<html><head><meta http-equiv="Content-Type" content="text/html; charset=UTF-8" /></head><body style='font-size: 10pt'>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: 'times new roman', times, serif; font-size: 12pt; color: #003300;"><strong>Recensione di Umberto Apice a "ALLA FINE, BALORDI". Gli uomini non illustri di Massimo Ferro.</strong></span></p>
<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: 'times new roman', times, serif; font-size: 12pt; color: #003300;">Dodici microromanzi. Viene da dire che il mondo di questi uomini e di queste donne è un mondo mediocre, sgualcito ( rubando la definizione a Geno Pampaloni che l’applicò ai “ non illustri ” di Pontiggia ): manie, desideri innaturali, adulteri, matrimoni sbagliati, ambizioni male apposte. E spesso questi personaggi hanno una vita parallela, sotterranea, fatta di sentimenti, ricordi e desideri, che sono segreti, e perciò si tratta di una vita clandestina. Il narratore - sembra che dica Ferro - deve preoccuparsi di una sola cosa: andare alla ricerca di quel pathos, di quel sordido, di quella violenza, che si trovano nella vita clandestina. E non importa se in questa ricerca gli capiterà di entrare in un tunnel di ambiguità. La vera letteratura si manifesta soprattutto nell’ambiguità: perlomeno, la letteratura che non vuole essere solo testimonianza (che sarebbe un ruolo riduttivo), ma ambisce a un ruolo preminente sul terreno cognitivo.</span></p>
<p style="text-align: justify;"><strong><em><span style="font-family: 'times new roman', times, serif; font-size: 12pt; color: #003300;">https://www.giustiziainsieme.it/it/attualita-2/1549-recensione-di-umberto-apice-a-alla-fine-balordi</span></em></strong></p>
</body></html>