[Area] R: Cattivo esempio

mario ardigo marioardigo a yahoo.com
Lun 16 Mar 2020 03:34:59 CET


  Indossare qualsiasi tipo di mascherina facciale all'aperto, quando non ci si assembra, ad esempio facendo una fila gli uni molto vicini agli altri, è sprecare un presidio sanitario che è divenuto scarso a causa della psicosi dei tanti sciocchi, i quali, invece di seguire in merito le raccomandazioni delle autorità sanitarie, hanno deciso di fare di testa propria facendone incetta. Si è arrivati al paradosso che alcuni medici di famiglia e i loro collaboratori ora non l'hanno, mentre i pazienti che si presentano in studio senza previo triage telefonico o email, contravvenendo alle raccomandazioni, indossano (male) sofisticati dispositivi per decontaminatori (nei quali presto si sentono soffocare e allora li toccano continuamente, li levano e li mettono, così contaminandoli irrimediabilmente).   Ed effettivamente molto spesso vedo persone che possiedono mascherine facciali di vario tipo e che le indossano e maneggiano male e, qualora fossero veramente contaminate da qualche agente pericoloso, sarebbero dolori. Ma, ad esempio, qui a Roma, il rischio, da ciò che leggo, per loro buona sorte è ancora piuttosto basso, specie adesso che vedo poca gente in giro.   Diversi anni fa, durante un ricovero ospedaliero, gli infermieri mi istruirono su come indossare e maneggiare una mascherina facciale. Una volta tolte dal loro involucro sigillato, le mascherine facciali possono essere toccate sul davanti solo se ci si è lavate accuratamente le mani, ma è sempre meglio non toccarle sul davanti, se si può. Dopo qualche ora d'uso in aria ambiente, devono ritenersi contaminate sul davanti e, tolte, vanno ripiegate tenendo la parte davanti all'interno, messe in un sacchetto di plastica e buttate. Non vanno assolutamente mai toccate con mani non lavate sul lato interno. Bisogna sempre supporre che le mani siano contaminate dopo aver toccato qualsiasi cosa, e anche se le si è lavate accuratamente poco prima. Se le si tocca sul lato interno con mani non lavate, gli agenti biologici microscopici e sub-microscopici che abbondano sulle mani vengono trasferiti su quel lato della mascherina e poi questa viene messa a lungo, su quel lato,  a  contatto con labbra e naso. Con gli atti dell'inspirazione ed espirazione gli agenti contaminanti poi entrano nel cavo orale e nel naso, nell'aerosol umido e tiepido così favorevole alla colonizzazione batterica e virale. Infine, le mascherine vanno maneggiate (per indossarle e toglierle) solo sui bordi, dove sono attaccati fettucce o elastici per indossarle. Questo mi fu detto, ma correggetemi se sbaglio.  Quanto al "cattivo esempio" ecclesiastico, voglio precisare che, su sollecitazione del Papa, che, come ha ricordato Massimiliano è il vescovo di Roma  e, come tale, benché non sia cittadino italiano non può essere considerato "straniero", perché la Chiesa cattolica di cui il Papa è pastore supremo non è straniera in Italia anche se vi possiede un simulacro di stato (che nel Trattato con l'Italia non è mai denominato tale, ma solo Città del Vaticano), le chiese parrocchiali romane (non quelle non parrocchiali) sono attualmente aperte ai fedeli per l'adorazione e la preghiera. Non vi si celebrano, però, liturgie e sono sospese tutte le altre attività, come quelle catechistiche e associative, questo per le ragioni spiegate nel primo provvedimento del Cardinal Vicario e trascritto nella email  che ha dato avvio a questa discussione. Le parrocchie non sono ritrovi dopo-lavoro. Svolgono molte attività di assistenza personale e sociale che le possono far assimilare agli ospedali. Ad esempio assistono sistematicamente in vari modi molte persone e intere famiglie bisognose. Si va a trovare i malati per portar loro conforto e i sacramenti: ciò che si fa ora con le misure di prevenzione raccomandate dalle autorità sanitarie. Ora si portano a domicilio alimenti e farmaci per quelli che sono impediti ad uscire e non hanno nessuno che li assiste con continuità. Si vuole che ogni persona disperata possa trovare ascolto e aiuto in parrocchia, sempre. E di persone disperate, di questi tempi, ce ne sono molte, ad esempio quelle che sono capitate ai margini dei flussi informativi e assistenziali. Questo sarebbe il "cattivo esempio" che si voleva all'inizio stigmatizzare?  Nel costume cattolico, l'adorazione Eucaristica e altre forme di preghiera, in chiesa, sono molto importanti, e vengono praticate spesso nelle ore disperate. Io stesso lo feci diverse volte durante certi miei emozionanti ricoveri ospedalieri. I medici se nel lamentavano, ma sapevano dove andarmi a far chiamare. Conosco molto bene le cappelle di diversi ospedali. Fui formato a questa spiritualità da universitario, in certi soggiorni tra i benedettini di Camaldoli. Aumenta la resistenza morale, quando occorre essere forti. L'adorazione può farsi senza violare le attuali prescrizioni sanitarie. Mi insegnarono che bisogna avere sempre in sé una preghiera "per l'ora della nostra morte", perché, lo cantò De André, "quando si muore, si muore soli", ed è particolarmente vero di questi tempi, ma con quella preghiera non si è più veramente tali.  Certamente, tenere aperte le chiese parrocchiali espone i loro sacerdoti ad un rischio maggiore, perché, a volte, arriva gente in condizioni estreme. A volte anche gente pericolosa. I disperati spesso ci sono invisibili, ci passano davanti ed è come se non esistessero. I buoni come i cattivi, ma per noi non fa veramente differenza. Rimangono sempre allo stato di "gente", mai hanno un volto, un nome. I tanti pastori d'anime delle Chiese cristiane storiche in genere fanno anche il proposito di essere diversi con loro, di farsi loro prossimi sull'esempio del Maestro, e in questo i sacerdoti cattolici non mi appaiono diversi dai pastori e ministri  di quelle  altre Chiese.  Concludo trascrivendo il testo dell'omelia pronunciata ieri dal Cardinal Vicario Angelo De Donatis dalla cappella della Conferenza Episcopale Italiana qui a Roma e ripresa da Rai 1 (la trascrizione è mia). La cappella era vuota. Erano visibili solo il celebrante, un accolito, e due persone che hanno letto le prime letture bibliche. C'era naturalmente il personale impegnato nelle riprese. L'omelia contiene consigli per la spiritualità in questo tempo difficile.Mario Ardigò ******************
Carissimi,

il ciclo dell’anno A ci fa percorrerel’itinerario del catecumeno.

 Nella prima domenica di Quaresima siamo entranti nel deserto con Cristoper combattere la buona battaglia. 

 Nella seconda abbiamo contemplato la meta del cammino: laTrasfigurazione sull’alto monte. Così abbiamo compreso che lo scopo della provanon è quello di diventare degli eroi, ma di diventare figli. Figli trasformatidalla luce della Pasqua. Questo  è ilnostro destino: la vita piena, dove le lacrime e la fatica cederanno il postoalla carezza di Dio.  Siamo cenere? Sì,siamo cenere, ma lo Spirito ci trasformerà in luce. 

 Ora il nostro cammino quaresimale giunge allaterza tappa. 

 Il Vangelo proclamato è ricchissimo. Mi fermosolo su una parola pronunciata da Gesù. Il Maestro seduto sul pozzo affermasolennemente davanti alla donna samaritana: «l’acqua che io darà diventerà  in  voiuna sorgente che zampilla per la vita eterna». Che cos’è quest’acqua, anzi“Chi” è? E’ lo Spirito santo, lo Spirito riversato nei nostri cuori. Questa èuna rivelazione grande. Il cristiano, ogni battezzato, non è più un mendicantedi felicità, un affamato che va in giro frugando nei rifiuti. Egli stesso è unpozzo, un sorgente inesauribile di vita. Dio ha messo in ciascuno dei suoifigli tutto ciò che serve per vivere, tutto ciò che serve per amarlo. 

 Carissimi, non Gerusalemme o il monte Garìzim[montagna ad Ovest della città samaritana di Sichem, in Palestina, dove isamaritani avevano eretto un tempio in contrapposizione con quello diGerusalemme - nota mia], ma io e i miei fratelli siamo il Tempio di Dio sullaterra. 

 In questo tempo tribolato, in cui è anchedifficile andare nelle nostre chiese di mattoni, e non possiamo accostarci aisacramenti, possiamo riscoprire come tutta l’esistenza del cristiano sia canaledi grazia. 

 Dio non è impotente, è ridicolo pensare che unvirus possa impedirgli di consolare i suoi figli amati, di parlargli, diirrobustirli nella prova. 

 Certo non possiamo celebrare l’Eucaristia comepopolo radunato. I riti sono sospesi, ma non il mistero che in essi èsignificato. Anche in mezzo all’epidemia possiamo vivere una vita eucaristica,fatta di gratitudine al Padre, fatta di servizio al prossimo. 

 Il Dio dell’Esodo parla e insegna nellastoria, anche in questa storia che stiamo vivendo. Dio ascolta il nostro grido,ci consola, certo, ma ci interroga anche. Ora che i riti sacramentali tacciono,è il momento di far parlare la profezia. Dio ci chiede, con dolcezza, quantociò che fino a ieri hai celebrato  èdiventato in te acqua viva che zampilla per la vita eterna. Quella vita divinache nemmeno un virus può cancellare. 

 Verifichiamoci: quanti riti senza mistero,quante confessioni senza pentimento, quanto Eucaristie senza ringraziamento,quanti matrimoni a fedeltà intermittente, quanto carità fatta senza amore?  Non chi dice “Signore! Signore!” entrerànella vita eterna.

 Fratelli e sorelle carissimi, la samaritana èandata al pozzo come una rifiutata ed è tornata a casa da sposa. Ha scopertoche il Tempio di Dio era lei.

 Coraggio!

 Riscopriamo la preghiera nelle nostrefamiglie, nel segreto della camera. Riscopriamo la meditazione orante dellaScrittura, che cancella i peccati veniali. Riscopriamo la comunione spirituale.Riscopriamo l’esame di coscienza fatto bene, a lungo, in attesa di poterricevere nuovamente l’assoluzione. E soprattutto, preghiamo con l’orazioneufficiale della Chiesa, che è la Liturgia delle Ore. E poi, ancora, preghiamocon il Rosario. 

 In questo momento, tutti, tutti noibattezzati, siamo il popolo sacerdotale che intercede per il mondo e che spargesul mondo a piene mani l’acqua dissetante del Consolatore. 

 Un abbraccio paterno a tutti. 


    Il domenica 15 marzo 2020, 23:52:10 CET, Massimiliano Siddi <massimiliano.siddi a giustizia.it> ha scritto:  
 
 La disposizione del Card. Vicario allegata riguarda l’accesso dei fedeli al culto e non certo quello dei sacerdoti o, a maggior ragione, del Papa. Oggi ho assistito alla messa televisiva celebrata dal Card. Donati presso il santuario del Divino Amore, ovviamente a porte chiuse. Nondimeno erano presenti alcuni sacerdoti ed il personale addetto alle riprese.Mi consta, peraltro, da notizie giornalistiche che talune chiese parrocchiali romane siano state riaperte dal Card. Donati al culto dei fedeli, non alle celebrazioni, a seguito delle parole dello stesso Papa di un paio di giorni fa, allorquando ha detto che “le misure drastiche non sempre sono buone”.Ad oggi ciò, piaccia o meno, non è vietato da alcuna disposizione. In ogni caso, le città ormai quasi spettrali pullulano di pattuglie che ricacciano a casa i cittadini e li denunciano per i più svariati motivi, spesso immotivatamente. Se il Papa, i sacerdoti o i fedeli che si recano in Chiesa stessero viceversa violando le disposizioni per il contenimento del contagio ci sarà senz’altro un’Autorita’ che avrà l’obbligo di provvedere, non da ultimo la stessa magistratura.
       Massimiliano Siddi

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Il giorno 15 mar 2020, alle ore 23:22, Gioacchino Romeo <gioarom a alice.it> ha scritto:



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Come contributo alla discussione pubblico di seguito il decreto 12 marzo 2020 a firma del Cardinale vicario Angelo De Donatis, che si può leggere sul sito ufficiale della Diocesi di Roma:
 
  
 
«In relazione ai Decreti della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 4, 8 e 9marzo 2020, nonché alla “Comunicazione” del Segretario Generale del Vicariato di Roma del 5 marzo 2020 e alla “Lettera ai fedeli” del Cardinale Vicario del 6 marzo 2020;
 
- considerate le nuove e ancor più cogenti limitazioni poste all’ordinaria circolazione delle persone del decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri emanato in data 11 marzo 2020;
 
- considerati, altresì i “Comunicati” dell’Ufficio Nazionale per le Comunicazioni sociali della CEI n. 11/20 in data 8 marzo u.s. e, in specie, quello n. 15/2020 in data odierna, in cui si riferisce: «Viviamo una situazione gravissima sul piano sanitario […] A ciascuno, in particolare, viene chiesto di avere la massima attenzione, perché un’eventuale sua imprudenza nell’osservare le misure sanitarie potrebbe danneggiare altre persone. Di questa responsabilità può essere espressione anche la decisione di chiudere le chiese. Questo non perché lo Stato ce lo imponga, ma per un senso di appartenenza alla famiglia umana, esposta ad un virus di cui ancora non conosciamo la natura né la propagazione»;
 
- viste le disposizioni di cui al mio Decreto prot. 446/20 dell’8 marzo u.s., tuttora in vigore, e confermate altresì le restrizioni alle attività ordinarie nelle parrocchie, rettorie e negli altri luoghi di culto già poste al medesimo;
 
SI DISPONE
 
che il n. 1 del Decreto prot. 446/20 dell’8 marzo u.s. venga così modificato:
 
1. Sino a venerdì 3 aprile 2020 l’accesso alle chiese parrocchiali e non parrocchiali della Diocesi di Roma, aperte al pubblico (cf. cann. 1214 ss. c.j.c.), e più in generale agli edifici di culto di qualunque genere aperti al pubblico, viene interdetto a tutti i fedeli. Rimangono accessibili solo gli oratori di comunità stabilmente costituite (religiose, monastiche, ecc.: cf. can. 1223 c.j.c.), limitatamente alle medesime collettività che abitualmente ne usufruiscono in quanto in loco residenti e conviventi, con interdizione all’accesso dei fedeli che non sono membri stabili delle predette comunità.
 
I fedeli sono in conseguenza dispensati dall’obbligo di soddisfare al precetto festivo (cf. cann. 1246-1248 c.j.c.).
 
Sarà cura dei sacerdoti responsabili dell’esercizio di culto nei singoli luoghi (Parroci, Rettori, Cappellani, ecc.) attivarsi per dar seguito a questa disposizione, innanzitutto con la chiusura delle aule di culto e con ogni altra iniziativa idonea allo scopo.
 
Ricordiamo che questa disposizione è per il bene comune. Accogliamo le Parole di Gesù che ci dicedove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro (Mt. 18.20). In questo tempo, ancora di più, le nostre case sono Chiese domestiche.
 
Vi benedico, affidandovi tutti ancora una volta alla materna intercessione della Madonna del Divino Amore.
 
Dato in Roma, dalla sede del Vicariato nel Palazzo Apostolico Lateranense, il giorno 12 marzo A. D. 2020. Prot. n. 468/20»
 
Gioacchino Romeo
 
  
 
  
 
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Da: thorgiov
Inviato: domenica 15 marzo 2020 22:38
A: area a areaperta.it
Oggetto: Re: [Area] Cattivo esempio

  
 
Il problema è che Bergoglio non è uscito da solo, perchè dietro di lui c'era un gruppo di persone, quindi un assembramento. Non mi è piaciuto, fra l'altro, l'invito rivolto ai parroci di recarsi a casa dei fedeli ammalati per dare l'eucarestia. Il virus aspetta solo l'occasione di diffondersi. Questa occasione non bisogna dargliela.

FELICE   PIZZI  ( Giudice del contenzioso del Tribunale di Napoli Nord )

Il 15/03/2020 20:58, Massimiliano Siddi ha scritto:
 

Per mera completezza, aggiungo che il Papa, come noto, non è uno straniero qualunque, ma il vescovo della città di Roma. Ne consegue che il fatto di recarsi presso due santuari per una funzione liturgico/spirituale costituisce, senza dubbio, esercizio del suo ministero, che può essere qualificata anche  come comprovata esigenza lavorativa. Ne’ le norme prescrivono che il raggiungimento della sede “lavorativa” debba per forza avvenire con mezzi di locomozione.
 
  
 
     Massimiliano Siddi
 
Inviato da iPhone
 

Il giorno 15 mar 2020, alle ore 20:00, Giuseppe Salmè <giuseppe.salme a gmail.com> ha scritto:
 

oronavirus, Papa a piedi per le strade di Roma: oggi pomeriggio a S.M.Maggiore e a S.Marcellino
 
Vatican Media  
 
Questa volta Francesco ha proprio sbagliato. E' uscito, lui e il gruppo di persone che lo seguivano in barba alle norme che vietano di uscire se non per i noti comprovati motivi. E senza mascherine. 
 
Va bene che è straniero, ma un minimo di rispetto per le regole dello Stato che lo ospita. 
 
E poi che esempio dà ai cittadini.
 
E' un comportamento da disapprovare senza se e senza ma.
 
P.Salmè  
 


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