[Area] AreaDG sulle sfide della nuova crisi globale - VII (La magistratura onoraria all'epoca del ‘COVID19’)

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Lun 11 Maggio 2020 08:42:02 CEST


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*AreaDG sulle sfide della nuova crisi globale*



*L’emergenza epidemiologica, la crisi globale e le nuove sfide – 8*



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*La magistratura onoraria all'epoca del ‘COVID19’*

*A.  **Introduzione del processo civile telematico e della trattazione
scritta per i processi di competenza del Giudice di Pace.*

L'emergenza Corona Virus ha evidenziato la principale debolezza del
processo civile avanti il giudice di pace (la terminologia che verrà
utilizzata è quella tradizionalmente di riferimento per i ‘giudici onorari
di pace’ di cui alla recente riforma), che riposa non tanto sulla
possibilità di celebrare l’udienza in videoconferenza ma attiene alla
necessità, ormai impellente, di realizzare il processo civile telematico,
sistema la cui attuazione è stata annunciata ormai da anni ma che, a
tutt’oggi, non è stato concretizzata, nemmeno come progetto pilota, in
alcun ufficio.

La sua mancata realizzazione presso l’Ufficio del Giudice di Pace e la
Corte Suprema di Cassazione non consente, peraltro, di raggiungere  la
finalità principale del suddetto sistema, ossia la comunicazione e
circolazione integrata degli atti del fascicolo in tutte le fasi e gradi
del processo.

Fatta questa doverosa premessa e auspicando un intervento finalmente
risolutore sul punto, occorre affrontare il problema dell’emergenza
sanitaria non soltanto al fine di fronteggiarne gli effetti nell’immediato
ma anche nell’ottica di valorizzare  tutte le soluzioni prospettate per
valorizzarne l'eventuale l'utilità anche al termine dell' emergenza.

Al riguardo va, ricordato  che il successo del processo avanti al giudice
di pace deriva dalla sua particolare speditezza, per cui  l’attività è
concentrata in poche udienze,  gran parte delle preclusioni maturano al
concludersi della prima e non sono previsti termini di deposito fuori
udienza.

Ecco che, dopo queste considerazioni preliminari, non si vede come
determinate attività del processo quali quelle proprie della prima udienza
in cui, nella maggior parte dei casi, le parti chiedono semplicemente un
rinvio per la precisazione delle istanze istruttorie (stante la possibilità
di costituirsi direttamente in prima udienza), oppure dell’udienza di
ammissione delle prove o, infine, dell’udienza di precisazione conclusioni
non possano svolgersi, di regola, con la modalità della trattazione scritta
o della videoconferenza, salva ovviamente la possibilità di presentare
istanza motivata di celebrazione dell’udienza nelle forme ordinarie.

L’utilizzo di protocolli e linee guida, che consente di far fronte
all’emergenza nell’immediato, non permette, ovviamente, di risolvere le
esigenze  evidenziate di razionalità ed efficienza del sistema.

È, quindi, necessaria una riforma legislativa che, in linea con quanto
disposto dalla normativa europea, limiti lo svolgimento dell’udienza nelle
modalità ordinarie ai casi che rivestono una particolare complessità o
caratterizzati da una particolare incidenza di interessi pubblicistici.

Occorre, infatti, dare concretezza al principio del contraddittorio alla
luce delle moderne tecnologie ed in conformità alle esigenze di efficienza
del sistema giustizia, selezionando le controversie per le quali è
necessario lo svolgimento dell’udienza alla compresenza del giudice e di
tutte le parti e prevedendo la possibilità di celebrazione della stessa a
trattazione scritta, o da remoto, in tutti quei casi in cui le attività da
espletare si concretizzino in adempimenti di mero deposito o rinvio a
deduzioni già formulate in atti.

È, quindi, auspicabile un intervento riformatore che introduca, per le
cause riservate alla cognizione del Giudice di Pace, il processo a
trattazione scritta, strutturandolo sul modello di cui al Regolamento n.
861/2007/CE istitutivo del procedimento europeo per le c.d. small claims
(applicabile nel nostro ordinamento limitatamente alle controversie
transfrontaliere) con la possibilità per il giudice di disporre la
prosecuzione dell’udienza in videoconferenza oppure con le forme ordinarie,
qualora lo richiedano le esigenze istruttorie o specifiche istanze delle
parti.

Queste soluzioni,  consentiranno di implementare l'efficienza della
giurisdizione del Giudice di Pace anche in vista di un aumento delle sue
competenze .



*B.  **Digitalizzazione degli atti e udienza da remoto nel processo penale
davanti al Giudice di Pace.*

Sotto il profilo dell’innovazione informatica, l’Ufficio del Giudice di
Pace sembra essere stato dimenticato dal legislatore, basti pensare che per
il processo penale  non è prevista la stenotipia ed il verbale viene ancora
redatto a mano, in forma riassuntiva, con evidente allungamento dei tempi
del processo.

Anche in questo settore, poi, l'emergenza sanitaria ha evidenziato la
necessità di introdurre il processo telematico, consentendo così la
digitalizzazione dei documenti ed una migliore circolazione del fascicolo.
Questa soluzione non solo garantirebbe un recupero di efficienza, ma
consentirebbe anche e soprattutto di ripensare l’Ufficio del Giudice di
Pace, in occasione di futuri aumenti di competenza, non solo nell’ottica di
un semplice alleggerimento del carico dei tribunali ma anche di una
maggiore razionalizzazione dei processi.

Per quanto attiene poi alla situazione dell’emergenza attuale, occorre
affrontare, anche per il processo penale davanti al GdP, il tema delle
udienze da remoto rifuggendo da approcci di principio, in favore di
un’analisi che tenga conto delle specificità delle attività in concreto
svolte nelle singole fasi. Alcune di esse appaiono facilmente gestibili da
remoto senza limitazione del diritto di difesa. Ci si riferisce, in
particolare, all’udienza di discussione in cui a volte vengono trattate
questioni di fatto e di diritto non complesse; alla prima udienza dove le
questioni preliminari e l'apertura del dibattimento spesso presentano
profili rutinari limitati all'ammissibilità della costituzione di parte
civile, alla citazione del responsabile civile,  ad eventuali nullità del
decreto di citazione; all'ammissione delle prove; alle udienze di
conferimento dell’incarico peritale. Per tali attività lo svolgimento
dell’udienza in videoconferenza non può comportare alcun pregiudizio per le
prerogative delle parti, realizzando anzi un recupero di efficienza, con la
riduzione di costi per le parti e la collettività.

Ciò posto, si devono prendere in considerazione ulteriori aspetti, propri
del rito speciale avanti al giudice di pace, che possono essere
ulteriormente valorizzati. Il procedimento avanti il Giudice di Pace si
caratterizza, infatti, per la novità di prevedere una fase di
investigazioni prodromica alle indagini preliminari in cui la polizia
giudiziaria, acquisita la notizia reato non la comunica immediatamente al
Pubblico ministero ma ha l'obbligo di compiere d’iniziativa tutti gli atti
necessari alla ricostruzione del fatto e per l’individuazione del
colpevole, informando il Pubblico ministero entro il termine di quattro
mesi (art. 11 D.lgs. 274/00). Solo a seguito della trasmissione della
suddetta relazione, il pubblico ministero provvedere all’iscrizione della
notizia di reato e si apre la fase delle indagini preliminari. Si tratta di
una fase però eventuale; nella pratica il pubblico ministero svolge una
attività di verifica relativa alla completezza dell'attività svolta di
iniziativa dalla polizia giudiziaria ed assume le proprie determinazioni
circa la definizione del procedimento mediante archiviazione o esercizio
dell’azione penale.

In prospettiva, tenuto conto che la situazione emergenziale ha determinato
un aggravio del carico di lavoro delle Procure, laddove non si addivenga ad
una necessaria depenalizzazione, che riguardi ad esempio le fattispecie di
natura contravvenzionale previste delle leggi speciali e del codice
penale,  un aumento di competenza del giudice di pace penale potrebbe
contribuire ad alleggerire il carico di lavoro con recupero di efficienza e
tempestività anche grazie alla maggior speditezza del rito.

*C.  **L'impatto dell'emergenza sanitaria sulla Magistratura Onoraria di
Tribunale.*

Il contributo essenziale dei giudici onorari di tribunale all’efficienza
della giustizia monocratica non è stato adeguatamente considerato
attraverso una razionale distribuzione di mezzi e spazi di lavoro.
L’emergenza  ha, quindi, esaltato questa contraddizione atteso che ha reso
indispensabili strumenti di lavoro, che sarebbero necessari già in tempi
ordinari, ma in tempi di emergenza sanitaria diventano assolutamente
ineludibili: PC, software,  tessere di firma digitale, credenziali per
l’accesso alla email giustizia.it, tesserini di riconoscimento atti a
giustificare eventuali spostamenti verso uffici spesso lontani dalla
propria residenza, con il rischio di incorrere in sanzioni laddove non sia
adeguatamente conosciuto il ruolo giudiziario del GOT.

Per altro verso, la mancata partecipazione dei GOT ai momenti organizzativi
dell'attività giudiziaria ed ai relativi tavoli di elaborazione dei
protocolli, ove si prevede ed organizza la celebrazione in forma remota del
processo, civile o penale, ha determinato una sottovalutazione delle
difficoltà di carattere tecnologico  nella sua concreta attuazione da parte
di un numero rilevante  di magistrati  del processo monocratico e
determinato dalle relative incolpevoli carenze tecnologiche. Peraltro, in
assenza di un piano di implementazione degli strumenti tecnologici che
riguardi anche i GOT,  la norma che consente la tenuta dell’udienza in
forma remota presso gli uffici del tribunale può alimentare ulteriori
criticità, atteso che  non sempre le apparecchiature a loro destinate,
quando esistenti, si rilevano all’altezza delle necessità e della
complessità e delicatezza delle questioni a loro affidate sia nel settore
civile che nel settore penale.

Anche la gestione degli spazi, concepita in ragione di  una presenza
occasionale dei giudici onorari, pone oggi il problema di dover gestire in
condizioni di sicurezza sanitaria spazi non adeguati sia in relazione alle
aule che agli uffici.  Accade, infatti,  non di rado che più giudici
onorari si concentrino contemporaneamente nella medesima aula di udienza
civile o camera di consiglio penale, spazi  angusti e quindi non adeguati a
garantire il  distanziamento.

La concezione, inizialmente fondata sulla natura occasionale dell’apporto
dei giudici onorari nelle materie di competenza monocratica, si è tradotta
nel corso del tempo in *gap* tra la normazione di riferimento e le funzioni
concretamente esercitate, anche per quanto riguarda l’accesso alle banche
dati e ai servizi correlati, provocando soprattutto in occasione del
*lockdown*, difficoltà nel reperire il materiale giurisprudenziale
necessario a proseguire nelle attività di redazione di sentenze e
provvedimenti sia civili che penali.

*D.  **Il giudice tutelare onorario.*

Il legislatore dell'emergenza ha soltanto lambito la disciplina della
modalità  di tenuta di udienze tutelare, limitandosi a suggerirne la
trattazione solo in caso sia impossibile dare risposta alla domanda di
protezione con provvedimenti provvisori (art. 83, co.3 lett. a). Ciò ha
comportato, per il giudice onorario assegnatario di suddetti ruoli, un
rimarchevole impegno volto ad anticipare la decisione con provvedimenti
provvisori, spesso non potendo avere alcun  confronto con la persona
beneficiaria del provvedimento, atteso che molti di essi  rientrano nella
categoria dei soggetti maggiormente esposti a rischio-vita in caso di
contagio.

Ora, il protrarsi della sospensione pone necessariamente il problema di
dover  interloquire con le parti, ancorché  nell’ambito del potere
officioso del giudice tutelare, atteso che  il provvedimento provvisorio,
assunto in mancanza dell'ascolto, non è in grado di preservare da
eventuali  errori; ciò è ancora più urgente  allorché preesistano
conflittualità familiari su grandi patrimoni da amministrare.

Tenuto conto poi che nella maggioranza dei casi le parti nelle procedure di
amministrazione di sostegno o tutela si presentano al giudice prive di
assistenza tecnica e di sufficiente grado di informatizzazione, la mancanza
di interlocuzione con forme alternative alla presenza diventa indifferibile
ed impone di individuare modalità adeguate al caso di specie che non
possono rimanere affidate al mero buon senso del giudice.

E' necessario, ad esempio, prevedere che l’ascolto del soggetto
beneficiando, domiciliato presso una struttura sia svolto mediante
videoconferenza, prevedendo la collaborazione necessaria dell'
amministrazione della struttura per la predisposizione delle
infrastrutture  tecniche. Allo stesso modo,  l’ascolto del soggetto
beneficiando, domiciliato presso la propria abitazione, ove non assistito
da un legale,  potrebbe essere  agevolato dalla mediazione del servizio
sociale al fine di favorire la videoconferenza: tutto ciò consentirebbe di
evitare una visita presso i beneficiandi che risulterebbe pericolosa per il
paziente e per il giudice. La predisposizione di modelli di condotta
adeguati a garantire una risposta immediata e non superficiale alla
richiesta di protezione dei più deboli deve essere affrontata in modo
strutturale e non può essere rimessa alla intraprendenza del singolo
giudice onorario per garantire la tutela dei diritti e allo stesso tempo la
salute del giudice e delle parti.

*E.  **Vice Procuratori onorari nell'emergenza sanitaria: convalide e
direttissime da remoto e i ritardi del processo penale telematico.*

I vice procuratori onorari, durante  l’emergenza Covid 19, si sono
confrontati con il contingentamento degli accessi agli uffici giudiziari e
hanno fatto esperienza, in alcune sedi, sia del processo telematico sia
dello svolgimento da remoto delle attività correlate alle indagini
preliminari, loro demandate ai sensi degli artt. 16 e 17 del decreto
legislativo n. 116 del 2017.

L’esperienza riportata consente di fotografare situazioni assai disomogenee
sul territorio nazionale; lo spirito di iniziativa dei dirigenti ha
consentito, in alcune procure, sperimentazioni virtuose dei mezzi
telematici, non senza incontrare, comunque, ostacoli di natura legale o
tecnologica.

Il processo a distanza, in alcune sedi, è stato attuato in relazione alle
udienze di convalida di arresto ovvero a quelle ordinarie nelle quali
l’imputato fosse sottoposto a misura cautelare.

L’imputato, il difensore, il giudice e il pubblico ministero hanno potuto
collegarsi da quattro differenti località; tuttavia tale distanza fisica ha
messo in evidenza difficoltà pratiche e posto preoccupazioni in ordine alla
piena tutela del soggetto ristretto.

In disparte la criticità generale propria di ogni comunicazione a distanza
(ossia l’interposizione tra gli autori della comunicazione di uno strumento
di comunicazione che svolge una ineliminabile funzione di filtro e i limiti
correlati alla tecnologia utilizzata), una prima criticità più specifica è
stata rilevata nella ridotta possibilità di intrattenere interlocuzioni
riservate con gli altri soggetti interessati al processo.

Tipica dell’udienza di convalida è infatti l’acquisizione dalla polizia
giudiziaria di informazioni collaterali all'arresto, non necessariamente
riversate nel processo, ma utili al pubblico ministero per una comprensione
preliminare del contesto ambientale, criminale e operativo in cui è
maturato l’arresto, specialmente in relazione ad eventuali reati satelliti
accertati e destinati ad essere trattati con rito ordinario, alla
partecipazione di correi in via di identificazione, all'inserimento della
condotta accertata in più ampi contesti criminali. Informazioni queste
molto utili al fine di ponderare meglio le richieste cautelari e  alla
conduzione successiva della funzione requirente.

Altro momento significativo, in condizioni ordinarie, è l’interlocuzione
riservata con il difensore, a margine del contraddittorio formale,
finalizzata principalmente alla definizione concordata del giudizio ai
sensi dell’art. 444 c.p.p. Ma anche a rappresentare specifiche esigenze di
modulazione delle richieste cautelari, in coerenza con circostanze
fattuali, individuali, familiari, lavorative meritevoli di valutazione
prima che abbia corso la formale dialettica processuale.

Infine appare limitante la collocazione fisica del soggetto ristretto negli
uffici della forza di polizia che ha operato l’arresto, non sempre
bilanciata dalla compresenza del difensore nello stesso luogo. Tale
condizione può arrecare compressione alla doverosa tutela della libertà
morale del soggetto arrestato, intesa come possibilità di manifestare senza
alcun metus la propria difesa , contrapponendosi alle prove che intendono
superare la presunzione della sua innocenza.

Appare pertanto opportuno suggerire, in caso di processi in cui l’imputato
detenuto si colleghi da un luogo remoto, che la custodia del soggetto
ristretto sia affidata a un’autorità amministrativa diversa da quella
autrice dell’arresto (ad esempio, all’Amministrazione penitenziaria).

Altrettanto necessaria sembra, poi, la possibilità di stabilire un
collegamento diretto e riservato tra i soggetti che vogliano interloquire
separatamente.

Per quanto riguarda invece le attività di indagine, previste dagli artt. 16
e 17 del decreto legislativo n. 116 del 2017, il loro accudimento da remoto
è stato possibile autorizzando la custodia dei fascicoli cartacei presso la
privata dimora del magistrato onorario ovvero, nelle sedi attrezzate per la
scansione del fascicolo cartaceo, fornendo copia digitale degli atti, con
modalità telematica o tramite supporti per la memorizzazione digitale.

Una criticità riscontrata in tali casi è stata, tuttavia, l’indisponibilità
della firma digitale, con conseguente necessità di riversare gli atti
redatti dal magistrato onorario su supporto cartaceo, apponendovi la
sottoscrizione olografa tradizionale e facendone materiale deposito presso
l’ufficio giudiziario, limitando apprezzabilmente l’efficacia delle
finalità sottese alla delocalizzazione.

Ulteriori preoccupazioni sono emerse in ordine alla possibilità di
utilizzare gli atti del procedimento penale al di fuori della sede di
servizio; trattasi di timore superabile garantendo che gli atti originali
(digitali o cartacei) rimangano custoditi presso l’Ufficio giudiziario
(ossia presso l’archivio o presso il server in cui sono normalmente
detenuti). Il trasporto fuori dalla sede di lavoro di copie cartacee o
digitali non costituisce, invece, un motivo di preoccupazione in sé,
giacché le ragioni di riservatezza e segretezza dei dati non sono garantite
entro le mura dell’ufficio giudiziario più di quanto lo siano al di fuori,
dovendosi in entrambi i casi fare affidamento sulla condotta
deontologicamente corretta di chi possiede informazioni riservate, fermi
restando i debiti controlli.

L’eterogeneità degli approcci rivelati nelle diverse sedi giudiziarie,
induce ad auspicare, per il futuro, l’elaborazione di linee di indirizzo
per la gestione uniforme del procedimento penale telematico sull’intero
territorio nazionale, introducendo strumenti come la firma digitale, la
possibilità di collegamento mediante sistemi criptati alle reti degli
uffici giudiziari, la fornitura di postazioni informatiche portatili. Si
tratta infatti di innovazioni che oltre a presentare costi sostenibili,
consentirebbero economie di gestione rilevanti (si pensi al contenimento
delle postazioni di lavoro tradizionali e dei relativi spazi fisici e oneri
connessi), senza considerare le significative esternalità positive (ad
esempio in termini di riduzione dei costi assicurativi, di trasporto e
ambientali sostenuti dalla comunità e dai singoli per il raggiungimento da
parte del personale della tradizionale sede di servizio).

Sembra poi maturo il tempo per ragionare, anche nel settore penale, della
necessità di fascicoli composti da atti originali digitali, da cui estrarre
eventuali copie cartacee, anziché formati da originali cartacei da cui
estrarre copie digitali.

Dal punto di vista ordinamentale, il caso dei vice procuratori è
emblematico di un approccio tradizionale non sufficientemente funzionale
alla operatività degli uffici.

Il tema oggi centrale, nelle procure della Repubblica, è l’opportunità di
demandare alla magistratura onoraria non più solo la rappresentanza
processuale dell’ufficio requirente o singole attività al di fuori
dell’udienza, ma la cura di tutte quelle funzioni coessenziali
all’esercizio dell’azione penale, concentrate soprattutto – ma non solo –
nella preliminare fase delle indagini.

Il magistrato onorario disegnato dal legislatore assume su di sé la
titolarità delegata di singoli segmenti dell’attività inquirente e
requirente, secondo un approccio analogo a quello che regola la delega del
pubblico ministero alla polizia giudiziaria, reso forse ancora più rigido.

Tale frammentazione delle funzioni, tuttavia, non è altro che una
sovrastruttura che impatta negativamente sull’attività del magistrato
onorario e di quello di ruolo che del primo si avvalga.

L’attuale disciplina legale distingue poi le funzioni in cui il vice
procuratore onorario concorre all’amministrazione della giustizia in quanto
delegato, da quelle nelle quali coadiuva il magistrato professionale senza
spendere una delega di funzioni.

Tale impostazione dicotomica ha, peraltro, condotto il Ministero della
Giustizia, in base a una lettura solo formalmente coordinata di norme
organizzative e di spesa, a ritenere sprovviste di retribuzioni proprio le
attività del secondo tipo, ossia quelle che potrebbero afferire a
fattispecie più delicate che, rivestendo maggiore rilevanza o complessità,
potrebbero richiedere il vaglio diretto del magistrato professionale.

Escludendo che i dirigenti degli uffici possano avvalersi a titolo gratuito
delle prestazioni dei vice procuratori onorari, si pone dunque l’obbligo di
ricorrere sempre e comunque allo strumento della delega; ma qui emergono
limitazioni significative, giacché tale possibilità non è prevista per
molte attività seriali e ricorrenti, collegate, ad esempio alla creazione
di uffici centrali per la trattazione degli affari più semplici per i quali
l’esercizio dell’azione penale avanti al tribunale in composizione
monocratica.

E ancora: il vice procuratore onorario può occuparsi di reati rilevanti, ma
non della materia civile (ove occorre impegnare magistrati di ruolo, anche
in una semplice udienza per querela di falso o per la nomina di un
amministratore di sostegno); può rassegnare liberamente le conclusioni di
un processo avanti al tribunale monocratico, ma non presenziare a un rinvio
di fronte a un giudice collegiale.

Le limitazioni legali che riducono la  possibilità di avvalersi
efficacemente e liberamente dell’apporto dei pubblici ministeri onorari
risente della genesi di tale figura e del modo in cui essa è stata vista in
passato: un mero sostituto processuale del magistrato titolare della
pubblica accusa; ossia un suo delegato all’udienza. Il superamento di tale
impostazione consentirebbe invece di inserire il magistrato onorario
nell’ordinario flusso di attività che impegnano gli uffici di procura,
ottenere la sua compartecipazione critica e continuativa all’attività
dell’ufficio, riconducendo il suo contributo nell’ambito di un rapporto di
servizio organizzato per obiettivi, responsabilità e gerarchie, che assorba
la materia fluida degli adempimenti giudiziari, superando lo schema
vincolante della delega.

L’esigenza ancora inevasa è quindi quella di rivalutare le competenze e le
prerogative del pubblico ministero onorario in una più larga visione di
insieme, accordandogli tutele coerenti con il ruolo svolto e con le
prevalenti esigenze di indipendenza riconosciute a chi concorre
all’esercizio della giurisdizione.

Dal punto di vista strettamente legislativo, manca oggi una clausola aperta
che consenta di adottare maggiore elasticità nel suo impiego al di là del
catalogo di attività attualmente devolvibili al magistrato onorario,
puntualizzando che il vice procuratore è, pur nella diversità di
collocazione e qualifica, un alter ego del magistrato di carriera che, a
condizioni diverse da quest’ultimo, coerenti con il diverso sistema di
accesso e con il diverso regime delle incompatibilità suo proprio, può
operare sull’intera gamma delle competenze attribuite all’ufficio di
appartenenza, sotto la responsabilità e la vigilanza del dirigente o del
magistrato al quale è assegnato.

*F.  **Conclusioni.*

L’emergenza ‘Covid19’, con il conseguente blocco delle attività
giudiziarie, ha portato a completa emersione carenze già affiorate
nell’organizzazione e nel funzionamento dei servizi relativi alla giustizia
ma, al contempo, ha fornito nuovi spunti  per un loro superamento futuro.

Uno dei primi scogli da affrontare al momento della ripresa sarà quello di
riassorbire l’arretrato giudiziario, approntando un vero e proprio piano
strutturale. Nell'ambito di questo la magistratura onoraria può svolgere un
ruolo determinante, purché se ne modifichino le “regole di ingaggio”,
migliorando le modalità e le condizioni sotto le quali ci si avvale del suo
contributo.

In passato l’attenzione riservata a questioni secondarie o formali, ha
posto in disparte la riflessione su quali siano le modalità sostanziali che
consentirebbero alla magistratura onoraria di integrarsi efficacemente in
un complessivo piano di rilancio della giurisdizione, intesa come servizio
al cittadino, alle imprese e al libero mercato regolamentato.

Occorre, pertanto intervenire sulla riforma Orlando, modificandone
l'approccio.

Deve infatti osservarsi come, a distanza di un primo triennio, pesa sempre
di più, in quell’impianto normativo, l’assenza di una visione evolutiva,
orientata alla necessità di un più solido e continuativo supporto alla
magistratura di ruolo nella gestione delle attività complesse come di
quelle seriali.

Il legislatore del 2017, nel compreso tentativo di disegnare una trama
puntuale di competenze e limiti, ha infatti legato i magistrati onorari e i
loro dirigenti in una maglia fin troppo fitta di divieti e impedimenti, il
più evidente dei quali riguarda il personale di più risalente nomina, cui
si impone l’invalicabile vincolo di tre impegni settimanali, del tutto
inconferente con un efficiente piano di rilancio della produttività.

La preoccupazione sottesa a tale approccio è stata probabilmente quella di
rimarcare l’alterità della magistratura onoraria rispetto a quella
professionale; ma così ragionando si è fatta confusione tra la
temporaneità, tipica dell’incarico onorario, e la saltuarietà del servizio,
che è una condizione di erogazione della prestazione del tutto
disfunzionale al buon andamento degli uffici e alle esigenze di vita
personale dello stesso magistrato onorario.

Un apporto adeguato al buon andamento della giustizia non può oggi
prescindere dalla possibilità che il magistrato onorario possa erogare la
sua prestazione senza vincoli così stringenti, assicurando la propria
presenza attraverso un numero più ampio di impegni lavorativi che può
raggiungere le cinque giornate settimanali, con conseguente
riparametrazione del trattamento economico.

La Costituzione tiene, d'altronde, ben distinta la magistratura di ruolo e
quella onoraria e nessuna pretesa di confonderle appare compatibile col
dettato dell’art. 106; ma tale distinguo non risiede nel numero di impegni
settimanali, bensì nelle modalità di selezione, nella compatibilità con
altri incarichi, nel successivo percorso professionale, nelle funzioni
devolvibili e nel tipo di inquadramento economico.

Ulteriore aspetto attiene all’Ufficio per il Processo che viene disegnato
in modo disfunzionale in quanto la sua scelta non è demandata alla
discrezione e responsabilità dei capi degli uffici, ma imposta
normativamente senza tenere conto delle effettive necessità e possibilità
in termini di uomini e mezzi.

L’inserimento nell’UPP del magistrato onorario costruito in termini di
obbligatorietà e retribuito in percentuale inferiore alla retribuzione
corrispondente delle funzioni piene assume una portata sanzionatoria che
avrà certo ricadute in termini di efficienza e qualità del lavoro svolto.

Va, pertanto, affermata da un lato la volontarietà dell’inserimento del
magistrato onorario nell’UPP e, dall’altro, l’assenza di qualsivoglia
riduzione della retribuzione. A margine di tale aspetto funzionale, resta
poi il problema irrisolto, di approntare le tutele che competono a
qualsiasi lavoratore, tanto più se chiamato a fornire un supporto
professionale continuativo alla magistratura di ruolo.

La magistratura onoraria, durante l'emergenza ‘COVID-19’, vive un dilemma
personale di portata inimmaginabile, stretto nell’alternativa tra il
rischio di contagio nel predisporre le udienze in remoto dall’ufficio o in
presenza, senza peraltro poter contare su alcuna tutela sanitaria,
previdenziale ed assistenziale, o non tenerle proprio senza percepire
alcuna indennità  pur continuando a lavorare dal proprio domicilio. La
mancanza di qualsiasi  assistenza o tutela sanitaria in caso di malattia o
di morte ha mostrato tutta la sua drammaticità. Già prima del ritorno alla
normalità, sarebbe dunque auspicabile un incremento della qualità e della
quantità del lavoro svolto dai magistrati onorari, che consenta un loro
utilizzo  più libero rispetto alla frequenza degli impegni settimanali e,
in alcuni casi, al novero delle attività devolvibili, con le conseguenti
ricadute sul piano del trattamento economico.

Ma occorre, più in generale, allestire una risposta giudiziaria che, senza
equivoci circa la distinzione  della magistratura di carriera, possa fare
leva stabilmente sull’apporto di quella onoraria, anziché tenerla a
distanza o sopprimerne lo spirito di appartenenza all’unico ordinamento
giudiziario e alla sua complessiva funzione.





*(8- continua …)*



*N.B. tutto il materiale si può consultare su www.areadg.it
<http://www.areadg.it>*

( http://www.areadg.it/speciali/emergenza-e-nuove-prospettive/ )
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