[Area] AreaDG sulle sfide della nuova crisi globale - IX (Covid-19 e procedimenti di protezione internazionale)

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Gio 14 Maggio 2020 10:42:11 CEST


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*AreaDG sulle sfide della nuova crisi globale*



*L’emergenza epidemiologica, la crisi globale e le nuove sfide – 9*



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*Covid-19 e procedimenti di protezione internazionale*



La pandemia ha colto le ventisei sezioni specializzate in materia di
immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini
dell’Unione europea  e la Corte di cassazione nella piena del flusso
alluvionale di nuove iscrizioni di procedimenti di protezione
internazionale. La dimensione del fenomeno è ben rappresentata dai numeri
della Corte di cassazione: alla data del primo gennaio 2017, a fronte di
106.860 procedimenti complessivamente pendenti presso le sezioni civili e
tributarie della Corte, soltanto 310 fascicoli riguardavano la protezione
internazionale; meno di tre anni dopo, alla data del 31 ottobre 2019, le
pendenze erano esplose, raggiungendo le 11.287 controversie, il 10% per
cento circa degli interi carichi civili e tributari della corte e quasi il
20% delle iscrizioni nei ruoli delle sezioni civili. Le pendenze sono state
alimentate nel 2019 da oltre ottomila nuovi fascicoli . I flussi sono
inoltre in crescita costante perché costante è l’afflusso di nuovi
procedimenti presso i tribunali, a causa del forte aumento della
produttività, negli anni 2018 e 2019, delle commissioni territoriali,
rafforzate dall’ampliamento degli organici e dal supporto dei ricercatori
dell’European Asylum Support Office (EASO). I Tribunali, appesantiti da
carichi e sopravvenienze crescenti, hanno a loro volta aumentato la
produttività con il consolidamento delle sezioni specializzate che, dal
gennaio 2020, pure si avvalgono del supporto dei ricercatori di EASO. Le
decisioni di rigetto dei tribunali sono destinate a trasformarsi, in gran
parte, in ricorsi di cassazione, in seguito all’abolizione dell’appello per
mano del legislatore del 2017.

La diffusione del Covid-19 non ha tuttavia interrotto i ritmi di lavoro dei
giudici di primo grado ma ha piuttosto inciso sulle modalità organizzative
degli uffici e anche sul contenuto della giurisprudenza delle cosiddette
“sospensive”. Se, infatti, la legislazione dell’emergenza ha interrotto i
flussi dei nuovi procedimenti, in conseguenza della sospensione dei termini
di impugnazione dei provvedimenti delle commissioni territoriali, le
sezioni specializzate hanno continuato, grazie al processo civile
telematico e le camere di consiglio “a distanza”,  a definire i
procedimenti già “trattati” e a fronteggiare il flusso costante e
consistente di domande cautelari. Inoltre, la legislazione emergenziale
consente ai tribunali di svolgere udienze con contraddittorio cartolare e
udienza “a distanza” nel periodo compreso tra il 12 maggio ed il 31 luglio
2020.

I procedimenti “in attesa di decisione” sono trattati in camera di
consiglio grazie agli  applicativi ministeriali di videoconferenza
protetta. Ciò è consentito dalla l. n. 27/2020 che, al comma 12-quinquies
dell’articolo 83, ha stabilito che dal 9 marzo al 30 giugno 2020 (termine
poi prorogato al 31 luglio dal d.l. 28 del 2020), nei procedimenti civili,
le deliberazioni collegiali in camera di consiglio possano essere assunte
mediante collegamenti da remoto e che “il luogo da cui si collegano i
magistrati è considerato camera di consiglio a tutti gli effetti di
legge”.  I procedimenti di protezione internazionale sono regolati, secondo
il più recente assetto normativo in vigore dall’agosto  2017, dalle scarne
previsioni degli articoli 737 e seguenti del Codice di procedura civile sui
procedimenti in camera di consiglio che affidano la decisione al collegio.
La camera di consiglio è dunque il cuore del processo, perché i giudici del
collegio ripercorrono il racconto del richiedente protezione, filtrano i
fatti anche alla luce delle fonti sul paese d’origine (cosiddette COI),
esaminano e discutono i profili di credibilità della storia personale, si
confrontano sulle non poche e non facili questioni sostanziali e
processuali che discendono dall’applicazione delle fonti nazionali e
sovranazionali. Contribuisce a complicare il  quadro un tessuto normativo
deformato dai ripetuti interventi emergenziali, spesso sospinti
dall’intensità dello scontro politico sul tema dell’immigrazione. Il d.lgs.
28 gennaio 2008, n. 25, adottato in "Attuazione della direttiva 2005/85/CE
recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini
del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato",  è stato
modificato più volte, da ultimo con il cosiddetto "decreto sicurezza", d.l.
4 ottobre 2018  n. 113, convertito dalla legge 1 dicembre 2018 n. 132, che
ha anche introdotto nuove “procedure accelerate” per nuove ipotesi di
“manifesta infondatezza”, di problematica applicazione. Tra queste, le
forti limitazioni del diritto di difesa per soggetti provenienti da Paesi
di origine sicuri. Anche la Direttiva 2005/85/CE del Consiglio è stata
modificata dalla Direttiva 2013/32/UE (rifusione) del Parlamento europeo e
del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante procedure comuni ai fini del
riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale.

La scelta del rito camerale riflette la chiara intenzione del legislatore
di promuovere una celere definizione dei procedimenti: ai sensi
dell’articolo 35-bis, comma 13, del d.lgs. n. 25 cit. essi dovrebbero
essere conclusi in primo grado entro quattro mesi dalla presentazione del
ricorso  e nel grado di legittimità entro sei mesi; addirittura, al
successivo comma 15 dello stesso articolo il legislatore ha stabilito che
“la controversia è trattata in ogni grado in via di urgenza”, mentre, il
comma 14 prevede che, nel periodo feriale, non operi la sospensione dei
termini processuali. La disciplina complessiva lascia intendere che,
idealmente, nella concezione del legislatore, il processo di protezione
internazionale dovrebbe svolgersi con contraddittorio cartolare senza la
celebrazione di udienze, salvi casi eccezionali nei quali il rito sommario
e “deformalizzato” consenta comunque una celere trattazione. Una rapida
definizione positiva avrebbe così l’effetto di assicurare la protezione al
richiedente meritevole mentre il rigetto porrebbe fine al servizio di
accoglienza e provocherebbe l’allontanamento dal territorio dello Stato
dei soggetti che non abbiano titolo per restare. Gli effetti del diniego di
protezione si producono infatti immediatamente, anche in caso di ricorso
per cassazione, salvo che intervenga una sospensione urgente del giudice su
richiesta della parte

Questo è l’assetto nelle intenzioni del legislatore ma la realtà è
differente.  Si deve innanzitutto considerare che i termini fissati dal
legislatore sono assolutamente incompatibili con i carichi di lavoro delle
sezioni, non essendo inusuale che le cause assegnate al singolo giudice
superino i millecinquecento fascicoli. Va poi osservato che il rito
“flessibile” dei procedimenti in camera di consiglio, scelto dal
legislatore, ha natura di procedimento  camerale “contenzioso”. Esso
riguarda  diritti soggettivi e non interessi; anzi si tratta dei diritti
soggettivi più intensi e pregnanti che l’ordinamento protegga, ossia
diritti fondamentali, tutelati dalla Costituzione (articolo 10), dalla
Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (articolo 18) e da
importanti Convenzioni internazionali (Convenzione di Ginevra del 28 luglio
1951 e dal Protocollo del 31 gennaio 1967, relativi allo status dei
rifugiati). Va poi tenuto in considerazione che la materia sostanziale
della protezione internazionale (le cosiddette “qualifiche”) e così quella
relativa al processo sono ampiamente regolate dal sistema europeo comune
dell’asilo (CEAS, Common European Asylum System), ossia da un ordito
normativo costituito da direttive e regolamenti europei.  Secondo la
Direttiva “procedure” (oggi 2013/32/UE, nella sua versione “rifusa”), il
giudizio di fronte al giudice  rappresenta il “livello della protezione
giudiziaria effettiva” (si veda il considerando 50): ciò significa che
l’idoneità del processo a tutelare in modo effettivo i diritti del
richiedente asilo  deve essere vagliata, attraverso le norme della
direttiva, alla luce dell’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali
dell’Unione europea, della sempre più frequente giurisprudenza della Corte
di giustizia, oltre che degli articoli 24 e 111 della Costituzione
italiana. Le regole processuali debbono dunque essere applicate dal giudice
in modo da garantire un pieno di diritto di difesa al richiedente e di
contradditorio alle parti.

Di questa esigenza di tutela effettiva deve tenere conto il giudice nella
fissazione delle udienze “virtuali” o “a distanza” in tempo di pandemia. Va
al riguardo detto che, il legislatore dell’emergenza non ha incluso i
procedimenti di protezione internazionale tra le materie sottratte al
regime eccezionale di sospensione delle attività giudiziarie, previsto
dalla decretazione d’urgenza (comma 3 dell’art. 83 del d.l. n. 18 del
2020); la mancata inclusione tra i procedimenti di trattazione urgente in
tempo di “Covid-19” mal si concilia con la previsione generale del
quindicesimo comma dell’articolo 35-bis del d.lgs. n. 25 del 2008, per il
quale la controversia è trattata in ogni grado in via di urgenza. La
generale natura “urgente” della materia consente, però, di darvi priorità
nel periodo “intermedio”, quello cioè successivo al 12 maggio ed esteso
fino al 31 luglio dal d.l. n. 28 del 2020 (commi 6 e 7 dell’articolo 83),
durante il quale compete ai singoli uffici regolamentare la fissazione
delle udienze “a distanza” compatibilmente con le esigenze di tutela
sanitaria locale. Come noto, la decretazione d’urgenza ammette due
possibilità di “udienza” civile a distanza nel periodo intermedio: la
fissazione di udienza telematica “da remoto”, con accesso dell’avvocato,
delle parti e dell’ausiliario (quest’ultimo contemplato solo dal d.l. n. 28
del 2020) nella stanza virtuale del giudice, nei procedimenti in cui la
presenza della parte sia necessaria (articolo 83, comma 7, lettera f, del
d.l. n. 18 del 2020) oppure lo scambio e deposito telematico di note
scritte degli avvocati, contenenti solamente istanze e conclusioni, e
l’adozione fuori udienza del provvedimento, nei casi in cui la presenza
della parte non sia necessaria (lett. h dello stesso articolo 83, comma7) .

Come detto, nei procedimenti camerali di protezione internazionale, non
solo la presenza della parte ma nemmeno l’udienza è necessaria, ai sensi di
legge. Il più volte citato articolo 35-bis stabilisce infatti, nel suo
decimo comma, che l’udienza di comparizione delle parti è fissata dal
giudice “esclusivamente” quando il giudice ritenga necessario richiedere
chiarimenti alle parti, disporre l’audizione del richiedente protezione o
ancora disporre l’assunzione di mezzi prova o una consulenza tecnica. Ai
sensi del successivo comma, il  giudice deve poi disporre l’udienza quando
non sia disponibile la registrazione dell’audizione davanti alla
commissione territoriale; quando il ricorrente ne faccia richiesta
adducendo ragioni che portino a ritenere la “trattazione del procedimento
in udienza essenziale ai fini della decisione”; quando il ricorrente deduca
fatti nuovi. Tuttavia, in mancanza della normativa secondaria che regoli la
videoregistrazione davanti alle commissioni territoriali, queste provvedono
a mera verbalizzazione dell’intervista, con verbale sintetico; ne consegue
che  la fissazione dell’udienza è divenuta la regola.  Si tratta di
un’udienza in cui la presenza della parte non è necessaria, salvo che il
giudice decida di disporre l’audizione personale. Con l’eccezione di
quest’ultimo caso, in periodo di pandemia, il giudice potrà disporre lo
svolgimento del contraddittorio cartolare in luogo dell’udienza “a
distanza”. Tuttavia, il confronto con i legali seppure non legalmente
necessario, può essere  indispensabile per completare il contraddittorio e
quindi nei casi in cui, dalla lettura del fascicolo della Commissione
territoriale, appaia necessario chiedere chiarimenti oppure sottoporre al
contraddittorio fatti nuovi o disporre integrazioni istruttorie. Il giudice
ha pertanto il compito non facile né veloce di identificare nel suo
vastissimo ruolo quei fascicoli nei quali non appaia necessario
approfondire fatti ma si tratti, invece, per lo più di qualificare
giuridicamente fatti già appurati. Non sarà invece possibile svolgere
udienza nel periodo dell’emergenza, nei casi in cui il giudice debba
assumere mezzi istruttori con la presenza di terze persone: in questo caso
l’udienza sarà rinviata a data successiva al 31 luglio. Così come sarà
opportunamente rinviato a data successiva al 31 luglio il procedimento in
cui sia necessario procedere all’audizione del richiedente protezione. In
questo caso sarebbe astrattamente applicabile il procedimento di udienza da
remoto, regolato dall’articolo 83, comma 7, lett. f: tuttavia le modalità
dell’ audizione che, secondo le linee guida dell’Alto Commissariato delle
Nazioni Unite per i Rifugiati , deve avvenire in un ambiente e clima di
fiducia, solitamente con la presenza di un interprete e, in alcuni casi ,
di un mediatore culturale,  non appaiono compatibili con un’intervista resa
a distanza attraverso strumenti telematici .

Il giudice della pandemia affronta invece regolarmente i numerosi casi di
“sospensive” che rientrano tra le seguenti categorie di procedimenti che si
sottraggono alla regola della sospensione dell’attività giudiziaria:"[...]
c) i procedimenti cautelari aventi ad oggetto la tutela di diritti
fondamentali della persona; [...] i) i procedimenti ex artt. 283, 351 e 373
c.p.c." (Art. 83 del d.l. n. 18 del 2020 cit.).  Le richieste cautelari di
sospensione sono frequenti, nonostante la legge, al terzo comma
dell’articolo 35-bis del d.lgs. n. 25 del 2018 preveda, quale principio
generale, che “la proposizione  del ricorso al giudice ordinario sospende
l'efficacia esecutiva del provvedimento impugnato”. L’effetto sospensivo
generalizzato significa, in concreto, non solo che il richiedente
protezione internazionale non possa essere allontanato dal territorio dello
Stato ma anche che ella o egli abbia la possibilità di permanenza nel
sistema di accoglienza, nel caso in cui vi fosse stato in precedenza
inserito, e goda dei benefici sociali connessi al rilascio del permesso di
soggiorno per richiesta di protezione internazionale, ivi compresa
l’iscrizione obbligatoria al servizio sanitario nazionale (SSN). Senonché
la legge, così come la direttiva europea, prevede numerose eccezioni al
principio dell’effetto sospensivo automatico. In questi casi, il quarto
comma dell’articolo 35-bis stabilisce che, a domanda dell’interessato,
l'efficacia esecutiva del provvedimento impugnato possa essere sospesa dal
giudice, quando “ricorrono gravi e circostanziate ragioni”.  Inoltre,
l’effettivo protettivo della sospensione automatica si esaurisce con la
decisione di rigetto da parte del tribunale, ai sensi del comma 13
dell’articolo 35-bis. Anche in questo caso tuttavia, pendente ricorso per
cassazione, in presenza di “fondati motivi” è possibile per la parte
richiedere la sospensione al giudice che ha pronunciato il decreto
impugnato. Per completezza, ma senza entrare nel merito, le parti, se
ricorrono “gravi e circostanziate ragioni”, possono chiedere la
“sospensiva” anche nel caso di impugnazione dei provvedimenti di diniego di
rinnovo e di revoca del permesso di soggiorno di protezione speciale ex
articoli 19-ter e 5 del d.lgs. 1 settembre 2011 n. 150; ed inoltre ai sensi
dell’articolo 3, comma 3-quater d.lgs. n. 25 del 2008, il tribunale può
essere investito di una domanda di sospensione contro le decisioni di
trasferimento adottate dall' ”Unità Dublino”, pure in presenza di “gravi e
circostanziate ragioni”.

Si tratta complessivamente di ipotesi frequenti di ricorsi per sospensione,
perché frequenti sono le decisioni di inammissibilità o di manifesta
infondatezza delle commissioni territoriali, così come sono frequenti i
ricorsi per cassazione contro le decisioni di rigetto dei tribunali.
L’accoglimento della sospensiva produce lo stesso effetto protettivo della
sospensione automatica (nel caso del quarto comma dell’art. 35-bis con il
rilascio di un apposito permesso di soggiorno).

Nella pratica, si diceva, si tratta di procedimenti affrontati con
frequenza dai tribunali anche in periodo pandemico, senza la necessità di
ricorrere al meccanismo dell’udienza a distanza, perché la legge prevede,
anche a regime e salvi casi eccezionali, che il contraddittorio sia solo
cartolare.

Piuttosto la pandemia ha prodotto effetti significativi sul merito delle
decisioni di sospensiva, determinando un mutamento provvisorio della
giurisprudenza.  Al principio della prevenzione di un danno irreparabile
per la salute individuale e collettiva si è infatti richiamata la
giurisprudenza del Tribunale di Milano che, nel periodo dell’emergenza, ha
deciso di accogliere le sospensive proposte nei procedimenti di protezione
internazionale. La motivazione è stata dettata dall’eccezionale situazione
di emergenza sanitaria e dalle eccezionali norme adottate dal Governo per
contrastarla. Le misure cautelari richiamano l’articolo 32, comma 1, della
Costituzione italiana che sancisce “la salute come fondamentare diritto
dell’individuo e interesse della collettività” e  le istruzioni diffuse il
9 marzo dall’Istituto Superiore della Sanità (ISS), in collaborazione con
lo European Centre for Disease Control e il Ministero della Salute per
prevenire la diffusione della malattia e per proteggere gli operatori
sanitari dal contagio. Nei casi all’attenzione del Tribunale, il rigetto
della sospensione avrebbe comportato la revoca del permesso di soggiorno
temporaneo per richiesta di asilo, con conseguente revoca dell’iscrizione
obbligatoria al servizio sanitario nazionale e l’impossibilità di
osservanza delle prescrizioni dell’Istituto Superiore della Sanità a tutela
della salute individuale e collettiva.



*(9- continua …)*



*N.B. tutto il materiale si può consultare su www.areadg.it
<http://www.areadg.it>*

( http://www.areadg.it/speciali/emergenza-e-nuove-prospettive/ )
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