Tribunale di Genova, sentenza n° 2295 del 25.4 - 9.5.2005

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Con citazione del 2.11.2001 l'avv. XX, residente in Bologna, conveniva in giudizio la PRESIDENZA del CONSIGLIO dei MINISTRI, il MINISTERO della DIFESA ed il MINISTERO degli INTERNI esponendo quanto segue. Nei giorni 19, 20 e 21 luglio 2001 si è tenuta a Genova una riunione dei capi di stato dei principali Paesi industrializzati denominata G8 : in occasione di tale riunione si sono svolte  manifestazioni di numerose associazioni, soprattutto giovanili, riunite sotto la sigla di Genoa Social Forum per protestare contro gli scopi di tale  meeting internazionale.

L'avv. XX ha partecipato, assieme ad altri avvocati, alle manifestazioni di quei giorni in qualità di "osservatore legale" per conto del predetto Forum. Tutti gli osservatori legali, per una rapida identificazione, indossavano una maglietta gialla con grandi adesivi rossi sul davanti e sulla schiena con scritto Avvocati - Lawyer e sul retro la scritta "Organizzazione".

Venerdì 20 luglio 2001 verso le ore 13 la  XX, insieme ad altro avvocato, alla dr.essa YY (biologa, anch'ella portatasi a Genova per le manifestazioni collegate al G8) ed ai coniugi genovesi sigg.ri AA ed BB, persone da poco conosciute, si trovava nella piazza  Alessi, nel centro città, all'epoca compresa nella cd. "zona gialla" che delimitava una porzione cittadina in cui vi era divieto di manifestazioni pubbliche (pur essendo consentito l'accesso ad essa, a differenza della "zona rossa" contigua, cui si accedeva solo in base ad autorizzazione). In quel momento nella Piazza Alessi stazionavano alcuni blindati ed erano disposte forze di polizia (Carabinieri e Polizia di Stato) in assetto antisommossa le quali, ad un tratto, improvvisamente, salivano sui loro mezzi  e ripiegavano verso corso Andrea Podestà, in cui - all'altezza del Ponte Monumentale -  erano disposti i grigliati di demarcazione tra "zona gialla" e "zona rossa".

Intorno al gruppo di persone presenti sulla piazza la situazione era  normale e tranquilla ma ad un certo punto  furgoni e le macchine della Polizia di Stato, con una manovra di accerchiamento, si arrestavano inspiegabilmente di fronte alla XX, YY ed alle altre persone in loro compagnia. Gli agenti,  vestiti in tenuta antisommossa e con il casco che copriva loro il viso, saltavano  giù dai veicoli e, senza motivazione alcuna, piombavano addosso al gruppetto di persone, assolutamente pacifiche,  urlando in maniera concitata "Via, via, via". Un poliziotto con il casco chiuso sul volto, guanti e manganello in mano, si dirigeva con impeto verso la XX urlando: "Giù brutta troia, giù!". L'attrice  alzava le braccia e rimaneva immobile con le spalle contro il muro di un edificio : malgrado ciò il poliziotto alzava il manganello per colpirla e la professionista  si copriva la testa per ripararsi e si sdraiava per terra. L'agente  a quel punto la colpiva violentemente sulla schiena, più e più volte, all'altezza delle reni. I colpi e gli insulti continuarono, malgrado i presenti manifestassero chiaramente ai poliziotti l'assoluta estraneità della XX ad alcun fatto violento, fin quando il coraggioso intervento della AA riusciva ad interrompere tale scena di violenza "inutile e gratuita". Dopo aver pesantemente picchiato con i manganelli altre persone, ed in particolare la dr.essa  YY provocandole ecchimosi, i poliziotti ritornavano sui loro  cellulari e ancora urlando violentemente insulti ai presenti, si allontanavano rapidamente.

Tanto premesso, si reclamava il risarcimento dei danni ingiusti che l'avv. XX aveva subito in occasione di tale vicenda, che erano  innanzitutto danni fisici per le ripetute bastonate ricevute mentre ella era a terra indifesa, ed inoltre danni alla salute psichica per la malattia successivamente emersa e documentata con certificazioni del S.S.N.; danni altresì  riconducibili alla figura del danno esistenziale in riferimento alla  compromissione di diritti fondamentali della persona (artt. 2, 3, 13, 16, 17, 18, 21, 32 della Costituzione) calpestati con le violente e gratuite iniziative degli agenti della P.S., da valorizzarsi in  somma non inferiore ad un miliardo e mezzo di lire.

Analoghe istanze risarcitorie, a fronte di un racconto del tutto speculare, venivano avanzate dalla dr.ssa YY, biologa bolognese, che interveniva volontariamente nel processo con comparsa in data 19.11.2001 assumendo di essere stata percossa dagli stessi agenti di Polizia nel medesimo episodio riferito dall'attrice.

Costituendosi in giudizio, due Amministrazioni convenute sostenevano in primo luogo il proprio difetto di legittimazione passiva rispetto alla vicenda in discussione (PRESIDENZA DEL CONSIGLIO; MINISTERO DELLA DIFESA). Nel merito, l'Avvocatura distrettuale contestava che si fosse verificato un fatto di gratuita violenza, quale descritto dalle due parti attrici, riferendo invece  che nel corso di operazione di ordine pubblico si era  proceduto ad alcuni fermi a seguito della presenza di manifestanti armati e travisati, muniti di corpi contundenti, che da Corso Podestà si dirigevano verso piazza Alessi poco dopo le 13. Dunque, non vi era stato alcun passaggio di un "corteo pacifico" in zona nell'orario indicato, e nessun intervento era stato eseguito dopo la dispersione del medesimo; in ogni caso, non si era verificato  alcun incidente violento nella zona del Ponte Monumentale o nei suoi pressi.

Il procedimento, dopo i chiarimenti richiesti alle parti sulla legittimazione passiva delle amministrazioni in causa,  è stato istruito con l'esame a teste dei coniugi AA e BB, tra quanti indicati dalle parti attrici, e dei funzionari della Polizia di Stato  dott. CC - che comandava il presidio di Piazza Alessi - e DD e FF, che intervennero a richiesta del loro collega per i fatti del Ponte Monumentale (vedi p.v. di udienza fg. 12 e ss.). Sono state acquisite le relazioni di servizio stilate nell'occasione ed i brogliacci delle comunicazioni intercorse via radio tra le forze di polizia, e si è proceduto successivamente  a disporre CTU medico-legale sulla persona delle due parti attrici, su quesito diretto a verificare - oltre all'esistenza, consistenza e cause di eventuali lesioni psicofisiche - la riconducibilità causale o meno delle lesioni eventualmente riscontrate, all'impiego di mezzi di coazione fisica come sfollagente o analoghi.

In particolare si richiedeva al perito di verificare, previa somministrazione di appropriate batterie di test, se  le attrici risultassero o meno  affette da patologia  psichica in conseguenza dell'evento per cui è processo, ed in tal caso di che specie e consistenza essa fosse, e   se la stessa   essa avesse o meno carattere di definitività o di reversibilità o di ciclicità, specificando le facoltà psichiche pregiudicate dall'evento (ideazione, attenzione, memoria, espressione verbale o gestuale etc.) e le conseguenze del disturbo sulla vita di relazione, sulle attività lavorative, sul regime di vita familiare delle periziande; come pure, si chiedeva al c.t.u. di verificare  se il disturbo eventualmente riscontrato costituisse una vera e propria "malattia psichica", nosograficamente riconoscibile e/o un "trauma fisico o psichico permanente", ovvero costituisse un semplice "patema d'animo" od uno "stato d'angoscia transeunte", riconducibile al normale danno morale soggettivo, in base alla nota distinzione  tracciata dalla sentenza della Corte Costituzionale del 24.10.94 n. 372.

Il primo elaborato scritto, sottoposto dal prof. Leonardo COCITO il 10.9.2003, è stato oggetto di diffuse critiche delle attrici in ordine alle modalità di conduzione delle indagini peritali. A tali rilievi, previa convocazione a chiarimenti del CTU e dei consulenti di parte,  si è data risposta con l'ordinanza riservata del 16.1.2004, da intendersi qui richiamata, con cui è stata disposta la rinnovazione delle attività peritali affidandola al prof. Tullio BANDINI, il quale il 21.9.2004 ha concluso riconoscendo i seguenti postumi lesivi : ITP di giorni 60 al 25% ed IP del 5% per la XX; ITT di giorni 10, altrettanti di ITP, IP del 5% per la YY.

L'attività istruttoria si è esaurita con l'interrogatorio libero delle parti XX e YY a chiarimenti sulla dinamica dei fatti allegata e sulle conseguenze invalidanti. Successivamente, all'udienza del 17.12.2004, la causa passava in decisione sulle conclusioni delle parti riferite in epigrafe, con assegnazione dei termini ordinari per la redazione delle difese finali.

                                MOTIVI della DECISIONE

Per quanto attiene le questioni processuali, vanno richiamate le principali ordinanze interlocutorie rese in fase di trattazione ed istruttoria  con cui si è deciso sui seguenti punti  :

a) con ordinanza del 15.1.2002 si è disposto un differimento della trattazione per consentire alle parti convenute l'assunzione di adeguate difese in rapporto all'intervento principale in causa della YY;

b) con l'ordinanza del 30.12.2002 si è statuito sulle prove contrarie offerte dall'amministrazione, riconoscendosi la tempestività di tali deduzioni probatorie;

c) con ordinanza del 16.1.2004, dopo appropriato contraddittorio, si è disposta la rinnovazione della CTU COCITO.

Tutti tali provvedimenti sono muniti di autonoma ed appropriata motivazione, per cui  è sufficiente in questa sede decisoria farsene semplice richiamo e rinvio.

La questione della "legittimazione passiva" di due,  fra le tre amministrazioni evocate in causa, riguarda in realtà il profilo della esatta titolarità delle funzioni pubblicistiche coinvolte nella vicenda in esame e postula una preliminare ricostruzione dei fatti di causa al fine di verificare da quale amministrazione dipendessero le forze di polizia, del cui legittimo intervento si discute.

Nel merito, ritiene lo scrivente che  le domanda di risarcimento dei danni della parte attrice e dell'interveniente siano fondate nei limiti di cui in appreso e, per quanto riguarda il danno alla salute, nei limiti di cui all'elaborato peritale del prof. BANDINI - per vero, non significativamente lontano dalle prime acquisizioni del dr. COCITO.

L'istruttoria orale e documentale sviluppatasi attraverso le udienze del 21.2.2003 e del successivo 11.3.2003 con l'escussione di cinque  testimoni e l'acquisizione delle relazioni di servizio delle forze di polizia, e relative comunicazioni radio, consente una precisa ricostruzione degli accadimenti che rilevano per il processo nei seguenti termini.

L'avv. XX, "osservatore legale"  per conto del  Genoa Social Forum (v. fax di incarico prodotto sub 2 dall'attrice),  il quale  organizzava iniziative di protesta in città contro il vertice G8 in corso di celebrazione tra i capi di stato dei principali Paesi industrializzati, e la sua amica e concittadina dr.essa YY che la accompagnava erano state ospitate presso l'abitazione cittadina dei sigg.ri GG in zona Carignano, ove avevano casualmente conosciuto i coniugi genovesi AA e BB - che pure aderivano al Forum - nella giornata di venerdì 20 luglio 2001.

Poco dopo aver pranzato, il gruppetto costituito dai coniugi BB, dalle due giovani bolognesi e dall'avv. HH si era portato nella vicina piazza Galeazzo Alessi per osservare  i fumi che si levavano dalla zona levante del  centro città (vedi foto n. 21 del corredo fotografico delle parti attrici). Nella acclusa piantina, tratta dallo stradario cittadino delle "Pagine Gialle",  la piazza, teatro delle odierne vicende, è indicata con il nome è stata  circolettata in rosso  e si può notare che in cui convergono Via G. Alessi, Via s.Chiara,Via Mura di S.Chiara, C.so Podestà.

 

Ad apprezzabile distanza dalla piazza,  verso monte e  a metà del  Ponte Monumentale, in corso Andrea Podestà (evidenziato con circoletto nero  in piantina), proprio sopra la principale arteria cittadina di Via XX Settembre, stavano i varchi metallici di delimitazione della "zona rossa" inibita all'accesso non autorizzato : per contro, Piazza Alessi rimaneva ubicata all'interno della "zona gialla", dove per provvedimento prefettizio ex art. 2 t.u.l.p.s. erano vietate manifestazioni  pubbliche e cortei. Un corteo di manifestanti stranieri - non è chiaro se giovani francesi del gruppo "Attack", o anarchici greci - era transitato (secondo le esponenti, intorno alle 13; secondo i funzionari di Polizia, verso le 14) da mare lungo Via Corsica verso il confine della zona rossa, dirigendosi verso Corso Andrea  Podestà, scandendo slogan e intenzionato ad eseguire un'azione dimostrativa al confine con la "zona rossa", e le forze di polizia presenti nella Piazza Alessi (foto 22) a quel punto erano arretrate (foto 24) verso monte fino a trovarsi praticamente a contatto con il grigliato divisorio tra le due zone cittadine sul Ponte Monumentale.

Il dirigente presente dr. CC, dopo aver fatto presente in modo concitato la necessità di arretrare in funzione di contenimento del corteo che in un primo tempo sembrava intenzionato a "sfondare la zona rossa" (comunicazioni delle 13.56.20; 14.00.20, contenute nella relazione 12.8.2002 n. 2977 prodotta sub 2 dall'Amministrazione),  aveva comunicato via radio alla centrale operativa :"Siamo attaccati" (V. comunicazione di GAMMA 110 ad ore 13.55.14). Come spiegato dal vice-questore nella sua deposizione testimoniale, con tale espressione egli intendeva alludere  al fatto che gli operanti, premuti dal gruppo dei manifestanti, erano immediatamente a ridosso del divisorio, "attaccati alle griglie", ma in realtà tale comunicazione suscitava nei riceventi la convinzione che le forze di polizia  stessero per soccombere di fronte ad un'azione violenta, che si temeva portasse al cedimento del presidio del Ponte Monumentale.

Ciò non avvenne perché, per la cronaca, come univocamente riferito dai funzionari escussi e come indirettamente consta dalle comunicazioni via radio, non vi fu alcuno "sfondamento" del confine divisorio in quanto  al Ponte Monumentale - grazie ad un efficace negoziato con i responsabili dell'ordine pubblico - i manifestanti inscenarono una semplice azione dimostrativa che non comportò violenze di sorta e non innescò reazioni da parte delle forze dell'ordine : tanto meno  i fermi di p.g., a cui ha fatto riferimento l'Avvocatura nelle difese iniziali. I soli attimi di tensione che si registrarono - sempre secondo le concordi voci dei funzionari presenti - vi furono quando essi pretesero che alcuni manifestanti, in fase di deflusso dal Ponte Monumentale verso la Piazza Carignano, in cui si teneva  in assoluta legalità  una "piazza tematica", si togliessero i travisamenti.

Però le squadre di polizia di rinforzo, al comando dei dott. FF e DD, allertate dal messaggio trasmesso via radio dal dr. CC, giunsero rapidamente in Piazza Galeazzo Alessi con il convincimento che fosse in corso un'aggressione violenta contro i loro colleghi ed incontrarono tra i primi, sulla loro strada, le due odierne attrici, le quali si erano poco prima portate verso la balconata della piazza Alessi per guardare dall'alto verso il centro cittadino, da cui si vedevano provenire i fumi dei primi incendi che avrebbero contrassegnato la drammatica giornata del 20 luglio 2001, così indelebilmente scolpita nella memoria cittadina e collettiva.

         Da tale posizione, le due giovani bolognesi insieme ai loro ospiti genovesi (in quel momento, muniti di macchine fotografiche) si erano poi spostate verso il lato nord-ovest della Piazza Alessi, all'angolo con Via S. Chiara, sul marciapiede pedonale, e qui si trovavano in colloquio  tra loro quando vennero raggiunte da alcuni agenti giunti in rinforzo dei loro colleghi "attaccati".

         Senza minimamente procedere ad un previo controllo identificativo, e neppure verificare cosa stessero facendo le due donne, queste vennero sospinte verso il muro dell'edificio d'angolo con Via s. Chiara, spintonate, attinte con colpi di manganello, fatte accovacciare, minacciate ed insultate, e analogo trattamento ricevevano un paio di altri giovani : una minima parte della sequenza dell'azione lesiva, assai rapida, è documentata dalle fotografie scattate nell'occasione dagli increduli coniugi AA- BB, la cui concorde testimonianza ha così il preciso riscontro di eloquenti riproduzioni fotografiche. Essi tentarono inutilmente di impedire le violenze in danno delle due ragazze, all'evidenza scelte per il semplice fatto che indossavano la casacca gialla che le identificava come aderenti al G.S.F. in qualità di osservatori legali, facendo presente ai poliziotti che XX e YY non avevano fatto nulla, ma per  risposta ricevettero rudi inviti ad occuparsi dei loro affari. Subito dopo, gli agenti si allontanarono  a passo veloce verso Corso Podestà : la XX, ripresasi, decideva di fare ritorno in Bologna mentre la YY si tratteneva in città ancora poco tempo, e poi si sottoponeva in Bologna il 24.7.2001 ad un controllo radiografico che evidenziava diffuse ecchimosi al braccio sinistro. Entrambe le parti lese  iniziavano quindi, separatamente ed in tempi diversi, ma in collegamento con i fatti genovesi, un percorso di assistenza psicologica presso strutture pubbliche specializzate della loro città.

         Questa ricostruzione dei fatti di causa fa principalmente perno, com'è dato di intendere, sulle concordi dichiarazioni dei coniugi AA - BB per quanto attiene l'immediato sviluppo dell'azione lesiva in danno delle osservatrici del G.S.F., mentre si giova delle testimonianze dei funzionari di polizia per quanto concerne le ragioni dell'intervento nella zona di Piazza Alessi. Essa è contestata dalla difesa delle amministrazioni  convenute, la quale:

a) sottolinea la "vicinanza" dei coniugi AA-BB con le parti lese e gli organizzatori delle manifestazioni;   

b) evidenzia l'assenza di immediati riscontri di lesioni personali sulla persona delle due esponenti;

c) fa notare che dalle relazioni di servizio e dalle testimonianze dei funzionari preposti in zona all'ordine pubblico, non risulta alcun intervento violento o non ortodosso degli operanti;

d) obietta che le fotografie sottoposte non documentano "un pestaggio", ma la normale "tecnica di immobilizzazione incruenta" che si adotta usualmente per evitare la fuga delle persone fermate (v. deposizione dr. FF fg. 31; e la comparsa conclusionale a pag. 18).

         Nessuna di tali obiezioni priva di credito l'affidabile narrativa dei due principali testimoni oculari escussi in questa sede, i quali non diventano certamente meno credibili per il fatto di aver chiaramente esposto di aver condiviso le motivazioni di fondo delle manifestazioni organizzate dal Genoa Social Forum contro il vertice dei capi di Stato, in chiave pacifica e senza alcuna loro partecipazione a dimostrazioni violente.

         Per fortunata combinazione del processo,  i due testimoni oculari erano muniti di  macchine fotografiche, e quanto documentato nel dossier fotografico delle parti attrici convalida indiscutibilmente la ricostruzione dei fatti sopra proposta anche per le circostanze apparentemente secondarie o di dettaglio : le uniche due fotografie che si riferiscono al momento saliente dell'episodio in esame, consumatosi in un breve lasso di tempo, inquadrando nell'una la XX a terra, nell'altra la YY accovacciata, rammostrano le due parti lese  a terra, in posizione di proteggere il capo, ed in particolare si nota la XX (foto 27, infra) "schiacciata" contro lo spigolo d'angolo del palazzo, tenuta ferma con lo scarpone sulle reni da un poliziotto ripreso di spalle. Una posizione, all'evidenza, di difesa da colpi di manganello i quali, poi,  sulla persona della YY hanno il preciso riscontro del referto medico presso un ospedale bolognese stilato a tre giorni dal fatto, quando l'interveniente aveva già fatto ritorno nella sua città: referto che  documenta ecchimosi diffuse al braccio sinistro.

Non è abituale l'introduzione in un atto giudiziario di immagini fotografiche, ma nella specie  è opportuno sfruttare le possibilità che sono date dagli strumenti informatici  per completare la motivazione con una fotografia che fornisce l'esatta percezione visiva della limitazione della libertà personale verificatasi nella fattispecie, pur molto breve (il tempo di tre scatti fotografici), come e meglio di qualunque commento scritto, in termini che sembrano attagliarsi perfettamente alla seguente indicazione della Corte Costituzionale, impegnata a definire in questo modo il contenuto delle limitazioni alla libertà personale alla luce dell'art. 13 della Legge fondamentale : "..la mortificazione della dignità dell'uomo che si verifica in ogni evenienza di assoggettamento all'altrui potere.. è indice sicuro dell'attinenza della misura alla sfera della libertà personale" (sentenza n. 105 del 2001).

         E' vero che le fotografie sottoposte non riescono a cogliere l'attimo esatto in cui le due giovani bolognesi vengono colpite con i manganelli. Ma è anche vero che esse documentano qualcosa che non dovrebbe esserci, nella stessa logica del racconto dei due funzionari pubblici maggiormente coinvolti (dott. LAPI e DD) : ci si chiede infatti come sia stato possibile, se non mediante una violenza fisica e verbale,  obbligare le due parti offese ad assumere una posizione rannicchiata, di evidente difesa e protezione del corpo, visto che nessun "fermo di polizia" o controllo investigativo risulta mai eseguito nel contesto considerato.

         La medesima fotografia qui riprodotta  conferma adeguatamente la "coda" dell'episodio che, a dire dei due fondamentali testimoni oculari, vede cessare le vessazioni subito dopo il loro abboccamento con gli operanti  : si nota  infatti sulla destra la AA che discute con l'agente che "blocca" la XX, quando le due parti lese sono ancora rannicchiate a terra.

         Il fotogramma, inoltre, documenta un altro particolare dell'azione lesiva che la XX ha riferito in citazione, cioè i ricevuti colpi alle reni,   meglio circostanziato nell'interrogatorio libero con l'aggiunta di un ulteriore fatto inizialmente taciuto per comprensibile imbarazzo : in effetti si vede proprio una pressione dello scarpone "anfibio" del poliziotto operante contro le reni della XX, che viene "premuta" contro il muro del fabbricato d'angolo.

Da notare che i testimoni indicati dall'amministrazione sono prodighi di particolari circa gli antefatti dell'intervento -  cioè il transito di un corteo non troppo pacifico di manifestanti stranieri -  che comunque è episodio che non riguarda minimamente XX e YY, le quali  si trovavano a 200 e più metri dal grigliato del Ponte Monumentale, in un punto in cui non vi erano né azioni dimostrative né manifestanti. Però appare eloquente il silenzio imbarazzato che aleggia nelle difese finali dell'Amministrazione circa il madornale equivoco iniziale in cui incorsero gli operanti, chiamati in rinforzo,  sulla situazione di fatto  esistente in zona: equivoco determinato dall'erronea interpretazione della comunicazione del dr. CC.

Proprio tale disgraziata comunicazione radio (o meglio :  l'erronea interpretazione della chiamata, frutto dell'evidente concitazione di quella drammatica giornata)  sembra essere la possibile spiegazione di un intervento degli agenti di polizia, rimasto  privo di plausibile giustificazione razionale per le vittime immediate e per  le stesse persone, che da estranee vi assistettero in Piazza Alessi, fino alla rivelazione avutasi nell'odierna fase istruttoria.

I precedenti rilievi non significano, ovviamente, che i funzionari di polizia escussi in questa sede - che potrebbero genericamente sospettarsi di un interesse generico di segno uguale e contrario rispetto ai due testi oculari -  abbiano dichiarato il falso. È sufficiente considerare che, impegnati a fronteggiare il grosso di un corteo inizialmente non molto tranquillo, la loro principale preoccupazione era quella di dirigersi verso il fronte dei manifestanti in Corso Podestà e lì confrontarsi con gli organizzatori della manifestazione per evitare che degenerasse in seri problemi per l'ordine pubblico in una zona nevralgica della città. Per  cui appare ben probabile che i funzionari impegnati in zona in tale meritoria opera non avessero il tempo di verificare ogni minuto comportamento che gli agenti loro sottoposti realizzavano alle loro spalle ed appare ben possibile che, non essendovi stati fermi o altri atti identificativi dei cittadini presenti in zona, essi siano perfino rimasti all'oscuro di quanto occorso al legale bolognese ed alla sua amica fino all'odierno processo.

         Si consideri che, oltre al diretto riscontro di segni di lesioni abbastanza estese ed interessanti parti del corpo della YY, palesemente  utilizzate per ripararsi dai colpi inferti con corpi contundenti, si devono includere come elementi di conferma delle prime due fonti testimoniali anche gli esiti delle indagini specialistiche affidate in questa sede a due diversi medici legali e clinici versati nella materia psichiatrica, conclusioni che univocamente riferiscono di un disturbo post-traumatico da stress perfettamente compatibile, per sua genesi, con un controllo di polizia né "normale", né "incruento" : in tali accertamenti peritali si è dato diffuso conto e giustificazione  delle terapie di assistenza psicologica iniziate da entrambe le parti lese a ridosso ed in conseguenza dei fatti esaminati.

         L'assenza di ecchimosi sulla persona della XX è letta dalla difesa delle Amministrazioni come obiettiva smentita di alcuna violenza fisica da lei subita. Vi è però da considerare che è ben plausibile che i colpi abbiano attinto la giovane professionista sulla schiena, venendo attutiti dallo zainetto che la giovane indossava e che si vede a terra nella foto, come dalla stessa XX riferito nell'interrogatorio libero.

Non deve sorprendere neppure il fatto che la XX abbia preferito non far constare in sede ospedaliera l'immediato esito delle percosse, considerato che l'assoluta irragionevolezza complessiva dell'episodio di cui era rimasta vittima poteva farle temere ulteriori vessazioni anche di tipo legale, consigliandole in tal modo di evitare  ogni controllo sull'identità personale.

         Il racconto dei due diretti testi oculari ha - infine - il conforto del canone della plausibilità logica  o, se si preferisce, della coerenza narrativa,   perché le violenze finali degli agenti operanti sono il logico sviluppo dell'errore in cui incorsero le forze di polizia per effetto di circostanze che gli stessi testi oculari AA-BB ignoravano; mentre non si comprende, sull'opposto fronte difensivo, perché si sarebbe dovuto procedere a forme di "immobilizzazione incruenta" se non vi era alcuna prova di un coinvolgimento delle due giovani bolognesi in fatti di violenza, che gli stessi funzionari preposti all'ordine pubblico escludono sia per la limitata zona di Piazza Alessi, sia per il successivo Corso Podestà.

         Non vi è dubbio che il probabile errore in cui sono incorse XX e YY nell'indicare l'orario degli accadimenti, con uno scarto nell'ordine di 45 minuti rispetto alle relazioni di servizio, scarto a cui ancora si riporta l'Avvocatura per inferirne l'insussistenza degli addebiti, sia del tutto marginale e non abbia nessuna pratica rilevanza nella ricostruzione giudiziale dei fatti, una volta assodato che le vicende lamentate dalle due cittadine bolognesi si verificarono dopo l'azione dimostrativa inscenata da alcuni manifestanti stranieri presso i varchi del Ponte Monumentale. Tale (unica) azione dimostrativa, inizialmente problematica per l'ordine pubblico, si risolse poi senza complicazioni grazie alla professionalità dei funzionari preposti : essa costituisce quindi il non controverso antefatto logico e temporale del successivo discutibile intervento di alcuni agenti di polizia.

Sulla base delle precedenti considerazioni, può dunque ritenersi pienamente riscontrato - con il minimo e non decisivo rilievo sulla collocazione cronologica - il racconto dei due testi oculari, narrativa che può pertanto costituire affidabile supporto dimostrativo per l'affermazione di responsabilità dell'Amministrazione dell'Interno, da cui dipendevano gli ignoti agenti della Polizia di Stato che si distinsero per le violenze fisiche e verbali in danno delle due esponenti, da cui sono derivate le conseguenze invalidanti  descritte negli elaborati peritali depositati in atti.

Si rende indispensabile a questo punto, in vista dell'analisi delle poste di danno reclamate e riconoscibili, una disamina incidentale condotta sulla qualificazione dei fatti illeciti ascrivibili agli operanti, di cui ovviamente deve rispondere l'Amministrazione di appartenenza (Ministero degli Interni) in virtù del principio di dipendenza organica di cui all'art. 28 Costituzione : non si può infatti parlare nella specie di iniziative criminose  dei singoli agenti, realizzate ad esclusivo fine egoistico e per un tornaconto personale, perché è evidente dalle deposizioni dei funzionari preposti indicati dalla Amministrazioni che si versa piuttosto in una situazione di deriva violenta e non giustificata di un'azione di polizia.

Le parti attrici, nel lamentare la violazione dei diritti fondamentali riconosciuti dagli artt. 2, 13, 17, 18, 21, 32 Costituzione, evidenziano la commissione di un lungo elenco di reati posti a tutela dell'incolumità personale, dell'onore, della libertà morale e di movimento, dei diritti costituzionali di associazione e riunione. La difesa delle tre Amministrazioni non prende posizione in merito perché - come già detto - si assume semplicemente che i fatti allegati non si sono mai verificati.

L'impostazione, un po' semplicistica, delle pretese delle attrici in ordine alla qualificazione incidentale dei fatti di rilevanza penale merita una più approfondita analisi. Il problema, infatti, non è dato dall'esistenza di condotte volontarie astrattamente riconducibili ad una pluralità di norme incriminatici, ma è rappresentato piuttosto dall'esistenza o meno di alcuna causa di giustificazione, obiettiva o putativa.

Nessun dubbio che, sotto il profilo obiettivo, non possano invocarsi in favore degli operanti le scriminanti della legittima difesa o dell'uso legittimo delle armi,  visto che nessuna violenza veniva contro di loro o contro i loro colleghi portata dalle due odierne attrici o da altre persone che si trovassero in quel momento  in loro compagnia o nei loro pressi : eloquenti sono le fotografie dell'accaduto, che in nessuno scorcio lasciano intravedere assembramenti o gruppi violenti all'opera nella Piazza Alessi e nelle sue adiacenze (docc. 22-30) prima e dopo lo specifico episodio in esame.

Può dirsi che ricorra l'esimente putativa, dal momento che gli operanti erano convinti di dover fronteggiare una violenza portata contro i loro colleghi ed in generale contro i provvedimenti dell'autorità emanati per disciplinare l'accesso ai quartieri cittadini? Il fatto è che, mentre un equivoco iniziale poteva ancora albergare durante la fase di  trasferimento degli operanti fin nella zona di Piazza Alessi, nulla più convalidava la convinzione che le forze di polizia di stanza al confine tra le due zone cittadine fossero "attaccate" quando gli agenti romani giunsero nella predetta piazza, del tutto tranquilla, come apprezzabile dalle foto finali del dossier fotografico delle attrici e come confermato dalle stesse deposizioni dei funzionari preposti al servizio di ordine pubblico.

         In particolare, nessuna erronea supposizione poteva ragionevolmente formularsi per quanto concerne le specifiche condotte delle due cittadine aggredite (perchè parlare di un "controllo di polizia" e di "controlli incruenti" sarebbe un'indubbia forzatura lessicale), le quali si trovavano a 200 metri dal punto in cui si era registrata qualche turbolenza, solo verbale, ed erano ferme nella piazza Alessi a dialogo con altre persone, come loro assolutamente pacifiche. Da sottolineare, in ogni caso, che nella comunicazione del dr. FABBOZZI non vi era alcun elemento che consentisse di attribuire agli "organizzatori" del Genoa Social Forum, agli osservatori legali, a giovani indossanti magliette gialle, una qualche parte negativa nell'"attacco" alle forze di polizia.

         Se nulla dunque giustificava, ad un minimo controllo visivo, un approccio violento, allora vi è da concludere che il pestaggio delle due cittadine bolognesi rimane del tutto inspiegabile in termini razionali. Si potrebbe forse ipotizzare una reazione impulsiva e scomposta probabilmente legata allo stress emotivo del pesante servizio richiesto in quella giornata agli agenti; tensione ed affaticamento,  che potrebbero aver condotto ad una prevaricazione violenta nei confronti di chi veniva, a torto o ragione,  ritenuto vicino agli organizzatori delle manifestazioni che stavano  in quel momento impensierendo le forze di polizia,  chiamate a svolgere tutela dell'ordine pubblico nella prima giornata di un autentico triduo di passione per la nostra città. La casacca gialla con l'indicazione del Genoa Social Forum, per giunta con la qualifica di "organizzatore", e la giovane età delle parti lese,  spiegherebbero perchè, tra tutte le persone presenti in Piazza Alessi, XX e YY(e non, ad esempio, i coniugi BB) vengano subito fatte bersaglio di un'azione violenta ed ingiustificata insieme ad un altro paio di giovani con pettinatura "rasta", ritenuta una specie di "divisa" dei manifestanti.

Non è però utile indulgere oltre nell'esame del movente dell'azione lesiva, nell'odierna sede risarcitoria, perché ai fini civilistici è sufficiente concludere che si tratta di comportamenti coscienti, volontari e dolosi e  che in nessun caso la condotta degli operanti  in esame  si può ricondurre all'esercizio di poteri legittimi, neppure sotto il profilo putativo, in quanto è chiaro che  sviluppare prima un'azione violenta, e verificare dopo se esiste un comportamento minaccioso o violento contro l'autorità, non appartiene alla sfera di applicazione degli artt. 53 e  59 del codice penale.

         Quanto precede sta a significare che la privazione della libertà personale, gli insulti, le minacce  e le percosse  ricevute dalle parti lese - poi esitate in lesioni ecchimotiche sulla persona della YY, ed in patologie psichiche per entrambe le parti lese  - possono incidentalmente ricondursi allo schema delle incriminazioni previste dagli artt. 581, 582, 594, 610, 612 c.p., mentre non si ravvisano gli estremi del sequestro di persona previsto e punito dall'art. 605 c.p. in quanto la compressione della libertà di movimento è stata contenuta nei brevi limiti cronologici dello sviluppo dell'indicata azione lesiva, e non si è protratta per un ulteriore apprezzabile lasso di tempo. Non paiono neppure ravvisabili  gli estremi dei reati previsti dagli artt. 606-609 del codice penale, i quali presuppongono situazioni ben specifiche legate al formale stato detentivo o di fermo, o ad investigazioni di polizia, come pure modalità consumative particolari, che non sembrano ricorrere nella specie.

Non interessa approfondire ulteriormente il versante penalistico, esplorando i profili della procedibilità dei reati in questione e del corredo circostanziale, perché le precedenti considerazioni - una volta verificata l'antigiuridicità della condotta degli agenti operanti (rectius: di alcuni operanti, tre o quattro agenti) sia sotto il profilo obiettivo che per quello "putativo" - consentono di entrare nel delicato terreno della stima del danno alla persona, una volta considerato che appare manifesto il pregiudizio e la limitazione dei diritti fondamentali dell'incolumità psico-fisica, della libertà di spostamento e morale, dell'onore, protetti dalle incriminazioni penali passate in rassegna. Per contro,  proprio per l'estraneità al momento dei fatti delle due parti attrici alle manifestazioni in corso di svolgimento ad iniziativa di altri soggetti a non breve distanza da loro, e comunque per il fatto che le due cittadine non stessero esercitando in quel mentre le funzioni di "osservatrici" per conto del Genoa Social Forum, non si può dire che si sia anche  realizzata una limitazione delle ulteriori libertà di riunione, associazione, manifestazione del pensiero.

L'accertamento incidentale della consumazione di una gamma di reati in danno delle parti lese consente di risarcire  in favore delle danneggiate il danno non patrimoniale di cui parla l'art. 185 c.p. : ma deve subito aggiungersi che i diritti fondamentali compressi nella vicenda in esame sarebbero autonomamente risarcibili anche nell'ipotesi in cui  venisse riconosciuta l'esimente putativa per le condotte lesive non punibili nelle corrispondenti fattispecie colpose.

La risarcibilità di tali diritti, infatti, non risulta più affidata alla sola regola dell'art. 185 cod.pen., ma discende direttamente dall'art. 2059 cod.civ.,   a prescindere dalle modalità consumative e dalla qualificazione o meno dei fatti in esame come reati.

         La lettura costituzionalmente orientata di tale disposizione, che hanno proposto con identiche argomentazioni la Corte di Cassazione con le note decisioni n. 8827 e 8828 del maggio 2003 e la Corte Costituzionale con le sentenze n. 233 e 356 dello stesso anno, porta infatti a ritenere che le norme di aggancio alla risarcibilità del danno non patrimoniale, che il citato art. 2059 cod.civ. pretende, possano essere le stesse disposizioni costituzionali che riconoscono e garantiscono i diritti fondamentali delle persone. Per una recentissima conferma del nuovo corso giurisprudenziale introdotto con gli autorevoli precedenti richiamati,  si può leggere la  decisione della III Sezione della Corte di Cassazione del 18 marzo 2005, n. 5677 (Presidente Nicastro - relatore Trifone -ricorrente Di Salvo: pubblicata sull'edizione  on line di  Diritto e Giustizia del 19 marzo 2005), in cui si è precisato che : Il più recente indirizzo interpretativo, espresso da questa Corte a far tempo dalle sentenze 8827/03 e 8828/03, è nel senso, ormai, che il danno non patrimoniale, conseguente alla ingiusta lesione di un interesse inerente alla persona costituzionalmente garantito, non è soggetto, ai fini della risarcibilità, al limite derivante dalla riserva di legge correlata all'articolo 185 Cp, e non presuppone, pertanto, la qualificabilità del fatto illecito come reato, giacché il rinvio ai casi in cui la legge consente la riparazione del danno non patrimoniale ben può essere riferito, dopo l'entrata in vigore della Costituzione, anche alle previsioni della legge fondamentale, ove si consideri che il riconoscimento, nella Costituzione, dei diritti inviolabili inerenti alla persona non aventi natura economica implicitamente, ma necessariamente, ne esige la tutela, ed in tal modo configura un caso determinato dalla legge, al massimo livello, di riparazione del danno non patrimoniale.

Anche la Corte costituzionale, con la sentenza 233/03, ha segnalato l'indubbio pregio del suddetto indirizzo, che riconduce a razionalità e coerenza il tormentato capitolo della tutela risarcitoria del danno alla persona e che, nel superamento della tradizionale affermazione per cui il danno non patrimoniale riguardato dall'articolo 2059 Cc si identificherebbe con il cosiddetto danno morale soggettivo, prospetta del medesimo articolo 2059 l'interpretazione costituzionalmente orientata, tesa a ricomprendere nell'ambito di operatività della norma ogni danno di natura non patrimoniale derivante dalla lesione di valori inerenti alla persona e, dunque, anche il danno morale soggettivo".

         Analoghe considerazioni sono già state abbondantemente sviluppate nelle decisioni con cui, nel novembre del 2003, questo Tribunale si è adeguato al nuovo corso giurisprudenziale sopra richiamato il quale, per una  parte (v. la sentenza n. 356/2003 della Corte Costituzionale), deriva proprio da questione di costituzionalità sottoposta da questa stessa II Sezione civile : è dunque sufficiente il rinvio alle sentenze  n. 4232 e 4233 del 19.11.2003 rese dal Tribunale in causa ... contro .... e .... contro  ......, per intendersi contestualmente richiamati i principi fondamentali del risarcimento del danno alla persona a cui di seguito ci si atterrà, con gli ovvi correttivi imposti dalla specificità del caso.

         Con tali premesse, è possibile passare alla disamina delle  voci di danno reclamate, che saranno poi oggetto di liquidazione globale, senza dimenticare che il precedente esame del versante penalistico della vicenda - per certi versi superfluo ai fini della teorica risarcibilità dei diritti fondamentali compromessi nella specie - risulta utile per un'adeguata valorizzazione di tutti gli elementi dell'azione lesiva che devono essere considerati per la concreta liquidazione del danno. 

Per quanto riguarda gli sviluppi delle percosse,  esse non sono esitate in lesioni personali di tipo fisico per la XX, ma in un primo pregiudizio temporaneo di natura psichica. Per la YY, la sicura dimostrazione delle ecchimosi conferma che le percosse sono giunte a segno dando vita a distinte lesioni personali, con postumi  fortunatamente contenuti. Entrambe le conseguenze lesive temporanee sono dunque risarcibili ricorrendo a diarie giornaliere.

Più complesso aspetto è quello che riguarda il danno permanente di natura psichica, sul quale sono state licenziate due successive CTU medico-legali, affidate entrambe  a qualificati specialisti del ramo, le quali hanno concluso ambedue per la presenza di disturbi post traumatici da stress pur divergendo in ordine alla misura invalidante per la sola YY(3% secondo il prof. COCITO; 5% secondo il prof. BANDINI). Nel secondo elaborato, peraltro, il nuovo perito ha messo in evidenza che la perdurante presenza di segni lesivi nell'avambraccio, il particolare vissuto della YY anteriormente ai fatti di causa, il suo ricorso successivo alle terapie di supporto psicologico, giustificano una valutazione del danno alla persona in termini conformi al punteggio invalidante stimato da entrambi i consulenti per il caso della XX.

         Le quasi del tutto coincidenti valutazioni dei due esperti sono contestate, per opposte ragioni, dalle parti contrapposte, ma è meditato convincimento dello scrivente che le analisi e le conclusioni peritali siano meritevoli di piena convalida. L'anamnesi sulle periziande  è stata raccolta con particolare scrupolo, sono state somministrate appropriate batterie di test,   l'episodio lesivo è stato sezionato nei suoi momenti costitutivi, il "vissuto" delle due parti lese è stato largamente analizzato prima, durante e dopo la vicenda in esame. XX e YY sono tornate alla loro normali attività svolte prima dei fatti genovesi con il segno indelebile di un'esperienza traumatizzante, soprattutto per la repentinità ed assoluta inspiegabilità dell'intervento degli operanti, da apprezzarsi anche alla luce del fatto che da decenni l'azione delle forze di  polizia era orientata a ben altri canoni di professionalità e ciò ispirava quindi un atteggiamento di normale fiducia verso le stesse forze, che l'inutile violenza dispiegata nel "controllo" a cui sono state sottoposte ha traumaticamente smentito per le odierne parti lese : ciò è apprezzabile dalle dichiarazioni rese nell'interrogatorio libero, nei resoconti delle strutture di sostegno psicologico e nei colloqui sostenuti con i periti. 

Tale esperienza negativa, sezionata in tutti i suoi aspetti dai periti e ritenuta difficilmente riproducibile, risulta oggi avviata sui binari della razionalizzazione e del contenimento emotivo, grazie alle opportune cure seguite, pur se perdurano momenti di difficoltà relazionale in riferimento ad altre e future occasioni di contatto con normali fenomeni del vivere sociale, come manifestazioni pubbliche con il necessario corredo di servizio di polizia o comunque, in generale, momenti di rapporto e confronto con i tutori dell'ordine :  rispetto alle quali situazioni, dai lavori peritali è emerso che si  manifesta il perdurante disagio psicologico per chi - come la YY- aveva già trascorsi di una qualche militanza politica; o per chi - come la XX - svolga una professione che comporta frequenti  momenti dialettici con l'autorità.

Con tali chiarimenti, la valutazione medico-legale del prof. BANDINI può essere perciò assunta a base estimativa del pregiudizio psichico per la determinazione monetaria dei risarcimenti dovuti.

     A tale specifico riguardo, per la liquidazione del danno alla persona, nella sua espressione "biologica" e per  tutta la sfera dei diritti primari offesi dall'illecito contro la persona,  questa II Sezione del Tribunale nella sentenza n. 2270  .... contro .... del  28.9.98 (rg. 3008/92)  si è adeguata da tempo al sistema "a punto tabellare" di derivazione milanese. Le considerazioni svolte a giustificazione di tale  tecnica liquidatoria devono essere integrate, come già sopra anticipato,  con le più recenti acquisizioni della giurisprudenza di legittimità in ordine alla bipartizione ontologica del danno (patrimoniale-non patrimoniale) ed alla conseguente risarcibilità di tre componenti del pregiudizio alla persona : il danno "biologico" in senso stretto, il danno  esistenziale o da "lesione da diritti costituzionalmente protetti", il danno morale soggettivo.  Da notare che alla seconda componente del danno alla persona, hanno fatto espresso riferimento le parti attrici fin dalle allegazioni iniziali, ben prima che le note decisioni rese dalla III Sezione della Corte di Cassazione nel corso dell'anno 2003 (nn. 7281, 7282, 7283;  8827 e 8828)  venissero recepite da questa II Sezione del Tribunale con le richiamate sentenze  .... e ..... del 19.11.2003.

Riguardo a tale sistematica del danno, vi è da aggiungere che, ad onta della bassa invalidità biologica ritenuta dai consulenti designati, si può nella specie riconoscere un pregiudizio di natura non transeunte e di tipo esistenziale, per come definito nei due citati precedenti di legittimità ed anche da questo Tribunale, riscontrato dalle indagini peritali e significante compromissione  di una sfera delle relazioni sociali  legata all'impegno pubblico delle due parti lese : sfera nella quale la YYera già introdotta, e la XX muoveva i primi passi, forte della sua competenza professionale.

         Deve però riconoscersi che il sistema di liquidazione del danno alla persona, compendiato nelle richiamate decisioni e nella tabella liquidatoria edita il 20 gennaio 2004, appare  inadeguato rispetto al caso concreto senza appropriati correttivi perché, in primo luogo, è generalmente concepito in funzione di illeciti colposi e non per la variante dei fatti dolosi : per cui le modalità consumative degli illeciti, la carica di violenza gratuita insita nella vicenda descritta, la comprensibile apprensione patita dalle parti lese in quel breve ma drammatico frangente,  sono elementi tutti che devono trovare congrua valorizzazione equitativa, attesa la natura non solo riparatoria del danno morale da reato.

In secondo luogo, non si deve dimenticare che si va in questa sede a risarcire l'intera gamma dei diritti fondamentali conculcati nella specie, quali sopra passati in rassegna, che non hanno un sostrato psico-fisico, e per la cui lesione ci si deve indirizzare inevitabilmente verso una liquidazione equitativa, non essendo concepibile una "tabellazione" del pregiudizio alla libertà di movimento o di autodeterminazione o dell'onore.

Si ritiene tuttavia, proprio nell'esercizio dei poteri equitativi di cui all'art. 1226 c.c.,  che la misura economica del punteggio invalidante stimato in sede medico legale, che già costituisce un fermo punto di partenza per il ristoro  del danno biologico e non merita di essere toccato in se stesso in quanto risarcisce la dimensione obiettiva della lesione all'integrità psico-fisica accertata secondo parametri verificabili peritalmente, possa funzionare da valido parametro di riferimento anche per il ristoro degli ulteriori diritti fondamentali risarcibili, che vanno necessariamente "soggettivizzati" - secondo le note indicazioni della sentenza n. 186 del 1984 della Corte Costituzionale - per tenere conto degli aspetti di maggiore afflittività del fatto lesivo, derivante dalla dimensione di aggressione volontaria e violenta  che caratterizza l'odierno caso.

       Si ritiene che l'agganciamento del risarcimento dei diritti fondamentali, diversi dal "bene-salute", ai valori monetari da riconoscersi per il  pregiudizio psichico transeunte alla persona e per il danno permanente sempre di tipo psichico, con una metodica che a tratti ricorda lo schema moltiplicativo dell'art. 81 c.p.,   costituisca utile tecnica liquidatoria  per evitare l'arbitrio più totale, e possa agevolare l'elaborazione di canoni omogenei anche per le ulteriori vicende risarcitorie legate ai fatti del luglio 2001.

      Tale raccordo tra la stima liquidatoria dei diritti fondamentali lesi, non aventi una dimensione psico-fisica medicalmente accertabile,  con la somma  riconosciuta per il danno immediatamente lesivo del bene protetto dall'art. 32 della Costituzione si giustifica razionalmente sul terreno dell'equità considerando che, per quanto afflittivo ed avvilente, nessun illecito riesce ad essere più mortificante e penoso di quello che si sostanzia nella diretta aggressione contro l'incolumità personale : il primo e fondamentale bene della persona preso in  considerazione  dalla filosofia politica classica a giustificazione del passaggio dallo "stato di natura", alla società civile ed allo Stato di diritto. 

            Per le ragioni esposte, si ritiene di dover operare per i casi in esame  i seguenti correttivi rispetto agli usuali parametri liquidatori introdotti nel novembre 2003 e ribaditi con la vigente tabella di determinazione del danno non patrimoniale  comunicata nel gennaio 2004:

  • a) il danno da lesione dei diritti costituzionalmente garantiti va riconosciuto in misura pari al danno biologico permanente, con un piccolo arrotondamento (da 4900 euro a 5000), in luogo dell'ordinaria frazione che va dal quarto alla metà di tale pregiudizio, tenuto conto del fatto che la compressione dei diritti in esame, indubbiamente significativa ed improvvisa, è stata però abbastanza contenuta nel suo sviluppo cronologico;
  • b) la misura economica del danno morale soggettivo, che va ad indennizzare le sofferenze psicologiche transeunti e per solito è collegato all'invalidità temporanea con una diaria di 37.95 euro al giorno, merita nell'odierno caso di essere portata a 114 euro al giorno, il triplo, visto che si parla della commissione di reati dolosi con apprezzabili ricadute di shock per la brutalità, la repentinità e l'irrazionalità dell'aggressione sopra esaminata, che hanno determinato patimenti immediati di intuibile e significativa consistenza.

Sono naturalmente rimborsabili le spese di cura ed in particolare l'assistenza psicologica, che  XX e YY hanno dimostrato con appropriate certificazioni dei presidi sociosanitari pubblici della loro città, e che entrambi i fiduciari tecnici consultati in sede giudiziaria hanno ritenuto pertinenti e congrue.

Dunque, tenuto conto della relazione del C.T.U. dr. BANDINI, adeguatamente argomentata e persuasiva, che ha accertato a carico di parte attrice XX un' invalidità permanente del 5% (valore economico del punto: euro 4909,76 in rapporto all'età della parte danneggiata di anni 35 al momento del fatto : v. la pubblicazione GUIDA AL DIRITTO suppl. 1 del 2003) ed una invalidità temporanea parziale di giorni 60 al 25%, la misura del risarcimento  spettante per il solo danno biologico e per le spese occorse si determina come segue:

DB ITT Inv. temp. tot.

37,95

 

 

 x gg.

0,00

0,00

DB ITP Inv. temp. parz.

37,95

 :

##

 x gg.

60,00

569,25

DB IP Inv. Permanente

Val. punto finale

#

##

    x

 

4909,76

spese mediche

 

 

 

 

 

1907,44

Totale

 

 

 

 

 

7386,45

 

A tale conteggio devono aggiungersi euro 5000+569,25+1710 (da 114eu*60gg*25%itp) per il danno morale e la lesione dei diritti costituzionalmente garantiti in base alle indicazioni appena sopra tracciate : il  risarcimento totale assomma così ad euro 14.666.

            Per YY, vista la relazione dello stesso C.T.U. che ha accertato a carico della predetta un' invalidità permanente del 5% (valore economico del punto: euro 4998,49, in rapporto all'età della parte danneggiata di anni 32 al momento del fatto : v. la pubblicazione GUIDA AL DIRITTO suppl. 1 del 2003) ed una invalidità temporanea totale di 10 giorni e parziale parziale di giorni 60 al 50%, la misura del risarcimento  spettante per il danno biologico subìto si determina sulla base del  calcolo che segue:

DB ITT Inv. temp. tot.

37,95

 

 

 x gg.

10,00

379,50

DB ITP Inv. temp. parz.

37,95

 :

##

 x gg.

10,00

189,75

DB IP Inv. Permanente

Val. punto finale

#

##

    X

 

4998,49

spese mediche

 

 

 

 

 

170,88

Totale

 

 

 

 

 

5738,62

A tale conteggio devono aggiungersi euro 5000+379,50+189,75+1710 (da 114eu*10gg+114eu*10gg*50%itp) per la lesione dei diritti costituzionalmente garantiti : il totale assomma ad euro 13.017.

Poiché  per l'effettuazione del conteggio del danno alla persona si è fatto ricorso alle tabelle liquidatorie elaborate con riferimento all'anno 2003 ed al valore della moneta di detto anno,  si giustifica un aggiornamento dei precedenti  importi per rivalutazione monetaria - sulla base dei noti indici ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati - dall'1.1.2003 fino alla data odierna.

Inoltre, poiché la somma spettante per il ristoro dei danni biologico, esistenziale  e morale   viene determinata all'indicata data di riferimento,  per il  calcolo degli interessi compensativi occorre applicare il criterio di cui alla nota sentenza della Cassazione a Sezione Unite 17.2.1995 n. 1712, secondo il quale  gli interessi sui debiti di valore vanno calcolati sulla somma corrispondente al valore della somma  al momento dell'illecito,  via via rivalutata anno per anno sulla base dei noti indici ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati. In applicazione di tale criterio al fine del calcolo degli interessi le somme come sopra determinate in linea capitale devono essere previamente devalutate dall'1.1.2003 fino al 20.7.2001 in base ai detti indici e sulla devalutazione ottenuta, progressivamente rivalutata anno per anno, devono calcolarsi gli interessi  al tasso legale.

Spettano inoltre alla parte attrice ed all'interveniente gli ulteriori interessi legali di natura corrispettiva sul capitale rivalutato e sugli interessi compensativi determinati in precedenza dalla data della presente sentenza al pagamento effettivo.

Le spese di lite - determinate a norma degli artt. 5.4 e 6.1 della tariffa forense -  e quelle di  C.T.U. vanno poste a carico dell'Amministrazione degli Interni  in base al principio di soccombenza. La presente sentenza va dichiarata provvisoriamente esecutiva (art. 282 C.P.C.).

Le ulteriori amministrazioni convenute vanno invece assolte da ogni pretesa risarcitoria : il fatto di aver organizzato il vertice dei capi di stato esteri in corso di svolgimento il 20.7.2001 (v. PRESIDENZA del CONSIGLIO), e quello di aver disposto dei militari in forza all'Arma dei carabinieri (v. MINISTERO della DIFESA), non bastano a concretizzare alcun apporto causalmente rilevante nello specifico caso in esame. Le spese di  lite possono essere compensate, visto che l'evocazione in giudizio di tali organi non ha determinato allungamento dei tempi processuali, o appesantimento della fase istruttoria. 

P.Q.M.                                                                                                                                                                                                                                                            

      Definitivamente pronunciando, accertata la responsabilità del solo MINISTERO degli INTERNI in ordine alla vicenda per cui è processo, dichiara tenuta e condanna la  medesima Amministrazione  a corrispondere a parte attrice avv. XX la complessiva somma di euro 14.666 ed in favore dell'interveniente dr.essa  YY la complessiva somma di euro 13.017 : con gli accessori per rivalutazione legale, interessi compensativi e corrispettivi nelle misure e con le decorrenze indicate in motivazione.

Condanna inoltre l'amministrazione degli Interni  a rimborsare alla parte attrice le spese di costituzione e giudizio che si liquidano in   euro 315  per esborsi documentati, euro 225 per spese imponibili, euro 2650 per diritti di procuratore, euro 3000 per onorari di avvocato, 12,50% su diritti ed onorari  per rimborso forfettario delle spese generali, oltre Iva e CPA come per legge;  con aumento del 70% per tutte le precedenti voci in riferimento alla posizione YY.

Pone definitivamente a carico del predetto MINISTERO, per intero, le spese delle due c.t.u. licenziate in causa. Dichiara la sentenza provvisoriamente esecutiva.

ASSOLVE da ogni pretesa risarcitoria la Presidenza del CONSIGLIO dei MINISTRI ed il Ministero della DIFESA compensando integralmente le spese di lite.

Così deciso in Genova il  25 aprile 2005

                                                          IL GIUDICE

                                                  dr. Roberto BRACCIALINI

13 09 2007
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