[Area] AreaDG - Per la sicurezza degli operatori della giustizia nella ripartenza

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Mar 5 Maggio 2020 17:33:30 CEST


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*Per la sicurezza degli operatori*

*della giustizia nella ripartenza*



L’ormai prossima fase della ripartenza costituirà un test delicato per la
giustizia italiana. L’incerto e imprevedibile andamento dei contagi
richiede, infatti, che in relazione a luoghi che, come i palazzi di
Giustizia, sono abitualmente frequentati da migliaia di persone, siano
adottate scelte organizzative e soluzioni che sappiano coniugare la
necessità di una doverosa e auspicata ripresa del lavoro giudiziario con la
cautela e la prudenza che la situazione  impone

I magistrati italiani vogliono in questa fase della ripartenza poter
svolgere appieno la attività giurisdizionale e vogliono farlo in sicurezza,
non solo per se stessi, ma anzitutto per tutti gli operatori della
giustizia: dal personale amministrativo, agli avvocati, al personale
ausiliario fino agli utenti.

In senso contrario alla sicurezza va invece la novella dell’art. 83 D.l.
18/2020. introdotta dal D.l. n.28 del 30.4.2020, che smentendo la diversa
indicazione contenuta nella legge di conversione n. 27/2020, impone
l’obbligo per i soli magistrati ordinari (incomprensibilmente non anche per
gli amministrativi e i contabili) di gestire il processo, anche quando è
remotizzato, dal proprio ufficio giudiziario. Si tratta di una norma
irrazionale, e tale appare soprattutto per il settore civile. In questo
ambito, infatti, proprio durante il lockdown, un sistema telematico per la
gestione delle attività ormai ampiamente collaudato,  ha consentito ai
magistrati addetti al settore civile di svolgere da remoto gran parte
dell’attività giudiziaria, senza alcuna lesione di diritti e garanzie e in
piena sicurezza non solo per sé, ma per il personale e gli avvocati
civilisti, che, parimenti hanno operato da remoto.

Dunque, durante il lockdown i palazzi di Giustizia non si sono chiusi, e i
magistrati italiani hanno continuato a lavorare con tutti i mezzi che sono
stati messi a loro diposizione, compresa, quando possibile, l’udienza da
remoto. Diverse migliaia sono i provvedimenti depositati dal 9 marzo dai
magistrati del civile, cui vanno ad aggiungersi quelli    emessi e
depositati  dai magistrati addetti al penale, al lavoro, alla Sorveglianza
ed ai minori, moltissimi dei quali non ancora computabili  per la mancanza
del personale di cancelleria. Dunque, migliaia di sentenze, ordinanze e
decreti e udienze, non solo  provvedimenti di rinvio d’ufficio, mentre
parimenti è proseguito il lavoro in ufficio dei pubblici ministeri.

L’obbligo di svolgere l’udienza anche quando è da remoto in ufficio, sembra
sottendere l’ idea che i magistrati lavorino solo quando sono nei loro
uffici: un’impostazione sbagliata e demagogica, come i numeri dimostrano,
ma che in questo momento finisce anche  col creare seri problemi per la
sicurezza e la salute collettiva. Ed invero, se come correttamente
prescrivono le stesse circolari recentemente emanate  dal Dipartimento
Organizzazione Giudiziaria, tra le principali misure per garantire la
sicurezza sanitaria nei palazzi di Giustizia vi sono quelle della
limitazione degli accessi  e della riorganizzazione della logistica degli
spazi di lavoro in funzione del distanziamento interpersonale, non è dato
comprendere perché proprio coloro che tra i magistrati, specie i giudici
civili, attraverso la telematica possono svolgere il loro lavoro in remoto
nel rispetto dei diritti e delle garanzie delle parti, debbano essere
costretti ad accedere quotidianamente agli uffici giudiziari, aggravando
l’incidenza degli accessi e occupando spazi che potrebbero essere ben
destinati allo svolgimento di quelle udienza che è necessario che si
svolgano in  presenza e che, inevitabilmente, dovranno essere rinviate. A
ciò  si aggiunga che molti magistrati, ancora in particolare quelli addetti
al civile, condividono in due o tre persone anguste stanze nelle quali ora
dovrebbero recarsi  per una udienza che potrebbero in sicurezza fare da
casa, aggravando così il rischio del contagio.

I magistrati italiani hanno sempre lavorato nei Palazzi di giustizia,
perché comprendono bene il valore, anche simbolico, del legame tra la loro
funzione ed i luoghi istituzionalmente deputati al suo esercizio. In tanti
lo hanno fatto e continueranno a farlo anche durante, e dopo, l’emergenza
sanitaria.  Ma vogliono che ciò avvenga in sicurezza : ecco perché
chiediamo l’abolizione immediata, prima della ripartenza di una norma
irrazionale e priva di qualsivoglia utilità, che espone ad inutili rischi
gli operatori della Giustizia.

Il Coordinamento di AreaDG.
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