<html><head><meta http-equiv="Content-Type" content="text/html; charset=UTF-8" /></head><body style='font-size: 10pt'>
<div class="pre" style="text-align: justify;"><strong>Kamala Harris, Ruth Bader Ginsburg e le altre. Quel che le donne (al potere) ci possono dire</strong><br />di <strong>Tania Groppi</strong><br /><br />Nel giro di qualche settimana, tra la fine di settembre e gli inizi di novembre, nel corso di un 2020 flagellato da una inusitata e inattesa pandemia globale, due donne statunitensi hanno attratto l’attenzione di tutto il mondo, andando oltre la cerchia degli addetti ai lavori e contribuendo ad alimentare il dibattito, rinvigorito dall’emergenza COVID, sul ruolo che le donne possono e debbono avere nel nuovo millennio.<br />Il 18 settembre, Ruth Bader Ginsburg, figlia di genitori ebrei immigrati da Odessa, giudice progressista della Corte suprema, seconda donna nella storia ad esservi nominata, divenuta un’icona della sinistra liberal statunitense, è mancata dopo una lunga malattia proprio negli ultimi scampoli della Presidenza Trump, giusto in tempo per lasciare al Presidente le settimane necessarie per sostituirla con una figura di donna profondamente diversa, per appartenenza religiosa e cultura giuridica.<br />Il 3 novembre, Kamala Harris, figlia di genitori immigrati dall’India e dalla Giamaica, già procuratrice generale e quindi senatrice della California, è stata eletta vicepresidente degli Stati Uniti d’America, in ticket col Presidente Joe Biden, cumulando due record: la prima donna vicepresidente degli Stati Uniti (come è noto, mai una donna ha ricoperto la carica di Presidente e l’unica candidata è stata Hillary Clinton nel 2016) e la prima afro-asiamericana a ricoprire quell’incarico.<br />Nonostante il loro eccezionalismo, che su tanti temi contribuisce a farli avvertire molto distanti da noi europei (pensiamo a questioni come la pena di morte, la chiusura al diritto internazionale, il diritto di possedere armi da fuoco, la mancanza di un sistema sanitario pubblico, l’ostilità ai principi basilari dello Stato sociale), gli Stati Uniti continuano ad attrarre gli sguardi dell’Occidente, come accade fin dai tempi di Tocqueville.<br />...Se nei suoi decenni alla Corte suprema Ruth Bader Ginsburg ha fatto sentire tante e tante volte la sua voce in favore degli esclusi, Kamala Harris ha mostrato il suo piglio fin dalle parole di apertura del primo discorso dopo la vittoria elettorale, pronunciato non a caso vestita nel colore bianco delle suffragette: “La democrazia non è uno stato, ma un atto. La democrazia americana non è scontata, la sua forza dipende dalla nostra volontà di combattere per essa”. La aspetta un mandato complicato, in una nazione polarizzata e spaesata: entrata a pieni passi nel mondo maschile del potere, a Kamala Harris spetta altresì il compito gravoso di costruire un ulteriore pezzettino del lungo cammino della storia delle donne.</div>
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<div class="pre" style="text-align: justify;"><strong>https://www.giustiziainsieme.it/it/attualita-2/1397-kamala-harris-ruth-bader-ginsburg-e-le-altre-quel-che-le-donne-al-potere-ci-possono-dire</strong></div>
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