporto debito 
pubblico / PIL era molto basso, e in questo contesto si giustificava 
anche un intervento di sostegno dei redditi a cura della mano pubblica. 
Per fare un esempio, Giorgio La Pira poteva permettersi di teorizzare e 
praticare l'acquisizione da parte degli enti locali delle aziende 
private in crisi, nell'ottica della salvaguardia dei posti di lavoro ad 
ogni costo, perchè la finanza di tali enti non era ( ancora ) 
dissestata. Perchè a quei tempi l'economia italiana girava ? Perchè non 
c'era concorrenza, o meglio, la concorrenza era molto limitata, e gli 
altri paesi industriali condividevano, più o meno, gli stessi meccanismi 
e valori di fondo. Inoltre la tecnologia non era molto avanzata, e c'era 
necessità di manovalanza non qualificata. Furono varate allora delle 
leggi che favorivano  l'intervento pubblico nell'economia e la 
salvaguardia delle aziende in crisi mediante acquisizione da parte dello 
Stato, e fu prevista tutta una serie di interventi di assistenza ai 
redditi bassi, tipo le pensioni di invalidità. In ogni caso, per coloro 
che rimanevano disoccupati e che non avevano occasione di collocarsi nel 
mercato privato, c'era sempre la possibilità di essere assunti nel 
settore pubblico, ovviamente senza concorso.

La classe politica della cosiddetta Prima Repubblica fu abile, ma anche 
fortunata, perchè tutto il contesto era estremamente favorevole. Questo 
spiega anche perchè quei politici avevano una forte cultura delle 
istituzioni : quelle istituzioni le avevano create loro con la 
Costituzione del 1948 e funzionavano, nel senso che assicuravano 
comunque, se non la stabilità politica, quella economica. Tutto è 
cambiato con il crollo del muro di Berlino e l'ingresso della Cina nel 
WTO : improvvisamente l'Italia si è trovata di fronte dei nuovi 
concorrenti che seguivano e seguono valori completamente diversi, e che 
avevano ed hanno costi di produzione molto più bassi. In aggiunta, la 
tecnologia ha reso inutili tutta una serie di competenze che prima 
avevano un loro mercato. Anzi, ha toccato persino settori che prima si 
ritenevano immuni dalla crisi: penso ai bancari, laddove l'utilizzo di 
internet ha reso con tutta evidenza sovrabbondante la mole di dipendenti 
del settore. Insomma, i politici di oggi si trovano a far fronte ad un 
periodo di vacche magre. Quelli della Prima Repubblica godevano degli 
effetti dell'epoca delle vacche grasse. La nostalgia di un Craxi si 
spiega anche per questo motivo : la spesa pubblica creava consenso. Ora 
che i cordoni della borsa si sono stretti, quel consenso è venuto meno. 
Il sistema istituzionale è rimasto però immutato, ed anzi si è rivelato 
un sistema bloccato, insuscettibile di riforme. E un sistema che non si 
può modificare, prima o poi crolla.

FELICE  PIZZI  ( Giudice del contenzioso del Tribunale di Napoli Nord )

Il 16/02/2020 08:15, Mario Ardigo' ha scritto:
>    Vittorio Bachelet venne assassinato come nemico di classe secondo una narrazione vetero-comunista. Non era un magistrato, ma venne assimilato ai magistrati quale vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura. In alcune delle culture comuniste all'epoca correnti in Italia i magistrati venivano ancora considerati complessivamente nemici di classe. Da esse si era andato marcatamente differenziando, in particolare dagli anni '60, il Partito Comunista Italiano, del resto nella linea politica di Togliatti, che era stato Ministro della Giustizia nel secondo dopoguerra. Il PCI, negli anni '70, con le modifiche statuarie deliberate nel 14° Congresso (1975) e 15° Congresso (1979) aveva pienamente accettato il pluralismo interno e nella società e considerato il marxismo-leninismo solo come parte della storia delle culture socialiste, ma non più come dottrina politica obbligatoria per l'azione politica. Nel leninismo c'era la violenza di classe per indurre, consolidare e mantenere processi rivoluzionari. Ad essa si richiamavano i brigatisti rossi. Quegli sviluppi politici del PCI avevano innescato una forte dialettica ideologica  tra vari comunismi italiani, della quale ancora si avverte l'eco parlando con gli anziani superstiti di quel tempo. Gli anni '70 furono quelli della piena acculturazione del PCI alla democrazia di popolo avanzata, che, del resto, aveva grandemente contribuito a progettare nel lavoro in Assemblea  Costituente.
>   Dieci anni prima un processo analogo si era sviluppato tra i cattolici italiani. Vittorio Bachelet ne era stato protagonista quale presidente dell'Azione Cattolica Italiana tra il 1964 e il 1973. Del suo esito si era preso atto nel corso di un importantissimo convegno ecclesiale del 1976 intitolato "Evangelizzazione e promozione umana". Quell'anno Bachelet venne eletto consigliere comunale a Roma. "Evangelizzazione e promozione umana": nel corso del convegno la maggior parte degli interventi conclusero che "promozione umana è evangelizzazione" e che "evangelizzazione deve comprendere la promozione umana". Parlando di "promozione umana" si intendeva sostanzialmente il socialismo come definito nell'art.3, comma 2°, della Costituzione, che segnò uno dei massimi punti di incontro tra le culture del socialismo italiano e quelle del cattolicesimo democratico italiano.  Esso comprende l'ideale della piena inclusione di tutti i lavoratori, senza alcuna discriminazione, nella politica democratica, a tutti i livelli.
>   L'Azione Cattolica era nata con gli statuti del 1906 come braccio politico del Papato, all'epoca fortemente antidemocratico,  nella sua lunga durissima controversia con il Regno d'Italia e la sua ideologia liberale, prodotta dalla soppressione, per conquista militare, dello Stato della Chiesa con capitale  a Roma. Nelle narrazioni associative di solito se ne anticipa l'origine agli anni Sessanta del secolo precedente, vedendola impersonata in  esperienze associative laicali di orientamento intransigente che a quell'epoca sorsero spontaneamente e che poi confluirono nell'Opera dei Congressi. La realtà mi pare però quella che ho proposto ed è dura da accettare per i cattolici sociali di oggi, perché l'associazione fu fondata nel periodo più buio della persecuzione anti-modernista, durante la quale anche don Romolo Murri, tra i principali ideatori di  movimento di "democrazia cristiana", venne scomunicato. I principali obiettivi politici dell'Azione Cattolica delle origini furono  l'organizzazione politica dei fedeli in supporto al Papato, la formazione di un ceto dirigente politico anche a livello nazionale e, veramente imponente, l'elevazione delle donne alla politica. In quest'ottica la politica era "sacralizzata", vale a dire che i suoi principali orientamenti erano sottratti al libero apprezzamento ed erano soggetti ad una dottrina imposta dal Papato. La necessità di far breccia nel popolo per usarlo come blocco di pressione politica aveva portato il Papato a fine Ottocento ad assecondare le istanze sociali che si erano diffuse nel cattolicesimo italiano, e di altre nazioni europee,  dalla metà dell'Ottocento. Né è espressione il primo documento del Papato sulle questioni sociali, l'enciclica "Le novità" del 1891, che tratta sostanzialmente del socialismo. Pur nata in tempi bui, l'Azione Cattolica italiana, in particolare a partire da Giuseppe Toniolo proseguì il lavoro di acculturazione ai processi democratici iniziato a cavallo tra Ottocento e Novecento tra i cattolici democratici con Romolo Murri  ed altri, che aveva portato alla soppressione d'autorità pontifica dell'Opera dei Congressi, che radunava le varie esperienze sociali del cattolici italiani.  Dopo la compromissione con il fascismo mussoliniano che la coinvolse fatta eccezione dei suoi rami universitari e post-universitari, l'Azione Cattolica italiani, in particolare nei suoi rami "intellettuali" mantenuti non contaminati dal fascismo,  ricevette dal Papa Pio 12°, dal 1939, l'ordine di progettare una nuova democrazia italiana, ciò che fece. Il progetto di costituzione democratica del 1943, detto "Codice di camaldoli", ne è una delle principali espressioni.  Seguì il lavoro nell'Assemblea costituente, dove i cattolici democratici si presentarono con un progetto di riorganizzazione dello stato che fece breccia tra  i socialisti perché inglobava molto socialismo. Tuttavia nel 1948, quando entrò in vigore la nuova costituzione democratica repubblicana, né i cattolici né i socialismi italiani erano veramente acculturati alla nuova democrazia di popolo che si era progettata. Lo divennero con un lungo e faticoso processo favorito soprattutto  dalla formazione di un ceto politico democratico a livello nazionale nel lavoro nel nuovo Parlamento.  Esso non fu più, come in epoca pre-fascista, espressione prevalentemente del ceto borghese.  L'obiettivo della formazione di un ceto politico nazionale popolare fu la ragione per cui si volle un Parlamento con molti membri che avessero indennità adeguate. Nel giro di cinquant'anni si pensava di avere un ceto tra i seimila e i diecimila membri che, formati alla scuola del Parlamento nazionale, potessero poi, anche dopo il loro servizio parlamentare, inculturare la nuova democrazia nelle masse e liberarle dalla loro storica condizione di subalternità. Obiettivo che fu raggiunto.
>    Negli anni '60, tra il 1962 e il 1965, si celebrò a Roma un Concilio ecumenico della Chiesa cattolica il quale, presentato come "aggiornamento", ebbe il significato di una vera  Riforma, vale  a dire di un mutamento epocale. Esso fu centrato sulla libertà di coscienza. Significò il rifiuto di ogni "sacralizzazione" di qualsiasi potere comunitario: la desacralizzazione. Desacralizzazione significa che ogni potere pubblico deve poter essere portato davanti al tribunale della coscienza. Il ripudio di ogni autocrazia, religiosa e non. E' un principio politico prima che religioso, ma anche religioso. Nell'era della decolonizzazione ci si era infatti resi conto che il cristianesimo era stato la religione dei colonizzatori  e che le sacralizzazioni del potere dei colonizzatori che erano state imposte e attuate avevano avuto una portata anti-evangelica. Ci si volle così convertire al vangelo cristiano ripudiando quelle sacralizzazioni. Di tutto ciò si tratta in un documento del Concilio denominato "La gioia e la speranza". Vittorio Bachelet ebbe nel 1964 il compito di riformare l'Azione cattolica nello spirito di quel principio conciliare. Fu un compito molto duro, perché i contrasti sorsero imponenti. Infatti la presa politica della Democrazia Cristiana, trasformatasi (e deformata anche) nella lunga esperienza di egemonia governativa, era stata fino ad allora garantita dall'Azione Cattolica italiana, che era sostanzialmente la sua scuola di formazione alla politica e anche la sede di selezione della sua classe dirigente. Quasi tutti i suoi dirigenti di vertice nazionali provenivano dai suoi ranghi. Porre ogni potere pubblico davanti al tribunale della coscienza significava anche portare la DC, per come era diventata, per come anche era stata sfigurata dai compromessi attuati nell'esercizio del potere, davanti a quel tribunale, senza che potesse più valere quella sacralizzazione della sua egemonia che vedeva il voto democristiano come espressione e discrimine di appartenenza ecclesiale, e viceversa. E capire anche la portata anti-evangelica di certi compromessi, come quelli che vietavano il dissenso contro le feroci politiche belliche statunitensi in Indocina (l'arcivescovo di Bologna Lercaro fu bruscamente congedato per averlo espresso in una omelia pronunciata in una messa in occasione della prima Giornata mondiale della  pace, nel 1968). L'Azione Cattolica italiana uscì profondamente trasformata dal lavoro promosso da Bachelet, in particolare con il nuovo statuto del 1969 in cui la si definiva "palestra di democrazia".  Va ricordato che la democrazia era stata scomunicata dal Papato con un'enciclica del 1901: questo rende l'idea del lungo percorso culturale da allora. La polemica antidemocratica, in particolare la scomunica dell'idea di una "democrazia cristiana", aveva portato nel 1904 alla soppressione dell'Opera dei Congressi e alla fondazione nel 1906 dell'Azione cattolica, come braccio politico di stretta osservanza pontificia per l'animazione sociale.
>   Dal 1976 si intensificarono le relazioni culturali e politiche tra i neo cattolico-democratici secondo la nuova impostazione post-conciliare e i neo-comunisti berlingueriani, per una profonda riforma dello stato.  Su questo ha scritto Giovanni Galloni, che di quei rapporti fu testimone diretto e uno tra i principali  artefici. Su di essi si abbatté il pontificato di Karol Wojtyla, profondamente e visceralmente antisocialista, sulla base dell'esperienza polacca, tanto lontana e diversa da quella italiana.  Quel pontificato e gli assassini di Moro, Bachelet e Ruffilli (tra i principali riformatori del neo cattolicesimo democratico italiano) provocarono una lunghissima gelata nel cattolicesimo democratico italiano. La morte di Berlinguer mi parve porre fine al processo di riforma del neo-comunismo italiano, il quale, distaccandosi sempre più dalla forza di critica sociale del marxismo (sostanzialmente e sbrigativamente ripudiato insieme al leninismo come ideologia obsoleta),  mi sembrò perdere capacità di aggregazione sociale di massa.
>    Non so se i brigatisti rossi che assassinarono Bachelet ne avessero consapevolezza, ma la morte di quell'uomo  contribuì a colpire  al cuore i processi democratici che si stavano sviluppando all'epoca in Italia: anche da ciò ci viene la società in cui stiamo vivendo, nella quale il cattolicesimo democratico e il comunismo appaiono sostanzialmente cancellati, o al più riservati a piccole fasce di anziani nostalgici.
>   Bachelet aveva dimostrato, nel suo difficilissimo lavoro di riforma dell'Azione Cattolica, ma anche nel suo travagliato servizio al CSM (all'epoca percorso da turbolente dinamiche), di saper unire ciò e coloro che pareva impossibile conciliare, recuperando l'umano che c'era. Uno dei seguaci di quella scuola mi pare l'attuale Presidente del Parlamento europeo David Sassoli, che so essere stato molto legato da giovane alla figura di   Bachelet.
> Mario Ardigò
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> Da: Area <area-bounces a areaperta.it> per conto di Questione Giustizia <redazione a questionegiustizia.it>
> Inviato: sabato 15 febbraio 2020 08:06
> A: area a areaperta.it
> Oggetto: [Area] QG - In ricordo di Vittorio Bachelet
>
> Vittorio Bachelet raccontato ai giovani studenti di oggi. Il suo percorso di giurista, l’impegno nella società e nelle istituzioni, la sobrietà e il coraggio
> di Vittorio Borraccetti
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