[Area] R: I rischi dell'udienza telematica: la lettera di Luca Semeraro

Roberto Ferrari roberto.ferrari a giustizia.it
Mer 15 Apr 2020 13:45:04 CEST


Non capisco questi dibattiti.

L' oralità e l' immediatezza, quando ci sono, avvengono solo in primo grado. Questo si conclude con un provvedimento che diventa definitivo solo se le parti lo accettano.

Quindi che senso ha tutta tale cura per un atto interlocutorio, che assume valore solo se le parti ritengono di darglielo?

Diversa è la questione della conciliazione e della persuasione, per cui il contatto diretto è indubbiamente utile. In quest'ottica è possibile che l' immediatezza abbia un ruolo nella definizione del procedimento nei termini appena indicati.



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Da: Area <area-bounces a areaperta.it> per conto di Dott. Ardigo' Mario <mario.ardigo a giustizia.it>
Inviato: martedì 14 aprile 2020 14:12
A: 'AreAperta'
Oggetto: [Area] R: I rischi dell'udienza telematica: la lettera di Luca Semeraro

Ritengo molto seri i rischi, evidenziati nel documento dell’esecutivo di MD, dell’udienza penale in remoto. Sono legati essenzialmente al processo cognitivo e decisionale del giudicante, dei quali si  tratta anche in uno specifico corso sulla “psicologia del giudicare” della nostra Scuola Superiore, che si è avvalsa della collaborazione del prof. Rumiati (v. Rumiati ed altri, “Il giudice emotivo”, Il Mulino). Da remoto la persona dell’imputato processato diviene una sorta di figurina, a prescindere dalla buona volontà e dall’impegno del giudicante. La nostra mente funziona così e, ricorda Rumiati, funziona così da circa 200.000 anni.
  Forse in alcuni tipi di giudizio penale, come in appello e soprattutto nel giudizio di cassazione, quei rischi sono minori. Nel civile non so, perché non lo pratico da troppo tempo. In appello penso che comunque, qualora l’imputato (soprattutto se detenuto) lo richieda espressamente, dovrebbe essergli concesso di trovarsi di persona nei pressi del giudicante per manifestarsi per quello che veramente è e per dire la sua, se crede. Non apprendiamo solo con occhi e orecchie. Altro è assistere ad uno spettacolo teatrale dal vivo, altro è guardarlo in televisione.
 Certo, il convenire di più persone in un’aula giudiziaria aumenta il rischio di contagio, almeno finché si sia nella fase calda di una epidemia, come ora ci troviamo. Le esigenze di deconcentrazione e di distanziazione portano a celebrare meno processi penali che in tempi ordinari. Penso a certe aule del Tribunale di Roma, destinate ai dibattimenti monocratici, che nelle prime ore della mattinata erano veramente zeppe di gente, che debordava nei corridoi antistanti. Quelle situazioni andrebbero evitate. Alcune di quelle udienze sono destinate alla verifica della costituzione delle parti e allo smistamento. Queste fasi penso che potrebbero essere trattate da remoto senza pregiudizi per gli imputati. Lo stesso discorso può farsi per le conclusioni delle parti.
 Naturalmente, la gestione da remoto richiede una strumentazione valida, che nel penale non mi pare ancora disponibile dappertutto.
Mario Ardigò - Roma


Da: Area [mailto:area-bounces a areaperta.it] Per conto di Gianfranco Gilardi
Inviato: martedì 14 aprile 2020 12:53
A: Magistratura democratica <md a magistraturademocratica.it>
Cc: europa a magistraturademocratica.it; AreAperta <area a areaperta.it>
Oggetto: Re: [Area] I rischi dell'udienza telematica: la lettera di Luca Semeraro

 Analogamente – e per allargare l’orizzonte della riflessione – è innegabile il valore degli strumenti c.d. alternativi al processo per garantire il soddisfacimento dei beni della vita, tanto più nel difficilissimo momento che il Paese sta attraversando. Come si legge, infatti, nel recente “Manifesto della Giustizia Complementare alla Giurisdizione”,  di fronte ai “gravissimi problemi che coinvolgono tutti, cittadini, imprese, associazioni, pubblica amministrazione, nell’inevitabile rallentamento dell’operatività del sistema giustizia”, negoziazione e  mediazione costituisco la  “sponda di soccorso e assistenza di tutti quei cittadini e di quelle imprese che hanno bisogno di trovare una soluzione celere per la gestione dei loro conflitti che, se già pendenti …. vedranno rinviarne necessariamente l’esito,  se ancora non azionati rimarranno senza risposta per lungo tempo”.
Tali strumenti possono aiutare ad affrontare la fase  presente, ed anche a favorire l’impervio ritorno alla “normalità”, quella normalità in cui essi debbono configurarsi quali mezzi idonei ad arricchire la rete di protezione della collettività, non  già come la strada per sancire – attraverso il progressivo ed ambiguo percorso che va sotto il nome di degiurisdizionalizzazione – l’ulteriore declino del processo, che  deve  continuare ad essere il presidio essenziale con riguardo alla tutela giurisdizionale dei diritti.
 Gianfranco Gilardi

Il giorno mar 14 apr 2020 alle ore 10:37 Magistratura democratica <md a magistraturademocratica.it<mailto:md a magistraturademocratica.it>> ha scritto:
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I rischi dell’udienza telematica: la lettera di Luca Semeraro

Con il consenso dell’autore, rendiamo pubblica la lettera inviataci da Luca Semeraro, con cui viene sottoposto a critica il nostro documento intitolato “I rischi dell’udienza telematica”, che ripubblichiamo a seguire.
Le critiche di Luca – così come gli altri interventi, favorevoli e contrari, che si sono susseguiti finora – offrono un’importante occasione di discussione e di approfondimento.
Abbiamo sempre ritenuto l’apertura al confronto una cifra qualificante del nostro modo di intendere l’impegno associativo. Vorremmo, infatti, essere fautori di un associazionismo plurale e composito, che si nutre e arricchisce tanto dei contributi collettivi quanto di quelli individuali.
Le osservazioni di Luca ci stimolano ad offrire una risposta sui temi oggetto del nostro documento, frutto di una riflessione condotta all’interno e all’esterno dell’esecutivo.
Nel frattempo, auspichiamo che il dibattito possa proseguire in maniera approfondita, anche favorito dall’attuale condizione di lockdown, che ci consente una possibilità di sedimentazione, di approfondimento e di attenzione in altri tempi sconosciuta.

L’Esecutivo di Magistratura democratica



1. La lettera di Luca Semeraro

Al Presidente di Magistratura democratica
Al Segretario di Magistratura democratica
Ai colleghi dell’esecutivo

Carissimi colleghi, ritengo necessario esprimere il mio dissenso dal documento dal titolo “I rischi dell’udienza telematica”.
Premesso che la tutela e la garanzia “al massimo” dei diritti e delle libertà è un valore condiviso, parto dal titolo del documento.
Ad un gruppo che usa i social network, che pubblica una rivista on line e si avvale (o si avvaleva) di un esperto di comunicazione, non può sfuggire l’importanza del titolo del documento: è la sintesi del messaggio, quello che si vuole sia ripreso, anche dai media, con immediatezza.
Dunque, l’udienza telematica è rischiosa: cioè pericolosa, perché comporta la probabilità di un danno (cfr. Vocabolario Treccani).
Il titolo spara, quindi, subito il giudizio negativo dell’esecutivo di Magistratura democratica sull’udienza telematica.
Tale giudizio negativo è stato espresso in tempi di emergenza quando si sta cercando, anche con notevoli sforzi, di non bloccare tutta l’attività giudiziaria, ricorrendovi in casi limitati e proponendo ampliamenti in specifiche procedure; senza valutare che conviveremo con un post emergenza che non sarà breve ed infine che da questa esperienza dobbiamo trarre le cose che possono essere molto utili anche per il futuro.
Che si tratti poi di un giudizio negativo sull’udienza telematica, senza alcuna distinzione di sorta, emerge anche dal contenuto.
Il documento inizia infatti accennando alle udienze telematiche in tempi di emergenza per tornare poi, per la normalità, al giudizio negativo sulle modalità telematiche: e lo fa citando esperienze limitate e specifiche di alcuni settori dei processi civile e penale, come risulta chiaramente dal riferimento alla conciliazione, alle convalide delle misure precautelari ed alla partecipazione a distanza. In sostanza, si ribadisce il generale giudizio negativo erigendo un muro, per il futuro, in base ad alcune fasi procedimentali senza neanche valutare che ne esistono altre nelle quali i problemi esposti non si pongono minimamente. Trarre una valutazione generale, perché tale è, da situazioni particolari è un errore logico; la scelta dei tempi ed il rifiuto in sé, per me, è un errore politico.
Perché, ove il legislatore lo preveda, come si chiede da più parti, un avvocato di Lecce non può chiedere di partecipare a distanza all’udienza di opposizione all’archiviazione a Milano? Può discutere, magari per 10’, senza percorrere 1000 km?
Come ha ben spiegato Enrico Consolandi, si tratta di utilizzare un mezzo, l’informatica con le sue applicazioni, per venire incontro ad esigenze specifiche: l’informatica non è un fine.
Semmai, proprio l’esperienza delle udienze con imputati presenti con le modalità della partecipazione a distanza, con i giudici costretti a contendersi le poche aule attrezzate ed a salti mortali per evitare la decorrenza dei termini, avrebbe consigliato maggiori aperture.
 Che il documento esprima un giudizio del tutto negativo sull’udienza telematica emerge poi chiaramente dalla parte finale del documento, quello sul modello di giudice. Ora, il riferimento al contatto con l’imputato – è scritto imputato, quindi si sta parlando del processo penale – è un romanticismo fuori dalla realtà: l’imputato non è obbligato a presenziare al processo e può scegliere di non partecipare; normalmente non vi partecipa, come insegna l’esperienza quotidiana. Nella quasi totalità dei casi i processi si decidono senza alcun contatto fisico con l’imputato: in alcuni casi questa è la regola, come nel giudizio di legittimità. Dunque, non è questo un argomento dirimente; la tesi ripete lo stesso errore logico.
E poi: ma veramente l’esecutivo pensa che chi è favorevole all’udienza telematica regolamentata ad alcuni casi non ritenga che la sua decisione riguardi una persona e la sua esistenza? Il percorso decisionale interiore non dipende certo dal mezzo utilizzato ma dalla ponderazione profonda del materiale probatorio; dalla capacità di ascolto delle parti.
Infine, il punto che ritengo profondamente sbagliato: “Analoghe perplessità fanno sorgere tutte le ipotesi che decontestualizzano la decisione, ipotizzando camere di consiglio delocalizzate, con gravi dubbi su riservatezza, ponderazione e valore delle decisioni assunte in tali modi”.
Le perplessità sono poi esplicitate nel documento con la netta contrarietà a decisioni prese in un “altrove” lontano e decontestualizzato.
Ora, posto che se sono un giudice monocratico difficilmente posso essere altrove e decontestualizzato da me stesso, il documento si riferisce chiaramente ai collegi ed in particolare a quelli della Cassazione. Dunque, è uno stop a tutte le iniziative in corso che i magistrati della Corte, me compreso, stanno prendendo per evitare la totale paralisi dell’attività giurisdizionale: perché è bene ricordare che attualmente la Corte di Cassazione vive una stasi subita dai magistrati che invece chiedono un’immediata ripresa, tenuto conto della specificità del rito.
Si tratta di quei procedimenti, civili e penali, nei quali il contatto con le parti, semplicemente, non esiste. Le decisioni si prendono sulle carte.
Dunque, la scelta di contrasto a queste iniziative è netta, per altro in linea con il documento delle camere penali, e delegittima chi le ha prese.
Perché l’esecutivo ritiene che le camere di consiglio “a distanza”, con le stanze virtuali, non debbano essere tenute?
Per due ragioni, perché l’assenza di valore (!) della decisione, a cui fa riferimento il documento, è l’effetto e non la causa.
La riservatezza. Si teme evidentemente che la stanza virtuale possa essere ascoltata, intercettata o registrata. Se così è, allora prepariamoci a camere di consiglio con smartphone spenti e privi di batteria; computer, tutti, spenti durante la camera di consiglio, anche quelli su cui i giudici hanno gli appunti per le decisioni. Torniamo, durante le camere di consiglio, alle ricerche non su Italgiureweb ma su codici commentati, ed a scrivere i dispositivi a mano; aboliamo l’uso dei registri informatici: per violare la riservatezza di una camera di consiglio è sufficiente un computer o uno smartphone acceso. E via gli stagisti ovviamente.
Vi domando: ma le multinazionali che muovono miliardi secondo voi non fanno le Call conference? Hanno problemi di riservatezza e di tutela di segreti industriali molto più rilevanti di noi che dichiariamo inammissibile un ricorso in settima sezione, per altro dopo aver già avvisato il difensore dell’esito quasi certo del suo ricorso.
Ponderazione. La ponderazione di una decisione non dipende dal mezzo usato ma dalla capacità professionale dei magistrati e, in caso di udienza telematica, dalla messa a disposizione informatica degli atti. Esattamente come accade quando si decide “live". Solo che gli atti sono su uno scaffale a tre metri da terra…
Dunque, ritengo che affermazioni così nette siano state un errore e siano anche poco lungimiranti.
Saluti a tutti,
Luca Semeraro

p.s.: Lascio all’esecutivo la scelta di rendere pubblica la mia lettera.



2. Il nostro documento, intitolato “I rischi dell’udienza telematica”

Stiamo vivendo un periodo eccezionale, speriamo irripetibile.
Lo stato di emergenza per ragioni di sanità, seguito alla pandemia da Covid-19, si è abbattuto anche sul sistema giustizia, sospendendo tutta l’attività giudiziaria (da ultimo – d.l. 23/2020, art. 36 – sino al termine dell’11 maggio 2020), con limitate eccezioni connesse allo stato di restrizione della libertà personale, nel processo penale, e alla vulnerabilità del destinatario della tutela, nel processo civile.
Le uniche attività non sospese vengono peraltro svolte, sia nel civile che nel penale, mediante l’utilizzo di strumenti telematici che consentono la trattazione da remoto; strumenti senza dubbio utili per la fase dell’emergenza, disciplinati dalle linee guida del Csm, da numerosi protocolli nei singoli distretti e ora al vaglio del legislatore.
Siamo consapevoli di come il procedimento “da remoto” abbia consentito di contemperare la tutela del diritto alla salute di tutti e l’interesse a “non mandare in quarantena” la giustizia, in settori che sono fondamentali per la convivenza civile: la democrazia non può infatti tollerare la “sospensione” della giurisdizione, strumento e luogo di tutela dei diritti e di garanzia delle libertà.
L’impiego delle tecnologie telematiche per quanto riguarda la formazione e comunicazione, anche nel penale, di atti e documenti – a condizioni di reciprocità con l’avvocatura – è certamente un dato positivo e, sotto questo profilo, ci auguriamo che l’esperienza di questi mesi possa dare una accelerazione all’evoluzione positiva del sistema.
Tuttavia, riteniamo necessario ribadire che una volta cessata la situazione di emergenza – e mettendo in conto come anche per la giustizia, al pari di altri settori della vita del paese, si tratterà di un processo graduale – occorrerà tornare alla “normalità” e, con essa, alla pienezza di tutte quelle regole processuali che non sono neutre, essendo state previste dal legislatore in funzione dell’effettività del diritto di difesa e del ruolo di garanzia della giurisdizione.
Da questo punto di vista, l’udienza da remoto e la trattazione scritta nel processo civile rischiano di vanificare i positivi risultati della trattazione effettiva dei processi in udienza, a partire da un tasso di definizione conciliativa molto elevato.
Il pericolo, allora, è quello di un ritorno a udienze come inutili dispensatrici di termini e a un giudice civile quale mero estensore di sentenze, al termine di un dialogo processuale ripetitivo.
Le stesse considerazioni valgono, poi, anche per il processo penale.
L’udienza di convalida dell’arresto e del fermo “a distanza” deroga, infatti, alla regola processuale che richiede la presenza della persona arrestata o fermata dinanzi al “suo” giudice. Una regola che risponde ad evidenti ragioni di tutela della persona privata della libertà personale, non a caso garantita dal codice anche attraverso la previsione di termini ristretti per condurre in udienza l’arrestato, in ipotesi di celebrazione del giudizio direttissimo.
Nel momento in cui si deve valutare la legittimità dell’operato della PG è necessario che l’arrestato sia a contatto fisico con il giudice chiamato a decidere, in una posizione anche soggettiva di non condizionamento, che gli consenta un esercizio pieno del diritto di difesa; una posizione, questa, oggettivamente non garantita dalla condizione di stretto contatto con chi ha effettuato l’arresto o il fermo.
Ancora: nel nostro ordinamento, le ipotesi di processo a distanza sono disciplinate come eccezioni, in ragione sia del diverso valore assunto dalle dichiarazioni rese da testi e imputati in un esame a distanza, sia del valore del contatto continuo con il difensore. La presenza fisica, dunque, è garanzia non solo del diritto di difesa, ma anche del risultato epistemologico dell’acquisizione probatoria.
Analoghe perplessità fanno sorgere tutte le ipotesi che decontestualizzano la decisione, ipotizzando camere di consiglio delocalizzate, con gravi dubbi su riservatezza, ponderazione e valore delle decisioni assunte in tali modi.
Crediamo, infatti, che al modello di giudice che auspichiamo appartenga la consapevolezza che la fatica, anche fisica, del contatto con le parti del processo, e in primo luogo con l’imputato, sia necessaria; e che le decisioni giudiziarie riguardino le persone e la loro esistenza, e che non si manifestino in un “altrove” lontano e delocalizzato.
Per questo, vogliamo sottolineare che i cambiamenti introdotti, necessari per affrontare la crisi senza paralizzare la giustizia, presentano rischi che non si possono sottovalutare, e che quelli evidenziati non sono accettabili in tempi di normalità.
Occorre, quindi, rifuggire dalla tentazione di credere che tutte le facilitazioni permesse dalla crisi possano costituire un buon lascito per il futuro. Questo pensiero, infatti, potrebbe divenire il pretesto perché, terminata la fase critica, si introducano o stabilizzino deroghe a quelle norme che la nostra legislazione ha introdotto per tutelare e garantire al massimo i diritti e le libertà.
Roma, 10 aprile 2020.

L’Esecutivo di Magistratura democratica


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