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<p>Ci sarà tempo per riflettere sull’esperienza associativa di Area e del contributo dei gruppi fondatori.<br></p>
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Non mi sembra ci sia invece molto tempo per riflettere sul senso della prossima elezione del CSM, quella che molti avrebbero voluto subito dopo lo scandalo dell’Hotel Champagne.
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Forse è bene ricordare che la conclusione tratta da quella vicenda è, per tutti, quella dell’oggettiva degenerazione delle correnti della magistratura italiana.
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Da lì, credo, siamo ripartiti tutti noi che siamo convinti che effettivamente di degenerazione si tratti, che la ragione fisiologica dell’esistenza dell’associazionismo giudiziario sia un’altra e che al CSM il requisito imprescindibile per i consiglieri sia quello di essere coerenti e trasparenti portatori di idee e valori costituzionali sull’assetto della magistratura e del suo autogoverno.
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I gruppi associativi stanno sullo sfondo di tutto ciò, sostengono e promuovono il dibattito di idee che contribuisce a formare questa sensibilità politica ed etica in chi si candida.
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Non sono convinta che tutti i consiglieri del CSM rimasto dopo lo scandalo abbiano proseguito l’attività istituzionale con questa idea, ma ritengo che la questione del potere delle correnti nell’elezione del CSM e nel suo operare sia sempre attuale e presente per tutti i colleghi, soprattutto per quelli non iscritti ad alcun gruppo e che sia intesa in modo diverso a seconda della sensibilità politica ed associativa di ognuno ( p.es. come ricerca di protezione, come canale per coltivare le legittime ambizioni personali, come occasione di approfondimento culturale e professionale, ecc.).
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La prossima elezione del CSM è un’occasione preziosa per offrire una proposta/risposta a questa cruciale questione.
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Si può dire e continuare a dire- ed è una possibilità - che non tutti i gruppi sono uguali e che i candidati di Area e di Md sono portatori di idee “progressiste” oppure si può dire – ed è una possibilità diversa dalla prima- che Area ed Md sostengono un’idea di CSM in cui si coltiva un idea rigorosa ma aperta di autogoverno, in cui si decide con criteri diversi da quelli dell’appartenenza e la si affida a persone la cui esperienza professionale incarna, nell’interesse di tutta la magistratura, un’idea non gerarchica né corporativa della funzione giurisdizionale.
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Io scelgo la seconda possibilità, il gruppo sta sullo sfondo ed i candidati (ed eletti poi, ci auguriamo) lavorano nell’interesse dell’istituzione e del servizio.
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Questo secondo me è il CSM che ci vuole.
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Annamaria Casadonte
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