[Area] I rischi dell’udienza telematica

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Ven 10 Apr 2020 17:30:15 CEST


I RISCHI DELL’UDIENZA TELEMATICA 

Stiamo vivendo un periodo eccezionale, speriamo irripetibile. 

Lo stato di emergenza per ragioni di sanità, seguito alla pandemia da
Covid-19, si è abbattuto anche sul sistema giustizia, sospendendo tutta
l'attività giudiziaria (da ultimo - d.l. 23/2020, art. 36 - sino al
termine dell'11 maggio 2020), con limitate eccezioni connesse allo stato
di restrizione della libertà personale, nel processo penale, e alla
vulnerabilità del destinatario della tutela, nel processo civile. 

Le uniche attività non sospese vengono peraltro svolte, sia nel civile
che nel penale, mediante l'utilizzo di strumenti telematici che
consentono la trattazione da remoto; strumenti senza dubbio utili per la
fase dell'emergenza, disciplinati dalle linee guida del Csm, da numerosi
protocolli nei singoli distretti e ora al vaglio del legislatore. 

Siamo consapevoli di come il procedimento "da remoto" abbia consentito
di contemperare la tutela del diritto alla salute di tutti e l'interesse
a "non mandare in quarantena" la giustizia, in settori che sono
fondamentali per la convivenza civile: la democrazia non può infatti
tollerare la "sospensione" della giurisdizione, strumento e luogo di
tutela dei diritti e di garanzia delle libertà. 

L'impiego delle tecnologie telematiche per quanto riguarda la formazione
e comunicazione, anche nel penale, di atti e documenti - a condizioni di
reciprocità con l'avvocatura - è certamente un dato positivo e, sotto
questo profilo, ci auguriamo che l'esperienza di questi mesi possa dare
una accelerazione all'evoluzione positiva del sistema. 

Tuttavia, riteniamo necessario ribadire che una volta cessata la
situazione di emergenza - e mettendo in conto come anche per la
giustizia, al pari di altri settori della vita del paese, si tratterà di
un processo graduale - occorrerà tornare alla "normalità" e, con essa,
alla pienezza di tutte quelle regole processuali che non sono neutre,
essendo state previste dal legislatore in funzione dell'effettività del
diritto di difesa e del ruolo di garanzia della giurisdizione. 

Da questo punto di vista, l'udienza da remoto e la trattazione scritta
nel processo civile rischiano di vanificare i positivi risultati della
trattazione effettiva dei processi in udienza, a partire da un tasso di
definizione conciliativa molto elevato. 

Il pericolo, allora, è quello di un ritorno a udienze come inutili
dispensatrici di termini e a un giudice civile quale mero estensore di
sentenze, al termine di un dialogo processuale ripetitivo. 

Le stesse considerazioni valgono, poi, anche per il processo penale. 

L'udienza di convalida dell'arresto e del fermo "a distanza" deroga,
infatti, alla regola processuale che richiede la presenza della persona
arrestata o fermata dinanzi al "suo" giudice. Una regola che risponde ad
evidenti ragioni di tutela della persona privata della libertà
personale, non a caso garantita dal codice anche attraverso la
previsione di termini ristretti per condurre in udienza l'arrestato, in
ipotesi di celebrazione del giudizio direttissimo. 

Nel momento in cui si deve valutare la legittimità dell'operato della PG
è necessario che l'arrestato sia a contatto fisico con il giudice
chiamato a decidere, in una posizione anche soggettiva di non
condizionamento, che gli consenta un esercizio pieno del diritto di
difesa; una posizione, questa, oggettivamente non garantita dalla
condizione di stretto contatto con chi ha effettuato l'arresto o il
fermo. 

Ancora: nel nostro ordinamento, le ipotesi di processo a distanza sono
disciplinate come eccezioni, in ragione sia del diverso valore assunto
dalle dichiarazioni rese da testi e imputati in un esame a distanza, sia
del valore del contatto continuo con il difensore. La presenza fisica,
dunque, è garanzia non solo del diritto di difesa, ma anche del
risultato epistemologico dell'acquisizione probatoria. 

Analoghe perplessità fanno sorgere tutte le ipotesi che
decontestualizzano la decisione, ipotizzando camere di consiglio
delocalizzate, con gravi dubbi su riservatezza, ponderazione e valore
delle decisioni assunte in tali modi. 

Crediamo, infatti, che al modello di giudice che auspichiamo appartenga
la consapevolezza che la fatica, anche fisica, del contatto con le parti
del processo, e in primo luogo con l'imputato, sia necessaria; e che le
decisioni giudiziarie riguardino le persone e la loro esistenza, e che
non si manifestino in un "altrove" lontano e delocalizzato. 

Per questo, vogliamo sottolineare che i cambiamenti introdotti,
necessari per affrontare la crisi senza paralizzare la giustizia,
presentano rischi che non si possono sottovalutare, e che quelli
evidenziati non sono accettabili in tempi di normalità. 

Occorre, quindi, rifuggire dalla tentazione di credere che tutte le
facilitazioni permesse dalla crisi possano costituire un buon lascito
per il futuro. Questo pensiero, infatti, potrebbe divenire il pretesto
perché, terminata la fase critica, si introducano o stabilizzino deroghe
a quelle norme che la nostra legislazione ha introdotto per tutelare e
garantire al massimo i diritti e le libertà. 

Roma, 10 aprile 2020. 

_L'Esecutivo di Magistratura democratica_ 

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