[Area] R: R: Re Consiglieri del CSM e caso Palamara

Mario Ardigo' mario.ardigo a giustizia.it
Mar 30 Giu 2020 17:49:11 CEST


   Potete indicare un solo sistema politico tra quelli noti nella storia dell’umanità che non abbia dovuto fare i conti con carrierismo e abusi di potere? Cercatelo e indicatemelo, così potremo imparare come si fa a praticare sempre  e dovunque  la virtù collettiva. Se però non ci fosse, e io rimango aperto a ciò che per ora mi è ignoto ma su cui altri potrebbero farmi luce, perché allora AreaDG, fatta di esseri umani e non di dei, dovrebbe esserne immune? Preciso che sono iscritto ad AreaDG e lo rimarrò, per quanto dipende da me. In quanto iscritto sono pienamente corresponsabile del bene e del male che in essa c’è, molto più di Luca, che era iscritto ad un altro gruppo. Il fatto che AreaDG risultasse non esserne stata  immune, non mi scandalizzerebbe, ma mi impegnerebbe a fare qualcosa per contrastare ciò che non va, riformando.
  Ciò che  è accaduto a Luca mi addolora, perché Luca era un mio amico e lo considero ancora tale. Un collega con cui ho lavorato a lungo nel medesimo ufficio del Pubblico ministero, e le nostre stanze erano a pochi metri di distanza. Non mi scandalizzano le accuse che gli rivolgono, come non mi scandalizza sapere che qualcuno si ammala gravemente. Che magistrato sarei se mi scandalizzassi del male che c’è nelle persone? Lavoro nel penale da sempre. So che alle persone, anche a quelle che avevano fama di essere tra le  migliori, capita di cadere, di fare del male. E infatti il processo si fa oltre che per accertare la verità delle accuse (non la verità in assoluto) anche per rieducare mediante trattamenti improntati al senso di umanità. Rieducare: termine che ci suona un po’ obsoleto e che significa aiutare chi cade a rialzarsi, a rientrare a testa alta nel contesto sociale. Questa concezione della pena, propria delle democrazie, è molto diversa da quella che considera la pena un trattamento per far marcire  le persone.  Insomma, la redenzione sociale di chi ha fatto il male è addirittura un principio costituzionale. E, comunque, si rinnega il fratello o l’amico che cade, specialmente l’amico di gioventù, come per me  è Luca? Sarebbe ipocrita. La complicità è male, ma aiutare a rialzarsi chi cade è dovere umanitario democratico. Io non ho avuto una carriera, non l’ho mai desiderata, quindi non mi sono mai interessato al suq delle nomine. Però, anche così, essere magistrato senza galloni, addetto non alle cose più grandi, mi ha riempito la vita. Non ho alcun merito in questo, perché non ho dovuto sforzarmi, alcuni la potrebbero considerare anche pigrizia. Ha merito chi è tentato e resiste. Ma la tentazione implica il pericolo della caduta. Il potere, ogni potere,  è una grandissima prova per l’essere umano, e il potere più grande è la massima prova,  ne parlò Kissinger nell’elogio funebre di Nixon. Entrambi ora sono considerati persone piuttosto criticabili, diciamo così,  per ciò che ordinarono contro il Cile, nel 1973, e altrove, ma sicuramente conobbero e praticarono il potere. Quando pronunciò quelle parole credo che Kissinger fosse sincero. Teniamo anche conto che, in fondo, la Cina di oggi è, tutto sommato, anche opera loro, quindi lo è anche  il nostro mondo, da cui nel lockdown abbiamo temuto di essere estromessi, un mondo in cui gran parte di ciò che abbiamo in casa ci viene dalla Cina. L’essere umano ha in sé il bene e il male,  mi appare ipocrita negarlo.  Proprio ora, verso la fine, dovrei praticare l’ipocrisia della quale non sono mai stato schiavo, essendo stato allievo di quella grande scuola che insegna l’imperativo della perpetua conversione, fino all’ultimo respiro, proprio perché nell’essere umane c’è il bene e il male e il rischio della caduta è di tutti? “Signore, abbi pietà di me peccatore…”, non lo si dice per formalità, sapete. Ora, pur con tutto ciò che sta emergendo, mi addolora che il nome di Luca sia usato per significare ignominia. Quando usano il suo nome per quello, prego il Cielo che non lo facciano più, che passi questo suo dolore. Certo, prego per lui come prego per tutti  i sofferenti, ma certamente a partire da chi conosco meglio. E sua mamma è nel mio gruppo di Azione Cattolica, per cui considero Luca come un mio fratello, perché lo vedo con gli occhi della madre.   Avrà i suoi processi, ma ha diritto all’umanità dei trattamenti. E spero che riesca a rialzarsi. Per quanto mi riguarda non rinnegherò mai l’amico, mentre il politico non l’ho mai sostenuto, avendo aderito ad altri gruppi, da ultimo ad AreaDG dalla sua recente fondazione. Nella mia vita non sono mai stato un prodigio di ardimento, ma quello di cui vado più fiero è quando da ragazzo mi sono messo in mezzo per tirar fuori qualcuno da una turba che lo voleva colpire. L’ho fatto istintivamente, come anche oggi faccio con Luca. Quando l’ho fatto, semplicemente mi sono messo davanti all’aggredito, sperando per il meglio. Meglio soccombere con lui, che macchiarmi la coscienza di linciaggio anche solo non facendo nulla.
  Rimane naturalmente il problema del nostro associazionismo, della riforma  del nostro associazionismo, alla quale ci ha esortati il Presidente Mattarella con toni accorati. Per realizzarla non basta essere individualmente  buoni, ma occorre creare un movimento di rigenerazione. Creare i movimenti è compito della politica, che non è propria solo di quella partitica, ma di ogni corpo sociale, quindi collettivo, che debba essere governato, quindi anche, ad esempio, di una Chiesa, o di un’associazione privata come è l’ANM. Quest’ultima ha avuto storicamente grande rilevanza perché ha costruito  una figura di magistrato che fino alla metà degli anni Sessanta non c’era. Tutti credono di sapere come si fa il magistrato, ma andando nei dettagli lo si può essere in modo molto diverso. La nostra Costituzione repubblicana ha dato dei principi in base ai quali in ANM, rimasto finora organismo unitario  dell’associazionismo di categoria, ha sviluppato e impersonato  un modello di magistrato, che si distingue da quelli del passato, e da molti altri nel mondo, essenzialmente per il non essere indifferente  rispetto ai problemi sociali, come del resto la Costituzione vigente, legge suprema,  non lo è, e quindi un magistrato della nostra Repubblica non deve essere. Nel Secondo dopoguerra e fino alla metà degli anni Sessanta la Costituzione e le leggi vigenti erano state interpretate  e quindi applicate da un modello di magistrato che, in genere, non si discostava da ciò che c’era stato dagli inizi del  Novecento (l’ANM fu fondata nel 1909) e fino all’avvento del fascismo, ma anche oltre, perché il fascismo ottenne obbedienza politica incondizionata quasi solo dai suoi tribunali speciali.
  I migliori politici sono quelli che sono capaci di indurre una costante riforma nel corpo sociale loro affidato. Non basta, però, progettare dall’alto, bisogna avere la capacità di suscitare un movimento collettivo: lì appunto è il difficile della politica. A denunciare sono buoni tutti. Un buon professionista può confezionare un libro di denuncia interessante. Un sociologo farà luce spiegando come funziona il male sociale e lo farà da scienziato sociale con libri e altre pubblicazioni che troveranno credito nella comunità scientifica. Ciò fatto, tutto resta com’è, se non sorge uno che abbia la voglia, il tempo, la capacità di impegnarsi in politica, cercando di interloquire non con poche persone, ma addirittura con le masse. E già convincere i miei co-inquilini su cose banali mi riesce veramente molto difficile.
Andrea, Rosario,  pensate veramente  che un ultrasessantenne come me, che ha vissuto consapevolmente varie stagioni della politica nazionale, anche stagioni veramente tragiche e demoralizzanti, possa abbattersi per le miserie del nostro associazionismo che stanno venendo fuori, rilanciate per lo più  da fonti che ci si sono sempre manifestate ostili, soprattutto però quando facevamo bene più che nel nostro male? Allora, da ragazzo, avrei dovuto ripudiare la democrazia repubblicana quando venne fuori la storia della P2: non l’ho fatto, naturalmente. E via seguitando, di scandalo in scandalo.
Quello che ora chiamate  “crisi di credibilità”, negli anni ’80 veniva definito crisi di legittimazione (politica) a proposito della politica nazionale,  e più o meno si basava su fatti analoghi. La politica sempre  deve sentirsi impegnata nel recuperare credibilità, essenzialmente operando per mantenere un certo livello di benessere diffuso e la pace sociale, tappando le falle che riversano risorse verso chi non ne ha diritto. Solo questo?, si potrebbe osservare. Beh, come si dice, potrei stupirvi con effetti speciali…, ma in effetti, sì, basta questo. Basta?,  è una cosa molto difficile, in realtà. La rapina, la violenza predatoria come quella mafiosa, ma anche la violenza puramente e semplicemente,  è semplice, istintiva, come tutto ciò che è conforme al  nostro stato di natura di discendenti di antiche belve. Come l’accanirsi su chi è caduto, colpendo in branco chi, sovrastato dal numero, non può più difendersi e può solo chiudersi in posizione fetale per cercare di sopravvivere. Il linciaggio, vale a dire la violenza brutale contro il colpevole. Praticato negli inferni del mondo, dal quale vorremmo, almeno per ciò che ci riguarda (con gli altri abbiamo meno scrupoli,  che i costumi democratici ci preservassero.   Anche la stupidità è semplice, istintiva, alla portata di tutti, non occorre imparare ad essere stupidi: è, come dire, un talento naturale. Non esserlo richiede uno sforzo. Anche la persona colta, quando senza riflettere bene fa una cosa stupida, esclama a se stesso “Ah, che stupido sono stato!”. Non vi è mai capitato? Se vi è capitato non siete persone stupide! Lo stupido infatti non si accorge quanto è stupido e non crede a chi lo mette in guardia.  E  quindi è fatale che la via più praticabile sia  quella della stupida rapina. La democrazia è invece una conquista culturale, faticosa, che richiede riflessione, buona volontà, abilità pratica, insomma uno sforzo, non ci viene certamente naturale, e ci separa dalle belve nostre progenitrici e dallo stato di natura, che, al contrario di come si illudevano certi filosofi del Settecento e anche certi giusnaturalisti religiosi che fanno scuola ancor oggi, è l’inferno. La democrazia si impara (Zagrebelsky), così come si impara la virtù, e in particolare si impara a fare manutenzione democratica, restaurando lì dove la società casca a pezzi. Un’opera, non chiacchiere. Se la parola non è capace di spingere a fare, allora è solo chiacchiera. Non condanno i chiacchieroni, anch’io spesso lo sono. Ma non su cose come quelle di cui si parla.
 Dove si impara la democrazia? E’ innanzi tutto tirocinio. Si impara provando e riprovando. Metti dieci persone intorno a un tavolo e cerca di portarle a convergere su che fare nel prossimo week-end senza che nessuna sia o si senta umiliata, senza che prevalga il capetto di turno, la personalità più forte, dando a ciascuno la possibilità di dire la propria, in modo che parlando e parlando ciascuno non si limiti a dire la propria, ma si agganci  al pensiero altrui sviluppandolo, cosicché alla fine la decisione sia sentita come un successo collettivo, e addirittura ci si possa costruire un’epica sopra, un canto, come quando ero negli scout. Questo è un primo esercizio democratico che, ad esempio, in Azione Cattolica, definita nello statuto palestra di democrazia,  si fa fin dai più piccoli. Ecco, queste non sono più chiacchiere, anche se si agisce su piccola scala, su una piccola collettività per farne una comunità.  Sono opere a cui ciascuno si può cominciare ad applicare nel suo mondo di prossimità: è politica e politica democratica. Perché poi, fatta sufficiente pratica su un micro-mondo, ci si può allargare ad un consiglio  di qualche cosa, ad un ambiente sociale un po’ più grande e poi, via via, sempre più allargandosi, ci si può imbattere nelle dinamiche democratiche dell’ANM, una piccola democrazia  di circa 8000 persone che però presenta notevoli difficoltà di aggregazione, perché ogni magistrato ritiene in cuor suo di essere il meglio che c’è nell’universo ed è anche molto testardo su questo. Una sfida appassionante (altri direbbero una sfida impossibile). Se uno, però, lì riesce ad ottenere una soddisfazione diffusa e la pace sociale, senza perdere l’onore, allora, capite, è pronto per qualsiasi altra cosa gli capiti di dover governare. Diventa, come si dice, una riserva della Repubblica. E se, invece, si cade, ci si rialza, si ricomincia a costruire su altre basi, imparando dall’esperienza (leggete su questo, ad esempio Osea, capitoli 1 e 2). Chi cade, però, non  è immondizia sociale, rimane persona umana, capace di redenzione personale. Su questo fanno affidamento i principi democratici, a differenza di quelli dell’assolutismo, nel configurare il sistema penale.
 La perfezione non  è di questo mondo, capite, ma la sua ricerca, anzi addirittura  la sete di perfezione, è invece alla portata degli umani e li nobilita: «Probabilmente, malgrado tutto, l'evoluzione storica, di cui noi saremo stati determinatori, non soddisferà le nostri ideali esigenze; la splendida promessa, che sembra contenuta nell'intrinseca forza e bellezza di quegli ideali, non sarà mantenuta. Ciò vuol dire che gli uomini dovranno pur sempre restare di fronte al diritto e allo stato in una posizione di più o meno acuto pessimismo. E il loro dolore non sarà mai pienamente confortato. Ma questa insoddisfazione, ma questo dolore sono la stessa insoddisfazione dell'uomo di fronte alla sua vita, troppo spesso più angusta e meschina di quanto la sua ideale bellezza sembrerebbe fare legittimamente sperare. Il dolore dell’uomo che trova di continuo ogni cosa più piccola di quanto vorrebbe, la cui vita è tanto diversa dall’ideale vagheggiato nel sogno. E’ un dolore che non si placa, se non un poco, quando sia confessato ad anime che sappiano capire o cantato nell’arte, o quando la forza di una fede o la bellezza della natura dissolvono quell’ansia e ridonino la pace. Forse il destino dell’uomo non è di realizzare pienamente la giustizia, ma di avere perpetuamente della giustizia fame e sete. Ma è sempre un grande destino.»
[ in Aldo Moro, Lo Stato. Il Diritto. Lezioni di Filosofia del Diritto, 1942/1943, Università di Bari – attualmente non in commercio, reperibile solo in biblioteca. Io ne ho una copia. La lezione da cui è tratto il brano qui sopra può essere letta e scaricata all’indirizzo <http://www.istitutodegasperi-emilia-romagna.it/pdf-mail/378_01052018a2.pdf>]

Mario Ardigò




Da: Area <area-bounces a areaperta.it> Per conto di andreale a yahoo.com
Inviato: martedì 30 giugno 2020 13:48
A: Rosario Lupo <rosario.lupo a giustizia.it>
Cc: area a areaperta.it
Oggetto: Re: [Area] R: Re Consiglieri del CSM e caso Palamara

Cosa vi induce a pensare che Area sia coinvolta?
È solo un problema di carrierismo, al quale risultano estranei colleghi  come Clivio, Fracassi, Ferranti, Albamonte, Cascini, etc...., come dimostrano le chat pubblicate sui quotidiani da mesi.
Per non dire che l'Anm, a guida Poniz,  sta affrontando magnificamente la crisi di credibilità del correntismo.
Forza Area, siete i migliori!
Se qualcuno vuole leggere un po' di sana controinformazione da parte dei "penalizzati dal sistema ecco il blog giusto:
http://toghe.blogspot.com .
Ma solo per stomaci forti!
Andrea Reale (magistrato)

Il 30 Giu 2020 12:55, Rosario Lupo <rosario.lupo a giustizia.it<mailto:rosario.lupo a giustizia.it>> ha scritto:

Ciao Paolo; come stai?

La tua sorpresa è anche la mia (ma solo in parte).

Forse non ci si è resi conto (o non si vuole, aspettando che le acque si calmino, perché si calmeranno) che è uno tsunami che mette in dubbio la credibilità non solo del nostro organo di autogoverno ma delle stesse inchieste e sentenze della magistratura tutta;

in poche parole l’autorevolezza delle decisioni giudiziarie viene meno e possono essere dissacrate e non prese sul serio  le decisioni che riguardano i più vasti e vari ambiti (diritti delle minoranze, degli immigrati, degli omosessuali, delle minoranze religiose, dei minori, dei detenuti ecc. ecc.).

E questo già si comincia a vedere con interviste di magistrati (sì proprio di colleghi: ne allego un esempio) e politici che ritengono i giudici assoggettati al P.M. a sua volta assoggettato a scelte meramente politiche e di parte:

E’ la morte dello stato di diritto e della democrazia che vede noi magistrati responsabili al pari dei politici e con le stesse dinamiche dei distinguo, delle negazioni, della superiorità morale di uno rispetto all’altro, della minimizzazione, delle generalizzazioni propria della più brutta politica.

Ma si sa, solo Palamara e qualcun altri ne sono responsabili.

Intanto nessuno che chiede ai colleghi che avevano rapporti con il “mostro” di dire qualcosa e di prendere atto di quanto accaduto.

Ma così è.

Nulla ha da cambiare.

E non pensare che qualcuno risponderà alla tua (tanto meno alla mia)

Mai come ora sono orgoglioso di non essere mai stato iscritto ad  alcuna corrente e di non dover dire grazie a nessuno.



Con affetto



Rosario Lupo





Da: Area [mailto:area-bounces a areaperta.it] Per conto di paolo.arbasino a libero.it<mailto:paolo.arbasino a libero.it>
Inviato: martedì 30 giugno 2020 11:55
A: area a areaperta.it<mailto:area a areaperta.it>
Oggetto: [Area] Re Consiglieri del CSM e caso Palamara



Sono un po' sorpreso dal totale silenzio, su questa lista (unica alla quale sono ammessi, secondo quanto mi risulta, i magistrati in pensione quale il sottoscritto), sulle vicende innescate dal caso Palamara con particolare riferimento alla attività del CSM ed alla immagine emergente  fortemente negativa  del ruolo svolto dai consiglieri. Poiché  ho fatto parte di quell'organismo dal 2002 al 2006 mi permetto di allegare, a tutela del faticosissimo  lavoro  svolto, la proposta di  risoluzione da me redatta nel 2006 lasciando a chi la leggerà di trarne le conclusioni che vuole. All'epoca mi si disse da qualche collega che dicevo cose scontate e del tutto ovvie.

Paolo Arbasino



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