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<p style="text-align: justify;"><span>Proseguiamo la pubblicazione del documento dell'Esecutivo di ieri 20 ottobre 2021 (Clicca </span><a href="https://www.magistraturademocratica.it/articolo/magistratura-democratica-e-la-riforma-del-sistema-elettorale-per-il-consiglio-superiore-della-magistratura" target="_blank" rel="noopener noreferrer">qui<span> </span></a><span> per l'intero intervento)</span></p>
<p style="text-align: justify;">… segue …</p>
<p style="text-align: justify;"><strong> 2. Alcune proposte sul tappeto che non condividiamo</strong></p>
<p style="text-align: justify;">La disaffezione e la sana frustrazione, generatesi in esito all’annichilimento del dibattito associativo e allo svilimento della sua funzione, ha indotto alcuni a proporre il sorteggio come estremo rimedio alla ritenuta incapacità dei gruppi associati di rigenerarsi. Comprendiamo le ragioni di questo forte dissenso, ma non condividiamo il rimedio proposto; esso – oltre a porsi in frizione con il dettato costituzionale – rappresenta una dichiarazione di resa di una parte della magistratura che giudica l’intero corpo giudiziario incapace di selezionare, e quindi gestire, in modo sano e funzionale, il governo autonomo e preferisce, per ciò, affidarsi alla sorte.</p>
<p style="text-align: justify;">Altri gruppi hanno proposto diverse forme di sistemi elettorali di impronta maggioritaria; si tratta di un metodo che rischia di svilire la possibilità che il Consiglio rappresenti le plurali sensibilità della magistratura, negandone la loro più ampia rappresentanza, in funzione di una migliore “governabilità” delle scelte. Quest’ultima, tuttavia, è estranea alla funzione consiliare che non si regge su un approvato e generico programma di governo, quanto piuttosto su scelte contingenti, fondate su maggioranze variabili: il Consiglio, a differenza del Parlamento, non ha bisogno di esprimere una maggioranza stabile; per contro, la ricerca di governabilità può stimolare e generare stabili accordi, sia in fase elettorale, sia nella successiva gestione del governo autonomo, che rischiano di riproporre proprio quelle dinamiche di potere che stanno alla base delle più recenti degenerazioni. Il sistema elettorale maggioritario, dunque, non costituisce un antidoto a quelle disfunzioni, ma può costituirne il prodromo.</p>
<p style="text-align: justify;">E questi effetti negativi sarebbero esaltati da un sistema elettorale maggioritario fondato su piccole circoscrizioni elettorali che valorizzerebbero, nella concreta contesa elettorale, la prospettiva di protezione dei singoli e di tutela delle loro ambizioni di carriera, piuttosto che le differenti proposte di politica giudiziaria, capaci di confrontarsi con tematiche complessive di respiro nazionale. E questo senza tenere conto del fatto che proprio l’esistenza di potentati regionali, volti alla tutela di interessi micro-corporativi, sia stata uno dei principali fattori di degenerazione che andrebbero inibiti e non agevolati.</p>
<p style="text-align: justify;">Si tratta, insomma, di sistema elettorali che non stimolano un consenso fondato su un<em><span> </span>rendicontabile</em><span> </span>rapporto di rappresentanza delle varie sensibilità presenti nella magistratura, ma possono contribuire a generare un consiglio di<span> </span><em>nominati</em>, che garantisce ed implementa la formazione di gruppi che alimentano ancora il clientelismo elettorale, fondato ora sulla paura, ora sull'ambizione smodata. Infine, i sistemi maggioritari non tutelano, né promuovono la pari opportunità tra donne e uomini, violando la necessaria ed equa rappresentatività di genere, tutelata dall’art. 51, comma 1, della Costituzione.</p>
<p style="text-align: justify;"> </p>
<p style="text-align: justify;"><strong> 3. La necessità di un sistema che assicuri pluralismo: la proposta della Commissione Luciani</strong></p>
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<p style="text-align: justify;">Pur nella consapevolezza del fatto che non esistono modelli elettorali “perfetti”, le valutazioni che precedono fanno, dunque, preferire i sistemi proporzionali o almeno quelli con potenziali effetti proporzionali.</p>
<p style="text-align: justify;">Si tratta, infatti, di sistemi che garantiscono la plurale rappresentatività delle diverse sensibilità presenti in magistratura e sono in grado di dare autentiche<span> </span><em>chance</em><span> </span>di successo anche a nuove aggregazioni che si propongano come alternative ai gruppi associati “storici”. Inoltre, quei sistemi ostacolano il consolidarsi di maggioranze precostituite nella gestione effettiva dell’autogoverno e stimolano un costante e progressivo confronto tra sensibilità plurali, generante esiti non preventivabili, raffinando verso l’alto – e proprio grazie al confronto – la qualità delle scelte di politica giudiziaria, obbligando eletti e gruppi che li hanno sostenuti, a renderne conto.</p>
<p style="text-align: justify;">Queste valutazioni ci spingono ad esprimere apprezzamento verso la proposta della Commissione Luciani che – oltre a prevedere un aumento del numero dei componenti del Consiglio (necessario per migliorare la sua funzionalità) – prevede, quanto al modello elettorale, il sistema del c.d. voto singolo trasferibile.</p>
<p style="text-align: justify;">Si tratta di un modello elettorale che: (a) garantisce una possibilità di partecipazione al confronto elettorale anche a singoli magistrati o a gruppi associativi appena affacciatisi nel panorama associativo, favorendo così il pluralismo anche per l’elettorato passivo; (b) pur conservando il modello del collegio unico nazionale per le categorie dei candidati di legittimità e requirenti, prevede – per i candidati giudicanti di merito – la suddivisione del territorio nazionale in tre collegi di medie dimensioni; si tratta di una previsione che – da un lato – “avvicina” i candidati ai territori; ma che – per converso – rende i candidati sufficientemente distanti da essi, così indebolendo la possibile influenza dei potentati locali, influenza che è alla base di molte degenerazioni; (c) con la previsione che ciascuno dei tre collegi per la categoria giudicanti di merito esprima un numero di eletti di almeno 4-5 consiglieri, assicura un risultato necessariamente rappresentativo della pluralità di ispirazioni culturali che sono presenti nel corpo della magistratura (e, quindi, tendenzialmente proporzionale); (d) con la previsione che ciascun elettore debba esprimere «in ordine decrescente un minimo di tre preferenze e un massimo pari al numero dei seggi assegnati al collegio» – preferenze che poi potranno essere valorizzate al momento dell’assegnazione dei seggi – il sistema favorisce anche l’espressione di voti verso candidati non necessariamente “organici” ad un solo gruppo associativo (favorendo così la possibilità per l’elettore di “riconoscersi” trasversalmente in più candidati); (e) con la previsione di meccanismi che favoriscano l’elettorato passivo di candidature provenienti da ambedue i generi e con la previsione della necessaria espressione di «almeno una preferenza per un candidato di genere diverso da quello degli altri» [ovviamente in caso vi siano candidati appartenenti a più generi], il modello immaginato dalla Commissione Luciani vuole favorire, quantomeno in linea tendenziale, una più equilibrata rappresentanza di genere nell’istituzione consiliare.</p>
<p style="text-align: justify;">Tuttavia, affinché il sistema produca i suoi effetti benefici, è necessario prevedere integrazioni alla proposta della Commissione Luciani che garantiscano un numero di candidati significativo, nonché quote minime di risultato, in funzione della rappresentanza di genere.</p>
<p style="text-align: justify;">… segue …</p>
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