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Come è noto della prescrizione tratta uno dei 18 emendamenti della "riforma Cartabia" al disegno di Legge AC 2435, la "riforma Bonafede". Non si parla oggi degli altri 17 emendamenti che recepiscono comunque molte ( purtroppo non tutte) delle innovative proposte della commissione Lattanzi dirette ad incidere alla radice sui tempi dei processi: meno dibattimenti e tempi più brevi per i casi in cui il processo è veramente necessario, snellimento delle procedure senza nessun sacrificio per le garanzie di difesa. Ma tant'è, parliamo di prescrizione. Non è osservazione originale, ma banale buon senso, quanto scrivevo su questo giornale 1'11 luglio "Sono le regole del processo che devono individuare il punto di equilibrio tra fondamentali e irrinunciabili garanzie di difesa e l'obbiettivo che il processo si conduda il più celermente possibile". La ragionevolezza avrebbe imposto di tornare alla "riforma Orlando", stroncata, prima ancora che potessero esserne sperimentati gli effetti, con la forzatura del blocco della prescrizione dopo il giudizio di primo grado. Ma vi sono le ragioni della politica più forti della razionalità. I giuristi hanno discusso e discuteranno sulla soluzione proposta dalla riforma Cartabia, con l'ardito mix tra prescrizione sostanziale e prescrizione processuale. Non proprio l'ideale, ma questo è il punto di mediazione raggiunto dalle ragioni della politica. In sintesi un tempo di due anni per il processo di appello e di un anno per il processo in cassazione, con prolungamenti per i reati di criminalità organizzata e di corruzione e imprescrittibilità per i reati puniti con l'ergastolo. Ma non appena asciugato l'inchiostro sul testo dell'emendamento sono stati pubblicati i dati sui tempi attuali di durata dei processi. La cassazione è forse in grado di rispettare il termine di un anno. Per le corti di appello, se la maggioranza virtuosa non pone problemi, per le corti di Roma, Napoli (non proprio marginali) e anche Venezia e alcune altre, questi termini non sono raggiungibili in tempi brevi, nonostante ogni misura organizzativa attuata. che per produrre effetti concreti richiede ovviamente del tempo. Gli irriducibili della"prescrizione mai" non hanno neanche avuto la necessità di considerarli per condurre la loro crociata, ma penso che in molti si saranno chiesti se quei dati, pubblici e da tempo noti, siano stati letti dai tecnici del ministero che hanno scritto l'emendamento. Fiat iustitia et pereat mundus: vadano in prescrizione i procedimenti accumulatisi nelle Corti di appello meno virtuose. Una (opinabile) scelta possibile con assunzione di responsabilità da parte del decisore politico. Ma sembra che così non sia stato e che oggi ci appresti a quelli pudicamente definiti "miglioramenti di carattere tecnico". Non ho bisogno di ritornare sul rifiuto del "fine processo mai" , ma è tempo che il legislatore si misuri con i duri dati della realtà. I termini di due anni e un anno non stanno scritti in modo indelebile da nessuna parte, ma sono la ricerca di un punto di equilibrio. "Si sbaglio mi corrigerete" chiedeva Papa Wojtyla. Anche il ministero della giustizia può riaggiustare il tiro dopo aver letto i dati che aveva trascurato. L'obbiettivo di ridurre drasticamente, del 25% , i tempi del processo penale può essere ragionevolmente raggiunto prendendosi per un periodo limitato un margine in più. Tre anni piuttosto che due per l'appello e uno e mezzo per la cassazione per i prossimi tre anni. Nel frattempo ci si impegna per la attuazione delle misure organizzative messe in cantiere: ufficio per il processo, assunzioni di magistrati e personale amministrativo. L'intendance suivra, una sottovalutazione pagata a caro prezzo da Napoleone. Nella decorrenza da fissare per il processo di appello, non si può partire dalla data del deposito della sentenza di primo grado, ma occorre considerare i tempi tecnici di trasmissione del fascicolo dai tribunali alle corti di appello, novanta giorni oggi nei casi migliori. Il "Comitato tecnico-scientifico per il monitoraggio sull'efficienza della giustizia penale" opportunamente introdotto con l'art 15 bis se non vorrà essere un orpello, dovrà, per così dire, stare con il fiato sul collo delle Corti di appello più lente. Il "fine processo mai", che vogliamo rifiutare, si potrà ragionevolmente contrastare correggendo gli errori di valutazione con "miglioramenti tecnici" del tipo di quelli indicati, per evitare l'effetto boomerang che un numero rilevante di prescrizioni in appello determinerebbe su tutto il pregevole impianto della "riforma Cartabia".<o:p></o:p></p><p class=MsoNormal><o:p> </o:p></p></div><div id="DAB4FAD8-2DD7-40BB-A1B8-4E2AA1F9FDF2"><br /> <table style="border-top: 1px solid #D3D4DE;">
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