[Area] «Skype è utilissimo, ma alla giustizia servirà sempre l'aula» - Intervista a Letizio Magliaro

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Lun 20 Apr 2020 12:31:27 CEST


  «Skype è utilissimo, ma alla giustizia servirà sempre l’aula»

 

  (La Repubblica-Bologna, 20 aprile 2020)

 

«Skype può essere prezioso ma non può sostituire l’aula di un tribunale. Il
punto non è dire sì o no all’informatica, ma avere riguardo a come la si
utilizza». Anche il mondo della giustizia si è dovuto adeguare ai tempi, fra
processi a distanza e atti digitalizzati. A chi guarda a queste novità con
entusiasmo, per un possibile impiego in futuro, il giudice del tribunale di
Bologna Letizio Magliaro, dell’esecutivo nazionale di Magistratura
democratica, pone delle domande. Che riguardano tutti i cittadini.

Giudice, alcune attività vanno avanti anche oggi. Come?

«I provvedimenti legislativi sull’emergenza coronavirus hanno stabilito
quali processi devono comunque essere celebrati. Nel civile, si utilizzano
strumenti telematici per provvedimenti sulla protezione internazionale, la
tutela dei minori o situazioni d’urgenza. Nel sabato di Pasqua, per esempio,
è stato presentato un reclamo in via d’urgenza al presidente della sezione
lavoro da parte dei riders per avere a disposizione le mascherine da parte
dell’azienda: il provvedimento è stato adottato tre giorni dopo».

E sul penale?

«Alcune attività sono proseguite svolgendo le udienze in via telematica. La
novità è che l’emergenza ha costretto ad adottare questa modalità anche in
nuovi casi. Per tutti gli arrestati bisogna celebrare l’udienza di convalida
entro 48 ore, perché se una persona è privata della libertà occorre
l’intervento del giudice per verificare la legittimità dell’operato della
polizia. Oggi, per tenere queste udienze si usano strumenti come Skype o
Teams, per metterci in contatto con i vari soggetti, dall’avvocato al
detenuto, che si trova nella camera di sicurezza della polizia giudiziaria
che lo ha fermato».

E gli altri processi vanno avanti?

«Ci sono situazioni per le quali non ci si può fermare. Vale a dire i
processi nei confronti di detenuti sottoposti a misura cautelare. In quei
casi, su richiesta dell’interessato, si deve tenere l’udienza. È un
diritto».

Tecnologia e giustizia sono due mondi che si parlano?

«L’emergenza ha reso più visibile il ritardo che avevamo. Nel momento in cui
ci si è resi conto che alcune udienze devono essere celebrate, ci si è
accorti che l’utilizzo della tecnologia è indispensabile. Però, molti di
questi strumenti non erano mai stati previsti e attivati. Nella
digitalizzazione dei documenti nel settore penale siamo alla preistoria.
L’emergenza ci pone davanti a una necessità di accelerazione che in parte
c’è stata. Ma ciò comporta anche una serie di questioni giuridiche».

Quali?

«Mi spiego con tre aspetti problematici. Il primo riguarda l’udienza di
convalida dell’arresto o del fermo. Portare l’arrestato davanti al giudice è
una forma di garanzia: quando una persona viene arrestata dalla polizia
giudiziaria, il giudice deve valutare se l’operato è stato corretto o no.
Come sappiamo, ci sono stati dei casi drammatici in tema di arresto, dal
caso Cucchi a quelli di Genova. Nel momento in cui l’arrestato è alla
presenza fisica del giudice, quest’ultimo valuta le circostanze
dell’arresto. Sentire la versione dell’arrestato mentre è lì davanti a lui
oppure mentre si trova nella camera di sicurezza dell’organo di polizia che
l’ha fermato, magari senza nemmeno la possibilità di parlare col suo
avvocato lì presente, ma soltanto per telefono, non è la stessa cosa e non
tutela allo stesso modo la sua posizione».

E gli altri?

«Ce n’è un secondo che riguarda le normali udienze che in questa fase si
possono celebrare “da remoto”: gli imputati già in carcere, il giudice
davanti al pc, l’avvocato in studio. Ognuno per conto suo. È una modalità
riproducibile in futuro? In un giusto processo occorre assumere le prove in
modo efficace per arrivare alla giusta decisione: avere la percezione fisica
delle reazioni di un testimone mentre viene interrogato, farsi una
convinzione sulle cose che dice, vedere come reagisce, parla, se sta
guardando degli appunti è indispensabile per valutare la sua testimonianza.
Non è la stessa cosa in video. Infine, la progressiva “dematerializzazione”
dei luoghi della giustizia allontana il cittadino dalla percezione anche
fisica che esiste un posto dove la “legge è uguale per tutti”».

Skype non sostituisce l’aula.

«In condizioni di normalità, non è un bene che le attività di cui ho parlato
si facciano a distanza. L’informatica si è rivelata uno strumento prezioso.
Dobbiamo essere grati a tutti i colleghi che si sono spesi per favorire il
processo di informatizzazione. Da questa esperienza drammatica possiamo
trarre forza per immaginare un processo migliore. Ma attenti: non tutto
quello che l’informatica permette di fare va bene. In gioco ci sono le
garanzie per l’imputato, il giusto processo, e un’idea di giustizia che vede
il cittadino più vicino ai luoghi della sua tutela».

 

Letizio Magliaro

Componente dell’Esecutivo di Magistratura democratica

 

 

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