[Area] 25 aprile, il cardinale di Bologna Zuppi_ _È la festa di tutti, non è di parte_.pdf — Pagina 1

Mario Ardigo' mario.ardigo a giustizia.it
Mar 21 Apr 2020 08:21:15 CEST


   Nella ricorrenza del 25 Aprile si celebrano valori universali di civiltà, che quindi non sono solo italiani e che effettivamente non sono legati a strumentalizzazione di parte, nel senso che li si brandisca in lotte di potere per il potere.

  Tuttavia non bisogna dimenticare che si celebrano non solo quei valori, ma una dura lotta di popolo per affermarli contro istituzioni che si erano pervertite. Essa è la Resistenza, che in Emilia ebbe connotati particolari, per la profonda intesa che ci fu tra forze socialiste e del cattolicesimo sociale. Quanto a quest'ultimo esso è manifestazione di un orientamento, anche con valenze teologiche, che ha trovato e ancora ha acerrimi avversari in religione. Proprio di questi tempi la Chiesa cattolica italiana, nello specifico, appare attraversata da un profonda frattura proprio su quei temi.

  Il 25 Aprile è in un certo modo una liturgia, vale a dire un'azione di popolo ed è festa  nel senso che si ricorda la gioia di aver prevalso. Serve a unire gli spiriti di oggi a quelli di tanti anni fa. La si celebra anche come un impegno, in particolare come un'impegno di lotta, ben descritto dalla celebre epigrafe  di Piero Calamandrei diretta al camerata Kesserling, il comandante degli occupanti nazisti sconfitti, "se vorrai tornare/ai nostri posti ci troverai/ morti e vivi collo stesso impegno/popolo serrato intorno al monumento/che si chiama/ora e sempre/ Resistenza!".

 Lo spirito in cui si celebra la ricorrenza del 25 Aprile è dunque quello di un popolo serrato​ intorno a quei valori di civiltà di cui dicevo, ma pronto anche alla lotta se, come accadde durante il fascismo mussoliniano, dovessero essere stravolte le procedure democratiche che consentono una pacifica dialettica politica per sostenerli pacificamente. Insomma, ci si ritrova anche per rassicurarci l'un l'altro, e così farsi animo, che ognuno è disposto a fare scudo a quei valori.

 Quella del 25 Aprile, in particolare, non deve essere ridotta alla celebrazione mortuaria dei caduti dell'una e dell'altra parte. Non  è questo il suo senso. Perché altrimenti la si celebra fatalisticamente, nel senso che guerre vi sono sempre, come terremoti e pandemie, e allora non restano, alla fine, che, appunto, liturgie funerarie. No! Lotta vi fu, e fu lotta anche per liberarsi dall'idea che le tirannie vanno subite passivamente come le catastrofi naturali, e chi aderisce idealmente ai valori di cui si fa memoria attiva nella ricorrenza del 25 Aprile, non la ripudia, è pronto anzi a riprenderla in ogni momento, e, in democrazia, si propone di contrastare ogni movimento e ideologia che quei valori minacci, e ciò con i metodi pacifici consentiti da quel sistema politico, che fu realizzato, tra il 1945 e il 1947, dopo aver abbattuto il precedente regime.

 A Bologna la Liberazione, che culminò poi con la presa di Milano il 25 Aprile, avvenne qualche giorno prima, quando le forze partigiane entrarono in armi nella città e ne presero possesso, nella disfatta delle istituzioni della repubblica sociale e nella fuga delle forze militari fasciste. Di quel giorno fin da piccolo ho ricevuto il ricordo vivissimo di mia madre: con sua sorella si mise un fazzoletto rosso al collo e scese per le strade cittadine, libera dall'incubo che era diventato l'ultimo fascismo, in cui, un po' come accade ora in tempo di pandemia, ogni progetto di vita era stato come sospeso, sotto la continua  e folle minaccia di morte. Finalmente si poteva pensare a laurearsi, a iniziare una professione, a dire in giro ciò che si pensava veramente, a sposarsi, a tirar su famiglia: la vita riprendeva. Una grande gioia. I bolognesi ripresero a convenire nei capannelli di gente in piazza Maggiore per discutere, anche animatamente, di politica.

 La memoria di quegli eventi fu a lungo controversa. Ieri alla radio si è ricordato che una circolare di un Ministro dell'Istruzione democristiano degli anni Sessanta invitava le scuole a celebrare, il 25 Aprile, l'anniversario della nascita di Guglielmo Marconi. Certamente mio padre e i suoi parenti e amici, che da cattolici democratici erano stati attivi nella Resistenza bolognese, la vedevano molto diversamente. Si è a lungo rimproverato ai comunisti italiani di aver troppo accentuato l'aspetto di lotta, anche militare, della Resistenza, ma in quello avevano una giusta prospettiva. Piuttosto, essi tendevano a negare il carattere di guerra civile che indubbiamente invece la Resistenza ebbe e, soprattutto, a differenza della successiva ricerca storica riconducibile a Renzo De Felice e ad altri storici, sottovalutarono il valore di rinascita civile espresso anche in quegli strati della popolazione i quali, rimasti come in un'area "grigia" nel crollo faticoso del regime fascista e quindi senza impegnarsi direttamente nella lotta, ad un certo punto giunsero a ripudiare l'ideologia fascista, e soprattutto quella clerico-fascista che ancora oggi permea taluni strati della nostra popolazione avendo mantenuto una certa tradizione, accreditando alle scadenze elettorali la democrazia repubblicana, dal '46 e, in definitiva, poi fino ad oggi.  Su questo ha scritto pagine importanti, ad esempio, lo storico Pietro Scoppola.

Mario Ardigò

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Da: Area <area-bounces a areaperta.it> per conto di Giuseppe Salme <giuseppe.salme a gmail.com>
Inviato: lunedì 20 aprile 2020 18:59
A: iscritti a magistraturademocratica.it; area
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