[Area] AREADG sul sistema elettorale del CSM

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Mer 27 Maggio 2020 12:53:24 CEST


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*Sul sistema elettorale per il CSM  *



*Premessa*

La crisi di credibilità della magistratura e del suo autogoverno,
evidenziata dalle pubblicazioni giornalistiche di questi giorni, ha radici
lontane.

Siamo convinti che ad essa e alle degenerazioni del correntismo hanno
indirettamente contribuito anche le attuali modalità di selezione dei
consiglieri del CSM.

Per questo, raccogliendo l'invito della Giunta della ANM dell’estate del
2019, abbiamo partecipato ai gruppi di lavoro nelle sedi distrettuali e
abbiamo, nel febbraio del 2020, dedicato un nostro seminario interno al
tema della riforma della legge elettorale per il CSM.

Infatti, l'attuale sistema elettorale, introdotto al dichiarato scopo di
cancellare il “potere delle correnti”, in realtà, per una singolare
eterogenesi dei fini, ne potenzia il peso nella scelta componenti del CSM,
finendo quasi per attribuire loro un potere di “designazione”.

Il potere di selezione dei vertici dei gruppi associativi, infatti, è
arrivato al paradosso di elidere completamente il confronto democratico che
è alla base di ogni competizione elettorale: si fa riferimento alle
elezioni per la categoria del Pubblico Ministero in cui le quattro correnti
hanno presentato quattro concorrenti per quattro posti, garantendo loro
l'elezione “a tavolino”. In proposito rivendichiamo di essere stati l’unico
gruppo ad aver scelto il proprio rappresentante mediante una precedente
selezione democratica tramite il metodo delle “primarie”.

Da questa elegge elettorale, dunque, i gruppi associativi sono indotti a
trasformarsi in macchine di costruzione del consenso, e di clientela, a
fini elettorali, e, così, rischiano di snaturarsi e perdere il senso stesso
della propria esistenza, cioè l’essere luogo di elaborazione e punto di
riferimento per chi si ritrova nello stesso modello di magistratura e di
giurisdizione

In questo contesto non sorprende che i consiglieri si sentano
“responsabili” più degli interessi dei loro grandi elettori, che degli
ideali, dei valori e degli indirizzi programmatici in nome dei quali sono
stati votati.

A fronte di questa situazione sono molte le voci, all'interno e all'esterno
della magistratura, che invocano l’individuazione di un sistema che, da un
lato, riavvicini i candidati al corpo elettorale e, dall’altro, consenta
l'elezione al CSM anche a chi non è legato ai gruppi associativi,
giungendo, addirittura, ad invocare il sorteggio come criterio di selezione
dei componenti dell’organo costituzionale di autogoverno della
magistratura.



*La riforma Bonafede.*

Il sistema elettorale proposto dal Ministro Bonafede nel luglio 2019
presenta insuperabili profili di criticità che lo rendono strumento
inidoneo a garantire i principi di rappresentanza e pluralismo nella
composizione e nel funzionamento del CSM.

Il sistema proposto è caratterizzato da 19 collegi che dovrebbero esprimere
20 eletti per la componente togata (il collegio della Cassazione esprime
infatti due consiglieri).

Le elezioni avvengono, quindi, in base ad un sistema maggioritario,
uninominale a doppio turno, in base al quale ciascun elettore ha la
possibilità di esprimere fino a tre preferenze, purché in favore di
candidati di genere diverso. Al primo turno risulterebbe eletto, in ciascun
collegio, il candidato che riporta la maggioranza assoluta dei voti validi
espressi. Se nessuno dei candidati della circoscrizione elettorale riporta
tale risultato, si ricorre ad un ballottaggio tra i due candidati più
votati, all'esito del quale prevale chi ha ripotato il maggior numero di
voti.

Molteplici sono le critiche sul piano tecnico, politico ed istituzionale:

-       appare incongrua la previsione di un collegio, dal bacino inferiore
agli altri, dedicato ai magistrati fuori ruolo, in servizio presso la DNA o
al Massimario della Cassazione (oltre che ai magistrati di secondo grado
del Distretto di Corte di Appello di Roma); tale collegio crea una
rappresentanza impropria e sproporzionata di alcune categorie specifiche di
magistrati, peraltro lontani dalla giurisdizione attiva.

-       appare dannosa una suddivisione della platea degli elettori in
circoscrizioni troppo ridotte: se va visto con favore il riavvicinamento
del candidato al corpo elettorale, l’eccessiva   parcellizzazione
dell'elettorato rischia di essere controproducente. L'elezione da parte di
un distretto relativamente piccolo, in base ad un sistema elettorale a
doppio turno, comporta un’investitura inevitabilmente legata ad istanze ed
interessi locali. Il rischio conseguente è quello di un CSM che diventi
sommatoria di particolarismi, incapace di una visione nazionale e
soprattutto slegato da ogni riferimento a valori e principi generali;
certamente non distante da logiche clientelari che hanno sede, non solo
nella rappresentanza per corrente, ma anche in una rappresentanza troppo
ancorata al territorio ed alle sue istanze.

-       il doppio turno non disincentiva pratiche occulte di apparentamento
tra correnti, anche basate su sostegni incrociati che tengano in
considerazione gli esiti del primo turno in più distretti; tale sistema nel
primo passaggio favorisce una scelta più consapevole agli elettori, ma al
secondo turno restituisce gran parte del potere di designazione ai vertici
degli apparati.

-       un sistema maggioritario con doppio turno su piccoli distretti
elettorali premia inevitabilmente i gruppi associativi più forti, più
strutturati e meglio distribuiti sul territorio, mentre rischia di
condannare alla sistematica soccombenza i gruppi più piccoli, che vantano
una presenza diffusa ma ovunque minoritaria. In questo contesto è
prevedibile una composizione del CSM in cui sono rappresentati solo due
gruppi. E’ dunque un sistema che penalizza il pluralismo, che è un antidoto
al consociativismo e alle clientele e avvicina il corpo della magistratura
alla funzione di autogoverno.



*Un sistema elettorale proporzionale a liste contrapposte.*

Il sistema elettorale per liste contrapposte è ritenuto da ampia parte
della magistratura il più adeguato per le elezioni del CSM ma è
dichiaratamente osteggiato dalla politica, perché ritenuto causa del potere
delle correnti e delle degenerazioni spartitorie.

In realtà, le interferenze nella nomina dei vertici di alcuni uffici
giudiziari rivelate dalla vicenda Palamara/Ferri/Lotti sono sintomatiche
non di uno strapotere delle correnti ma, al contrario, della perdita di
prestigio e di autorevolezza dei gruppi associativi che ha consentito a
centri di potere, più o meno occulti, di insediarsi e rafforzarsi, proprio
grazie alla attuale legge elettorale, fino a divenire di fatto soverchianti
rispetto alla forza propulsiva e alla capacità di elaborazione degli
apparati associativi e alle loro dinamiche democratiche interne.

Questa deriva, quindi, non si fronteggia cancellando l’associazionismo
giudiziario, ma rafforzando la democrazia e la trasparenza delle scelte
all'interno delle associazioni di magistrati.

Sotto tale profilo il sistema elettorale per liste contrapposte sarebbe
auspicabile perché garantisce rappresentanza a tutte le idee e ai valori
presenti nella magistratura, attribuisce agli elettori un reale potere di
scelta tra più liste contrapposte e più candidati nella stessa lista,
consente una rappresentanza equilibrata tra i generi, da spazio a nuovi
soggetti associativi e ad aggregazioni di candidati indipendenti, come
dimostrato nell’elezione degli organi statutari dell'ANM effettuata con
quel sistema.

Tale sistema elettorale, dunque, stimolerebbe i gruppi associativi ad
esercitare la funzione nobile di centri di elaborazione programmatica sui
temi della giustizia, mentre la legge elettorale ipotizzata dal Ministro
Buonafede, come si è detto, produce l’effetto di eliminare dalla
rappresentanza i gruppi minori, favorendo la nascita di un CSM più
consociativo e stretto nelle mani di un paio di correnti egemoni.

Tale sistema, però, continua a consegnare agli apparati dei gruppi
associativi la selezione delle candidature e non consente l'elezione al CSM
anche a chi non è legato ad alcun gruppo associativo



*Linee guida per una nuova legge elettorale del CSM*.

La legge elettorale è uno strumento di vitale importanza per realizzare i
valori che ci proponiamo di perseguire e che si possono così riassumere:

1.     garantire la rappresentanza delle differenze politiche, di genere e
culturali in nome delle quali i magistrati si raggruppano e si riconoscono
come appartenenti ad uno stesso insieme.

2.     riavvicinare i magistrati all’autogoverno attraverso l’adozione di
sistemi (come la creazione di collegi elettorali di dimensioni contenute)
che favoriscano la consapevolezza della scelta e una conoscenza diretta ed
effettiva delle qualità del candidato da parte dell’elettore;

3.     assicurare la qualità professionale e morale, nonché l’autorevolezza
dei candidati attraverso l’adozione di sistemi (come la creazione di
collegi elettorali di dimensioni contenute) che stimolino i gruppi
associati a non proporre candidati poco credibili;

4.     evitare il perpetuarsi della concentrazione di candidati ed eletti
in pochi grandi centri, con un conseguente difetto di rappresentanza degli
uffici diversi da 3-4 tribunali di grandissime dimensioni.

Riteniamo, inoltre, importante elaborare una proposta che abbia concrete
possibilità di essere recepita: la necessità di tener conto della
“percorribilità” politica della proposta induce a privilegiare un sistema
elettorale, che senza presentarsi come provocatoriamente incompatibile con
quello governativo, sia capace di correggerne le storture e di realizzare
gli obiettivi sopraindicati



*Alcune proposte per il nuovo sistema elettorale:*



*1)   **Il sistema Silvestri: proporzionale temperato in collegi
uninominali territoriali*

Il sistema proposto dal Prof. Gaetano Silvestri prevede la suddivisione del
territorio nazionale in un numero di collegi pari al numero dei magistrati
da eleggere, esclusi quelli di legittimità.

In ogni collegio vengono presentate candidature individuali, svincolate
dalle categorie professionali requirenti-giudicanti. Ciascuna candidatura
deve dichiarare il proprio collegamento ad almeno due candidature
individuali presentate in altri collegi. Tali apparentamenti sono
determinanti al fine di costituire un gruppo, che assurge a punto di
riferimento al momento della distribuzione nazionale dei seggi. Tale
distribuzione viene effettuata con metodo proporzionale (metodo d’Hondt)
senza utilizzo dei resti, in modo tale da evitare la frantumazione estrema
del voto che si verifica con il proporzionale puro.

La votazione si svolge in turno unico. I seggi sono assegnati in base al
totale dei voti raccolti  dal gruppo su scale nazionale e risultano eletti
i candidati che nel loro collegio hanno avuto la percentuale di voti validi
più alta.

I profili positivi di questo sistema sono

-       l'assegnazione dei seggi attraverso un sistema proporzionale
temperato

-       la valorizzazione della personalità dei candidati nei collegi
uninominali territoriali, che consente la partecipazione e l'elezione anche
a candidati indipendenti collegati tra loro su scala nazionale

-       la conservazione e la valorizzazione, attraverso gli apparentamenti
di candidati in gruppi, dell'associazionismo giudiziario, quale luogo di
aggregazione del consenso su base ideale.

Si tratta quindi di un sistema che, pur riavvicinando i candidati agli
eletti attraverso la creazione di più collegi territoriali, garantisce il
bilanciamento tra conservazione del pluralismo ideale e culturale dei
gruppi associativi e valorizzazione delle capacità e dell’indipendenza dei
singoli magistrati candidati.

Al sistema devono, tuttavia, essere apportati correttivi sull’equilibrio di
genere, ad esempio  mediante l'individuazione di una quota di genere nella
fase delle candidature, la previsione di una doppia preferenza di genere
(facoltativa o obbligatoria), l'introduzione di una  quota di risultato.



*2)   **Il sistema del doppio turno: maggioritario per collegi territoriali
e proporzionale per collegio nazionale con liste concorrenti  *

Trattasi del sistema proposto nel 2016 dalla Commissione Scotti che prevede
una prima fase di tipo maggioritario per collegi territoriali e una seconda
fase di tipo proporzionale per collegio nazionale con liste concorrenti.

Il territorio è diviso in tanti collegi quanti sono i componenti da
eleggere, formati tenuto conto della consistenza numerica dei distretti, e
parificando al massimo i corpi elettorali degli stessi.

Assumendo a parametro l’aumento del numero dei componenti già proposto
nella riforma ministeriale, 5 collegi per i pm, 13 per i giudici (per la
Cassazione si manterrebbe il collegio unico nazionale per due posti di
consigliere).

Nella *prima fase* non ci sono liste ma solo candidature individuali,
l’elettore ha tre schede e vota nelle tre categorie tra i candidati del suo
collegio.

Il sistema è maggioritario puro, per cui vengono ammessi alla seconda fase
i candidati più votati in numero pari al quadruplo dei magistrati da
eleggere per ogni categoria, quindi con i numeri attuali 8 per la
legittimità, 20 per i pm, 52 per i giudici.

Qualora non sia realizzata la parità di genere, si aggiungono e passano al
secondo turno altri candidati non eletti, cioè i più votati del genere meno
rappresentato, fino ad identica rappresentazione dei due generi.

Nella *seconda fase*, i candidati ammessi si apparentano e corrono con
sistema proporzionale su base nazionale per liste concorrenti, con voto di
lista e di preferenza in ogni categoria, con possibilità di una seconda
preferenza purché di genere diverso.

Obiettivi condivisibili:

-         realizzare la parità di genere

-         dare spazio a candidati indipendenti

-         creare un’ampia platea di candidati

-         recuperare al secondo turno la condivisione di progetti e idealità

Criticità (analoghe a quelle della legge 44 del 2002):

-         candidature al primo turno organizzate dai gruppi e “blindate”,
per garantire alla singola corrente il massimo degli ammessi al secondo
turno

-         il candidato estraneo ai gruppi organizzati riuscito a passare al
secondo turno ha poche chance di successo se al secondo turno non si
inserisce in una lista per partecipare al voto conclusivo proporzionale su
collegio nazionale per liste contrapposte.



*3)   **Il sistema binominale maggioritario*

Il sistema elettorale che maggiormente soddisfa gli obiettivi indicati in
premessa é il *sistema binominale maggioritario* utilizzato, storicamente,
a seguito di crisi di democrazia, proprio per garantire la maggiore
rappresentatività possibile: ad esempio fu utilizzato per la legge
elettorale del Cile nel 1989, dopo il ritorno alla democrazia, e nella
Polonia degli anni 80.

Sinteticamente, questo sistema prevede:

-       la suddivisone del territorio in nove collegi: ogni collegio, nella
simulazione effettuata, sarebbe composto da un numero prossimo ai 1.000
magistrati;

-       il confronto, in ogni collegio, di candidature individuali;

-       la possibilità, per l’elettore, di esprimere la preferenza per un
solo candidato;

-       l’elezione, in ognuno dei nove collegi, dei due candidati che hanno
ottenuto il maggior numero di voti per un totale di 18 eletti;

-       la riserva dei restanti due seggi al fine di riequilibrare la
rappresentanza di genere: i due seggi in discorso sarebbero, infatti,
riservati ai due candidati non eletti appartenenti al genere meno
rappresentato, che hanno ottenuto il maggior numero di voti.

 Il sistema elettorale così delineato appare positivo sotto diversi profili:

-       la creazione dei 9 collegi consente un rapporto più stretto e una
conoscenza diretta tra elettori ed eletti;

-       al contempo, il fatto che i collegi non siano eccessivamente
piccoli, evita di premiare i cd. “potentati” locali;

-       i gruppi associati manterrebbero un ruolo nell’organizzazione delle
candidature senza, però, escludere la possibilità a singoli magistrati non
aderenti ad alcuna corrente di presentarsi e conseguire l’elezione se
effettivamente sostenuti da un significativo seguito;

-       la previsione di eleggere 2 candidati per ogni collegio garantisce,
con assoluta certezza, il pluralismo e la rappresentanza di tutte le
componenti significative della magistratura e di tutte le anime
dell’elettorato, poiché i due candidati eletti sono  espressione, in
ciascun collegio, delle due componenti ivi più rappresentative e, dunque,
considerata l’esistenza di 9 collegi, è verosimilmente impossibile che una
componente della magistratura significativa sul piano della rappresentanza
a livello nazionale non arrivi almeno seconda in almeno un collegio su 9;
appare cioè, difficile pensare sia che un raggruppamento (grazie alla
abolizione della preferenza multipla) possa riuscire a ottenere voti
sufficienti per eleggere due candidati in ogni collegio,  sia che non
riesca a esprimere almeno un candidato che arrivi secondo in un collegio;

-       la previsione dei due candidati eletti, unitamente alla preferenza
singola, eviterebbe (o quantomeno renderebbe estremamente complicato) la
nascita di comportamenti opportunistici e limiterebbe il rischio di
alterazioni della rappresentanza tramite accordi tra componenti;

-       realizza un meccanismo che indirettamente assicura e stimola la
candidatura e, poi, l’elezione di rappresentati del genere che si prevede
“minoritario”, assicurando, contemporaneamente, anche la presenza di eletti
diversificati per funzione (PM/giudice) e provenienza territoriale anche
all’interno del singolo collegio.

La previsione di riservare due seggi ai rappresentanti del genere meno
rappresentato che hanno ottenuto il maggior numero di voti è una garanzia
effettiva “di risultato” e stimola *l’interesse dei gruppi associati,
specie quelli diversi dal gruppo maggioritario, a candidare appartenenti al
genere che si presume meno rappresentato*.

In sostanza, in tal modo, si innesca un meccanismo che porterà tutti i
gruppi associati a presentare in misura equilibrata candidati di genere
diverso e, anzi, a preferire la candidatura di appartenenti al genere che
si ipotizza possa essere il meno rappresentato.

Allo stesso modo, l’elezione di due candidati in ogni collegio porterà
verosimilmente il gruppo non di maggioranza a presentare una candidatura
che si differenzia per genere, ma anche per funzione (PM o giudice) o per
provenienza territoriale (in un collegio in cui sono riuniti elettori di un
distretto più popoloso e di uno con un minor numero di magistrati, il
gruppo associativo di minoranza avrà interesse a scegliere un magistrato
proveniente dal distretto diverso da quello in cui lavora il magistrato
candidato dal gruppo di maggioranza).

In conclusione, il sistema binominale maggioritario risponde all’esigenza
di stabilità e rappresentatività dell’organo eletto e rende più difficile
il formarsi di maggioranze nette e unilaterali, spingendo alla negoziazione
e alla costruzione del consenso in fase post-elettorale.

Tali istanze appaiono maggiormente in linea con le funzioni di un organo
come il C.S.M., che non è chiamato a esprimere una preordinata maggioranza
di governo e una opposizione ma, come detto, deve primariamente garantire
l’effettiva rappresentanza del pluralismo culturale, di genere e di idee
presente nella magistratura.



 *Il Coordinamento nazionale DI AREADG.*
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