[Area] Magistratura democratica sulla Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne

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Mer 22 Nov 2023 11:23:44 CET



Magistratura democratica sulla Giornata internazionale per 
l'eliminazione della violenza contro le donne

La giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le 
donne, istituita dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 
dicembre 1999, assume, ogni anno che passa, sempre meno il significato 
di una celebrazione e sempre più quello di una giornata in memoria delle 
vittime.

Ad oggi, secondo i dati del Ministero dell'interno, sono già 102 le 
donne uccise nel 2023, 83 delle quali in contesti familiari o affettivi, 
per le quali si può parlare, quindi, di femminicidio.

Siamo già ben oltre la media di un femminicidio a settimana e visto che 
la conta non si ferma ma procede inarrestabile verso la fine dell'anno, 
la media che si sta pericolosamente avvicinando è quella di due 
femminicidi alla settimana, in Italia.

A fronte di questi dati non c'è proprio nulla da celebrare. C'è invece 
molto da dire a una classe politica che, a questo punto, deve fermarsi e 
ascoltare.

L'approccio politico e legislativo alla violenza di genere, che negli 
ultimi dieci anni ha interamente scaricato sulla giurisdizione penale il 
problema della violenza, non ha funzionato, perché non può funzionare.

Prima di tutto è un approccio ipocrita, che mette la maschera della 
repressione "senza se e senza ma" di fronte ai sintomi mentre continua a 
incentivare le cause della violenza maschile.

Con una mano si licenziano pene sempre più severe e con l'altra si 
rafforzano di continuo gli stereotipi patriarcali e familisti che nella 
storia, e trasversalmente in tutte le culture, sono sempre stati 
utilizzati per relegare le donne a un ruolo riproduttivo e assistenziale 
nella società e a un ruolo "passivo" nella relazione con gli uomini.

Non servono gli esempi di singole "donne al potere" (sempre la 
minoranza, comunque) perché costituiscono eccezioni che non modificano 
il quadro di realtà, se alle donne viene comunque tuttora imposta una 
regolamentazione sociale della maternità che le responsabilizza in modo 
del tutto sproporzionato rispetto  ai padri, se viene continuamente 
messa in discussione la loro libertà di autodeterminarsi 
incondizionatamente nelle scelte sessuali e riproduttive, se viene loro 
culturalmente imposto un unico modello familiare che è sempre stato, 
come ci racconta il bel film di Paola Cortellesi in queste settimane 
nelle sale, il principale motore di affermazione e di mantenimento del 
patriarcato e della violenza maschile. E se continuano a essere 
sottratte risorse economiche allo stato sociale, così di fatto 
costringendo le donne a farsi carico pressoché in via esclusiva della 
cura dei figli, degli anziani e delle persone malate e disabili, e 
invalidando in concreto i proclami astratti sulla parità di genere e 
sull'_empowerment_ femminile.

Altrettanto ipocrita è la "delega dell'impossibile" alla giurisdizione 
penale, che è di fatto stata investita di una funzione preventiva per la 
quale non ha gli strumenti. La giurisdizione cautelare, infatti, è stata 
pensata non come una vigilanza sociale diffusa, e quasi indiscriminata, 
su tutti i possibili contesti in cui possano maturare atti di violenza, 
ma per attuare forme di protezione individuale nell'ambito di situazioni 
in cui risulti già acclarata, secondo uno standard probatorio prossimo 
alla certezza necessaria per una condanna, la commissione di un reato. 
Quella cautelare è una soglia di intervento "spostata in avanti" 
rispetto a quella della prevenzione. Affidare il contrasto della 
violenza interamente alla cautela penale significa accettare 
deliberatamente che in molti casi si arriverà troppo tardi e nella 
maggioranza dei casi non si arriverà affatto, perché la storia di 
violenza si paleserà direttamente con il femminicidio, senza essere 
preceduta da una denuncia né dall'avvio di un iter giudiziario.

Tempistiche investigative sostanzialmente impossibili da rispettare e 
sistemi di avocazione automatica dei procedimenti che non hanno 
chiaramente altro fine se non fare da volano a procedimenti disciplinari 
per trovare capri espiatori, a chi sono utili?

È il circuito socioassistenziale del territorio ad avere la possibilità 
di "intercettare" le situazioni a rischio, facendole uscire 
dall'oscurità dell'abbandono e dell'omertà familiare, ma per questo 
servono risorse e investimenti che nessuno pare avere intenzione di 
fare. Le associazioni e i centri antiviolenza fanno in larghissima parte 
affidamento sul contributo volontario e non c'è un sistema legale e 
organizzato di case rifugio a cui possano accedere, coordinandosi tra 
loro, tutte le agenzie (socioassistenziali, sanitarie, scolastiche e 
giudiziarie) che si trovano, in segmenti diversi, a trattare un caso di 
violenza.

È poi indispensabile introdurre nel circuito scolastico canali di 
educazione e di sensibilizzazione sulla parità reale tra i generi. Sono 
necessari percorsi educativi che mettano in discussione le visioni 
stereotipate delle relazioni affettive, familiari e di coppia, e 
perseguano la promozione del rispetto per sé stessǝ e per la libera 
realizzazione di ogni persona con cui entriamo in relazione, a 
cominciare dall'autodeterminazione di genere, sessuale e riproduttiva di 
ogni individuǝ.

Perché se il discorso della violenza viene affrontato con i ragazzi e 
con le ragazze esclusivamente dal punto di vista di un immaginario 
vittimizzato e vittimizzante, questo immaginario continuerà a 
riprodursi.

Anche la magistratura necessita di un investimento importante in termini 
di formazione specialistica multidisciplinare e di specializzazione 
degli uffici giudiziari nella materia della violenza di genere. Le 
numerose condanne della Corte europea dei diritti umani (ormai un vero e 
proprio "filone italiano") rendono evidente l'inutilità di una continua 
affilatura dell'arsenale repressivo se non si investe in formazione ed 
_expertise_ su come questo debba essere usato, e si finisce così per 
avere un consistente numero di pronunce di merito che pongono alla base 
della  valutazione della prova,  e del ragionamento decisorio,  
argomenti che reiterano, anziché debellare, gli stereotipi sessisti in 
danno alle donne.

Il messaggio che Magistratura democratica vuole consegnare soprattutto 
alle forze parlamentari, perché questa giornata non si riduca a un 
inutile e stanco rituale, persino offensivo della memoria delle vittime, 
è che è arrivato il momento di mettere da parte la celebrazione. E di 
dare inizio all'ascolto.

_L'Esecutivo di Magistratura democratica_

Leggi sul sito di Magistratura democratica [1]



Links:
------
[1] 
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